Avengers Tower

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    Non ero mai stata tanto in ansia a salire quell'ascensore.
    Era un po' come l'ascensa al purgatorio - nel momento stesso in cui lo feci quello strano accostamento mentale mi maledissi: Ma che dici? Sharon, riprenditi! - mi dissi mentalmente, dandomi anche della stupida.
    Contegno. Ecco cosa mi serviva: contegno. Non era il primo appuntamento a casa di lui al quale andavo - non lui lui, ma... del mio partner, ecco. Sapevo come funzionavano, non ero esattamente poco navigata a riguardo, anzi. Li' era quasi come giocare in casa, paragonato a tutti gli altri tipi di appuntamenti a cui Steve ed io eravamo stati. Alla fine era arrivato. Il momento di portare il tutto... a casa. In un posto appartato, intimo, con solo me e lui.
    Mi aveva chiamato quel pomeriggio, dopo la colazione che avevamo fatto insieme quella mattina. Lui era andato in comando, io a correre al parco... ero tornata a casa tempo di un pranzo veloce sulla 86esima con Natasha... e mi aveva chiamata. Siccome avevamo scherzato sulle sue doti culinarie quella mattina, allora aveva avuto la bella pensata di invitarmi a cena - a casa sua.
    "Vediamo chi non sa cucinare, Carter. Non sono io che ordino seamless ogni sera." aveva scherzato al telefono e io, giuro, mi ero sciolta ancora un pochino di piu'.
    Fu... fu complicato decidere cosa indossare. Di solito il dress code appropriato era quanto di piu' succinto avessi nell'armadio (perche' dopotutto si sa come vanno a finire certi appuntamenti), ma non ero certa che quello fosse il caso.
    Optai per qualcosa di piu' tranquillo. Optai per l'abito che mi aveva regalato Allison, quello di Kors. Non avevo intenzione di bruciarmi neanche una tappa con Steve: avevo imparato ad apprezzare il percorso, l'anticipazione, il fare le cose con la giusta velocita'.
    E no, non la vedevo come Allison - non pensavo che "fai, prima che te lo lasci scappare!": credevo che sarebbe venuto naturale, tutto avrebbe seguito il suo corso.
    Mi presentai alle 8 in punto, come d'accordo. Le porte dell'ascensore si aprirono dando direttamente sul suo ingresso. C'era musica di sottofondo nella sala ad open space, qualcosa che non riconubbi, ma sapeva tanto di playlist scelta su pandora. Sorrisi. Quell'appartamento era immacolato. Era raro che un uomo tenesse alla pulizia come ci teneva Steve, ma dopotutto (c'era anche da stupirsene?) lui era lui. Le luci leggermente soffuse si fecero piu' forti mano a mano che mi avvicinai all'angolo che dava sulla cucina, con la penisola gia' apparecchiata per due, in stile elegante ma minimalista.
    "Dunque... un uccellino mi ha detto che da queste parti si mangia molto bene..." lo presi in giro, fermandomi alla fine della stanza.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 23/10/2018, 18:22
     
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    Lasciai scivolare lo sguardo verso un pannello riflettente della cucina, catturando per un istante la mia stessa immagine e distogliendolo l'attimo successivo, quasi imbarazzato per quel momento di vanità. Il fatto era che mi sentivo stranamente agitato, come un adolescente alle prese con la sua prima cotta, e per questo sentivo il bisogno di assicurarmi in continuazione che tutto fosse a posto. È inutile sottolineare che un adolescente non lo ero affatto e che quella non era né una semplice cotta, né la prima, considerando che avevo amato un'altra donna, in un'altra vita. Tuttavia le cose con Peggy erano stato diverse, quello che nutrivamo l'uno nei confronti dell'altra era stato costretto ad intrecciarsi con il corso inarrestabile e tristemente ironico degli eventi, sottraendoci la possibilità di avere una vera e propria relazione e persino quella di avere un vero, primo appuntamento. La storia con Peggy era stata intensa ma platonica, mentre quello che avevo con Sharon non era soltanto ugualmente e forse più intenso, era reale. Quello che avevamo, quello che avevamo costruito fino a quel momento, era una relazione vera, tangibile. E più tempo trascorrevo con lei, più mi rendevo conto di avere bisogno di quel tempo, di quei momenti in cui lo S.H.I.E.L.D. e gli stessi Vendicatori, le continue minacce da parte dei nostri nemici e persino popoli alieni che intendevano invadere la Terra, facevano un passo indietro e ci permettevano di essere soltanto Steve e Sharon. Certo, tutte quelle cose facevano parte della nostra vita e capitava di parlarne e confrontarci, ma c'era qualcosa di diverso persino in quello. Quando ne parlavo con Sharon, non parlavo più da eroe sulle figurine, da diplomatico o da qualsiasi ruolo volevano che ricoprissi, ma dalla versione più semplice, vera e intima di me stesso. E sapevo che lei faceva altrettanto. Quindi no, non era la prima volta che provavo qualcosa di così forte verso una donna, ma sì, era la prima volta che quello che provavo si traduceva in gesti e fatti concreti, e per questo in quel momento ero agitato come un ragazzino. Dopotutto era il primo "appuntamento a casa" di tutta la mia vita.
    «Soltanto "molto bene"?» feci di rimando, in tono divertito e leggero, quando sentii la sua voce alle mie spalle. Sorrisi e mi voltai, poggiando le mani sul ripiano dietro di me e prendendomi qualche istante per osservarla. «Sei davvero bella.» dissi alla fine, in modo spontaneo e sincero. Poi mi riscossi, mi avvicinai e la salutai con un bacio sulla guancia, involontariamente poco distante dall'angolo destro delle sue labbra. Le indicai la penisola apparecchiata e scostai la sua sedia, affinché si sedesse, prima di tornare all'angolo cucina per preparare i piatti da portare a tavola. «Allora, com'è andato l'allenamento al parco? Non è strano tornare ad avere il tempo di ritagliarsi momenti del genere, nell'arco della giornata?» domandai, con una punta di incredulo e involontariamente amaro sollievo nella voce. Era stato un periodo difficile e frustrante per tutti quanti noi.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 23/10/2018, 18:25
     
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    "Beh. E' bene che i pareri esterni non si sbilancino piu' di tanto." replicai con una prontezza che non credevo di avere; era curioso: ero sempre stata una persona dai riflessi scattanti, con la risposta sempre pronta, in qualsiasi occasione. Pensavo velocemente e il sarcasmo era la mia perfetta arma di attacco e difesa. Passivo-aggressiva, cosi' c'era scritto su uno dei piu' vecchi report sui miei progressi attitudinali. Ma di fronte a lui era tutto diverso, mi impappinavo come un'adolescente alle prime armi, o peggio ancora, una dislessica che non aveva idea di come mettere in fila due parole sensate.
    Lo presi come un buon segno quello -la mia ritrovata prontezza nel rispondere-, significava che mi stavo abituando ad averlo a fianco e il mio cervello non reagiva piu' malamente.
    Sorrisi, posando la borsetta su un tavolino vicino al muro, per poi avvicinarmi alla penisola dove lui si affaccendava. Sbirciai un po' in giro, annusando di qua e di la'. Ci faccio la figura dell'idiota se ammetto di aver perso un battito nel momento in cui lo sentii avvicinarsi per lasciarmi quel bacio sulla guancia?
    A volte provavo una strana sensazione quando ci avvicinavamo - un po' come se fosse magnetica l'attrazione. Era difficile non provare ad approfondirlo quel contatto, ad andare piu' a fondo, a sperimentare la collisione dei corpi...
    "E' stata... calma. Piu' calma del solito. La citta'... a tratti mi fa senso guardare cio' che c'e' in giro. Vorrei poter aiutare - davvero - a ricostruire quello che c'e' da ricostruire. La gente ancora non si fida a tornare per strada come prima. Ma si... credo anche che sia bello poter... vivere. Normalmente. Dopo aver creduto che era la fine, che non c'era speranza. E' sempre bello svegliarsi al mattino con la consapevolezza di avere un'altra chance."
    Mi sedetti prendendo posto dove mi aveva indicato. Apprezzai il fine abbinamento di colori tra sottopiatto e piatto da portata. Il tovagliolo ripiegato sul piatto con il piccolo bocciolo di rosa poggiato sopra. Mi chiesi dove l'avesse preso.
    "Sei... sei sempre attento ai dettagli" costatai con un sorriso, senza smettere di meravigliarmi.
    "E' davvero bello"


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 23/10/2018, 18:22
     
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    «Ti ringrazio. Immagino che sia una di quelle vecchie abitudini che non ho perso.» commentai, un po' meravigliato (ed imbarazzato) per l'aria soddisfatta che mi resi conto di aver avuto nel rispondere al suo complimento. Probabilmente non avrei dovuto sentirmi così contento del fatto che Sharon avesse apprezzato quella cura, per altro spontanea, naturale, dei particolari, ma avevo appurato ed accettato che quando c'era lei intorno, tendevo ad esaltarmi anche per quel genere di piccole cose. Mi sentivo un po' come un adolescente pieno di entusiasmo, ma ammetto che la cosa non mi dispiaceva affatto.
    Sistemai i primi piatti sul tavolo e poi presi posto davanti a lei, simulando un'espressione trepidante per quello che sarebbe stato il suo verdetto su quello che avevo cucinato. Un attimo dopo però tornai un po' più serio, anche se non persi quell'aria leggera e serena che mi circondava da quando le cose sembravano essere tornate a procedere sul giusto binario. L'ultima cosa di cui avevamo bisogno, tutti quanti noi, era abbatterci: il peggio era passato ancora una volta, tenere alte le difese era giusto, anzi non farlo sarebbe stato sciocco e ingenuo da parte nostra, ma non c'era bisogno di vivere nel terrore costante, angosciante e paralizzante che le cose potessero precipitare di nuovo da un momento all'altro. O almeno era così che l'avevo sempre vista.
    «Tornaranno a fidarsi.» feci, infatti, riferendomi al discorso che Sharon aveva fatto pochi attimi prima. «Credimi, ricordo com'è ricostruire una città o un intero Paese dopo un evento del genere. Le persone torneranno a fidarsi della propria casa, si rimboccheranno le maniche e ricostruiranno sulle macerie, figurate e concrete. Ci vorrà un po', ma sono ottimista. Ho fiducia nel corso delle cose.» aggiunsi, stirando le labbra in un sorriso un po' amaro, ma sincero e sicuro. Sapevo di cosa stavo parlando, perché io stesso ero nato l'esatto anno della fine della Prima Guerra Mondiale, e avevo vissuto, anche se indirettamente, quei decenni di incertezza ma anche di timida e speranzosa ricostruzione, durati fino allo scoppio della Guerra successiva, che aveva coinvolto la popolazione di mezzo globo. E se era vero che prima o poi qualcosa avrebbe minato nuovamente quella ricostruzione e quella sicurezza, era anche vero che nel frattempo la cosa migliore da fare era rimettersi in sesto, darsi da fare, tornare a vivere la propria vita e cercare di migliorarla, fino alla sfida successiva, piccola o grande che sarebbe stata.
    «E poi, com'hai detto tu stessa, è bello sapere di avere un'altra possibilità.»


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 23/10/2018, 18:25
     
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    Mi divertiva tutta quella situazione, mi faceva sentire viva, era come se riuscisse a riportare fuori in me l'animo da adolescente. E sorrisi, si' - un sorriso piazzato li' sulle mie labbra che non aveva alcuna intenzione di andarsene. Pendevo dalle sue labbra. Era una cosa curiosa, non avevo mai dato poi tanta importanza a cio' che un uomo diceva - la lunga linea matronale della mia famiglia -Peggy inclusa- non aveva fatto altro che ripetermi di non dare mai troppa importanza a cio' che esce dalla bocca di un uomo, perche' il 90% delle volte sta mentendo o sta promettendo cose che poi non manterra'.
    Era stata dura crescere con certi preconcetti sugli uomini e ancora piu' dura diventare adulta e scoprire che non erano poi solo preconcetti, ma veri e propri dati fatto. Era stato triste piu' che altro. Ero cresciuta con la convinzione che le fiabe erano solo per poche persone speciali, persone come zia Peggy, non per me. Certo, la sua fiaba non aveva avuto il lieto fine, ma mi ero detta -anche quello- aveva il suo perche': avrei potuto vivere con la consapevolezza di aver vissuto un amore fantastico, anche se quell'amore non era destinato a durare. L'importante era l'averlo provato, perche' un amore del genere ti cambia. E rende tutto -tutto- nella tua vita accettabile, anche le cose piu' terribili. Era di quelle cose che alla fine, sul letto di morte, ti fanno dire "Ma ne e' valsa la pena". A me quello sarebbe bastato.
    Certo, non potevo immaginare che mi sarei ritrovata proprio in quella situazione... ma anche quello era il bello della vita, mi dissi: il fattore sorpresa.
    Attesi che il piatto venne servito e dopo aver indugiato per qualche istante (sia mai che mi vedesse fiondarmi su un piatto per strafogarmi, no) presi forchetta e coltello e assaggiai.
    Maddai... - pensai. Ovviamente. Ovviamente era squisito e delizioso. C'e' qualcosa che quest'uomo non sappia fare?
    Fui abbastanza certa che il mio monologo interiore fosse visibile anche dall'esterno sulla mia espressione, quindi dopo un attimo alzai lo sguardo su di lui e gli puntai la forchetta contro. "Tu. Tu. Perche' non ti hanno ancora sposato, mi chiedo."
    Un secondo di ritardo - me ne resi conto con un secondo di ritardo di quello che avevo detto e inarcai entrambe le sopracciglia in un'espressione buffa. Ok Sharon, riprenditi.
    Cambiare discorso. Si', decisamente. Il trucco era cambiare discorso.
    "Tu hai... tanta fede nell'umanita'. Nel genere umano. Tanta fiducia. Ci credi ancora, nonostante tutte le brutture. E no, non sono solo gli alieni a rendere tutto questo mondo... un inferno. Siamo anche noi. Tu non hai mai perso fiducia. E questo ti fa onore. Soprattutto, ti rende un uomo migliore dei piu'."


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 23/10/2018, 18:22
     
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    Non mi sfuggì il suo commento entusiasta su quello che avevo cucinato, al contrario fu proprio per questa ragione che chinai il capo, spostando lo sguardo dalla figura di Sharon al piatto che avevo davanti, senza riuscire a trattenere però l'accenno di un sorriso. L'ennesimo, sì. Per quanto imbarazzante potesse suonare quello che Sharon aveva appena detto, si trattava comunque di qualcosa di bello, soprattutto per una persona che proveniva da un'epoca in cui il matrimonio veniva preso molto meno alla leggera rispetto ai tempi che correvano. E anche se mi rendevo conto io stesso che fosse ancora troppo presto anche solo per pensare ad una simile eventualità, confesso che mi ero già chiesto se riuscisse a vedermi parte di una famiglia con Sharon. La risposta era.
    «E probabilmente anche un uomo che di tanto in tanto ha bisogno di ritornare con i piedi per terra.» Lasciai correre il suo commento precedente e stemperare quel sottile imbarazzo, rispondendo piuttosto alle sue successive parole. Nel frattempo, i miei occhi si erano nuovamente posati sul suo volto, sul quale si soffermarono un po', come al solito. Poi mi riscorssi e feci spallucce, scuotendo appena la testa come per rimproverare entrambi - più me che lei, a dire il vero - di qualcosa.
    «La tua opinione nei miei confronti è sempre stato troppo buona. Ma devo ammettere che questo non mi dispiace neanche un po'.» ammisi, di nuovo un po' in imbarazzo, ma non quanto lo sarei stato ad ammettere di aver peccato di vanità davanti a chiunque altro. Con Sharon era diverso persino quello: volevo che pensasse quelle cose. Volevo fare colpo su di lei.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 23/10/2018, 18:25
     
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    Gli fui grata. Lo fui davvero. Sapevo che la sua sensibilita' era in grado di percepire il mio repentino cambio d'umore riguardo la mia infelice uscita di poco prima e, straordinariamente, dimostro' di avere abbastanza tatto da capire che andare a pungolare oltre mi avrebbe messa in imbarazzo. Aveva quel tanto di sensibilita' che bastava e gia' quello mi faceva letteralmente sciogliere.
    "Tranquillo. So anche farti tornare con i piedi per terra. In caso, ecco, ce ne sia improvvisamente bisogno." replicai, facendo tornare quella punta di furbizia nella voce che risultava piuttosto caratteristica. Sogghignai, portando il bicchiere di vino alle labbra per prenderne un sorso e poi un altro, piu' veloce.
    "Ma nel tempo libero mi piace dire le cose come stanno. Come le penso. E' interessante vederti... reagire quando sei messo a nudo. Alle strette. Quando sei piu' uomo che idolo e scambi l'uniforme per un paio di jeans e maglietta. Sei forse piu' interessante come Steve Rogers, semplicemente, che come Capitan America..." continuai, trovando coraggio nel vino o forse nella sfumatura cerulea dei suoi occhi - quale dei due non lo sapevo, ma poco importava a quel punto.
    Era incredibile come fosse diventato piu' facile parlargli, dopo tutto l'imbarazzo dei primi tempi. I balbettamenti e le uscite infelici che avevano costellato le nostre conversazioni si erano trasformati in risate di cuore e una leggerezza che testimoniava tutta la leggerezza che scorreva tra noi.
    Era semplice con lui. Era facile. Facile amarlo. E si', mi rendevo conto che era la prima volta che contemplavo anche solamente quella parola, ma non mi spaventava, no - e per la prima volta.
    Avete presente quando dicono che amare qualcuno -quello giusto- dovrebbe essere semplice? Ecco, era perfettamente cosi'.
    Parlammo, quindi, continuando a cenare e a gustare le due portate -piu' dolce- che aveva preparato. Dolce che veniva niente meno che dalla mia bakery preferita, all'incrocio tra la 47esima e 10th avenue. Se lo ricordava. Ricordava che amavo quella particolare Peacan Pie, perche' mi ricordava quella di mia madre.
    Finire quella bottiglia di vino da sola fu un'impresa. Lui non beveva, anche perche' semplicemente non aveva nessun effetto su di lui e io, preda della situazione, avevo iniziato a versare meccanicamente nel bicchiere di tanto in tanto. Mi fermai quando mi resi conto che mancavano appena 4 dita al fondo e -dannazione- non volevo dare l'impressione dell'avvinazzata (anche se in fondo, un po', come tutte le donne single di New York, lo ero).
    Feci per aiutarlo quando si alzo' con uno dei piatti di portata, oramai semivuoto, per fare spazio. Mi affilai dietro portando i due bicchieri.
    "Hey. Ai nostri tempi si usa che chi cucina poi si rilassa. Lascia fare a me."


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 23/10/2018, 18:22
     
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    «Anche se chi ha cucinato è la stessa persona che si è fatta avanti per chiedere un appuntamento? Insomma, non sarebbe più appropriato che sia sempre io a...» No, forse non sarebbe stato più appropriato. A dirla tutta, forse l'unica cosa appropriata sarebbe stata smetterla di parlare di cosa fosse o non fosse appropriato, dato che quello era un appuntamento e non una riunione con Avengers e SHIELD al completo. Me ne resi conto da solo, ma ammetto che anche lo sguardo di bonario e divertito rimprovero che Sharon mi rivolse, fece la sua parte. «Ho capito. Devi scusarmi, lo sai che è tutto abbastanza nuovo per me.» borbottai, in un imbarazzato tentativo di giustificare quelle insensate speculazioni su come dovesse o non dovesse andare un appuntamento del genere. La lasciai fare, facendo un passo indietro e poggiando fondeschiena ed entrambe la mani al piano della cucina alle mie spalle, mentre Sharon posava sullo stesso le ultime cose rimaste sull'isola poco distante. «Credevo che dirlo ad alta voce sarebbe stato meno imbarazzante.» ammisi, senza però perdere il sorriso che avevo stampato sulle labbra da quando quello scambio di battute era iniziato. Al contrario, si acuì ancora un po' di più, come per compensare il momentaneo, vago disagio in cui mi ero andato a cacciare io stesso. Ma non sentivo di aver fatto un passo falso o di essermi messo in ridicolo, non mi sentivo mai così quando c'era Sharon. Sapevo che mi conosceva e che conosceva la mia storia, quasi come se l'avesse vissuta lei stessa da spettatrice a poco a poco che andava avanti, e per questo non rappresentava un problema parlarne apertamente davanti a lei. Non lo facevo spesso, questo è vero, ma soltanto perché non sempre il momento era adatto per tirare in ballo determinati discorsi. Se capitava - anche solo di sfuggita, anche solo per prendermi gioco di me stesso -, non era un problema.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 23/10/2018, 18:25
     
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    Me ne resi conto nel momento in cui si mise in difensiva: pensava di aver commesso l'ennesimo passo falso. E la cosa mi diverti', come sempre e non poco. Scossi vagamente la testa alle sue parole, mentre un sorriso piu' ampio si faceva strada sulle mie labbra.
    "Si. Esattamente "anche se"..." puntualizzai in risposta, senza tornare ad addentrarmi nel complesso archetipo fatto di "se" che la sua mente troppo teorica e molto poco pratica avevano messo su. Stava imparando, quella era la sua scusa ufficiale.
    E a me piaceva la cosa, piaceva e non poco, mi lusingava segretamente, non mi metteva a fatto a disagio: il fatto che fosse cosi' impacciato e che avesse costantemente paura di fare la mossa sbagliata mi dava da pensare... che dopotutto, forse, ero la prima.
    Sapevo di non esserlo empiricamente - sapevo che aveva amato prima di me, aveva amato mia zia, ma pur non essendo entrata in vividi dettagli, lei non mi aveva mai fatto capire che la loro storia era andata oltre, oltre al platonico intendo.
    E no, non mi ero fatta illusioni a riguardo, sapevo chi era e che cosa aveva fatto per tanti anni -girovagare in tournee con un manipolo di ballerine in calore che gli si gettavano addosso non appena avevano occasione-, quindi non mi illudevo di essere quella prima, ma improvvisamente ne sentii il bisogno - volevo essere la prima con cui voleva fare le cose per bene. Perche' voleva che le cose andassero bene tra di noi. Ne sentii il bisogno, un bisogno quasi fisico e su quello si', me la concessi l'illusione, perche' lui era li' di fronte a me, perfetto e statuario nel suo essere, nella sua anima e nel suo cuore. E volevo che fosse mio. Volevo che fosse quella cosa buona nella mia vita -l'unica- che mi facesse pensare che, alla fine, tutto accade si' per una ragione, per un motivo, per seguire un disegno divino.
    Mi resi conto di essermi imbambolata nei miei pensieri e richiusi l'acqua che avevo aperto per riempire il lavandino. La schiuma aveva gia' sboccato e mi era finita sulle scarpe.
    "Owwww" mormorai desolata, dandomi mentalmente dell'idiota. Ripulii un po' di schiuma e infilai in acqua piatti e bicchieri che avevamo tolto dalla tavola.
    "Un'altra cosa che ti sei perso del 21esimo secolo? Schiuma-party. Gloriosi. Un must per tutti gli studenti del college". feci, per smorzare il silenzio che era sceso -involontariamente- tra di noi. Lanciai uno sguardo dietro le spalle e lo vidi assorto, assorto sulla sottoscritta. Tornai a sorridere appena, timidamente, afferrando il panno alla mia destra per asciugarmi le mani.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 23/10/2018, 18:23
     
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    Pensai di commentare in qualche modo il fatto che si fosse imbambolata per qualche attimo, così assorta da chissà cosa da non accorgersi neanche del fatto che, nel frattempo, avevo continuato a rivolgerle la parola, ma percepii il suo vago imbarazzo e decisi di non aggiungere nulla al riguardo. Piuttosto continuai ad osservare i suoi movimenti e sorrisi, divertito e interessato, quando mi raccontò di quell'ennesima usanza bizzarra di quell'epoca, annuendo con fare quasi solenne, come se quello di cui stava parlando fosse così importante da averlo ben registrato nella mia mente.
    «Peccato, sembrava divertente. E stranamente pulito, per gli standard di oggi.» commentai, facendo scivolare lo sguardo verso il lavello pieno di schiuma e di piatti da lavare. Poi mi riscossi, con aria così seria da sembrare fuori contesto e per questo parecchio buffa, e affiancai Sharon, per mettermi a mia volta davanti al lavandino. Aprii nuovamente l'acqua, riempiendo però il lavello ancora vuoto, e versai al suo interno una gran quantità di detersivo, che si gonfiò in una nuvola di schiuma morbida e bianchissima, parecchio più alta di quella del lavello accanto. Tornai alla posizione di poco prima, poggiando il fondoschiena al piano alle mie spalle, così come le mani, tenendone però una strategicamente poco distante da tutto quel sapone. La mia postura era rilassata e il mio sguardo innocente, come se nulla fosse cambiato rispetto a pochi secondi prima. Come se non avessi fatto nulla di strano.
    «Com'è che funzionerebbe?» domandai, con fare serio. L'istante successivo, però, lasciai scivolare la mano più vicina verso la schiuma e la schizzai verso di lei, sorridendo come un bambino che soffia per la prima volta nel bastoncino delle bolle di sapone. Anzi, per impedirle di allontanarsi e sottrarsi a quel gioco, allungai l'altro braccio verso di lei e afferrai la sua mano, attirandola contro di me.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 23/10/2018, 18:25
     
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    Lo seppi nel momento in cui si avvicino' in avanti che cosa stava per fare. Non mi mossi tuttavia, lasciai che lo facesse. Misi su un'espressione a dir poco scandalizzata quando mi arrivo' il primo schizzo di schiuma addosso, drappeggiandosi tra il mio viso e il mio collo.
    Cadde il silenzio per qualche istante e mi sentii attirata di scatto verso di lui. Ecco, quel gesto improvviso mi sciolse lo stomaco, facendomi bloccare il respiro. Stirai le labbra per reprimere il sorriso che era affiorato su di essere, incontenibile e con uno scatto feci la stessa cosa, liberandomi una mano e schizzandolo a mia volta.
    "Capitan Rogers, questo e' un comportamento da vigliacchi." puntualizzai con chiaro divertimento nella voce.
    Ma, di nuovo, quella vicinanza mi distraeva parecchio dal gioco di per se' e la reazione del mio corpo era incontenibile, irreprimibile, fin troppo naturale. Non avevo speranza di muovermi, mio malgrado la mia forza non aveva niente a che vedere con i suoi muscoli da supersoldato, quindi... tanto valeva stare al gioco, possibilmente evitando di fare figure tremende.
    Calma gli ormoni, Sharon. - presi a ripetermi, poi catturai il movimento del suo braccio con la coda dell'occhio e i miei riflessi fecero il resto. Lo bloccai e finii con lo spalmare un altro bel palmo di schiuma sul suo viso.
    "Ecco. Funziona piu' o meno cosi'." feci, ridacchiando. C'era una nota di spensieratezza nella mia voce che quasi non riuscii a riconoscere. Una genuina sorpresa, un divertimento che avevano smesso di far parte di me da parecchi anni.
    Ma, di nuovo, con lui era facile riscoprire certe cose.
    Mi resi conto troppo tardi che con gli schizzi a terra il pavimento aveva iniziato ad essere scivoloso.
    Me ne resi conto quando misi il tacco delle delcolte' in fallo (maledette decolte' di Allison) e mi staccai da Steve per afferrare il bordo del mobile con entrambe le mani, per evitare di rovinargli addosso (o peggio ancora, per terra).


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 23/10/2018, 18:23
     
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    «Da vigliacchi? È bastato adeguarmi ad un gioco di questo tempo per stravolgere l'opinione che hai sul mio conto?» domandai di rimando, senza neanche provare a nascondere l'ironia nella mia voce. La stavo prendendo un po' in giro, perché se c'era una persona che aveva un'opinione forte e bella sul mio conto, quella era proprio Sharon, e non aveva mai cercato di nasconderlo. A volte un po' mi imbarazzava tutta quella positività che vedeva nella mia persona, ma erano di più le volte in cui letteralmente mi aggrappavo a quella positività che vedeva in me, a quella fiducia cieca che aveva nei miei confronti, mi ci aggrappavo e la usavo come spinta per fare meglio, per non cadere nello sconforto che la nostalgia di quello che avevo e che non avevo vissuto rischiava di portare a galla per un po'. Da quando avevo iniziato a frequentare Sharon, quello sconforto, quella sensazione di essere trascinato indietro nel tempo dal peso delle cose che erano cambiate e che mi ero perso, non si erano più manifestati. Al contrario, mi sembrava sempre di più di essere al posto giusto e al momento giusto, di incastrarmi in quell'epoca che non mi apparteneva di diritto. Esattamente come in quel momento.
    «Non si regge neanche in piedi, agente Carter?» feci, divertito, quando Sharon rischiò di scivolare a terra, portando questa volta una mano dietro alla sua schiena per aiutarla a non perdere l'equilibrio. Mi mossi a mia volta - ma, a differenza sua, di mia spontanea volontà - e mi staccai dal piano a cui ero poggiato, invitandola ad invertire quelle posizioni e piazzandomi davanti a lei. Senza che me ne rendessi pienamente conto, durante quel movimento la mia mano era scivolata dalla sua schiena al suo fianco, senza staccarsi mai dal suo corpo. Quando lo sguardo mi cadde su di essa e realizzai quella cosa in apparenza così insignificante, mi sentii improvvisamente avvampare. Non che arrossii sul serio, visibilmente, fu più qualcosa di interno, come quando si beve del vino di gradazione molto alta e il petto va in fiamme. Non a me, s'intende.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 23/10/2018, 18:24
     
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    Accadde molto piu' lentamente nella mia mente che nella realta', con il mio cervello che registro' ogni movimento a rallentatore, rendendo il tutto ancora piu' frustrante. Si', frustrante, perche' eventualmente quel bruciore che sentivo sotto lo sterno sarebbe divampato in un vero e proprio rogo e no, non ero rinomata per essere capace di trattere certe cose. Ero un'agente, ero fredda e calcolatrice sul campo... ma compensavo in quanto a istintivita' in altre cose. Come lo shopping. O... quello.
    Mi dispiaceva per lui, onestamente, perche' l'ultima cosa che volevo era farci la figura dell'arrapata, ma DIO SANTISSIMO come potevo non... non...
    Lo osservai senza fiatare. Lo sguardo alternava tra la sua bocca e il suo petto (piu' o meno dove gli arrivavo naturalmente con l'altezza), ma piu' che altro erano le sue labbra ad attrarmi.
    C'erano mille piu' una ragioni per non farlo. Mille e uno ragioni valide, validissime. Forse una manciata a favore del "farlo", al contrario.
    "Forse... stavo solo aspettando di essere afferrata." mormorai in risposta, piu' inconsciamente che altro, ma finii col dirlo ad alta voce e istintivamente eliminai anche quei pochi centimetri di distanza che ci separavano. Mi schiacciai contro di lui, sentendo finalmente il mio corpo rispondere per bene a tutto quello e salii appena in punta di piedi per arrivare alla sua altezza.
    Dovevo farlo. Non c'erano altre storie. Dovevo farlo e confidavo che avrebbe trovato in se' la forza per perdonarmi. Sorrisi appena prima di arrivare a saggiare le sue labbra con le mie, fu un riflesso istintivo. Temevo di trovarlo titubante o impacciato -non perche' non si trovasse a suo agio in una situazione simile ma (continuavo a sbagliare), dando per scontato che lui lo volesse quanto me, quando in verita'... non lo sapevo. Magari era tutto solo nella mia mente. Quindi avevo paura, si', di aver commesso un terribile sbaglio, ma lo trovai fermo, deciso, caldo e accogliente. Tanto invitante quanto avevo sperato.
    Forse avevo dimenticato la parte fondamentale... e cioe' che era un uomo. Che sotto tutto quello, le apparenze e i valori e tutto quanto, sotto sotto, era solo un uomo. E quella fu la mia piu' grande vittoria.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 23/10/2018, 18:23
     
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    Sorrisi per quello che aveva detto, nell'esatto istante in cui si spinse verso di me e poggiò le labbra sulle mie. Le dischiusi quasi istintivamente, come se quell'intimità improvvisa non fosse qualcosa di nuovo e sconosciuto, ma naturale e giusto, come se dovesse accadere necessariamente. Non esitai neanche per un attimo, più che altro ricambiai il suo bacio con una delicatezza forse un po' eccessiva. Ma durò pochi secondi: prima ancora che la mia testa ordinasse alla mia bocca di farlo, quest'ultima aveva già preso a seguire senza esitazione e senza alcuna perplessità quella di Sharon, con un trasporto che avrebbe sorpreso anche me, se solo fossi stato nelle condizioni adatte per rifletterci.
    La mia mano si trovava ancosa su uno dei suoi fianchi e l'altra si era posata sull'altro. Riuscivo a sentire le forme del suo corpo premere contro le mie e anche quello mi rendeva difficile pensare concretamente a quello che stavo facendo. Era come se stessi agendo e basta, mosso da un desiderio che forse avevo provato prima di allora, ma sempre in un modo molto più platonico rispetto a quel momento. In quel momento era tutto vero, reale, stava accadendo. E la cosa più bizzarra era che ero allo stesso tempo confuso e consapevole di quello che stavo facendo.
    Feci appena pressione sui suoi fianchi e la sollevai quel tanto che bastava per permetterle di sedersi sul piano che si trovava adesso alle sue spalle, facendo a mia volta un passo verso di lei per annullare di nuovo quella misera distanza che si era momentaneamente instaurata tra di noi. Non avevo pieno controllo sul mio corpo, piuttosto era un bisogno, un desiderio a muovermi.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 23/10/2018, 18:24
     
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    Oh mio Dio. Oh mio Dio.
    Stava accadendo e per la prima volta non erano solo fantasie in solitaria fatte ad orari improbabili del giorno e della notte - era vero, era reale, stava accadendo. E quello era piu' di quanto potessi osare di sperare.
    Feci scivolare le mani lungo il suo corpo, risalendo fino alle sue spalle, per poi agganciare entrambe le braccia attorno al suo collo.
    Bramavo contatto, era il mio stesso corpo a cercarlo. Era come un'attrazione fatale -una forza irreprimibile come la gravita'-, qualcosa che a malapena sapevo provare, figurarsi spiegare a parole.
    Ne avevo bisogno - quello era poco ma sicuro - e mi accontentavo di quella singola, unica certezza.
    Registrai troppo tardi che dietro di me c'erano una pila di pentole che attendevano di essere lavate, me ne resi conto solo nel momento in cui, sbadatamente, le urtai con un gomito, facendole rovinare a terra.
    "Opsss..." biascicai scostandomi, assottigliando lo sguardo. Ma la sua espressione era talmente buffa che ripresi a ridacchiare e, pochi istanti piu' tardi fui di nuovo sulle sue labbra, tra le sue braccia, con forse piu' foga di prima.
    Avrei chiesto ad Allison e company di fare una colletta per ripagare le stoviglie di quel passo.
    "C'e' una certa probabilita' che ti distrugga la cucina, lo sai questo...?" chiesi, scivolando con una mano lungo il profilo della sua maglietta. Ne afferrai il lembo tra due dita, incapace di resistere. Il suo corpo emanava calore, un calore incredibile, che sapeva di casa, di tepore. E si, era giusto, mi dissi, perche' in fin dei conti non desideravo altro che farci casa, tra quelle stesse braccia.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 23/10/2018, 18:23
     
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