Missione #5: Ibiza-Mexico City

CIA / Season 3

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    La strana eccitazione che quella missione mi provocava era pobabilmente dovuta all'idea che ero di nuovo io e Nate, come non accadeva da troppo tempo ormai. Così tanto che a volte avevo quasi paura che quei ricordi appartenessero a una vita che non mi apparteneva. Era strano dunque essere di nuovo sul campo insieme, così come quando tutto era iniziato e in cuor mio probabilmente con la speranza che portasse nuovamente allo stesso finale e cioè quello che ci vedeva l'uno nell'abbraccio dell'altro.
    La scelta di farmi tornare in azione era stata dura per Glenn, ma alla fine non aveva potuto fare altrimenti, non quando le notizie di Simon Walker e del suo gruppo di mercenari erano arrivate all'orecchi della CIA, troppo pericoloso per lasciarlo perdere... Non quando la minaccia di mia madre e dell'Alleanza sembravano ormai cessate... E soprattutto non quando lui era l'unica traccia che avevamo per scoprire cosa mi era successo nei due anni in cui ero scomparsa e di cui io non avevo alcun ricordo.
    Avevo dovuto prepararmi psicologicamente a quel ruolo, immergermi in una personalità che non mi apparteneva, quella di Julia. Walker mi aspettava, a quanto pare era normale che la sua donna apparisse e scomparisse, considerando come non mi aveva fatto storie che dopo Siviglia non ci eravamo più visti e questo me lo confermò anche il modo con cui mi accolse: venendomi incontro e baciandomi. Farlo però con la consapevolezza di essere stata sua senza però sapere se lo ero stata per un sincero affetto dovuto da chissà quale mio stato d'animo dell'epoca oppure per una strana macchinazione in cui ero stata coinvolta, riusciva sempre a scombussolarmi più di quanto fosse normale...
    Cercai però di non pensarci, di mostrarmi sciolta e disponibile, perchè sapevo che Nate era poco lontano e da un camioncino in incognito seguiva ogni mia mossa e se quello da una parte mi metteva a disagio dall'altra mi faceva sentire al sicuro. Protetta.
    Quel momento però di idillio e passione venne interrotto quando nel mio tentativo di rimembrare vecchi ricordi del nostro passato insieme, sperando che mi desse maggiori informazioni sui due miei anni di vuoto, feci appena in tempo a scoprire che il nostro primo incontro era avvenuto in Algeria, che lui mi aveva puntato un coltello alla gola sbattendomi contro una parete del magazzino in cui ci trovavamo.
    "Cedo sempre troppo facilmente alla tua bellezza, ma questa volta cercherò di trattenermi..." mi sussurrò a un centimetro dal viso, prima di alzare una mano e invitare un suo uomo ad avvicinarsi e mostrarmi delle foto.
    "Chi cazzo è Julia eh? Lo sai che non amo essere preso per il culo e tanto meno tradito e tu con questo uomo ti hanno visto entrarci in un hotel... assieme..."
    Le foto che mi stava mostrando ritraevano me e Nate al nostro arrivo in Spagna e l'hotel era semplicemente il luogo ove la CIA ci aveva assicurato un campo base, ma dallo sguardo di Simon traspariva solo la gelosia di un uomo innamorato e io dovevo far leva su quello. Dovevo preservare la mia copertura e quella di Nate.
    "Ehi Baby lascia che ti spieghi..." pigolai con voce civettuole, mentre mi mordevo un labbro tirando fuori tutto il mio sex appeal e quel tocco di volgarità che piaceva tanto agli uomini come lui.
    "E' il mio fornitore..."
    "Quello che l'ultima volta ci ha fornito quelle pistole da urlo?"
    Deglutì. Pensai che a quanto pare in quei due anni non ero solo stata una bambola assassina e sessuale, ma avevo fatto parte integrante del suo gruppo se ero colei che si occupava di fornirne le armi. Non sapevo come quello mi faceva sentire, ma cavalcai l'onda.
    "Esatto. E mi pare che l'altra volta non ti era arrabbiato così tanto..."
    "Forse perchè mi avevi assicurato che era solo un vecchio?" mi chiese scocciato, tuttavia lasciandomi andare.
    Mi ricomposi e sbattendo le lunghe ciglia mi avvicinai a lui iniziando a giocherellare con il bottone della sua camicia, un tic il mio, visto che ero sempre stata solita farlo con Nate.
    "Forse perchè so quanto sei geloso? Dai Simon! Vogliamo davvero perdere tempo in questo? Non è forse meglio pensare alla missione?"
    "Ehi capo Julia ha ragione! Dicci cosa dobbiamo fare!"
    Tirai un sospiro di sollievo mentale quando un uomo del gruppo mi diede involontariamente corda e quando Simon ci attirò intorno a una cassa su cui era posizionata una mappa per spiegarci il da farsi, per un secondo il mio sguardo si spostò nella direzione in cui sapevo ci fosse Nate convinta che -nonostante la distanza che ci separava- il mio sguardo avrebbe incrociato il suo.


    Edited by Señora Acero¸ - 2/4/2017, 11:36
     
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  2. Blackthorns
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    Non avevo voluto vedere nessuno, tanto meno Katelyn, nelle ore immediatamente precedenti alla missione, isolandomi completamente come di rado mi era capitato di fare, prima. Avevo provato il bisogno di stare per conto mio, riflettere, comprendere il motivo di determinate sensazioni e, inoltre, prepararmi in qualche modo a ciò a cui avrei assistito; una versione di Katelyn completamente diversa da quella che avevo conosciuto, una di cui lei non aveva nemmeno memoria. Non era quello, però, ad avermi sorpreso maggiormente, erano stati ben altri pensieri a mettermi in allarme, sebbene riguardassero comunque la stessa persona, alla fine. Era chiaro, ormai, come non potessi illudermi di essere in grado di dichiarare di riuscire a non pensare affatto a lei un po' troppo spesso, per la posizione che avrebbe dovuto avere nella mia vita, ovvero quella di una semplice collega, ma non mi ero aspettato di sentire, nel profondo, una specie di moto di anticipazione, nei confronti dell'incarico che avremmo dovuto svolgere insieme, il quale era del tutto fuori luogo e non aveva motivo logico di esistere. Era lì, tuttavia, e mi gonfiava il petto di un dolore sordo, quello del senso di colpa. Perchè, nonostante tutto, sarebbe stata la prima occasione di trovarci, in un certo senso, soli, in un altro paese, anche se non certo lontani dalle nostre responsabilità. Non ero caduto così in basso da dimenticarmi che il lavoro che saremmo andati a svolgere era importante, che aveva la precedenza su qualsiasi questione irrisolta tra noi, nonostante tutto.
    E c'era un che di rassicurante, nel sapere che sarei stato partecipe di ogni sua mossa, che avrei saputo subito se si fosse trovata in pericolo in qualsiasi parte dell'operazione, sebbene ci fosse anche il rovescio della medaglia e di ciò avevo già avuto un assaggio, in precedenza; Simon, l'uomo che credeva Katelyn — no, Julia — gli appartenesse. Non avrebbe dovuto importarmi, eppure non potevo trattenermi dal diventare teso e rigido ogni volta che vedevo le sue mani e le sue labbra appropriarsi del corpo di Katelyn. Potevo attribuirlo al fatto che mi sembrasse sbagliato solo fino ad un certo punto — mi sentivo come se stessi perdendo il controllo su una situazione che avevo ritenuto sotto controllo e, oltretutto, non stessi nemmeno facendo un buon lavoro nel cercare di far credere che stesse andando tutto bene, non con Jane, la quale era sempre stata incredibilmente percettiva, soprattutto quando si trattava di me e dei miei stati d'animo, di ciò che mi passava per la testa.
    ( . . . ) Non c'era logica, nè alcuna legge fisica, che permetteva a certe cose di accadere, eppure accadevano lo stesso, senza bisogno di una spiegazione, di un ordine preciso che stabiliva una regola. Accadde, quindi, in un paio di secondi sospesi, dai contorni vagamente surreali; mi trovavo a diversi metri di distanza dal magazzino in cui era attualmente Katelyn e stavo tenendo d'occhio il tutto con l'ausilio di un binocolo, ma non mi sembrò affatto un caso quando rivolse lo sguardo verso di me, precisamente, trovandomi senza sforzo, sostenendolo per qualche momento, prima di dover riportare l'attenzione all'interno della stanza. Non avrei saputo descrivere quei secondi in modo da rendere loro giustizia, ma dovetti buttare fuori un respiro più profondo rispetto ai precedenti, meno controllato e regolare, mentre tenevo salda la presa sul binocolo.
     
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    Cercando di allontanare il mio cuore da Nate, misi la testa nella missione. Dovevo completamente immergermi in Julia e non pensare ad altro anche se esattamente dover fingere di essere lei ciò che più di ogni altra cosa mi faceva male. Ma ingoia il rospo come ormai troppo spesso avevo imparato a fare e avevo seguito silenziosamente Simon e la sua squadra all'interno di un magazzino fuori Ibiza, solo per scoprire poi che apparteneva niente di meno che al Ministero di Controllo delle Malattie.
    "Gente abbiamo solo cinque minuti! Fate partire gli orologi!" gli stessi che poco prima avevamo sincronizzato ci dettero il via, mentre io seguivo Simon all'interno della sala frigorifera in cui mi venne dato l'incarico di aprire la cassaforte.
    "Baby hai solo un minuto!"
    "Posso almeno sapere cosa dobbiamo recuperare?"
    "Zitta sei più carina sai? Ora lavora!"
    Cercai di trattenermi da mandarlo al diavolo e tornai a combattere con il dispositivo che Gideon mi aveva costruito scoprendo con gran rabbia che non funzionava e non potevo permettermelo. Se Simon avesse scoperto che avevo problemi sarei stata in guai serie e così approfittando che lui era nervoso a guardarsi intorno, cercai di direzionare nuovamente il dispositivo e così facendo riuscendo finalmente ad aprire quella maledetta cassaforte prima che la temperatura salisse troppo.
    "Fatto!"
    "Brava piccola!"
    Simon mi diede un bacio veloce, mentre io non perdevo d'occhio i suoi movimenti. Non era per niente rassicurante il fatto che stessimo rubando qualcosa in quel magazzino, ma proprio per questo dovevo capire di cosa si trattasse per poterlo riferire alla CIA. Quando però chiuse la valigetta raffreddatrice mi maledì mentalmente per non essere riuscita a cogliere nessun indizio che mi aiutasse a capire cosa avessimo rubato.
    Nel mentre stavamo già scappando via sull'auto che lì ci aveva portato, solo per cambiare veicolo poco dopo e sentendomi sull'orlo dell'infarto quando dentro questo vi scoprimmo Nate. Probabilmente doveva aver seguito le nostre tracce e sperando di scoprire qualcosa si era messa nella bocca del lupo. Il problema non era però che mi aveva messo in pericolo, quello era il meno dei mali perché ahimé Simon si fidava ciecamente di me, ma quanto più che proprio per questo probabilmente mi avrebbe chiesto di fargli qualcosa di indicibile.
    "Guarda chi abbiamo qui! Prendetelo!" disse furioso e su di giri probabilmente per via della droga, mentre tirando fuori la pistola già era eccitato all'idea di sparargli.
    "Simon! Simon! Ehi baby, calmo... ti ho detto chi è no... non ci sono problemi..." cercai di dire con tono civettevole mettendomi tra Nate e la canna della pistola. Ero anche certa di convincerlo a desistere se non fosse che uno dei suoi uomini disse qualcosa da cui non potevo più inventarmi nulla per salvarlo...
    "Ehi capo! Questo è della CIA! CAZZO!"
     
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  4. Blackthorns
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    Non avrei dovuto fare un errore simile, soprattutto non in una situazione tanto delicata, che poteva facilmente mettere Katelyn in pericolo. Mi sarei dovuto attenere al piano e seguire il protocollo, ne ero consapevole, eppure avevo agito comunque, d'istinto, dando retta al cuore e non alla ragione, avvicinandomi troppo, spostandomi dal punto in cui sarei dovuto essere. Non c'era stato il tempo di pensarci due volte; mi ero mosso appena il pensiero mi aveva attraversato la mente, incapace di tenermi alla larga, di seguire la missione esclusivamente da una distanza sicura, la quale mi avrebbe assicurato di non venire scoperto, ma mi avrebbe anche impedito di intervenire, nel caso qualcosa fosse andato storto ed era stato proprio quello, il timore che le fosse potuto succedere qualcosa ed io sarei stato soltanto in grado di starmene a guardare, insieme al pessimo presentimento che mi aveva preso su tutta quella faccenda, a cominciare dal fatto che quegli uomini sembravano troppo evasivi riguardo ai dettagli — e soprattutto le motivazioni — di quel colpo.
    Avevo fatto un passo falso, me ne resi conto troppo tardi, quando mi trovai a fissare la canna di una pistola da una distanza eccessivamente ravvicinata ed una serie di voci impegnate a sovrapporsi in vari stati di alterazione e sorpresa, tra cui quella di Katelyn, sulla quale non potei fare a meno di concentrarmi — quelli sarebbero potuti essere i miei ultimi momenti di vita, dopotutto. Non solo ero stato scoperto dove non sarei dovuto essere, ma uno degli uomini di Simon mi aveva identificato come agente della CIA, condannando me e la copertura come fornitore di armi con una sola frase.
    Cercai di guardare meglio Katelyn, di focalizzarmi su di lei ancora una volta, ma venni trascinato fuori dalla vettura, sempre sotto tiro, sempre senza la minima possibilità di tirarmi fuori da quella situazione.
    -Capo, questo va fatto fuori!-
    -Spariamogli un colpo in fronte e basta!-
    Non volevo Katelyn dovesse assistere alla scena, fu tutto ciò a cui riuscii a pensare in primo luogo, poi i miei pensieri passarono a Julian, a Jane, che avrei lasciato di nuovo soli.
    Ascoltai a metà tutti gli assensi che echeggiarono attorno a me, e puntai lo sguardo su Walker, evitando Katelyn per non far cadere inutili sospetti su di lei.
    -STATE ZITTI! ( . . . ) Questo tipo ti ha tradito, Julia. Fagli vedere come finiscono i sudici traditori come lui.-
    Quello no, non potevo permetterlo. Cominciai a cercare di liberarmi dalla presa che mi stava tenendo fermo, perchè avrei preferito uccidermi con le mie stesse mani, piuttosto che lasciare che fosse lei a doverlo fare.
     
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    In un momento solo mi resi conto che la vita aveva deciso di punirmi di tutti gli errori fatti, in primis quello di permettermi di amare probabilmente l'unica persona sulla faccia della terra che avrei dovuto evitare. Ma era davvero una colpa innamorarsi e farlo nel più puro e vero dei modi anche se questo comportava strappare un uomo retto e pieno di valori come lui dalla sua famiglia?
    Era questo che mi chiedevo, mentre Simon mi metteva la pistola in mano e da dietro indirizzava le mie mani verso Nate cui tentavo di rivolgere uno sguardo distante e distaccato, ma lui che mi conosceva meglio di quanto io stessa facevo poteva leggere tutto il mio tormento. Il mio urlare e scalpitare e il mio dirgli quanto lo amavo e quanto non avevo mai smesso di fare...
    Ma fu durante quel discorso silenzioso di sguardi, in cui solo noi ci capimmo, che un colpo di pistola riempì l'aria della notte spagnola, un colpo che non era andato a segno e che aveva fatto stupire Nate di essere ancora vivo, quanto a Simon di non aver eseguito il suo ordine.
    Questo non mancò di farlo andare su tutte le furie quando un suo schiaffo mi fece cadere violentemente a terra, mentre io tenendomi la guancia dolorante lo guardavo disgustata gettando la pistola ai suoi piedi e gattonando verso Nate abbracciandolo.
    "Perdonami... te ne supplico... non odiarmi..." e prima che lui e chiunque altro se ne potesse rendere conto l'avevo accoltellato con un piccolo pugnale che nessuno sapeva che avessi.
    Mi alzai in piedi osservando Nate agonizzante e combattendo contro l'istinto di piangere, uccidere tutti e salvarlo, prima di passare di fronte a Simon e non mancare di minacciarlo. La lama alla sua gola.
    "NON osare mai più mettermi le mani addosso e tanto meno dirmi come devo fare il mio lavoro... come vedi me la cavo egregiamente da sola..."

    Semplicemente avevo dato le spalle a Nate e salendo sul furgoncino ero tornata in hotel con il gruppo, ma seppur il senso di colpa mi stava logorando potendo agire in quel modo avevo potuto fare due cose: la prima mettere un trasmettitore su Nate, era il mio, ma così facendo la CIA avrebbe potuto trovarlo e aiutarlo e poi pugnalandolo avevo potuto più precisamente ferirlo senza toccare organi vitali e fargli meno danno possibile, cosa che con una pistola non ero certa di riuscire a fare. Non era facile dover convincere delle persone di aver ucciso una persona, senza ferirlo troppo gravemente... speravo che la grande quantità di sangue li aveva convinti... Lo stesso che mi stavo lavando furiosa adesso sotto la doccia sentendomi sporca come mai mi ero sentita, nemmeno dopo aver fatto le peggiori cose. Anche perchè cosa esisteva di peggiore di aver tradito l'uomo che si amava.
    Ero in uno stato tale che quando Simon mi raggiunse ed eccitato decise di prendermi, glielo permisi, forse dopotutto mi meritavo quel trattamento, quella punizione, mi sarei meritata qualsiasi cosa dopo il mio gesto...
    Ero rimasta seduta sotto l'acqua scrosciante, Simon si era divertito, aveva portato a termine la missione e ora mi aveva lasciato con un pugno di mosche in mano. Purtroppo non ero riuscita a recuperare l'arma biologica che avevamo rubato, infatti avrei scoperto più tardi che lui l'aveva già venduta, e soprattutto sarei dovuta tornare a casa e sperare in ogni santo e Dio in cui non credevo che Nate stesse bene.

    Una volta di nuovo a Washington D.C., dopo aver fatto rapporto, ero corsa allo'ospedale della CIA ove François mi aveva messo a conoscenza che era stato lui a recuperarlo e che quando lo aveva fatto era in pessime condizioni, tuttavia appena arrivati negli States era stato subito preso in cura e adesso era in prognosi riservata. Non avevo avuto la forza di alzarmi dalla sedia della sala d'aspetto, crogiolandomi nel mio dolore, tanto che ero ancora lì quando Jane uscì dalla camera del marito portandomi a fare la cosa più stupida di tutte. Andarle incontro.
    "Come sta?"
     
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  6. Blackthorns
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    Si dice che in certi momenti sia facile perdere alcuni dettagli, talvolta anche lassi di tempo piuttosto consistenti, ma io ricordavo nettamente ogni cosa, ogni secondo passato nell'angoscia, nel terrore di raggiungerlo solo per sentirmi dire non ci fosse più niente da fare, o che fosse già morto; ricordavo il modo in cui avevo stretto tra le dita la cornetta telefonica, fino a sentirla scricchiolare debolmente, quando avevo ricevuto la chiamata dall'ospedale ed una voce femminile era stata il tramite grazie al quale avevo scoperto delle condizioni di mio marito. Ricordavo di aver assicurato il passeggino di Julian nella macchina, dal momento che non c'era stato tempo di trovare qualcuno che lo guardasse mentre ero via e di aver guidato con il cuore che mi martellava nel petto e la voglia di urlare che mi graffiava la gola.
    Magari avessi ricevuto la grazia di dimenticare, magari. Ricordavo ogni cosa.

    ( . . . ) Erano passate, in tutto, quasi sei ore dalla telefonata, di cui tre Nathan le aveva passate sotto i ferri, e per tutto il tempo restante ero stata accanto a lui, nella camera in cui era ricoverato, anche se da regolamento non sarebbe ancora dovuto essermi consentito. Non conveniva a nessuno contraddirmi quando ero in quello stato — con una rabbia quasi ferale in circolo, dettata in gran parte anche dalla paura di perderlo, di nuovo — e dovevano averlo capito presto, dal momento che non ci erano volute troppe minacce, per farmi ottenere il permesso di stare in quella stanza.
    A vederlo pallido e attaccato a delle macchine per continuare a respirare, però, per poco non desiderai di non essermi impuntata così tanto, di essere rimasta fuori — avrei dovuto sapere cosa mi avrebbe aspettato, eppure riuscii comunque a bloccarmi per alcuni istanti, di fronte a quella vista, perchè si trattava di Nate e non di uno qualsiasi. Si trattava di Nate ed aveva rischiato di morire, di nuovo.
    La ragazzina, quindi, aveva scelto proprio il giorno sbagliato per rivolgermi la parola, o anche solo respirare nelle mie immediate vicinanze, o quelle di mio marito. Rischiai di perdere la calma, quando la vidi venirmi vicino, ma frenai qualsiasi istinto violento a favore della razionalità e presi un paio di respiri, prima di parlare.
    « Dicono che l'operazione è andata bene, ma le prossime ore saranno cruciali. »
    Se solo avessi saputo di trovarmi davanti alla responsabile dell'incontro ravvicinato di Nathan con la morte.. non mi sarebbe dispiaciuto cedere ad ogni mio più basso istinto, in quel momento.
     
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    Se non fosse stato che sapevo di meritarmi tutta la sua freddezza e il suo disprezzo, in quel momento credo che quella donna avrebbe conosciuto il sapore di un mio pugno. Avevo tentato di conoscerla, di apprezzarla e ci ero anche quasi riuscita se non fosse che ogni volta la vedevo al fianco di Nate e ancor più quando era con suo figlio, che il sangue mi andava al cervello e ragionare lucidamente mi diveniva impossibile.
    Deglutì dunque cercando di ignorare il fastidio della sua voce e concentrandomi unicamente sulle sue parole, le stesse che mi diedero una morsa allo stomaco così forte da provocarmi un conato di nausea.
    Mi portai una mano alla fronte e trattenni la tristezza e il dolore che mi dilaniava.
    "Mi dispiace..." riuscì solo a biascicare, anche se il mio ovviamente non era un dispiacere nei suoi confronti. Era rivolto a Nate, come se lui fosse di fronte a me. Come se fossi a lui che lo stessi dicendo.
    "Dio mio perchè? Perché mi hai costretto a ciò... mi dispiace così tanto..." continuavo a ripetere sull'orlo dell'isterismo e delle lacrime, ormai quasi piegata su me stessa, se non fosse che uno schiaffo ben assestato mi fece ritrovare la lucidità persa.
    La guancia pulsava, era rossa e io me la stavo tenendo e toccando aggrappandomi a quel dolore pensando che lo meritavo, avrei potuto reagire, lo avrei potuto fare benissimo, ma per quanto lo avrei voluto me lo meritavo. Meritavo che Jane mi picchiasse, mi odiasse e mi buttasse addosso tutto il suo disprezzo.
    La guardai sostenendo il suo sguardo e rendendomi conto solo in quel momento che era molto di più della donna fine ed elegante che avevo conosciuto, fino a quel momento tutti l'avevamo sottovalutata. Io in primis. Non pareva la persona che avesse il carattere di distruggerti con uno sguardo, ma Dio solo in quel momento mi resi conto di quanto letale fosse...
     
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  8. Blackthorns
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    Quando la vidi perdere il controllo a quel modo, semplicemente, arrivai al limite; di sopportazione, dell'indulgenza che ero disposta a mostrare nei suoi confronti, di tutto. Fu la goccia che fece traboccare il vaso, esatto. Avrei dovuto figurarmelo che sarebbe stata lei a farmi perdere il residuo di calma e controllo a cui mi ero aggrappata fino a quel momento, per non dare di matto nel bel mezzo dell'ospedale, o ancora peggio di lasciarmi sfuggire qualche lacrima, ma di certo non ero stata tanto accorta da immaginarmi la sua presenza. Me lo avevano detto, che era con lui, lo avevano sputato fuori dopo avermi dato un'occhiata e aver valutato che no, non era il caso di testarmi, tuttavia avevo sperato di non dovermela trovare tra i piedi, non in un momento simile, non lei.
    In un'altra occasione, magari lo avrei anche trovato soddisfacente, il suono dell'impatto contro il suo viso, eppure non sentii niente, non avvertii alcun senso di giustizia, come se avessi appena visto un'altra persona farlo al posto mio. Mi serviva lucida, non sull'orlo di una crisi isterica, dovevo capire che cosa fosse successo laggiù, perchè Nathan si trovasse in quelle condizioni e lei era l'unica che poteva rispondere alle mie domande.
    « Concentrati. » dissi, per prima cosa, rivolgendole uno sguardo tagliente, uno che Jane non avrebbe mai usato. Era fortunata fossimo in pubblico, e che dunque avessi l'accortezza di non sbatterla contro il muro e tenerla lì con un braccio contro la gola, anche se mi servì tutto l'autocontrollo che mi era rimasto per non fare niente del genere. Mi ero già esposta abbastanza, quel giorno, dopotutto, anche se al momento quello era un pensiero remoto, una vocina flebile in un angolo del mio cervello.
    « Voglio sapere cosa è successo. Voglio sapere perchè mio marito è in quelle condizioni. »
     
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    Cercai di ritrovare il mio contegno perchè anche se avevo torto marcio non potevo minimamente permettermi di ridurmi a un verme di fronte a lei, non quando già mi aveva in pugno e aveva nella vita tutto ciò che IO avrei voluto.
    "Sono stata io" sputai dunque fuori con decisione. Ero visibilmente spezzata, ma dovevo riuscire a mantenere un minimo di orgoglio proprio quanto meno per non rendermi alla sua mercè più di quanto non fossi.
    "Ha fatto saltare la sua copertura... O lo ferivo io o Walker lo uccideva..."
    Non mi aspettavo che capisse, era indubbiamente una donna forte, ma le sue capacità si limitavano a un puro lavoro d'ufficio. Dubitavo avesse anche solo la minima idea di cosa volesse dire stare sul campo e trovarsi di fronte a scelte impossibile.
    Rimanemmo ad osservarci per non so quanto tempo, era una sfida. Lei che visibilmente si controllava per non uccidermi con le sue mani, mentre i suoi occhi mi trapassavano da parte a parte. E io che tentavo disperatamente di reggere il suo sguardo per non dargliela vinta.
    Eravamo sul punto di scoppiare, di cedere e sapevo che se sarebbe successo sarebbe stata la fine, fortuna volle che la provvidenza -o chi per lei- ci mise una pezza. Fu in quell'esatta posizione che ci trovò François quando venendoci incontro si mise tra noi, fisicamente. Ci conosceva e probabilmente voleva evitare il peggio, per Nate innanzitutto. Ero fortunata che ci fosse, ancor più perchè nonostante tutto lui era sempre stato dalla mia parte. Lui che più che in una circostanza, come Belle, mi avevano confidato di non fidarsi di Jane... Non sapevano spiegarlo, era una sensazione, come la mia... che nonostante apparisse perfetta, proprio per questo aveva qualcosa che non andava.
    Il suo arrivo comunque non era stato dovuto solo a impedirci di ucciderci, ma anche per comunicarci che dovevamo andare di volata alla CIA, lui sarebbe rimasto in ospedale, ma Glenn aveva espressamente richiesto che lo raggiungessimo. A malincuore eseguimmo entrambe l'ordine e quando scoprimmo il motivo di quella convocazione mi si gelò il sangue nelle vene.
    In missione con Jane per salvare Daniel? Dovevo essere davvero una pessima persona per meritare un castigo tanto grande...
     
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  10. Blackthorns
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    Ebbi l'impulso, folle, di aprire bocca per protestare, quando alla CIA ci dissero che io e la Mckay saremmo dovute andare in missione insieme per salvare Daniel, ma alla fine strinsi le labbra ed ingoiai tutto, tacendo. Polemizzare non mi avrebbe portato da nessuna parte, avrei finito soltanto per rallentare i tempi e quello, davvero, non volevo succedesse. Volevo essere di ritorno il prima possibile; per tornare da Nathan in tempo per il suo risveglio. Per evitare di strangolare la McKay appena ne avessi avuto l'occasione — e il pensiero, fugace e pericoloso, dettato dall'irrazionalità dell'ira, di farla fuori proprio davanti alla stanza d'ospedale di Nathan, mi era parso per qualche momento terribilmente allettante, tanto che mi ero trovata a considerare di mandare sul serio tutto a monte, soltanto per una soddisfazione momentanea, il piacere della vendetta.
    Era stata lei, a pugnalare Nate, a ferirlo quasi mortalmente ( doveva ringraziare ogni santo possibile che sapessi non lo avesse fatto di proposito ). Ce l'avevo davanti, esposta, vulnerabile. Ogni nervo del mio corpo sembrava vibrare di violenza repressa, trattenuta, sotto ferreo controllo. Sull'aereo per il Messico così come in ospedale avevo le mani legate, ma avevo anche acquisito una lucidità maggiore, la quale mi permetteva di pensare con più razionalità rispetto a prima e di non cedere all'istinto di farle pagare sulla pelle ciò che aveva fatto, costretta o meno. Avrei fatto lo stesso, al posto suo? Certo, inutile negarlo, ma non era quello il punto. La volevo lontana da lui, una volta per tutte.
    « Stammi bene a sentire. »
    Suonai diversa da come lo ero stata durante il confronto avuto in ospedale, meno corrotta dal morso feroce della rabbia, più fredda e controllata, con un tono di voce che era innegabilmente mio.
    « Fino a questo momento ho lasciato correre, ma adesso la situazione è cambiata. Fatti assegnare ad un'altra divisione, non m'importa come, ma fallo, o farò tutto il possibile affinchè tu venga rimossa con la forza. »
     
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    "Prego?" chiesi alzando lo sguardo verso di lei visto e considerato che da quando eravamo partite in aereo lei non mi aveva mai rivolto la parola, non che mi dispiacesse. Non credevo che avessimo nulla da dirci, ma quella sua uscita mi dovette far trattenere dal scoppiarle al ridere o metterle le mani al collo... entrambi azioni che volevo evitare.
    "Fatti assegnare tu ad un'altra sezione. Da sempre io faccio parte di questo, tu sei la nuova arrivata e se la tua preoccupazione è tuo marito lui è voluto tornare, poteva non farlo o essere lui a chiedere un altra assegnazione. Io di certo non mi farò indietro..." detto quello tornai alla mia rivista per niente intenzionata a tirar avanti quella discussione e ancor meno essere costretta ad avere a che fare con lei più del dovuto.
    Già eravamo in missione insieme e non mi piaceva, già avevo dovuto lasciare il fianco di Nate e non mi piaceva, già eravamo state mandate niente di meno a incontrarci con Daniel e non mi piaceva, credeva davvero che avrei avuto anche il tempo e la pazienza per i suoi sciocchi discorsi da donna gelosa?
    Certo mi ero sentita un verme per quello che avevo fatto prima trasformandomi nell'amante di suo marito e successivamente ferendolo quasi mortalmente, ma ogni mio eventuale cruccio era dovuto al male che a Nate avevo provocato mettendolo in posizioni scomode, non certo per lei. All'inizio forse mi dispiaceva, ma mi era bastata conoscerla un poco meglio in ospedale, vederla togliersi quella maschera di perfezione e capire che c'era qualcosa che non mi piaceva, che non mi convinceva...
    Se prima forse avevo accettato, messo da parte ogni proposito di farmi da un lato... se ero sul punto di spezzarmi e scappare come lei avrebbe tanto desiderato, ora la mia visione si era completamente ribaltata... purtroppo per lei.
    Il viaggio proseguì silenzioso e teso fino a Città del Messico ove avremmo dovuto incontrare Daniel che a quanto pare aveva notizie per noi circa Bomani, il principale trafficante d'armi d'Africa che, ahimè era fuggito grazie a me. Sì perchè ciò che con Walker avevo rubato era finito in mano alla Convenzioni che lo aveva usato per l'evasione. Evento che purtroppo ci fece ben intendere e capire che ogni nostro sforzo di distruggere una volta per tutte quel maledetto gruppo terroristico era stato vano e che loro ancora esistevano ed erano più pericolosi che mai seppur, sembrava, che Daniel non vi avesse più a che fare... Ma parlavamo di Daniel e io non credevo a nulla che venisse dalla sua bocca...
     
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  12. Blackthorns
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    Dovetti stringere i denti, letteralmente, a quel suo impuntarsi come una bambina capricciosa che non voleva mollare la presa sul suo giocattolo preferito. Serrai la mascella e la fissai duramente, chiusa in un silenzio che sapeva di veleno, preferendo non degnarmi neppure di risponderle; non credevo sarei riuscita a tenere fuori dalla mia voce il tremore, palese e stridente, della rabbia che mi suscitava starla a sentire. Se solo avesse saputo chi si trovava davanti davvero, allora forse — forse — avrebbe avuto il buon senso di non atteggiarsi a quel modo, soprattutto dopo quanto mi aveva detto all'ospedale riguardo il suo essere responsabile del ricovero urgente di Nate. Ero disposta a passarci sopra soltanto perchè non sapeva cosa stesse dicendo, lei che con i suoi.. quanti? cinque? anni alla CIA pensava di avere chissà quanta esperienza — non aveva idea di quanto avrebbe dovuto sentirsi piccola in confronto a me. Ragazzina , sputai mentalmente, distogliendo lo sguardo dal suo volto, senza per quello mostrarmi sconfitta o intimorita dalle sue parole. Tutt'altro; lo sdegno nel mio sguardo era evidente, parlava più di quanto avrebbero potuto fare mille giri di parole.
    Il resto del viaggio lo passai a riflettere sulla missione che ci avevano dato alla CIA, cercando di delineandola nella mia mente come una mappa e di mettere da parte qualsiasi problema personale, qualsiasi cosa non riguardasse ciò che avrei dovuto fare una volta arrivata a Città del Messico ( avrei preferito di gran lunga agire da sola, ma quando poteva evitarlo la CIA non operava in quella maniera, purtroppo ). Trovare Daniel prima che lo facesse Bomani era ciò che mi premeva maggiormente, perchè a quel punto la situazione si sarebbe complicata ed io.. beh, a quel punto avrei dovuto trovare un modo per risolverla senza distruggere l'immagine di "donna da ufficio" di Jane. Immaginavo, dopotutto, che il trafficante non fosse troppo felice con Daniel, dopo che era stato in galera a causa sua, appena l'anno precedente.

    ( . . . ) Ciò che non mi ero immaginata, ovviamente, era che Daniel sarebbe stato rapito a pochi metri dall'edificio designato per l'incontro che avremmo dovuto avere con lui Ma certo.
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    Scattare in azione era talmente istintivo che mi fermai appena in tempo, ricordandomi che sarebbe dovuta essere Katelyn a decidere la nostra prossima mossa.
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11 replies since 16/3/2017, 11:50   243 views
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