Flashback #1758: New York

Season 1

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  1. Zazzy
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    Quando mi svegliai all'alba, stringevo ancora fra le braccia Eris, ed il suo sorriso mentre mi guardava fu la migliore accoglienza che avessi mai ricevuto.
    Le sorrisi dolcemente a mia volta, godendomi ancora un poco la sua compagnia con languide carezze e qualche bacio affettuoso, un gradito cambio d'abitudine che pareva comunque fluire così naturale che non riuscivo a ricordare come avessi potuto viverne privo prima d'allora.
    Ci attendeva però il giorno della resa dei conti, e così ci preparammo seguendo il piano prefissato.
    Non amavo abbigliarmi di qualcosa di diverso dalle mie austere divise, ma per il Cristallo ovviamente avrei fatto un'eccezione. Eris d'altro canto, anche se condivideva il mio stesso disagio nel cambiare stile d'abito, risultava elegante e meravigliosa anche in quel completo seducente.
    L'unica cosa che mi turbava, mentre la ammiravo acconciarsi i capelli e truccarsi con cura, era che altri uomini posassero il loro sguardo su di lei, anche se ciò era pressoché inevitabile.
    Le posai le labbra sul retro del collo in un veloce bacio, e la lasciai terminare di prepararsi mentre andavo a sellare i nostri cavalli.
    Quando uscì ci recammo a piedi con le redini alla mano di fronte al quartier generale poco distante, dove incontrammo i miei uomini.
    Dopo i normali convenevoli, Eris andò diritta al punto e chiese a Thomas di Donnie, che un poco incerto prima di rispondere cercò con gli occhi cristallini la mia approvazione. Dovetti sorridere mentre annuivo e lui le rispondeva garbato.
    «È già al palazzo di Midar. Lo abbiamo fatto arrivare a notte fonda, cosicché nessuno ponesse domande. Un nostro uomo è con lui come assistente…»
    Il ragazzo terminò giusto la spiegazione quando uno dei corvi della donna volò maestoso a posarsi sul suo braccio, sotto lo sguardo stupito dei Templari, che si scambiarono delle occhiate perplesse ma non fecero domande quando feci loro un cenno. Sarebbe stato tutto spiegato loro a tempo debito, o meglio, lo stretto necessario che serviva sapessero.
    «Le Erinni mi hanno informato che le guerriere e un manipolo di assassini sono a poca distanza dal palazzo di Midar. Vogliono tenderci un imboscata…» Mi sussurrò la donna quando ebbe terminato di ascoltare il volatile, alzandosi sulle punte per raggiungere il mio orecchio.
    Annuii, e non potei non lasciarmi sfuggire un sorriso sardonico. Nulla che non mi sarei aspettato da quei viscidi soggetti; avrebbero ricevuto un'accoglienza degna della loro fastidiosa persistenza.
    «Uomini, ascoltate attentamente; ecco come procederemo.» Esclamai. «Ci divideremo in tre gruppi principali. Lady Eris ed io assisteremo allo spettacolo pubblicamente, mentre Thomas e George guideranno gli altri due manipoli. I primi staranno direttamente nei pressi della lizza pronti ad intervenire, mentre gli altri resteranno nascosti nelle vicinanze. Eris, mia cara...» Mi rivolsi direttamente a lei, posandole delicatamente una mano dietro alla schiena. «Possiamo contare sull'aiuto dei tuoi corvi? Saranno gli occhi dei miei uomini per indicare loro lo spostamento del nemico, e potrai tu stessa fare da intermediaria per comunicare loro uno speciale linguaggio in codice.»
    Ad un suo sorriso d'assenso, la lasciai discutere con i Templari capeggiati da George su come avrebbero dovuto interpretare i segnali delle Erinni, mentre io prendevo da parte Thomas.
    «Ragazzo mio, hai già dato prova del tuo valore in passato, e perciò ti affido questo compito vitale: mentre comanderai gli altri, dovrai prestare attenzione a tutto ciò che ti circonda e mai abbassare la guardia, sii pronto a cogliere ogni avviso e resta lucido per decidere al meglio. Ne va delle nostre vite e della riuscita della missione. Ho piena fiducia delle tue capacità e so che non mi deluderai.»
    Lui si illuminò, e drizzò la schiena nel rispondermi.
    «Non lo farò, Maestro Haytham. Ho imparato dal migliore.» Concluse, e si congedò chinando il capo.
    Quel ragazzo riusciva sempre a farmi quasi commuovere. Un po' temevo per lui, ma sapevo che avrebbe utilizzato ogni energia a sua disposizione per sfruttare a suo vantaggio ciò che gli avevo insegnato negli anni.
    Quando Eris ebbe concluso, la aiutai a montare a cavallo della giumenta color della notte e a mia volta montai in groppa ad Etere, mentre gli altri già partivano al galoppo diretti alle loro postazioni. Noi ci avviammo al passo, senza troppa fretta, verso il luogo della resa dei conti.

    Le regole della giostra erano semplici: mandare il proprio destriero al galoppo con la lizza di divisione alla sinistra, e colpire l'altro cavaliere senza spezzare la propria lancia. Era proibito mirare all'elmo, e avrebbe passato il turno il cavaliere che avesse rotto meno bardiche. Disarcionare l'avversario non era richiesto, ma gradito.
    Dopo aver salutato i presenti, che ad una mia occhiata bieca distoglievano prontamente i loro sguardi bramosi dalla mia accompagnatrice, Eris ed io ci accomodammo tra le prime file per assistere allo spettacolo.
    Non potevo nascondere di provare una punta di nervosismo, anche se all'apparenza sembravo calmo ed impassibile. D'improvviso però, la mano piccola e delicata di Eris si era posata sulla mia, stringendola leggermente per infondermi fiducia, e così mi rilassai compiacendomi anche di come già il nostro legame fosse forte abbastanza da permetterci di comprendere l'uno i sentimenti dell'altra senza bisogno di parole.

    I primi gironi si conclusero con Donnie a farne da padrone, arrivando ben presto alle battute finali. Anche se ad ogni scontro il cuore mi balzava nel petto, il ragazzo riusciva sempre ad uscirne vincitore con straordinaria abilità che, dal sorriso sornione onnipresente sul volto della mia amata, immaginavo fosse da lei in qualche maniera aiutato.
    Ogni mio dubbio su di un suo intervento, però, si dissipò quando Donnie fu dichiarato indiscusso vincitore con sorprendentemente zero lance spezzate durante tutta la giostra, disarcionando persino l'ultimo avversario che vantava vittorie su vittorie accumulate in un decennio di esperienza.
    Lanciai un'occhiata colma di fierezza ad Eris, che ricambiò con un sorriso felice, senza che io fossi stato capace di nascondere la mia contentezza quando, nel momento in cui il ragazzo aveva scagliato il rivale al suolo mentre il suo destriero sollevava zolle di terra e polvere nella carica del galoppo, le avevo stretto forte la mano nella mia.
    Scrosci di applausi e grida ammirate ricoprirono Donnie mentre eseguiva il giro d'onore lungo il perimetro della lizza, e fu con i complimenti personali dell'eccentrico Midar che il Gioiello d'Argento gli fu posto fra le mani.
    Compiaciuti, Eris ed io ci dirigemmo nei pressi dell'uscita, in disparte, mentre attendendo il vincitore tenevo d'occhio i Templari di Thomas, tutti ai loro posti e concentrati nella missione.
    Dopo aver scambiato i dovuti saluti, il ragazzo accompagnato dallo scudiero affidatogli dall'Ordine, si diresse verso di noi con occhi scintillanti. Più che per il premio che ci stava per restituire, il suo petto era gonfio di felicità al sol realizzare di avere vinto una competizione di simile portata.
    «Una dimostrazione eccezionale, caro Donnie. Siete stato magistrale.» Mi complimentai, regalandogli generose pacche sulle spalle, mentre di sottecchi lanciavo uno sguardo ad Eris, entrambi consapevoli del perché egli avesse vinto.
    Dall'emozione il ragazzo non riuscì nemmeno a costruire una frase di senso compiuto, così tra i balbettii di ringraziamento ci porse il Gioiello e si preparò ad andarsene.
    Fu così che, come ci aspettavamo, iniziò lo spettacolino di cattivo gusto dei nostri storici nemici.
     
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    Era indescrivibile la sensazione che avevo avuto per tutta la durata della missione, partendo da quando la mattina mi ero svegliata tra le braccia di Haytham che oltre a dimostrarsi un ottimo amante, aveva anche dato dimostrazione di una carica erotica e romantica che mi aveva totalmente sconvolta.
    La nostra complicità silenziosa era già percepibile a chiunque ci vedesse, non c'era essere vivente che avrebbe potuto competere ai miei occhi. Nessun moscerino si avvicinava alla completezza del mio Re. Per questo i miei sguardi languidi e complici erano solo per lui, mettendo ben in chiaro a chiunque altro avrebbe voluto competere con me per attirare la sua attenzione, che sarebbe stato un sforzo del tutto vano. Le donne che osavano affrontarmi, anche solo con un'occhiata, impallidivano a quella che poi io riservavo loro.
    Come richiesto da Haytham le Erinni funsero da occhi perfetti e per tutto il tempo rimasero in perlustrazione, tanto che quando ormai a giostra conclusa eravamo alla presenza di Donnie che ci stava consegnando il Cristallo, Megera si fece viva volando in picchiata verso di noi. Suo compito era di prendere lo stesso e portarlo al sicuro in caso di pericolo, ma la sua caduta fu interrotta da un fulmine che facendola cadere a terra ci mise sull'attenti.
    Presi immediatamente Megera in mano preoccupata per la sua sorte, non era in pericolo di vita, ma Nike ci guardava beffarda, mentre Aphrodite aveva già sguinzagliato la sua catena magica e aveva recuperato il Cristallo.
    Imprecai sotto voce mentre la nebbia fitta causata da Athena permise a loro di fuggire e a noi di disorientarci.
    "ALETTO! TISIFONE! Inseguitele! Recuperate il Cristallo!" urlai fuori di me, mentre Donnie veniva uccisi sotto gli occhi miei e di Haytham e ben presto ci ritrovammo circondati da Assassini, duró poco perché l'arrivo dei Templari creó ben presto uno scontro acceso, lo stesso durante il quale io approfittai per allontanarmi.
    Non volevo abbandonarli, volevo solo impedire che le Guerriere fuggissero e questo Haytham lo comprese, mentre rimanendo a combattere mi vide correre via.
    Corsi a perdi fiato fin quando con mia somma sorpresa vidi Aletto e Tisifone abbattersi su Selene che a terra si riparava dalle loro beccate che cessarono solo al mio ordine.
    Le foglie scricchiolavano sotto i miei piedi mentre camminando con fare algido mi piegai a recuperare il Cristallo e rimirarlo tra le mie mani in tutta la sua bellezza.
    "Non crogiolarti troppo, Nemesi non sarà mai al tuo servizio..." disse quell'insulsa ancora a terra pronta a reagire nonostante i colpi ricevuti.
    "Disse la triste imperatrice decaduta..." c'era sarcasmo nella mia voce e tanta voglia di deriderla.
    "Come si invertono i ruoli mh? Un tempo era Eris nella tua posizione, una nullità al confronto della sontuosa famiglia reale... della bellissima e amatissima erede al trono e oggi?" le chiesi guardandola negli occhi, nello stesso momento in cui ancora a terra, si prendeva il collo sentendosi soffocare da una forza invisibile.
    "Oggi sei una squallida guerriera non riconosciuta da questo mondo. Tu e le tue amiche venite etichettate nei peggiori dei modi e tacciate per la vostra natura, mentre io sono rispettata. Amata. Tutti pendono dalle mie labbra, desiderano il mio aiuto..."
    "L'aiuto di una Regina della Discordia... guarda come hai ridotto questo mondo... hai interferito con il suo sviluppo!"
    Lo disse tossicchiando e a fatica per via della mia presa invisibile, con lo stesso tono fiero e falso dei suoi genitori che mi fece scoppiare a ridere, mentre tornando a guardare il Cristallo finsi di non ascoltarla, anche se mi dava il volta stomaco.
    "Questo pianeta è propenso al caos. Non rendermi colpevole di tutti i suoi conflitti e dispute. Gli umani sono portati di natura a ciò... hanno bisogno di disordine per essere in grado di creare ordine. Io sono una costante senza la quale nessuna civiltà potrebbe esistere..."
    "Noi lo facevamo prima che tu ci distruggessi"
    "No!" la corressi "Io ho solo sistemato un errore. Erebo e suo padre Etere hanno costruito un regno di pura luce, ben più distruttivo e pericoloso del Caos. Come ti ho già detto il disordine porta ordine, ma la luce? Se pura è accecante ed è quello che ha fatto con la Luna e le 8 Colonie! Vi ha reso ambiziosi, sopra le parti, vi siete sempre sentiti migliori e per questo in dovere di fare degli altri ciò che volevate... prendi Eris, tu e le tue amiche siete state mostruose. Vi considerate meglio di me?"
    In quel nostro lungo confronto mi ero fatta così prendere la mano dalla discussione che ahimè non fui attenta al colpo che Ares mi inflisse con la sua freccia infuocata è che mi colpì al fianco facendomi cadere a terra e ruzzolare il Cristallo via dalla mano. Fu allora che Selene, libera dal mio giogo, usò il suo legame che aveva con lo stesso per frammentarlo in sei gemme che disperdette, azione che mi fece urlare. Avevo speso così tanto tempo, avevo a portata di mano la mia libertà e felicità ed ora era perduta... perduta... piangevo incredula che potessi dopo così tanti millenni provare una così pura ed atroce sofferenza...
    "Ho sbagliato a credere che potevo tenere il Cristallo intatto. Nessuno lo ha mai frammentato da quando Erebo lo uní e per quanto so che questo devasta Nemesi di dolore, anche lei sa che è stato meglio così. Devo tenerlo al riparo dall'avarizia dell'uomo e da te..." mi sputò contro quell'essere prima che scomparendo con la sua compagna mi lasciò sola e ferita. La stessa era così grave che un umano ne sarebbe morto, io no, ma purtroppo era anche vero che il corpo di Eris ormai era consumato dal tempo e io non avrei avuto la forza per riprendermi in fretta. Mi ci sarebbero voluti anni in cui mi sarei dovuta auto infliggere un lungo coma per rigenerarmi, anni in cui Haytham sarebbe invecchiato fino alla morte. Per questo mentre continuavo a perdere sangue e divenivo sempre più debole pregai le Erinni di lasciarmi fare. Mi avrebbero portato via appena il mio corpo sarebbe stato abbandonato, ma prima dovevo dire addio al mio amato Re... Lui che sarebbe morto prima del mio risveglio e che dunque necessitavo salutare prima, morendo tra le sue braccia, facendogli credere che sarebbe stato impossibile per me sopravvivere...
    Fu dunque così che mi ritrovò quando raggiuntami mi vide stesa sul manto di foglie secche della foresta, la ferita al fianco profonda e bruciata che tuttavia non smetteva di sanguinare. Le forze mi stavano venendo meno e tutto il mio sconforto era sincero... perché avevo avuto in mano la felicità, Haytham e il Cristallo, e li avevo persi entrambi...


    Edited by Señora Acero¸ - 18/6/2017, 18:49
     
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  3. Zazzy
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    Sapevo che gli Assassini avrebbero attaccato, ma non mi ero aspettato di vedere scendere in campo delle entità femminili in possesso di poteri leggendari, perciò la nostra capacità di reazione fu rallentata giusto quell'attimo che permise loro di uccidere Donnie e rubare il Cristallo.
    Giusto il tempo per scambiarci uno sguardo complice, che Eris partì all'inseguimento delle ladre mentre io ingaggiavo battaglia insieme ai miei uomini.
    Era sempre bello vedere l'espressione sgomenta sul volto degli Assassini mentre la vita veniva loro portata via dalla loro stessa diabolica arma che, assicurata al mio polso, mieté più vittime della mia spada.
    Con la coda dell'occhio vedevo i Templari combattere con abilità, proteggendo i civili che ancora non erano riusciti a fuggire, mentre Thomas nonostante fosse ferito ad una spalla e potesse usare un solo braccio per difendersi, si batteva con ferocia contro due nemici che nonostante lo avessero raddoppiato non erano in grado di sopraffarlo.
    Stavo per andare in suo aiuto dopo essermi appena liberato del mio rivale, quando i pochi Assassini rimasti ancora in grado di fuggire, si ritirarono lasciando indietro morti e feriti. Dopo un attimo di smarrimento, i miei uomini come da prassi presero ad organizzare il trasferimento dei nemici battuti alla nostra infermeria, mentre a me si gelava il sangue nelle vene.
    Non erano avversari abbastanza intelligenti da arrendersi nemmeno se chiaramente inferiori militarmente, poiché preferivano perdere sino all'ultimo uomo nel tentativo di attendere un qualche miracolo che ribaltasse le loro sorti -salvo ovviamente i membri importanti, che si davano alla fuga se la situazione si faceva disperata-, dunque doveva essere accaduto qualcosa.
    Partii di corsa verso la direzione presa minuti prima da Eris, mentre il cuore mi martellava nel petto e percepivo appena le gambe muoversi sopra al sottobosco.
    Irruppi in una radura, e fu in quel momento che la crudeltà della vita si abbatté nuovamente sulle mie spalle.
    Prima la mia famiglia, poi i miei amici, ed ora anche lei.
    Eris era riversa a terra, mentre sangue scuro le sgrondava da una ferita aperta, inferta profondamente nel suo fianco, con le fedeli Erinni intorno alla sua esile e sofferente figura.
    Mi avvicinai, ogni passo che si faceva più pesante del precedente, e caddi in ginocchio al suo fianco con le braccia che pendevano inermi a lato del mio corpo.
    Accarezzai con lo sguardo il suo volto di porcellana, contratto in un'espressione di dolore, e nonostante ciò ebbe la forza di socchiudere gli occhi per osservarmi. Mi si formò un nodo in gola mentre le circondavo con cautela le spalle minute e me la stringevo al petto, posando una guancia tra i suoi capelli profumati. Inspirai quell'aroma, cercando di imprimerlo nella mia mente.
    Eris emise un lieve rantolo, così chinai il viso a guardarla, e lei si sporse per sussurrare al mio orecchio.
    Una lacrima mi rotolò lungo la guancia, mentre mi mordevo il labbro inferiore fino ad assaporare il mio stesso sangue, cercando di contenere il mio dolore nell'udire la sua dolce voce farsi sempre più flebile mentre mi diceva addio.
    Le accarezzai una guancia fino a che, con un ultimo e profondo sospiro, chiuse gli occhi e il suo corpo senza vita si accasciò fra le mie braccia.
    Mi chinai verso di lei e la abbracciai, stringendo per l'ultima volta il suo corpo contro il mio. Chiusi gli occhi mentre posavo il viso sul suo collo morbido, e scoppiai a piangere.
    Era un pianto disperato, il mio, di chi aveva appena perduto la parte di sé che aveva appena incontrato e per troppo poco avevo avuto la possibilità di amare. Piansi, scosso da singhiozzi che partivano direttamente dal mio animo, piansi per la mia vita andata in frantumi, piansi per tutto ciò che avevo perduto fino a quel momento, piansi fino a non avere più voce od aria nei polmoni.
    Con un ultimo lamento sollevai il viso verso il cielo che da rosso si era abbigliato di nero, e guardai il vuoto delle stelle mentre la brezza mi faceva bruciare gli occhi ancora pieni di lacrime.
    Gli ultimi singulti lasciarono il mio corpo, mentre una sensazione di intorpidimento si impossessava di me.
    Mi sentii vuoto.
    Senza che me ne fossi accorto, le Erinni si erano strette al mio fianco e crocidavano piano, emettendo lievi versi da corvo. Sollevai debolmente una mano, e la passai con affetto sopra le loro piume, salutando silenziosamente ciascun volatile.
    Adagiai infine il corpo della mia amata a terra, sopra il tiepido sottobosco, mentre un macigno si posava sul mio cuore ed altre calde lacrime mi rigavano le guance. Le Erinni mi osservarono con i loro occhi neri e perfetti come perle, lanciandomi un muto messaggio che non faticai a comprendere.
    Posai un'ultima volta le labbra su quelle soffici di Eris e mi sollevai, con le membra straziate.
    Chinai il capo e mi voltai, allontanandomi vacillando, senza mai più voltarmi e affidando la donna alla Notte e ai suoi amati corvi.
    Mi era stato portato via tutto, ma grazie alle ultime indicazioni della mia amata avrei tentato di rendere il favore ai colpevoli.
    Camminai nella notte, senza meta, ormai senza più lacrime da versare e come unica compagnia il mio straziante dolore.
     
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