Crystal's War

Series Finale Season 1

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    Il fatto che Selene riuscì a raggiungermi non mi stupì, anzi potevo dire che nell'intimo era esattamente ciò che speravo accadesse ancor più perchè io e lei avevamo un conto in sospeso così grosso che bramavo il giorno in cui faccia a faccia ci saremmo trovate.
    Non aveva trovato la stanza segreta in cui io e Haytham avevamo custodito i Frammenti perchè nel momento in cui avevo sentito che Selene mi stava venendo a cercare ve ne uscì. Fu infatti nel lungo ed infinito corridoio che celava stanze, uffici e camere che ci ritrovammo. Una di fronte all'altra, entrambe vestite di fogge antiche e millenarie che non vestivano i nostri corpi da troppo tempo ormai... da quando io avevo distrutto tutto ciò che aveva di più caro, ma a differenza di allora ero io a stringere tra le mani Eris che avevo incastonato in un lungo bastone di legno ricurvo e scuro dal quale poter amministrare il suo potere.
    "Devo dire che sono colpita e quasi ammirata di come le tue amate Guerriere si siano poste per la causa... le ammirerei se non fosse che non ho motivi per farlo..." la beffeggai senza perdere la mia postura ed il mio sorriso mellifluo.
    "Richiamare i Celestiali, mossa estremamente astuta o profondamente stupida"
    Stringendo i denti, ma senza cedere alle sue provocazioni, agì con il potere che adesso avevo. Ecco che si faceva forte mostrandomi come le sue Guerriere erano state in grado di superare gli ostacoli che gli avevo messo di fronte, con le auree dei Celestiali alle sue spalle pronta probabilmente a contare sul loro aiuto per punirmi, per mostrare loro come fossi io colei che li aveva presi in giro, tuttavia mi bastò sbattere il bastone a terra che quelli scomparirono tornando all'oscurità spaziale a cui appartenevano.
    "Sì forse dovrò a loro delle spiegazioni, non che mi importi... esseri così forti ed imparziali eppure hanno sempre fatto preferenza tra i loro figli..."
    "Differenze che voi Deviati avete voluto... c'era spazio per entrambi nell'Impero Galattico Lunare e le 8 Colonie..."
    "Impero che VOI avete creato. Vi siete sempre creduti meglio di noi Eterni..." e pronunciai quella parola con tutto il disgusto di cui ero capace "TU ti sei sempre creduta migliore... tu e la tua dannata famiglia... Avete dettato leggi, vi siete innalzati in un ruolo di Giudice, Giuria e Carnefice senza che nessuno vi avesse mai proclamato tali..."
    "Nemesi ci aveva scelti!"
    "Oh no... questo è quello che ti hanno detto! Etere ha permesso che i suoi discendenti facessero pendere la bilancia cosmica a loro favore, ma se solo sapessi... Sei così egoista Selene... tu e le tue Guerriere... prima con la piccola Eris... siete state mostruose... VOI l'avete uccisa... VOI non io... E poi con me... Ho solo distrutto ciò che voi avevate costruito su bugie..."
    "Tu hai ucciso famiglie, donne... bambini... hai ucciso così tanti innocenti e lo hai fatto senza nemmeno battere ciglio... non esiste perdono nè giustificazioni per un genocidio di tale portata..."
    "Oh quanto sei patetica Selene... convinta davvero che sia io il mostro della storia... se solo sapessi quello che tuo padre è stato capace di fare..." e senza aggiungere altro allungai il bastone verso di lei facendo sì che fulmini neri la colpissero. Erano solo la manifestazione visiva del potere che adesso tramite Nemesi amministravo lo stesso che mi permise di riportare in vita tutti i Templari che nello scontro con gli Assassini erano morti. Sapevo che oltre ai quattro posseduti, alle Guerriere, altri erano in arrivo... la lotta sarebbe stata furiosa, una lotta eterna che io avrei reso forte a favore dei Templari... coloro che con Haytham e l'Ordine si erano trasformati in una famiglia... i Deviati a differenza degli Eterni non avevano avuto gran modo di svilupparsi e prosperare in popoli e culture, ma adesso con la vita che portavo in grembo tutto sarebbe cambiato. Infondo era questo che volevo anche se nè Selene nè nessun altro lo capiva... solo Haytham. Volevo rendere la Terra una casa per i Deviati, dove prosperare e svilupparsi come meritavano... Stavo portando Caos solo per permettere ad Haytham di mettere ordine... un nuovo ordine mondiale...
    Con quei pensieri colpì ancora ed ancora Selene senza alcuna pietà alcuna, lo facevo non colpendola tanto fisicamente, ma costringendo la sua mente a rivivere la distruzione della Luna... stava vedendo i suoi genitori... la sua famiglia... il suo popolo morire... la sua casa venir definitivamente rasa al suolo... mi stavo cibando del suo dolore traendo forza da ciò...
    Uno spiraglio, uno solo, un dubbio... una discussione mai capita appieno tra suo padre e suo fratello, oscura, strana, misteriosa e poi di nuovo solo dolore...
    "Hyperion non è stato altro che un usurpatore... un barbaro sanguinario che si è preso ciò che voleva ad ogni costo... e tu non sei meglio di lui" sussurrai scandendo bene ogni singola parola piena di disprezzo e disgusto non mancando di inginocchiarmi di fronte a Selene che a terra e piegata su sè stessa si teneva il capo.
    E' così che volevo vederla, ai miei piedi... supplidandomi di risparmiarle la vita...


    Arrivare qui sospinta dai sacrifici delle mie amate sorelle mi aveva fatto attingere ad una fonte di determinazione e forza che era sopita dentro di me.
    Camminavo svelta e inesorabile usando la voce del Cristallo d'Argento come una bussola in quel palazzo gigantesco, attraversando stanze e corridoi infiniti. Sentivo il suo potere crescere sempre di più, venato da una punta di furia, che attribuivo alle azioni di Eris.
    I pochi nemici che incrociavo sul mio cammino si guardavano bene dall'ostacolarmi, sentivo la mia aura talmente potente da essere visibile ad occhio nudo, quindi un serio ammonimento a qualsiasi mortale talmente sciocco da provocarmi.
    Si erano aggiunti al mio incedere, poco alla volta, anche le essenze dei Celestiali. Era come se mi scortassero verso la battaglia finale.
    La loro presenza al mio fianco poteva voler dire che le mie compagne erano riuscite ad aver ragione su di loro, a convincerli della trappola in cui li aveva attirati Eris, ma non volevo sperare in un simile miracolo.
    Quando le avevo dovute lasciare, ognuna alla propria battaglia, era stato con la paura di non rivederle più vive. Avevo accettato questa evenienza nel momento in cui avevo deciso di venire alla Loggia per affrontare la nostra nemica, avevo messo in conto che ognuna di noi avrebbe potuto morire.
    (…)
    Trovai Eris in attesa. Non c'era sorpresa sul suo volto.
    Quel volto che ricordavo così bene e con un tenerezza infinita. Quando eravamo ragazze, in tempi per noi di serenità e spensieratezza, eravamo state molto vicine. Lo screzio di non averla scelta come mia accompagnatrice durante la cerimonia in mio onore aveva però rotto qualcosa nel suo animo. Mi ero chiesta sovente se davvero il suo affetto nei miei confronti fosse sincero e non dettato da logiche opportunistiche. Io, dal mio canto, pur a malincuore, avevo dovuto scegliere mia sorella per obbedire agli ordini paterni. Non avevo nessuna colpa perciò.
    Lasciai da parte i ricordi, per quanto amari, per affrontare dopo secoli la responsabile di tutto il dolore che avevo subito nella mia vita. Anche sapendo che, per onorare la memoria del mio popolo e adempiere appieno ai miei doveri di Imperatrice, non avrei dovuto farmi coinvolgere in questioni personali.
    La avrei sconfitta, mi sarei ripresa il Cristallo d'Argento e avrei eliminato i Templari e qualsiasi piano avessero in mente di attuare per il futuro.
    Mi rivolsi a lei con voce fredda, e non mi lasciai scoraggiare quando, con il potere del bastone in cui aveva incastonato il Cristallo, mandò via i Celestiali.
    La sua arroganza mi riempiva di sdegno. Come osava mettere in discussione il nostro diritto divino di regnare sull'Impero? Sotto il saggio governo dei miei avi ed infine dei miei genitori, l'intera popolazione aveva goduto di millenni di prosperità e pace!
    E osava pure giudicare mio padre, la mia famiglia! Non era degna neanche di pronunciarne i nomi! La nostra discendenza era divina, benedetta dai poteri che ci erano stati concessi per diritto di nascita. Il nostro agire era dettato dall'obbligo di generare solo benessere per gli abitanti delle 8 colonie, niente altro.
    Lo scontro, da verbale, passò su un altro piano: probabilmente Eris aveva esaurito gli argomenti al suo arco. Il potere del Cristallo manipolato da lei era immenso e distruttivo. Ero preparata ad una simile potenza, nonostante questo, però, mi ritrovai assediata in un battito di ciglia.
    Prima di quel momento, mi ero sempre ritenuta fortunata che mi fosse stato risparmiato il dolore di assistere alla morte dei miei cari, del mio popolo, alla distruzione dei pianeti che conoscevo e amavo.
    Immagini crudeli invasero la mia mente, con una nitidezza che potevo quasi credere che ciò che vedevo stesse accadendo realmente. Quando ormai ero piegata dalla sofferenza, dalla paura, dalla disperazione, giunse quella che in un primo momento scambiai per una tregua.
    Tornai ad assistere ad una discussione che avevo ascoltato per sbaglio quando ero ancora bambina, nascosta dietro un paravento. Mio fratello e mio padre stavano pianificando di eliminare degli oppositori, per la sicurezza del trono... ma erano dei traditori, no? Meritavano di essere giustiziati... Perché ora non ne ero più così certa?
    Dovevo ricordarmi che Eris era la regina del caos e della menzogna, quindi capii che stava tentando di instillarmi dubbi sulle reali intenzioni dell'Imperatore. IO, non lei, conoscevo l'animo gentile e generoso e retto di mio padre Hyperion.
    Reagii, spingendola lontana da me; l'oppressione mentale terminò all'istante ed io mi alzai in piedi. Colpii Eris con la massima potenza del raggio lunare, facendole perdere la presa sul bastone, che volò a diversi metri di distanza.
    Non riuscii ad impossessarmene perché venni attaccata da un turbinio di artigli e di versi gracchianti. I becchi acuminati mi ferirono le braccia prima che riuscissi a liberarmene.
    Nessuna pietà! Colpii le Erinni con globi di luce e quelle caddero a terra di schianto in un'esplosione di piume nere.
    Eris con una velocità fulminea aveva raccolto il Cristallo. Non mi sarei aspettata di meno.
    ”Strega! Non giocherai più con la mia mente! Hyperion era una guida saggia per il suo popolo, ed ha sacrificato sé stesso per imprigionarti per sempre!”
    Cominciai a investirla ripetutamente con attacchi di raggi lunari per metterla sulla difensiva, mentre mi avvicinavo a lei, un passo dopo l'altro.


    Resistevo agli attacchi di Selene seppur il bastone con il Cristallo d'Argento non era più nelle mie mani, non reagivo forse, ma riuscivo a contrastare la sua ascesa...
    "Affrontami strega! Oppure non sei niente senza il Cristallo?"
    "Ho fronteggiato orde di nemici... tutti superiori a te e tutti sono morti!" riecheggiai fiera e sicura di me stessa. Non avevo bisogno di poteri per batterla ed infatti la lasciai sfogare resistendole almeno fin quando non feci apparire tra le mie e le sue mani due coppie di antiche armi lunari. Per gli umani potevano apparire come sai, ma erano molto più di quelle... erano armi di foggia lunare che erano in dotazione alla Guardia Imperiale ed era anche l'arma preferita di Selene. Hyperion aveva allenato ogni suo figlio perchè anche se sperava che mai avrebbero avuto bisogno di tali insegnamenti era un dovere di ogni cittadino lunare sapersi difendere.
    La vidi per un attimo sentirsi in soggezione per quel mio chiaro colpirla in un punto debole, ma durò molto poco la sua sorpresa prima che entrambe iniziassimo una vera e propria danza. Eravamo estremamente eleganti più di quanto ogni umano avrebbe potuto mai essere, mentre invece combattevamo fuoriosamente, tanto che fu facile per me ferirla ad una guancia così forte da voltarla di spalle e portarle un braccio al collo pronta a finirla. Ci sarei riuscita se non fosse che quella calciò con una grazia ed un'elesticità che permise alla sua gamba di colpire il mio viso e farmi così traballare all'indietro, mollando la presa su di lei...
    La danza feroce e cattiva proseguì fin quando riuscì a scaraventarmi a terra, ferendo così il mio orgoglio più che il mio corpo.
    Non gliela avrei data vinta e con un colpo di reni mi rialzai velocemente desiderosa di farla finita... un odio che sfociò in un combattimento ancora più feroce e cattivo, mentre io riuscì con facilità a disarmarle prima una mano e poi l'altra... cosa che non fece perdere d'animo Selene che indietreggiando recuperò velocemente un'arma appesa al muro. Una delle tante armi storiche esposte all'interno della Loggia.
    "Un mohawk? Spero per te che sappia usarlo..."
    "Oh ho avuto un buon maestro!" mi beffeggiò quella, tanto che gettai malamente le armi che ancora stringevo in mano, preferendo di gran lunga il bastone che anticipatamente avevo con il prezioso Cristallo d'Argento incastonato in cima.
    Correndoci incontro iniziò una nuova lotta che non prevedeva nè vinti nè vincitori se non fosse stato che io avrei messo fine a ciò molto presto. Disarmai nuovamente Selene e costringendola furiosamente a schivare i miei attacchi finì per riuscire a metterla a KO e puntarle niente di meno che la sua preziosa Nemesi alla gola.
    "Le tue ultime parole?"
    "Ogni tua parola è una bugia... e se io sarò sconfitta altri troveranno la forza di ribellarsi a te..."
    "Oh Selene... è per questo... fin quando gli uomini avranno il libero arbitrio non potrà esserci pace..."
    Esclamai con una chiarezza ed una semplicità quasi fastidiosa. Possibile che non lo vedesse? Possibile che considerasse i miei piani solo un'illusione? Un inganno?
    "Credi questo? Che le mie azioni siano meno reali dei fantasmi che per anni tuo padre ha cacciato? Del Dio che ha dato forma a questo mondo e poi lo ha abbandonato permettendo agli uomini di massacrarsi nel suo nome? Tutti hanno vissuto in un illusione... compresa te... così accecata da quella che i tuoi genitori avevano creato da non rederti conti dei segreti e delle bugie che ti circondavano... ma farai i conti con la verità Selene e questo te lo prometto, ti farà male più di qualsiasi altra ferita..." motivo per cui non avevo intenzione di ucciderla e per cui ritirando il bastone feci anche un passo indietro osservandola dall'alto.
    Ciò che non misi in conto, ciò che non potei nè prevedere nè controllare fu che il Cristallo d'Argento prese ad illuminarsi così forte da costringerci ad entrambe a chiudere gli occhi e poi a vibrare così forte da liberarsi dal bastone che lo teneva imbrigliato...


    Quando Eris riuscì a sopraffarmi e a puntarmi il Cristallo alla gola, chiusi per un attimo gli occhi, credendo che fossero gli ultimi istanti della mia vita, ma li riaprii subito, per impedirmi di nascondermi dietro la paura, per continuare a sfidare la mia avversaria fino all'ultimo soffio di vita che avrei avuto.
    "Oh Selene... E' per questo... fin quando gli uomini avranno il libero arbitrio non potrà esserci pace..."
    ”Ti sbagli! Se il caos e tutti i suoi figli lasciassero gli esseri umani decidere da soli, la loro scelta sarebbe quella dell'amore e della fratellanza gli uni con gli altri! Ti illudi se pensi che il tuo regno porterà pace e giustizia...”
    "Credi questo? Che le mie azioni siano meno reali dei fantasmi che per anni tuo padre ha cacciato? Del Dio che ha dato forma a questo mondo e poi lo ha abbandonato permettendo agli uomini di massacrarsi nel suo nome? Tutti hanno vissuto in un illusione... compresa te... così accecata da quella che i tuoi genitori avevano creato da non renderti conti dei segreti e delle bugie che ti circondavano... ma farai i conti con la verità Selene e questo te lo prometto, ti farà male più di qualsiasi altra ferita..."
    ”Io non mi piegherò MAI al tuo cospetto!” Urlai.
    La rabbia per le insinuazioni e i dubbi che continuava a instillarmi nell'animo risuonò chiaramente nella mia voce, che arrivò fino all'alto soffitto e rimbalzò sulle pareti, fino a fondersi con un altro suono, melodioso e famigliare al mio spirito, ma estremamente spiacevole alle orecchie di Eris.
    Il Cristallo cominciò a risuonare e a vibrare talmente tanto che disarticolò i perni che lo tenevano legato al bastone e se ne liberò, mentre la mia avversaria lo lasciava cadere per portarsi le mani alla testa. Si allontanò incespicando, mentre io riuscivo a fatica a mettermi in ginocchio e ad accogliere tra le mani il Cristallo, che si era librato nell'aria ed ero sceso lieve e lento come una piuma.
    Al toccarlo, il tempo parve fermarsi, almeno per me.
    Vidi una terra spazzata da un terribile vento, deserta e buia, dove una sagoma scura camminava senza produrre il minimo rumore. Il suo mantello si agitava quietamente, nonostante il vento fantasma. Quella figura, quell'uomo allungò una mano verso di me, ed io come comandata da una forza sconosciuta, feci altrettanto, perché ebbi la certezza che lui stesse arrivando per me...
    La visione scomparve, lasciandomi ancora più spossata di quello che aveva fatto il terribile combattimento che avevo sostenuto con Eris. Il dono della preveggenza si era di nuovo manifestato, e con la vicinanza di Nemesi, riunita dopo secoli di divisione in frammenti, questo era più chiaro e limpido che mai in passato.
    La certezza di aver appena visto uno scorcio del mio futuro era fortissima. E questo significava una cosa, tra le molte: non sarei morta qui. Eris non avrebbe vinto.
    Quando tornai a percepire i contorni della realtà, ad avvertire la durezza del pavimento di marmo sotto di me, mi resi conto che due occhi di brace, da cui era fuggita ogni minima traccia di umanità, mi stavano fissando. Non ebbi quasi tempo di reagire, riuscii solo a sollevare le braccia per parare il colpo che la regina del caos stava per infliggermi.


    E quel dannato colpo glielo avrei inflitto, lo avrei fatto nel modo più doloroso che potessi rivelandole i segreti che non conosceva e leggere nei suoi occhi il bruciore fatale della menzogna e della delusione. Lo avrei fatto, ero già pronta, se non fosse che il bruciore lo sentì io. Forte e dolorso colpirmi la schiena tanto da provocarmi brividi che mi percorsero per tutto il corpo. Ingoiai il vuoto e scorgendo Auditore di fronte a me, alle spalle di Selene, capì cosa stava succedendo.
    "No... Il Frutto dell'Eden no..." riuscì solo a bisbigliare terrorizzare, se non fosse che il dolore che sentì crebbe a dismisura e mi bastò voltarmi un poco per notare alle mie spalle l'Assassino Frye con un altro dei Frutti nelle sue mani.
    A quel punto percepì chiaramente l'oblio del nulla e della maledizione del sonno attirarmi a te, nella peggior prigione che potesse esistere... io che avrei preferito morire piuttosto che tornare là.
    "T-Tu... tu maledetto traditore... lo sapevo... s-sapevo che non dovevamo fidarci di te... l'ho sempre saputo..."
    "Ma né Haytham, né i Templari e nessun altro lo saprà..." bisbigliò fiero e algido Shay che risalendo dalla scalinata alla mia sinistra, stringeva tra le mani il terzo Frutto dell'Eden.
    Ora tutto mi era chiaro, lo capivo ed odiavo che non avrei potuto far nulla, niente per avvisare Haytham... per metterlo in guardia.
    "Chi tradisce una volta... tradisce ancora..." dissi a denti stretti, la mascella serrata dal dolore, mentre la rete energetica dai tre Frutti dell'Eden mi stava spezzando. Cercai di resistere, ma parve impossibile, mentre cadendo in ginocchio cercavo di mantenere la mia dignità ed il mio onore. Io che non sarei mai tornata in quella maledetta prigione e non mi interessava quanto i simboli sulla mia schiena stessero andando a fuoco io avrei resistito. Per me. Per la mia missione. Per Haytham, ma soprattutto per... Atlas...
    "Non è mai stato un caso vero? I Frammenti che ci hai dato, il giogo di Ares, il sapere che lei avrebbe portato qui le Guerriere e loro avrebbero lasciato incustodito i Frutti... tutto era calcolato fin dall'inizio... tutta è sempre e solo stata una tua macchinazione... sai Shay saresti un figlio di cui andrei fiera se non fosse che hai usato la mia stessa arte contro di me!" dissi spuntandogli addosso tutto il mio veleno, mentre richiamavo con la mente le Erinni. Selene le aveva pesantemente ferite e seppur sapevo che non fossero morte, sapevo che erano messe male. Ma avevo bisogno di loro, dovevano sapere, dovevano vedere e riferire tutto ad Haytham...
    "Sì contro di te... contro chi ha avvelenato la mente del mio Maestro facendogli perdere il seminato... sono un Templare e ne vado fiero, ma mai come adesso mi sono trovato concorde con gli Assassini e le Guerriere per liberarsi di te... tu hai allontanato questa Loggia da ogni suo ideale... sei tu la traditrice non io!"
    Avrei voluto rispondere, avrei voluto averlo tra le mie mani per fargli rimangiare ogni singola parola, ma non potevo... non quando Selene si avvicinò a me così tanto da catturare ogni mia attenzione. Mi troneggiava e teneva in mano il Cristallo d'Argento con una tale grazia e potere che mai come in quel momento apparve tanto simile ai suoi genitori e poi accadde... esattamente ciò che speravo di non dover mai vedere... il Cristallo divenne un tutt'uno con la sua aura, il simbolo dell'Impero Galattico apparve sulla sua fronte e se per i presenti non significava nulla, quello abbinato all'anello imperiale che indossava che cambiò colore da oro ad argento fu la dimostrazione di ciò che era appena successo: non era più una Principessa... era ufficialmente divenuta Imperatrice, seppur di un mondo ormai morto. Solo quello mi fece ridere, una beffa del destino che trovai divertente, l'ultimo gesto che mi trovai a fare prima che lei con Nemesi non mi sigillassero nella mia prigione. Caddi esanime a terra, in un sonno che non era possibile spezzare, mentre i Frutti dell'Eden sparivano nel nulla tornando a nascondersi chissà dove. Il bagliore cessò, come il Cristallo che prese forma di una piccolissima mezzaluna che comparve poi al collo di Selene come un ciondolo. Una collana che avrebbe sempre indossato e mai più l'avrebbe divisa da Nemesi.
     
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    Jacob mi aiutò a rialzarmi in piedi, e mi accorsi che tremavo come una foglia. Riacquistai il controllo aggrappandomi al ricordo degli ultimi minuti trascorsi, quando la presenza di Eris si era affievolita fino a sparire e, con immensa gratitudine, avevo sentito Nemesi entrare in piena comunione con il mio cuore.
    Avevamo comunicato senza bisogno di parole. Sarebbe rimasta, almeno temporaneamente, insieme a me, senza che la sua anima fosse più frammentata e spezzata in diverse parti. Mi avrebbe aiutata e consigliata, ma soprattutto era mio l'impegno più oneroso, perché avrei dovuto proteggerla, con la mia stessa vita, se necessario.
    “Maledizione!” Un ruggito di frustrazione; lo sguardo di Ezio mandava scintille, mentre ritornava sui propri passi, dopo aver tentato un inutile inseguimento di Shay Cormac.
    “Dobbiamo andarcene da qui, siamo troppo esposti! Abbiamo sconfitto la strega, ma i Templari sono numericamente superiori rispetto a noi. È solo una questione di pochi minuti, staranno già accorrendo qui, con il loro Gran Maestro in prima fila... E poi, dobbiamo recuperare anche i nostri, assassini e guerriere... se siamo ancora in tempo...”
    (…)
    Quella sera, in albergo, faticavo a prendere sonno. Era già da un bel pezzo che mi rigiravo inutilmente nel letto, quando presi una decisione. Mi alzai, mi vestii in fretta – un lungo cardigan beige, maglietta bianca e pantaloni larghi neri - raccolsi i capelli in uno chignon veloce e scesi nella hall.
    Al bar c'erano ancora parecchi clienti a dispetto dell'ora tarda e in mezzo ad alcune donne avvenenti notai subito Ezio, seduto ad un tavolino con un cocktail in mano, la caviglia posata sull'altro ginocchio; rilassato e sorridente, perfettamente a suo agio.
    Anche lui mi vide all'istante, sembrava quasi che mi stesse aspettando. Si congedò amabilmente dalle sue accompagnatrici e mi condusse in un salottino appartato, seguita dalle occhiate di aperta invidia di queste.
    Ci accomodammo sulle poltrone di pelle scura. La maschera che aveva avuto fino a qualche momento prima si dissolse, ed Ezio mi guardò grave. Ci studiammo per qualche secondo, poi lui ruppe il silenzio: “Tutto è finito, ma tutto ricomincia”
    Lo fissai muta, senza capire.
    “I Frutti non sono stati distrutti, vero?”
    Scossi la testa. “Nemesi li ha solamente celati, e nemmeno io so dove... So solo che sono al sicuro”
    “E quanto tempo ci metteranno i Templari ad intuire che esistono ancora, e a riorganizzarsi per ricominciare la ricerca?”
    Si appoggiò allo schienale della poltrona, sospirando. “Sai, ho capito che gli esseri umani non sono pronti ad amministrare il potere immenso che i manufatti contengono. Neanche noi Assassini, purtroppo, che siamo nati per proteggere i deboli dalla prepotenza dei forti. Neanche noi, che abbiamo giurato di non usarli per danneggiare gli innocenti...”
    Un silenzio pesante scese tra di noi. Mi morsi il labbro. Che altro potevo dire? Solo che aveva ragione...
    “L'equilibrio tra le due fazioni sarebbe più solido se nessuno possedesse alcun manufatto, ecco la verità. Ma questo non è possibile, noi dobbiamo continuare a cercarli, perché è ciò che faranno i templari, e non possiamo permetterci di rimanere indietro, ne saremmo indeboliti. Non vedo altre soluzioni possibili”
    Giocherellai con il ciondolo a forma di mezzaluna che avevo ricevuto dopo aver sconfitto Eris, in cui era custodita l'essenza di Nemesi. Parlai lentamente, scegliendo le parole con attenzione.
    “Ho avuto una visione, ultimamente sono molto più chiare e potenti” In questo, da dopo lo scontro con Eris, ero molto cambiata. Ero diventata consapevole della mia forza interiore, non tanto del mio lignaggio, a cui ero sempre ricorsa per sancire le mie decisioni, ma di una serenità che derivava dal fatto di aver guardato in faccia le mie paure, di averle sfidate e di aver prevalso su di loro. Ero diventata capace di mostrare le mie debolezze, senza avere più il timore di farlo.
    Lo guardai ferma negli occhi: “Arriveranno nuovi nemici, forse anche più temibili dei templari, perché stringeranno alleanze con loro, contro di noi”
    Ezio assentì, senza mostrare alcuna sorpresa: “Forse so dove cercare questi nuovi nemici. Ti farò sapere quando avrò notizie certe” Si alzò in piedi.
    “Torna presto a Nanda Parbat, in fondo è casa tua. Mi troverai sicuramente lì: ho qualche problema da risolvere, temo”
    L'amarezza traboccava chiaramente dalle sue parole.
    “Anche noi Guerriere abbiamo bisogno di ritrovare una nostra armonia. Il dolore, il sospetto, la malvagità, l'egoismo hanno minacciato di trascinarci via. Ci vorrà del tempo, ma dobbiamo farlo”
    Anche con la Confraternita eravamo state ad un passo dal baratro, quando io ero arrivata a chiedere la testa dell'uomo davanti a me per il tradimento che ero convinta stesse mettendo in atto.
    La mia collera ed il mio giudizio trinciante avevano denotato quanto poco fossi stata saggia, nonostante quello che mi era piaciuto credere. Ma ero cambiata, appunto.
    Gli alleati sono preziosi. Gli alleati fidati sono molto più rari. Mi rendevo conto che Ezio avesse ancora delle riserve sul nostro ruolo di protettrici della Terra, e che ci ritenesse indirettamente responsabili della necessità che gli Assassini esistessero e continuassero la loro guerra millenaria.
    Non erano loro a dover sostenere noi, ma viceversa; ammettere questo mi costava mandar giù un bel po' di orgoglio, ma ora che ero più forte, era una cosa che sarei riuscita a superare.
    Ci sarei riuscita, così come stavo accettando che potesse esserci qualcuno che non pensasse di doverci della gratitudine per i rischi che correvamo nel combattere i nostri nemici.
    Gli sfiorai il braccio: “Altair tornerà quando saprà che la sua presenza non ti sarà più d'intralcio per risolvere il dissenso che si è generato in buona parte della Confraternita. Hanno scelto te come loro capo, e questo è importante. Tu potrai riportarli sulla giusta strada, in te i princìpi del Credo sono ancora forti...”
    Ezio fece una smorfia. “Più che altro, il mio compito sarà di far entrare un po' di buon senso nelle teste di alcuni dei miei confratelli...”
    “Ho fiducia in te, Ezio, ed il mio appoggio non ti mancherà mai più”
    Gli tesi la mano, che lui prese e, con mia sorpresa, invece di stringermela se la portò alle labbra.
    “Imperatrice Selene...” Lo sguardo diretto questa volta mi colpì, mozzandomi il respiro, anche se non aveva nulla di quella allusività volgare che avevo visto spesso negli occhi maschili.
    Quando si voltò per andarsene, mi portai velocemente la mano alla guancia bruciante di rossore.
    Dovevo riconoscerlo. Alcuni essere umani riuscivano ad essere piacevolmente affascinanti...
     
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  3. †Atlas†
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    :Haytham:

    La situazione era caotica, ma la battaglia era a nostro favore e respingevamo gli Assassini come fossero mosche. Molti dei nostri soldati cadevano, ma dopo aver portato con loro più uomini di quelli che perdevamo.
    Urlavo ordini e combattevo a lama sguainata da quelle che mi parevano ore, ma tanto era distorta la percezione del tempo in una battaglia non c’era modo di dire se fossero passati solo pochi minuti.
    Rumori indistinti, spari e lame che cozzavano… li costringemmo alla ritirata, ma pagammo lo scotto.
    Quando vidi Shay fuggire con il nemico, capii. Ne avevamo parlato, eravamo consci di questa possibilità, ma me l’avevano strappata dalle braccia ancora una volta. Con la caratteristica vigliaccheria nata dall’incapacità di affrontarla in uno scontro aperto, colpendola alle spalle come così bene sapevano fare. Corsi da lei, e la trovai a terra, adagiata come se addormentata.
    Il mio animo si svuotò, e provai lo stesso dolore di tanti secoli prima, stringendola a me esanime.
    Questa volta però una nuova determinazione mi animava, salvandomi dall’oblio della disperazione più nera, e agii come avevamo pianificato.
    L’avrei riportata da me, a qualunque costo.


    Il profumo di fiori proveniente dall’esterno della Loggia inondava la stanza, e a soli tre mesi dopo la battaglia il sole sembrava essere tornato a splendere. Feci appena in tempo ad impacchettare l’ultima missiva della giornata e riporla nel cassetto della mia scrivania, che un leggero bussare alla porta mi distolse dalle mie occupazioni.
    «Atlas, lo sai che puoi entrare senza bussare.» Esclamai divertito, e quello che al primo sguardo poteva sembrare un nanetto da giardino fece capolino da dietro l’alto uscio scuro. Gli andai incontro, sorridendo, e lo presi per mano.
    «Ho finito le occupazioni per questa mattina, per oggi sono tutto tuo.» Con un gridolino divertito Atlas si aggrappò più forte al mio braccio, quasi saltellando di gioia.
    «Allora voglio andare a vedere Etere, papà!»
    Ridacchiando annuii, continuando a camminare verso l’ingresso.
    «Certamente. Ma prima forse sarebbe il caso di mangiare qualcosa, che ne dici? Dovrebbero esserci due belle focacce alle olive in cucina.» Dissi ad un Atlas in un primo momento indispettito dal non poter andare subito alle stalle, e in un secondo momento estremamente contento di poter mangiare uno dei suoi spuntini preferiti.
    Arrivati a destinazione, lo issai su uno degli alti sgabelli e gli portai le due focacce in un piattino con un succo di frutta, mentre lui oscillava le gambe impaziente.
    Il figlio che era nato dall’amore di Eris e me aveva giusto tre mesi di vita, venuto al mondo mentre la madre era immersa nella maledizione provocata dai Frutti dell’Eden, e nonostante ciò dimostrava 8 anni fisicamente e mentalmente. Fortunatamente eravamo entrambi consci che sarebbe stato una creatura speciale, il frutto dell’unione fra una dea e un uomo che possedeva la capacità di vivere più a lungo dei comuni mortali, ma comunque non avremmo potuto immaginare quanto Atlas potesse essere unico.
    Soffrivo molto di non poterne parlare con la mia amata e condividere con lei meravigliosi momenti con nostro figlio, anche se andavamo a trascorrere regolarmente con lei il più tempo possibile, ma vedendo l’amore incondizionato che lui provava per la madre la determinazione a riportarla da noi cresceva in me sempre più.
    Ero intento ad osservare Atlas mangiare, con i suoi particolari capelli grigio argento e un paio di brillanti occhi cerulei che mi ricordavano quelli pieni di meraviglia del mio pupillo Thomas, quando un mio sottoposto mi raggiunse per annunciarmi un ospite.
    Congedandolo, mi alzai e diedi un buffetto affettuoso a mio figlio, raccomandandogli di raggiungermi in soggiorno non appena avesse finito di mangiare.
    A passi misurati raggiunsi l’ingresso, e vi trovai ad aspettarmi una conoscenza di lunga data, che rivedere in quel contesto mi risollevava il morale ma che mi provocava anche sentimenti contrastanti.
    Adrian era lì, dignitosamente eretto, con un leggero sorriso sul volto solitamente stoico.
    «Vecchio mio, da quanto tempo.» Lo accolsi, allargando un braccio per invitarlo ad accomodarsi nel soggiorno adiacente.
    «Mi avevi avvertito della tua visita nella tua ultima missiva, ma non immaginavo così presto.» Esordii, mentre gli versavo un bicchiere di whiskey e glielo porgevo. Ricordavo che quel particolare tipo, invecchiato molti anni, era da lui particolarmente gradito per via del retrogusto affumicato.
    «Ah, permettimi di presentarti mio figlio Atlas.» Proseguii, quando il bambino fece il suo ingresso dalla cucina, con qualche briciola ancora attorno alla bocca. Chinandomi vicino a lui, gli diedi una ripulita veloce e con un rapido occhiolino gli diedi il segnale.
    Come piano d’azione, per determinati ospiti che potevano rivelarsi pericolosi in determinate circostanze, avevo insegnato ad Atlas a riconoscere un segnale che avrebbe significato di interpretare la parte di mio figlio adottivo e dunque di non menzionare per nessun motivo Eris o la natura celestiale della madre e sua.
    «Come ben saprai non è stata una battaglia facile, e anche se abbiamo respinto gli Assassini molti valenti Templari hanno perduto la vita, come i genitori di questo piccolo. Da allora vive con me e lo tratto come un figlio, diventerà un guerriero formidabile in futuro sotto la mia sorveglianza.» Spiegai ad Adrian, alzandomi e sedendomi di fronte a lui, mentre il bambino prendeva un libricino dallo scaffale e si accomodava in disparte a leggerlo.
    «Dunque, bando alle interruzioni, di cosa volevi parlarmi?» Conclusi, attendendo la sua risposta.
     
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  4. Blackthorns
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    :Adrian:
    Un tempo — decenni che sembravano secoli, vite intere — non avevo provato nient’altro se non il desiderio di ritirarmi in un posto simile, lontano dalla frenesia della città e circondato dalla natura, anche se decisamente meno immenso e sfarzoso — una casa di campagna, così ero stato solito visualizzarla nei miei pensieri, un luogo dove poter vivere in pace i meritati anni di riposo, insieme alle persone a cui più tenevo al mondo. Mi soffermai ad osservare l’esterno della Loggia per pochi minuti, gli unici che mi concessi, durante i quali mi permisi di portare, seppur brevemente, la mia mente al passato ; che certamente non rinnegavo del tutto, nonostante adesso riconoscessi fossi stato debole, in più di un’occasione, eccessivamente ingenuo e vulnerabile. Un tempo, infatti, avrei seriamente potuto considerare Haytham un amico, al di là delle nostre divergenze di pensiero ( le quali non erano mai state troppo gravi, ad ogni modo, da precludere una collaborazione ), sarei stato disposto a fargli visita più spesso, forse, indugiando in serate che consistevano, per lo più, nel bere qualcosa mentre conversavamo di lavoro ( era un ottimo interlocutore, come avevo scoperto ), o addirittura qualcosa semplice, ma stimolante, come una partita a scacchi. I fantasmi del passato erano diventati, però, cicatrici dure e spesse sulla mia pelle, prive di dolore ormai, ma mai dimenticate del tutto e non ero più disposto a lasciarmi andare tanto, a formare una sorta di legame con quell’uomo, ulteriormente stretto rispetto a quello lavorativo che già avevamo stabilito. Non lo disprezzavo, anzi potevo dire di ammirare la mente analitica che dimostrava di avere, la forza di volontà nel mantenersi saldo nei propri principi, tuttavia io avevo i miei, ed erano altrettanto saldi, rappresentavano le fondamenta su cui avevo basato la mia vita — difficilmente, proprio per quel motivo, la nostra sarebbe potuta essere una collaborazione del tutto serena, priva di complessità.
    Non ero lì in veste di un vecchio amico in visita, dunque, ma non sentii il bisogno di correggerlo con veemenza, quando il termine gli uscì dalle labbra, lo lasciai fare, piegando appena le labbra, in una curva avente un che di ironico. Prestai più attenzione al bambino che fece, inaspettatamente, il suo ingresso nella stanza, ed inarcai la fronte, quando Haytham lo chiamò “figlio” — non era un’informazione in mio possesso, dal momento che ero a conoscenza soltanto di un figlio, Connor —, salvo poi specificare fosse adottato poco dopo, quietando la confusione che aveva suscitato in me. Non credevo prudente lasciarlo nella stanza, vista la natura del discorso che ero giunto fin lì a fare, tuttavia non lo vedevo come un problema, nè una minaccia, benchè mi incuriosisse. Il sospetto, a me tanto familiare quanto una pacca amica sulla spalla, serpeggiò comunque, subdolo, anche se per il momento decisi di accantonarlo ; c’era altro di cui discutere. Per il momento mi feci bastare la spiegazione di Haytham.
    « Non ne dubito. » non parlai con eccessivo calore, ma il tono fu sincero. Presi il bicchiere che mi porse e mi sedetti senza aspettare alcun invito, poi, piuttosto impaziente di cominciare a parlare di una questione che stava ad entrambi piuttosto a cuore.
    « Non troverai piacevole la conversazione, temo. Dopo i risultati fallimentari con il Cristallo e le Guerriere, culminati nella disfatta di due mesi fa, non posso più lasciare il controllo ai Templari. E’ necessario che la Trinity assuma il comando della situazione, sono certo ne comprenderai i motivi. »


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 2/1/2018, 12:26
     
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  5. †Atlas†
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    :Haytham:

    «Non troverai piacevole la conversazione, temo. Dopo i risultati fallimentari con il Cristallo e le Guerriere, culminati nella disfatta di due mesi fa, non posso più lasciare il controllo ai Templari. E’ necessario che la Trinity assuma il comando della situazione, sono certo ne comprenderai i motivi.»
    Adrian fu molto diretto, come suo solito, e parlò con precisione e cognizione di causa.
    Sospirai, portandomi una mano al mento e osservando il vuoto prima di riportare l'attenzione al mio interlocutore.
    «Immaginavo che fossi qui per questo... Non posso darti completamente torto, Adrian, ma puoi immaginare che non posso accettare un'arbitraria deposizione dei Templari. Ci sono stati dei fallimenti, ma anche molti successi come ben sai, e stiamo portando avanti altre operazioni che non posso delegare a questo punto.»
    Parlai con calma, confidando nella comprensione di Adrian. Capivo perfettamente la sua posizione, ma sapevo anche che fosse conscio dell'impossibilità non solo personale ma anche tecnica di un mio passo indietro.
    «E' vero, mi sono ammorbidito negli anni e ho permesso che un mio errore con Shay Cormac ci conducesse alla disfatta su questo fronte, ma non permetterò che accada ancora, non una sola volta di più.» Proseguii, intrecciando le dita e accavallando le gambe per accomodarmi meglio sulla poltrona.
    «Propongo piuttosto un compromesso che porterebbe benefici ad entrambi: una collaborazione. I Templari condivideranno le informazioni sulla discrepanza in atto tra gli Assassini e la conoscenza accumulata sul Cristallo e le Guerriere, mentre il Trinity potrà aver voce sui procedimenti da adottare e sulle missioni da intraprendere, tutto ciò in via generale -ovviamente valuteremo insieme altre proposte. Ne trarremmo giovamento entrambi, Assassini e Guerriere sono un nemico comune, e fare un solido fronte unico di contro alla loro frammentazione ci faciliterà le cose.»
    Gli proposi sommariamente il mio piano, che avremmo discusso nei minimi dettagli se avesse accettato l'accordo. Sapevo che non poteva ignorare la minaccia che rappresentavano i nostri nemici comuni, e in parte mi pentii di non avergli proposto molto prima una parziale cooperazione fra i nostri ordini.
    «Inoltre, per quanto riguarda la questione di Cormac... se non hai nulla in contrario avrei piacere ad occuparmene personalmente. Posso però assicurarti che dopo averlo incontrato non sarà più in grado di danneggiare alcuno.» Aggiunsi infine, ripensando al traditore.
    Per il bene della mia famiglia e dell'Ordine, Shay non avrebbe conosciuto più alcuna pietà da parte mia.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 7/1/2018, 14:41
     
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  6. Blackthorns
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    :Adrian:
    Sapevo non si sarebbe arreso tanto facilmente, abbassando docilmente la testa alle mie parole — le quali erano state sì dure, dirette, ma non crudeli — e l’ombra di un sorriso fece capolino sulle mie labbra, parzialmente nascoste dal bicchiere dal quale stavo bevendo. Il suo comportamento non mi aveva affatto deluso, nè spazientito — la sua era, dopotutto, la medesima reazione che avrei avuto io stesso, nel vedermi accantonato con tanta, apparente, semplicità. Eravamo simili, in quello, nella nostra determinazione nel mandare avanti ciò in cui credevamo e quello lo rendeva sia un possibile alleato prezioso che un rivale temibile ; nessuno dei due avrebbe ceduto, a dispetto di qualsiasi ostacolo potessimo trovarci davanti.
    Ciò che diceva non era certamente impossibile, nè potevo escludere l’evidenza di un beneficio comune, se avessimo congiunto i nostri sforzi — la situazione era troppo delicata per poterlo fare, ancora di più alla luce dei nuovi, preoccupanti, sviluppi. Ero cambiato, ma non abbastanza da poter ingoiare la brutale morte di qualcuno del mio team, orribilmente mutilato da un essere alieno ( avevo informato personalmente la famiglia e mi sarei anche assicurato venisse consegnata loro il corpo, se solo non fosse stato troppo rischioso mostrare a qualunque civile quello scempio ). Mi trovavo lì anche per quello, di fatti, per fargli presente l’accaduto, nella speranza che, come me, non tollerasse di trovarsi un’altra minaccia innaturale tra i piedi.
    « Concordo. Fallimenti o meno, sarei un folle a rifiutare un accordo del genere. Voglio, però, trasparenza assoluta, Haytham — voglio essere a conoscenza di ogni sviluppo, per quanto marginale. » era sottinteso il suo operato sarebbe stato monitorato attentamente, durante la nostra neo nata collaborazione, dopotutto non potevo concedermi il minimo errore, nè dare per scontato qualsiasi cosa.
    « Ma c’è altro di cui ti devo parlare. Le guerriere non sono l’unica minaccia aliena di cui dobbiamo occuparci. » posai il bicchiere, ancora mezzo pieno, sul tavolino vicino alla poltrona, dopo di che non aspettai molto altro ancora, prima di passargli un fascicolo contenente le foto del povero malcapitato che era stato mandato in Alaska e le poche immagini in nostro possesso di quella avevamo ragione di credere fosse la nave madre.
    « Una nave è atterrata in Alaska, una settimana fa. Quelli sono i resti del nostro agente che ha provato ad avvicinarsi per ottenere informazioni. Ci è stato restituito così da un certo Principe Endymion di Haumea. »
     
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  7. †Atlas†
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    :Haytham:

    Mi sentii sollevato dalle parole di Adrian, aveva accettato il mio compromesso e il mio orgoglio fu in parte ripristinato. Si aprì però un ventaglio di nuove problematiche, come la palese difficoltà di gestire la temporanea fusione tra la Trinity e l'Ordine, ed in primis la preoccupazione per Eris e Atlas: se Adrian avesse scoperto la loro vera natura, non avrebbe esitato. Avrei protetto la mia famiglia a tutti i costi, ma non potevo garantire di farcela senza spese contro di lui, anche se mi risollevava il pensiero di avere la minaccia direttamente sotto ai miei occhi piuttosto che lontana, senza armi per poter intuire le sue mosse.
    «Ma c’è altro di cui ti devo parlare. Le guerriere non sono l’unica minaccia aliena di cui dobbiamo occuparci.» Continuò Adrian, al che mi sporsi in avanti corrugando la fronte, preoccupato ma incuriosito allo stesso tempo, mentre allungava delle cruente fotografie sul tavolino di vetro posto fra noi.
    «Una nave è atterrata in Alaska, una settimana fa. Quelli sono i resti del nostro agente che ha provato ad avvicinarsi per ottenere informazioni. Ci è stato restituito così da un certo Principe Endymion di Haumea.» Concluse con voce roca, guardandomi intensamente negli occhi.
    Esaminai le immagini, sospirando prima di raddrizzare la schiena e contraccambiare lo sguardo dell'altro uomo.
    «Ci troviamo di fronte ad una forza sconosciuta, dal potere distruttivo che potrebbe rivelarsi maggiore delle Guerriere.» Commentai, dando voce ai miei pensieri. «Posso fornirti il supporto dell'Ordine per indagare, con la reciproca condivisione di ogni informazione ottenuta, questo caso merita al momento la priorità. Ospiterò volentieri te e i tuoi sottoposti scelti, forse questo Endymion non conosce la Loggia e potrebbe essere più sicuro renderla il centro operativo.» Offrii, sinceramente desideroso di approfondire la questione.
    Sarebbe divenuto molto più complesso continuare la ricerca dei Frutti per liberare Eris, ma forse ponendo la questione nel modo giusto avrei anche potuto sfruttare la Trinity per il mio scopo, o quantomeno tenerla strettamente in osservazione in modo che non interferisse con i miei piani su quel frangente, praticamente l'unico dal quale differivo con le idee di Adrian. Contavo però di appoggiarmi all'aiuto di Thomas, che avrebbe gestito la ricerca dalla sua base difficilmente intercettabile dalla Trinity.
    Al di là delle mie personali battaglie, però, dovevo ammettere che la scoperta di quella nuova minaccia mi metteva in agitazione: avrei fatto di tutto per trarre il più possibile dall'alleanza con Adrian, perché il presentimento che mi attanagliò le viscere bastava a sorpassare ogni attrito che potevo avere nei suoi confronti. Questo Principe era pericoloso, una minaccia che non mi sarei permesso di sottovalutare.
     
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21 replies since 4/11/2017, 23:50   378 views
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