Flashback #4: Moon,Saturn & Neptune

Season 2

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    Voglio essere una macchia colorata in mezzo al grigiume della realtà

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    Dovevo ammetterlo, ero in preda al panico.
    Ero diventata da poco Guerriera e mi avevano appena affidato la mia prima missione da sola. Non che fosse un’impresa impossibile o estremamente complicata –infondo dovevo solo salvare gli antichi e preziosi libri che racchiudevano tutta la cultura e il sapere di Saturno-, ciò che mi preoccupava era il fatto che avessero messo a capo della spedizione me. L’altro problema era che avrei dovuto sicuramente affrontare qualche Non Morto che assediava il pianeta e diciamocelo, non ero mai stata granché nel combattimento e quegli esseri mi facevano venire i brividi.

    Avevo letto molto su di loro. Fino a poco fa erano considerati poco più che leggende, miti raccontati ai bambini per farli comportare bene –scoprii che quest’usanza era molto diffusa su vari pianeti, usanza che io non ero mai riuscita a comprendere. Perché spaventare così i propri figli? Perché dirgli “Bada a come ti comporti, altrimenti arriverà un Non Morto a mangiarti”? Per fortuna su Mercurio questo metodo non era diffuso-.
    Si diceva che fossero dei morti con delle grandi questioni in sospeso nel mondo dei vivi. Per questo, e grazie alla loro forte indole e all’enorme attaccamento alla vita, riuscivano a “resuscitare”, o meglio, si risvegliavano semplicemente in uno stato di avanzata decomposizione, privi di chissà quali sentimenti e pensieri.
    Si risvegliavano con l’unico scopo di uccidere, razziare, rapire, conquistare, mangiare. Di quelle grandi questioni che li portavano a tornare non rimaneva traccia. Erano solo corpi putrescenti e decadenti, che se presi singolarmente cadevano a pezzi soltanto a guardarli, ma se affrontati in gruppo erano micidiali. Il problema era che, in netta contraddizione con il loro intelletto che rasentava lo 0, loro di questo ne erano stranamente consapevoli. Non sapevamo né come fossero arrivati né da dove, ma erano riusciti a piegare in poco tempo Saturno sotto alla loro furia distruttiva. Fu così che nacque la così detta Guerra dei Non Morti.

    Per permettere alla cultura di Saturno di tornare ai suoi vecchi splendori era necessario recuperare quei libri inestimabili che rischiavano di andare perduti o distrutti da quei decerebrati.
    Per questo la missione mi stava tanto a cuore. Peccato però che fossi terrorizzata all’idea di ritrovarmeli davanti.
    Per fortuna mia madre, intuendo il mio stato d’animo, decise di accompagnarmi.
    Questa scelta mi permise di svolgere la mia missione nel migliore dei modi, salvando tutti i libri, nessuno escluso.
    La missione era compiuta, stavamo per andarcene, ma c’era qualcosa di strano. Non avevamo ancora incontrato nessun Non Morto. Nemmeno uno. Eppure Saturno era diventato il loro covo.
    Com’è possibile?
    Fu proprio mentre pensavo a ciò che ci accerchiarono.
    Erano una miriade. Quando scattarono all’attacco entrai nel panico più totale.
    Reagii, ma non bastò, perché mentre mi aiutava mia madre scomparve in mezzo a quegli esseri, come quando si viene risucchiati sotto l’acqua dalla corrente troppo forte.
    Mia madre era appena stata inghiottita da quel mare di morti.
    La scena fu spaventosa, orribile, disgustosa, raccapricciante.
    Ero immobile, una statua di marmo a osservare quell’orrore, ad ascoltare le urla di dolore di mia madre mentre veniva mangiata viva. Qualcosa mi toccò i piedi. Abbassai lo sguardo e vidi parte del suo braccio completamente ricoperto di sangue, morsi e bava.
    Mi sentii strattonare via. Mi voltai, lo sguardo assente. Era uno degli addetti alla navicella che ci aveva portate su quell’inferno che mi tirava via, urlandomi qualcosa che però non riuscivo a sentire. Tutto intorno a me era ovattato e appannato. L’ultima cosa che vidi fu il buio che con la sua benevolenza mi accolse, levandomi dagli occhi quel massacro.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 28/2/2018, 13:54
     
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    Helios mi porse la mano, la sua stretta calda e forte acquietava ogni volta il battito agitato del mio cuore, rassicurandomi.
    “Ti senti pronta?”
    Gli risposi con un cenno del capo, non fidandomi totalmente della mia voce.
    Certo che ero pronta, o comunque lo sarei sicuramente stata di lì a poco, quando sarebbe iniziato l'incontro ufficiale.
    Sentivo già sulle spalle il peso della responsabilità di questi momenti, anche se di fatto i miei compiti non erano molto importanti, in fondo ero ancora una principessa e come tale destinata a portare avanti il nome della dinastia, nulla più.
    Ogni tanto, in assenza dell'Imperatrice Madre, spettava a me occuparmi di compiti minori, ed io non perdevo mai l'occasione di dimostrare quanto sarei stata all'altezza, in un futuro prossimo, di guidare con saggezza e fermezza il vastissimo impero galattico.
    Al nostro passare, i valletti ed i servitori di palazzo si fermavano e si inchinavano con deferenza. Adoravo questi aspetti della mia vita.
    Mentre ci avvicinavamo alle porte della sala del trono, guardai di sottecchi mio fratello: il suo portamento elegante spiccava in mezzo a quello di tanti altri nobili di valore, il suo profilo perfetto era già cantato con ammirazione in molti poemi.
    Anche la mia bellezza veniva ampiamente celebrata, così come era giusto: eravamo belli, lo sapevo da sempre e tutto intorno a noi ce lo ricordava in continuazione.
    Mi sentivo un essere speciale, e lo ero.
    Molto spesso mi piaceva fantasticare sul mio futuro da Imperatrice, accanto a colui che, al momento della mia nascita, era stato scelto come mio sposo.
    Avevo già deciso i nomi che avremmo dato ai nostri figli, che sarebbero stati belli come noi. In fondo, questo era il nostro compito principale, quello di perpetuare la nostra antica stirpe.
    E lo amavo? Forse sì, ma se così non fosse stato, col tempo avrei di certo imparato a trasformare l'affetto che mi legava a lui in amore. Così come doveva essere.
    Così come era stato tra i miei genitori anche loro, rispettivamente, fratello e sorella. Solo in questo maniera era da numerose generazioni che si manteneva la purezza del nostro lignaggio, la potenza dei poteri che ci permettevano di governare l'impero e di poter usare il Cristallo d'Argento.

    Ci fermammo un secondo davanti alle porte chiuse, in attesa che venissero aperte, e poi facemmo il nostro ingresso nel maestoso salone. Tutti gli occhi erano puntati su di noi.
    Trattenni involontariamente il respiro, mentre la stretta del mio futuro consorte si accentuava.
    Fui orgogliosa di me stessa, quando mi districai elegantemente dallo strascico del prezioso abito tempestato di diamanti che indossavo per sedermi sul trono di mia madre.
    Anche Helios si accomodò sull'altro scranno, quello su cui sedeva sempre nostro padre, e a quel punto volgemmo lo sguardo sul piccolo gruppo inginocchiato davanti a noi.
    Erano soldati di ritorno da Saturno, dove era in atto un'invasione da parte dell'esercito dei Non Morti, che minacciava la popolazione inerme.
    Queste persone, però, avevano ricevuto un compito particolare ed estremamente importante: mettere in salvo il Libro dei Morti, un testo preziosissimo che risaliva alla fondazione del nostro impero.
    Missione che era stata felicemente compiuta, così stava dicendo il capo della spedizione, ma a quale prezzo? Se non sbagliavo, il gruppo che era partito era più numeroso, e mancava tra di loro un componente importante: Azur, la madre della ragazza con i capelli scuri e la pelle pallidissima.
    Concentrai la mia attenzione sulla Guerriera del pianeta Mercurio.
    Mi avevano parlato di lei come di una persona coraggiosa e molto intelligente, e in un'occasione ufficiale avevamo avuto modo di scambiare qualche parola: ricordavo una ragazza dalla mente brillante e determinata. Ora, quello che vedevo era una persona molto diversa: il suo sguardo era appannato, quasi smarrito. Il suo eloquio, famoso nel regno, sembrava svanito.
    “Principessa Selene, e Principe Consorte... vi saluto. Grande è l'onore e la... gioia di portarvi il prezioso testo che abbiamo salvato dalla distruzione, per... consegnarlo nelle vostre infinitamente sagge mani”
    Pur sempre molto misurata, la sua parlata era incerta, impossibile non notarlo. Provai della compassione per lei, e sentii il bisogno di capire il motivo del suo stato.
    Mi alzai dal trono. Helios mi lanciò un'occhiata perplessa. Quello che stavo facendo non rientrava nel protocollo, e sapevo che avrei subito dei rimproveri dai miei maestri per averlo violato.
    Ma non potevo fare a meno di avvicinarmi a quella figura ancora inginocchiata, di provare a fare il possibile per aiutarla a superare un dolore che non riuscivo ad ignorare.
    Athena alzò lo sguardo stupita quando mi fermai davanti a lei.
    Le rivolsi un sorriso dolce, non volevo che si sentisse intimorita dal mio ruolo, e non fosse sincera con me.
    “Ti ringrazio dal profondo del mio cuore per il tesoro che ci hai riportato, del tuo operato ne verranno a conoscenza gli Imperatori, che sapranno ricompensarti con generosità”
    “Non chiedo riconoscimenti per me, il fatto di aver contribuito alla salvezza del libro e della conoscenza che vi è racchiusa è già sufficiente...”
    Il suo dolore mi raggiunse al centro del petto. Fu come sentire la sua anima gemere e piangere, anche se all'esterno non trapelava nulla.
    Mi abbassai al suo livello, a pochi centimetri dal suo viso. Avrei pensato dopo alle conseguenze. “Dimmi cosa è davvero successo su Saturno, senza timore, voglio solo aiutarti” Sussurrai.
    Lei mi guardò disperata, con le lacrime prossime a lasciare i suoi occhi, poi scosse il capo: “Non lo so... non ne ho ricordo...”
    Sentii alcuni colpi di tosse, nel silenzio del salone. Il ciambellano di corte mi stava richiamando al mio ruolo, inflessibile.
    Avevo ancora pochi attimi per tentare di aiutare la Guerriera, così dissi la prima cosa che mi passò per la mente, o almeno credevo, dato che, al solo pronunciare il nome, un brivido freddo mi attraversò la schiena: “Sul pianeta di Nettuno vive quella che viene chiamata Strega di Oaken... dicono che sia un essere pericoloso ma anche molto potente... forse lei potrà aiutarti a ritrovare la memoria...”
    Tornai velocemente a sedermi sul trono, cercando di ignorare l'occhiata di rimprovero di mio fratello.
     
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    Ah, la guerra.
    L'adrenalina che scorre nelle vene, l'odore acre del sangue e di terra bruciata, la sensazione inconfondibile della lama che affonda nella carne delle vittime, il fumo che pian piano si dirada mostrando la moltitudine di cadaveri a terra, come a comporre un enorme, raccapricciante ma anche immensamente gratificante tappeto di morte.
    La cosa che più mi soddisfaceva era la consapevolezza che quello spettacolo era​ in parte opera mia.
    Era con quello scenario grottesco che la guerra su Saturno contro i Non Morti era appena terminata.
    I guerrieri della Guardia Imperiale avevano combattuto con vigore. Ero fiera dei miei soldati e di come si erano fatti valere in battaglia.
    Quella era l​a seconda ​volta che ero a capo di quell'armata e, con un successo del genere, ero sicura l'avrei guidata ancora.
    Purtroppo qualche perdita c'era stata, ma in confronto allo sterminio appena compiuto non era nulla.

    Dovevo ammettere che quando arrivammo su Saturno vedere quell'orda di ​Non Morti che si muoveva senza un senso apparente, che emetteva urla e lamenti da mettere i brividi​ mi spiazzò. Sapevo ​già a cosa stavamo andando incontro, ma mai avrei pensato a un abominio del genere. Mi rodeva ammetterlo, ma vacillai. Mi chiesi se davvero saremmo riusciti a eliminarli. Dopotutto erano già morti, chi mi diceva che accoltellandoli o sparandoli sarebbero morti definitivamente? Anzi, era probabile che attaccarli in quel modo non sarebbe servito a nulla, se non a farci ammazzare. Questi pensieri però passarono in secondo piano appena misi il piede sul campo di battaglia. Mi voltai verso i miei uomini, fieri più che mai, per poi scattare all'attacco, staccando teste e infilzando toraci.

    Ed ora, al posto delle urla di rabbia e di dolore, il silenzio regnava incontrastato, per poi essere infranto dalle grida di vittor​ia dei miei soldati.
    Guardai un'ultima volta quella landa desolata, come a voler imprimere a fuoco quella vista nella mia mente, prima di salire sulla navicella che ci avrebbe riportato su Marte.

    (...)

    "Se c'è una festa su Marte, allora è appena stata vinta una guerra."
    Era un luogo comune, un modo di dire di altri pianeti decisamente veritiero.
    Il nostro popolo era bellicoso, quasi barbaro, basato sui fatti, sul concreto e poco su frivolezze o cose superficiali.
    La guerra, la lotta, erano queste cose il nostro pane quotidiano. Non eravamo quel tipo di popolazione che si perdeva in frequenti balli sfarzosi o grandiosi eventi solo per il gusto di farlo, per mostrare chissà cosa. Per questo, se il mio pianeta organizzava una festa, significava che c'era una vittoria da festeggiare ed era soltanto in queste occasioni che la nostra gente sembrava comportarsi in modo meno rozzo e violento... o almeno era così fino a che il lato più istintivo e rissoso non riprendeva prepotentemente il sopravvento -in parte grazie anche ai fiumi di alcool che scorrevano durante le serate.
    In questo caso specifico però i miei genitori l'avevano organizzata anche in mio onore.
    Non avevano badato a spese. Il grande salone principale della nostra residenza pullulava di persone, chi a ballare, chi ad abbuffarsi, chi semplicemente a conversare o a discutere -perché se non discuti almeno una volta a eventi del genere non puoi definirti un vero marziano.
    Io osservavo tutto da una balconata che si affacciava sulla sala.

    "Perchè te ne stai così defilata? Fai sempre così... E' una festa. La tua festa!" Me l'ero sentita ripetere almeno dieci volte in nemmeno due ore da qualche mia amica. Ma cosa potevo farci? Era più forte di me. Potevo essere estremamente spigliata in battaglia o nella quotidianità, ma in situazioni come questa il disagio era così pressante che per trovare un po' di pace non potevo fare altro che starmene in disparte. Solitamente avere l'attenzione di tutti su di me non mi dava fastidio, anzi, ma in questi casi era insopportabile da sostenere.
    Mi sentivo come un pesce fuor d'acqua. Avrei decisamente preferito allenarmi con la spada indossando la mia comoda armatura piuttosto che stare lì a conversare, mangiare, peggio che mai ballare, avvolta in un lungo abito rosso cremisi, elegante e femminile, il tipo di abito che odiavo con tutta me stessa.
    Ahhhh maledizione! Com'è possibile essere a disagio per un ballo? Un ballo! Ho fatto fuori un'orda di morti viventi e non riesco nemmeno a passare una serata in mezzo agli invitati! Chi mi capisce è bravo...
    Stavo ancora osservando gli invitati festeggiare quando sentii quelle che sembravano due persone litigare.
    Mi allontanai dalla balaustra, inoltrandomi nel corridoio fino a raggiungere lo studio di mio padre e mi misi ad origliare alla porta.
    Riconobbi le voci dei miei genitori. Mia madre era furiosa. Era la prima volta che la sentivo così. Mio padre tentava di controbattere, ma mia madre non gli dava tregua. Non gli fece nemmeno finire la frase. Lo insultò per l'ultima volta, qualcosa si frantumò sul pavimento e poi aprì la porta di scatto, chiudendosela dietro con uno schianto, allontanandosi a passo di marcia. Per fortuna mi ero nascosta dietro un pilastro appena in tempo.

    Tornai alla balconata ad osservare la folla sottostante, a ragionare su quello che avevo appena sentito.
    Non l'avevano detto chiaramente, ma sembrava che mio padre avesse tradito mia madre e che, per di più, da questo tradimento fosse nata una bambina... questo significava che io avevo una sorella...
    Domande su domande mi affollarono la mente.
    Quanto tempo fa è successo? Chi è questa presunta sorella? Dove sarà? Potrebbe essere chiunque...
    Alt. Ares, smetti di ragionare, altrimenti ti esploderà il cervello.

    Non potevo continuare ad arrovellarmi così, soprattutto perché non aveva senso. Non avevo e non potevo avere risposte alle numerose domande che mi vorticavano in testa. O almeno non potevo trovarle da sola e soprattutto non in quel momento.
    Mi tornò alla mente una cosa che mi aveva detto Athena -un'altra Guerriera che avevo conosciuto durante la pianificazione dell'attacco a Saturno- riguardo a una certa Strega di Oaken. Voleva partire per chiederle aiuto, visto che circolava la voce che questa strega sapesse tutto... forse poteva aiutare anche me.
    A quanto pare Athena non viaggerà da sola...
     
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    Nettuno un pianeta ricco di magia e misticismo, il luogo ideale ove vivere e prosperare dopo che si era stati cacciati dalla propria casa... non che avessi mai considerato la Luna tale anche se avevo sempre considerato estremamente lusinghiero che io, strega della stirpe di Oaken ero stata scelta.
    Le Oaken era un gruppo leggendario di streghe/amazzoni, donne temute e rispettate per il loro potere e sapere. Esse mai si mettevano al servizio di nessuno e per alcun motivo ed era stato questo il motivo che mi aveva fatto esiliare dal coven quando avevo accettato la richiesta di Hyperion di divenire la Strega dell'Impero, Consigliera della Corona e la personalità più importante della Galassia dopo di lui. Lo avevo fatto dopotutto per ingenuità ed anche amore verso un uomo di potere, affascinante e carismatico che mi aveva ammaliato con la sua aura ammaliatrice.
    Avevo voltato le spalle alle mie sorelle ed tal gesto mi aveva, paradossalmente, salvato dal loro sterminio. Un genocidio brutale che mi aveva portato ad essere l'unica superstite di tutta la conoscenza Oaken.
    Tuttavia gli eventi non erano stati clementi con me, perchè nonostante la mia storia d'amore con Hyperion prosperasse sapevo che mai avrebbe lasciato la sua amata moglie per me ecco dunque perchè mi ero ritrovata costretta ad usare tutte le mie arti per cambiare quella sorte già scritta.
    Avvelenamento di Theia non ebbe i risultati sperati non solo la sua fin troppo sveglia figlia trovò la cura per salvarla, ma accusò me di esserne la colpevole. Non che avesse torto, ma odiavo che una ragazzina troppo simile alla madre nei modi sopraffini e dal carattere algido potesse mettermi in difficoltà.
    La punizione era la morte per un atto di tradimento così grande, ma io avevo un'arma contro Hyperion una che mi avrebbe permesso di sopravvivere: nostra figlia. Fu per lei che la mia esecuzione fu solo una beffa, una che mi costrinse sì all'esilio, ma viva e con tutto il tempo necessario per meditare vendetta, per crescere il frutto del nostro amore come arma contro chi aveva osato toglierci ciò che ci apparteneva. Pandia avrebbe ottenuto il trono ed io avrei mosso mari e monti per riuscirci, affinché la stirpe delle Oaken tornasse a nascere sul trono lunare.
    Ecco perchè quando ricevetti la visita di due giovani Guerriere dell'Impero subito i miei sensi scattarono. Non potevo permettere che i miei piani venissero fermati prima del tempo e così prima che potessero dire anche una sola parola, ormai fin troppo vicine alla mia umile casa sulle sponde del lago ghiacciato di Galatea. Nettuno aveva una temperatura media di -230° tutto l'anno dunque noi nettuniani eravamo abituati alle temperature ferree, ai ghiacchi perenni e dalla mancanza totale di specie arboree. Tuttavia era un pianeta imbevuto di magia al punto che lì dove era impossibile mettere radici io avevo un orto ed un giardino da fare invidia a quelli reali.
    Risi nascosta sotto il mio mantello pesante di pelliccia quando alzando le mani attaccai le due giovani ancora troppo inesperte per riuscire davvero a contrastare la mia magia. Le stavo tenendo sollevate da terra, mentre soffocavano lentamente sotto la mia stretta. I loro tentativi di parlare furono vani quanto di chiamare loro in aiuto elementi come acqua e fuoco, che mi fece capire che fossero di Mercurio e Marte.
    Anche due corvi mi volarono incontro nel vano tentativo di beccarmi, ma non fecero in tempo ad avvicinarsi che vennero sbalzati via.
    Aumentai la presa sulle due, quando la meno combattiva si portò le mani sotto il mantello. Ero già pronta ad ucciderla prima che tirasse fuori un arma, ma quello che vidi fu invece un libro. Il Libro dei Morti del coven delle Oaken. La mia presa su di loro cessò e mentre queste caddero a terra tossendo io mi avvicinai al libro e prendendolo in mano fui incredula che fosse lì, vero... nelle mie mani.
    "Come lo hai ottenuto?" chiesi con voce severa e decisa, quando guardandola dall'altro mi preparavo a colpirla se fosse nuovamente necessario.
    “L-Lo abbiamo s-salvato... d-da S-Saturno...”
    "La Guerra contri i Non Morti..." biscicai tra me e me ricordando che le voci sulla stessa erano giunte fino a me.
    Mi feci pensierosa, ma al contempo ricordai chi e cosa fossi. Chi portava un dono alle Oaken, ancor più se di tal valore, meritava di ricevere dalla strega una ricompensa.
    Fu allora che facendo cenno loro di seguirmi rientrai in casa lì dove offrì loro un té. Non mi scusai per come le avevo accolte, ma mi misi a loro disposizione.
    "Risponderò ad una vostra domanda... so che ognuna di voi ha un qualcosa che deve e vuole sapere... vi darò ciò che volete e poi ve ne andrete..."
    Anche perchè Pandia nell'altra stanza stava dormendo, era una bambina vivace, ma fin troppo curiosa e volevo evitare spiacevoli incontri.
    “Strano modo di chiedere scusa... ci hai attaccati senza un motivo Strega!”
    "Posso assicurarvi, Duchessa, che avevo le mie buone ragioni. Non sono particolarmente stimata a corte..."
    Il modo in cui lei aveva sottolineato il mio titolo era lo stesso con cui io avevo sottolineato il suo, anche per farle presente che sapevo chi fosse.
    “Certo se siete solita comportarvi così...”
    "Perchè parlare di me quando siete voi quella che mi ha cercata? Trovo ingenuo il tuo credere così ciecamente a tuo padre... è un uomo e posso assicurarti che gli uomini sono tutti uguali... amerà anche tua madre, ma ama molto di più il piacere della carne... oh sì mia cara Duchessa avete una sorellastra... un'insignificante esserino che è stato schiacciato per dar vita a qualcosa di molto più epico ed intenso... lo hai incontrato... tutte voi mie care neo Guerriere ed è stata la vostra arroganza a renderla la vittima sacrificale..."
    Il mio modo di parlare mellifluo e pungente colpì nel segno tanto che la focosa Ares saltò sul posto e dal fuoco evocato dalla sua mano si formò la spada con la quale minacciò la mia gola. Era così istintiva che davanti alla verità reagiva con la violenza.
    "Oserei dire che per la prima volta la Duchessa di Marte saggia cosa vuol dire venir bruciati... ebbene è così... Eris... colei che nemmeno immaginate chi un giorno sarà per voi... è tua sorella..." mormorai vedendola sgranare gli occhi ed urlarmi in faccia tutta la sua ira. Ero abituata a sentirmi dare della bugiarda, soprattutto da chi era incapace di ascoltare la verità.
    Ma fu mentre lei se ne andava bofonchiando che era stato un errore cercarmi, che la giovane Marchesa Athena si scusava per il suo comportamento abbassando il capo mentre non smetteva di torturarsi le dita con fare nervoso e intimorito.
    "Se vi sentite in colpa per vostra madre, fate bene..." mormorai probabilmente esprimendo qualcosa che la giovane non si aspettava di sentire.
    "Dopo tutto è stata la vostra inesperienza ad ucciderla. Siete ancora troppo fragile ed impaurita per assolvere al ruolo per cui siete stata scelta... ma è anche vero che nessun mercuriano prima di voi è mai stato un combattente... non siete nati per questo. Il vostro posto è piegati sui libri eppure il sacrificio della nobile Azur non è stato vano... non potete ancora vederlo forse, ma di fronte a voi ci sono sfide ancor più grandi di questa... sfide che vi renderanno non solo una grande Guerriera, ma l'unica e vera mercuriana..."
    Il che magari poteva apparire una frase di poco conto se non fosse stato che nascondeva una ben più amara verità.
    Athena a quel punto aprì la bocca pronta a chiedermi qualcosa probabilmente, ma la sua compagna non era dello stesso avviso. La strattonò per un braccio intimandola di andarsene, di non perdere ulterior tempo dietro le mie bugie e lo avrebbero fatto se non fosse che ebbi una possessione. Ciò accadeva quando una profezia era in agguato, quando il mio terzo occhio si apriva sul futuro. Non potevo prevederlo, ma peggio ancora non ricordavo mai quando mi capitasse cosa facessi o cosa dicevo.
    Gli occhi divennero dunque completamente bianchi, le mani si artigliarono al tavolo, il fuoco del camino saettò e tutto nella stanza volò. Fu allora che io pronuncia: "Quando il sole sarà alto in cielo e le due lune si scontreranno, ella emetterà la sua energia e rivelerà la sua natura"
    Le parole riecheggiarono lente e precise ed una volta cessate tutto tornò normale, esattamente come me che svenni ignara di ciò che era appena accaduto.
     
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    "Quando il sole sarà alto in cielo e le due lune si scontreranno, ella emetterà la sua energia e rivelerà la sua natura"
    "Ma che?!" esclamai vendendo la strega artigliare il tavolo, gli occhi completamente bianchi, e scandire lentamente quella frase, per poi tornare in sè e svenire.
    Io e Athena l'afferrammo al volo, poggiandola sulla prima sedia che mi era capitata sotto mano.
    "Vedi che ho ragione!? E' una pazza invasata! Questo teatrino, quello che ha detto prima, sono tutte bugie! E' stata una completa perdita di tempo! Andiamocene." affermai decisa, avviandomi verso la porta.
    "No."
    "No? Che vuol dire no?"
    "Solo perchè ha detto cose che non ti piacciono non significa che siano meno vere. Spesso la verità non è mai come vorremmo..." aveva lo sguardo basso, la voce leggermente incrinata, i pugni contratti con forza.
    "Athena, per favore! Non ha fatto altro che mentire da quando abbiamo messo piede in questa casa! Tua madre non è morta a causa tua, Eris non è mia sorella e mio padre avrà tradito mia madre non più di un paio di volte."
    "E tu credi davvero a quello che stai dicendo? Ma non ti rendi conto che stai tentando di convincerti da sola?! Sai perfettamente che è la verità!"
    "Non può essere la verità..."
    "E invece lo è! Credi che sia contenta di ciò?! Mia madre è morta per colpa mia! L'ho condannata a una morte atroce! Smembrata dai Non Morti! E prima che tu lo chieda: sì, mi sono tornati tutti i ricordi, purtroppo."
    Ero impietrita. Non la conoscevo molto, ma quella era la prima volta che la vedevo in preda ai suoi sentimenti. Solitamente era così calma, pacata, composta, timida -forse un po' troppo- , mai una volta aveva perso le staffe come in quel momento... ma aveva ragione. Quella che stava mentendo ero io. Stavo negando la realtà.
    In quel momento la più debole, anche se a una prima occhiata sembrava lei, in realtà ero io.
    Ero io che mi rifiutare di accettare i fatti, non lei, anzi. Athena li stava accettando e stava combattendo con il dolore che ne derivava. Io invece? Mi nascondevo dietro stupide bugie. E poi per cosa? Per la palese infedeltà cronica di mio padre? Per l'aver scoperto che Eris era mia sorella? Maledizione, sua madre era morta in modo orribile per la sua inesperienza e io mi preoccupavo di queste cazzate. Mi sentivo veramente un'idiota.
    "Scusa. Hai ragione tu... che facciamo, andiamo?"
    Per qualche secondo non ottenni risposta. Qualcosa sembrava aver attirato la sua attenzione.
    "Athena?"
    "Penso sia meglio aspettare che si svegli." disse indicando la strega.
    "Va bene..."
    "Percepisco il tuo entusiasmo"
    "Secondo te si ricorderà quello che ha detto? E poi, che diavolo voleva dire?"
    "Non ne ho idea, ma era una sorta di premonizione. Comunque, se non ricorda nulla- ed è probabile, visto che sembrava essere entrata in uno stato di trance- secondo me è meglio non dirle nulla. Ci sarà un motivo se chi ha le visioni solitamente dimentica tutto."
    "E sia, ma mettiamoci comode mentre aspettiamo che la stregaccia si svegli."




    La nostalgia per le giornate spensierate e tranquille a Devemport con Connor si faceva già sentire. Quanto mi sarebbe piaciuto che quella tranquillità fosse durata più a lungo. Purtroppo il tempo che passavamo insieme era sempre poco, estremamente poco, ma dovevo tornare dalle altre. Mi erano mancate parecchio, come ogni volta che ci allontanavamo del resto. Dopotutto in loro avevo ritrovato quella famiglia che avevo perso da secoli ormai, ancora prima della distruzione dell'impero.
    Dopo la morte di mia madre, la vita mia e di mio padre cambiò. Lui cambiò. Si chiuse in sè stesso, in quel dolore che mai riuscì a placare. Sapevo che mi voleva bene, che il suo affetto nei miei confronti rimase invariato, ma avevo anche la convinzione che in me vedesse la causa della morte della mamma. E come dargli torto?
    Fu però grazie a loro, a quelle che per me all'epoca erano nient'altro che conoscenti, compagne di battaglia, che trovai la forza di andare avanti, di trovare il coraggio e l'autostima che mi erano sempre mancati, di cancellare quella fragilità che mi aveva sempre contraddistinta.
    Le porte dell'ascensore si aprirono e davanti a me ritrovai l'ampio e familiare salotto, le vetrate che lasciavano ammirare la favolosa vista di Toronto.
    Selene e Ares, la prima in piedi e la seconda seduta scomposta sul divano come suo solito, si voltarono verso di me accogliendomi con un sorriso teso.
    "Sentiamo, che è successo per far scomparire la solita sfrontatezza dalla faccia di Ares?"
    A quest'ultima scappò un ghigno.
    "Beh, un paio di cosette" disse mentre si alzava dal divano con un po' di fatica, portandosi una mano al ventre.
    Del sorriso che avevo fino a qualche istante prima non rimase traccia.
    Forse sbiancai ancora più del normale per la preoccupazione e la confusione.
    Spostai lo sguardo da Ares a Selene e viceversa. Ora si che ero allarmata.
    "Seriamente, che è successo?"

    (...)"Quindi, una ragazza..."
    "Una pazza, altro che!"
    "Ares, per favore! Basta!"
    Era palese che entrambe non ne potessero più -Selene più che mai, in parte a causa del comportamento esasperante di Ares.
    "...una ragazza, superstite dell'Impero, ci ha accusate- soprattutto te Selene- di aver ignorato le nostre responsabilità e di non aver fatto il nostro dovere di Guerriere. A quanto pare alcune Colonie non sono andate distrutte come pensavamo e di conseguenza ci sono superstiti sparsi per l'universo. Vi ha attaccate, voleva il Cristallo e per di più aveva poteri simili ai tuoi Selene... ho detto tutto?"
    "Più o meno sì." mi rispose Selene con un sospiro stanco. Nelle ultime ore lei più che mai era stata travolta da una quantità enorme di notizie tutt'altro che positive, e qualcosa mi diceva che era solo l'inizio.
    "Se mi ricapita fra le mani le torgo il collo a quella!" esclamò sempre più rancorosa Ares.
    "Mi sembra di rivederti quando eravamo dalla Strega di Oaken"
    "Ci credo! Non reagisco bene quando tentano di mandarmi all'altro mondo."
    Mi scappò un sorriso. Erano passati secoli ma lei era sempre la stessa. Al solo nominare Ersa il suo malumore era peggiorato ulteriormente.
    Un momento!
    "Ares! La profezia!"
    "Di che parli Athena?"
    "Quando il sole sarà alto in cielo e le due lune si scontreranno, ella emetterà la sua energia e rivelerà la sua natura"
    "Oddio, non dirmi che quella frase aveva davvero un senso!"
    "Potete far capire anche a me che state dicendo?
    "Le due lune che si scontrano, tu e quella ragazza." esclamai rivolgendomi a una Selene sempre più confusa.
    Però avevo come la sensazione di dimenticare qualcosa... ma cosa?
    "La bambina..."
    "Ma che farnetichi?"
    "Avete detto che aveva un anello uguale al tuo, capelli e occhi castani, giusto?"
    "Si può sapere che ti ha fatto Connor? Non fai altro che parlare in modo confuso."
    "La ragazza che vi ha attaccato l'ho vista secoli fa a casa di Ersa."
    "Eh?! Ma che stai dicendo? C'ero anch'io, e in quella casa eravamo solo in tre."
    "Ti dico di no. Quando tu mi chiedesti se andare via, io non ti risposi subito perché vidi spuntare dal corridoio una bambina che corrisponde esattamente alla descrizione che avete fatto."
     
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