Nanda Parbat: Lara's Bedroom

Season 2

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    :Lara:
    Tutto era cambiato in fretta. Troppo in fretta.
    Selene era prigioniera del Dark Moon che fino a prova contraria era senza più nave madre, ma con una nuova base nel mezzo dei ghiacci dell'Alaska una nella quale oltre Endymion ed Hybris, sopravvissuti all'esplosione insieme a Wiseman, erano accompagnati da niente di meno che Pandia che inspiegabilmente era divenuta loro paladina e custode del Cristallo Nero.
    A questo andava aggiunto che Shay Cormac risultava ancora disperso, Ezio Auditore non aveva mai fatto ritorno alla Confraternita e la sorella l'aveva lasciata in compagnia di Arno Dorian. A tutto questo andava aggiunto i progressi dei Templari nei loro scopi così come della Trinity du cui ora conoscevo ogni sporco segreto. Ed io? Io mi ero appena risvegliata da un lungo coma che mi aveva tenuto per due mesi immobile in un letto con la tortura di sentire tutto ciò che mi circondava senza poter reagire in alcun modo.
    Ricordavo palesamente la voce di Jacob, una costante sempre presente che mischiava giorno di pura irona e racconti a giorni di pura ira e delusione per il mio tradimento. Era così che avevo scoperto che sapevano di me, di come Edward aveva raccontato ogni cosa su ciò che aveva scoperto e come la mia stanza a Nanda Parbat non era divenuta solo la mia stanza di ricovero, ma anche alla mia prigione.
    Ero sveglia da qualche giorno ormai ed oltre alla riabilitazione che Altair mi aveva concesso con Maestro Athon anche i miei incontri con Maestro Caleb e Marcus erano continuati per il mio strenuo desiderio di continuare il mio percorco.
    A lungo avevo parlato con il Mentore decisa a collaborare raccontandogli tutto ciò che sapevo sulla Trinity e su ciò che mi avevano chiesto di fare, quanto ciò che sapevo di Shay e del suo piano personale. Di come l'amore per Ares lo avesse accecato a tal punto di desiderare di cambiare la realtà e riscriverne una dove avrebbe potuto vivere una vita serna con lei, una lontana da racconti alieni, manufatti magici e senza la presenza di una guerra costante tra Templari ed Assassini. In egual modo tuttavia gli avevo raccontato dei miei dubbi circa la morte di mio padre e sul vero coinvolgimento dellq Trinity al riguardo. Altair dovette apprezzare molto il mio impegno e la mia disponibilità perchè qualche giorno dopo mi fece visita con un documento, uno nel quale mi aveva rivelato avrei trovato tutta la verità circa mio padre. Una che lui stesso aveva deciso di cercare come segno di riconoscimento verso di me. A suo dire il mio non era stato un tradimento, ma una ricerca disperata della verità, ciò che mi definiva un'Assassina.
    Ero ancora commossa quando se ne andò e passai ore prima di trovare la forza di leggere cosa vi era scritto e tra tante cose che potevo scoprire, quella che definiva Adrian McKay, l'uomo che mi aveva cresciuto ed avevo considerato un secondo padre, un assassino della mia famiglia... bè fu quella che maggiormente mi distrusse.
    Quale lunga menzogna era stata la mia vita?
    Era notte fonda quando avevo raggiunto con fatica il balcone della mia stanza, dovevo usare due stampelle per camminare perchè i muscoli delle gambe erano ancora troppo deboli ed io ero ancora in riabilitazione. Osservavo la luna rossa nel cielo e rimuginavo sulla mille bugie per cui avevo combattuto, all'affetto che avevo dato a chi mi aveva strappato alla mia propria famiglia e alla causa errata che per anni avevo servito... ero così presa dai quei miei pensieri che nemmeno prestai attenzione alla figura che alle spalle mi raggiunse...


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 5/10/2018, 14:49
     
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  2. Blackthorns
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    :Jacob:
    Non faceva per me, tutto quello. I tradimenti, i doppi giochi, le lealtà poco chiare e tutto il resto.. mi rendevano inquieto, incapace di capire come comportarmi. O forse era quella particolare situazione, in realtà, a farmelo pesare più del solito — il fatto che si trattasse di Lara mi costrigeva a dover vedere sotto una luce diversa l'opinione che avevo di lei e, soprattutto, ciò che avevo iniziato a provare negli ultimi mesi. Ci fosse stato qualcun'altro, al suo posto, avrei avuto ben pochi dubbi o ripensamenti; non avevo mai visto di buon occhio, dopotutto, i sotterfugi di quel tipo e non avrei provato il minimo desiderio di rivolgere nuovamente la parola a quella che era, a tutti gli effetti, una spia. O bianco, o nero. O con noi, o contro di noi. Avevo una visione piuttosto semplice, delle cose. Eppure faticavo a seguire una simile linea di pesiero, adesso, e non ero riuscito a tenermi lontano da lei, durante i mesi che aveva passato confinata a letto, incosciente, indifesa e, quindi, affatto in grado di rispondere a qualsiasi accusa avessi potuto rivolgerle — a pensarci bene, anche nei momenti peggiori, mi ero sentito più confuso e ferito, che veramente arrabbiato, perchè — nonostante tutto — non volevo credere fosse stata tutta una messa in scena, avevo bisogno di aggrapparmi alla convinzione la persona che avevo conosciuto, la Lara che aveva occupato i miei pensieri, non fosse una totale bugia.
    Era sveglia da giorni, mi era stato riferito, eppure mi ero tenuto a distanza. Un po' perchè, ovviamente, mi era stato vietato di partecipare a qualsiasi interrogatorio ( ed io, stranamente diligente, non avevo neppure provato ad origliare ), un po' perchè il pensiero di affrontarla subito mi aveva attorcigliato lo stomaco in maniera per niente piacevole. Mi ero dato un termine, tuttavia; quattro giorni, poi non mi sarei più permesso di tergiversare, perchè rischiava di diventare soltanto controproducente, quel continuo rimandare.
    ( . . . ) « Fossi in te non cercherei di scappare dalla finestra, nelle tue condizioni. » annunciai così la mia presenza, da qualche parte alle sue spalle, nella penombra della stanza, con un'immancabile ironia che mi serviva unicamente a celare i sentimenti contrastanti che si facevano la guerra tra loro, dentro la mia testa, al momento. Mi avvicinai, raggiungendola sul balcone, con un pacchetto mezzo finito di sigarette nella tasca dei jeans che, però, non tirai fuori.. fumare mi sembrava un'azione fin troppo casuale e, oltrettutto, mi ricordava il nostro primo incontro. Ero consapevole mi stessi facendo fin troppe paranoie, su tutta la situazione, ma la verità era che non avevo idea di come avrei dovuto comportarmi, in sua presenza, ancora meno di quanto ne avessi avuta durante le mie visite, quando non si era ancora svegliata. In quella circostanza era stato, tutto sommato, semplice; ero stato in controllo, potendo decidere in completa autonomia quando troncare il tutto e, forse ancora più importante, non avevo dovuto sostenere in alcun modo il suo sguardo, nè sentire la sua voce.
    « Ti vedo meglio. La riabilitazione sta andando bene, immagino. » lo dissi quasi casualmente, come se non sapessi già la risposta a quella domanda, come se non avessi dato un'occhiata ai suoi progressi, anche se da lontano.
     
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    :Lara:
    Il silenzio che fino a quel momento aveva dominato la mia serata venne spezzato da quella frase detta con estrema naturalezza. Normalmente mi avrebbe strappato qualche risata, ma nella situazione in cui mi trovavo ebbe come unico effetto quello di pietrificarmi. Sentivo quasi il sangue gelarsi nelle vene.
    Reazione estremamente stupida ed esagerata data la situazione, ma il mio cuore e i miei sentimenti non erano d'accordo, forse anche per il fatto che non mi succedeva molto spesso di provare questo tipo di sentimenti per qualcuno.
    Avevo paura -colpa del fatto che non avevo la minima idea di come comportarmi-, e speravo con tutta me stessa che i miei tentativi per nasconderla -ovvero rimanere in silenzio e fissare dritto davanti a me- stessero funzionando.
    Vista con distacco e lucidità mi sarei sicuramente presa in giro da sola. Dopo tutto quello che avevo passato, le cose che avevo fatto e visto, avevo paura di parlare con Jacob.
    Ma si può essere più stupidi?
    Avevo il terrore di incrociare il suo sguardo e di vedervi tutto il dolore che io gli avevo causato. Non volevo vedere gli effetti distruttivi delle mie azioni, perchè sapevo mi avrebbero fatto sentire ancora peggio.
    Quella stupida frase mi riecheggiava ancora in testa come un eco mentre mi raggiungeva sul balcone, appoggiandosi alla ringhiera.
    Nessuno dei due osava incrociare lo sguardo dell'altro. Io mi limitavo a fissare la luna rossa in mezzo al cielo, tentando di ritrovare il filo dei miei pensieri.
    La mia vita non è altro che una lunga bugia.
    Che razza di situazione. O mi demolivo da sola rimuginando sulla mia vita, o mi facevo demolire pezzo dopo pezzo da Jacob, che ero sicura era venuto per questo. Per rinfacciarmi tutto, per vomitarmi addosso tutta la sua rabbia, il suo dolore, la sua delusione... come avrei potuto dargli torto? Me lo meritavo, anzi, se non lo avesse fatto lui probabilmente lo avrei fatto io.
    "Ti vedo meglio. La riabilitazione sta andando bene, immagino."
    "Si... almeno ora riesco a camminare, anche se a fatica..."
    Gli risposi più freddamente di quel che volevo, chiudendomi nuovamente nel silenzio.
    Normalmente sapevo controllare le mie emozioni. Ero cresciuta con il preconcetto che non dovevo mostrare quello che provavo o pensavo veramente, o comunque non mostrarlo del tutto. Avevo imparato a controllarmi per poter analizzare tutto ciò che mi circonda più lucidamente e così poter affrontare qualsiasi cosa... ma, a quanto pare, non questa.
    Stavo andando in tilt.
    La mia maschera di calma, come la mia vita, si stava sgretolando sotto al peso delle cause false in cui avevo creduto, delle mie bugie, delle loro conseguenze e della presenza di Jacob.
    Avevo l'impressione di avere la spada di Damocle penzoloni sulla testa, pronta a cadere da un momento all'altro per stroncarmi una volta per tutte.
    In effetti cos'altro avrei potuto perdere? Avevo perso tutto.
    Rendere giustizia a mio padre, l'obiettivo di una vita, l'unica cosa che mi aveva consentito di andare avanti, di pensare a un futuro migliore.
    La nuova famiglia in cui ero stata accolta, nient'altro che un'illusione dorata per farmi passare per un'imbecille e manipolarmi, aiutando l'assassino di mio padre in nome della mia causa, mentendo e ferendo persone che non erano i mostri che pensavo, anzi, negli Assassini avevo ritrovato gli ideali di mio padre, mi ero sentita di nuovo a casa. La casa che ora non avrei più avuto.
    Quindi al diavolo tutto, perchè rimandare l'inevitabile?
    "Jacob, per favore, di' quello che devi. Preferisco sentire i tuoi insulti piuttosto che questo maledetto silenzio." lo dissi con rassegnazione, finalmente pronta a farmi spezzare definitivamente il cuore.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 5/10/2018, 14:49
     
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  4. Blackthorns
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    :Jacob:
    Insulti? Be', ci avevo pensato, in realtà. Avevo sviluppato una certa convinzione, circa il volerle rivolgere parole piene di rancore, nei giorni precedenti, ma adesso non me ne sentivo affatto sicuro. Nella mia testa, quella conversazione, sarebbe dovuta assomigliare più ad un monologo, un insieme di frasi senza una risposta precisa, quasi priva di un interlocutore, il tutto rivolto ad una sagoma muta ed immobile, un po' come quando lei era in coma —— ma, in realtà, avevo pensato più ad un'ombra senza alcun volto. Non ero riuscito a farmi un'idea dell'espressione che le avrei visto sul visto, del resto.
    Tuttavia, al momento, ero assolutamente a corto di insulti da rivolgerle. Non me ne veniva in mente nemmeno uno, mi resi conto, pure con un certo stupore.. insomma, avevo scoperto fosse una traditrice, mica roba da niente! Niente, zero, vuoto totale. Cazzo dicevi ad una ragazza con cui pensavi ci potesse nascere qualcosa di interessante e che, invece, guarda un po', si era infiltrata negli assassini per chissà quale motivo. Eh, che cazzo le dicevi? Jacob Frye che non sa cosa dire, incredibile!
    Riusciva a camminare, diceva lei. Certo, lo sapevo già, però mi faceva piacere, nonostante tutto, si stesse riprendendo. Cristo santo, ma perché ero così? 'Bene', pensai e fece un bel contrasto con tutti i 'come hai potuto?' che mi si stavano affollando nella mente, proprio un bel miscuglio senza senso.
    « Non sono qui per... » la voce cedette il passo, ancora una volta, al silenzio, perché — effettivamente — non avevo alcun piano, alcuna idea di come condurre quella discussione, « dannazione. » borbottai a denti stretti, prima di sedermi a terra, la schiena contro la balaustra del balcone e le gambe stese davanti a me. Perché era così difficile? Forse sarebbe effettivamente stato più semplice insultarla e basta, anche se avrebbe fatto male e non avrebbe risolto proprio niente, alla fine.
    « Voglio capire perché. Voglio sentirlo da te, non da Altair o qualcuno degli altri.. voglio sentirlo dalle tue labbra. »
    Via il dente, via il dolore. Era l'ora di avere delle risposte, anche se la verità avrebbe potuto uccidere le futili speranze che si nascondevano nel mio cuore, ancora adesso.


    Edited by Blackthorns - 6/9/2018, 21:09
     
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    :Lara:
    ​Perché?
    Un ghigno rassegnato mi increspò le labbra mentre mi sedevo anch'io, non senza difficoltà, a terra accanto a lui.
    "Perché eh? Non sai quanto mi piacerebbe saperlo..."
    Stesi le gambe davanti a me per tentare di diminuire il fastidio che mi procuravano e buttai la testa all'indietro, iniziando a osservare le stelle come a voler ritrovare un po' di ordine nella mia mente. Pur non guardandolo percepivo la sua perplessità a quella mia risposta tutt'altro che esaustiva.
    "... o meglio, pensavo di saperlo, ma ora non è più così..."
    Presi un respiro profondo e iniziai, con un po' di riluttanza, il mio racconto.
    "Mio padre morì in circostanze poco chiare quando ero poco più che adolescente. Sapevamo con certezza solo che era stato ucciso. Con la sua morte ci volle poco tempo prima che ciò che rimaneva della mia famiglia andasse allo sbaraglio. Mia madre si chiuse nel suo dolore, mentre io mi lasciai andare, buttando alle ortiche i miei sogni e le mie ambizioni, perchè tutto mi ricordava mio padre, facendomi pian piano divorare dalla rabbia e dalla tristezza. Ma poi arrivò un suo amico che ci tese, a me in particolare, una mano per rialzarci e io mi ci aggrappai con tutte le mie forze. In lui ritrovai quella figura che mi era stata strappata così improvvisamente, lui colmò il vuoto. Fu grazie a lui se riuscii a uscire da quel periodo orribile. Fu grazie a lui se ritrovai la forza di seguire i miei obiettivi, ma soprattutto mi diede i mezzi per poter soddisfare quel desiderio che pian piano si era creato e fortificato in me: la vendetta. Lui sapeva chi aveva ucciso mio padre. Mi insegnò tutto il necessario per poter ottenere la mia giustizia. Quando finalmente fui pronta mi disse chi c'era dietro la morte di mio padre. Era stato un gruppo di collezionisti di artefatti, un'associazione chiamata Trinity, e che il modo migliore per distruggerla era attaccarla dall'interno tramite dei loro affiliati... gli Assassini."
    Gli occhi mi pizzicavano tremendamente.
    Non posso piangere. Cazzo, no!
    Istintivamente portai le gambe al petto e poggiai il mento sulle ginocchia, voltando lo sguardo nella parte opposta rispetto a Jacob.
    Le lacrime erano prossime a uscire, lo sentivo. Non riuscivo più a trattenerle. Ma mai avrei permesso che lui le vedesse.
    "Per questo mi sono infiltrata fra di voi. Per semplice vendetta. Mi sono avvicinata a te perchè mi era stato detto che eri l'accesso più facile e veloce alla Confraternita. Ma quando ormai ne ero entrata a far parte sapevo già di essere fregata. Nella Confraternita ho ritrovato gli ideali che mio padre mi ha sempre trasmesso sin dall'infanzia. Mi ero affezionata a tutti... a te... non volevo più portare avanti quel piano perchè sapevo che avrei solo fatto del male a persone che non se lo meritano, che lottano per la pace e il bene delle persone. Per questo sono andata in Alaska, perchè volevo dire la verità, però è successo quel che è successo... E lo sai qual'è l'ironia della sorte? Che colui che è stato come un padre per me non è altro che un bastardo che si è approfittato della debolezza di una ragazzina, usandola contro i suoi nemici con il miraggio di avere la giustizia tanto agognata, quando in realtà è lui stesso la causa di tutto!"
    Il petto sembrava esplodermi, la gola mi bruciava. Stavo urlando? E da quanto avevo iniziato a singhiozzare?
    Patetica.
    "Jacob, non voglio il tuo perdono, perchè so che non me lo merito. Mi merito tutta la tua rabbia, delusione, tutto. Mi sono insinuata come un serpente nella tua vita sotto mentite spoglie... però almeno una cosa la devi sapere..."
    Non so dove trovai il coraggio, ma mi voltai verso di lui e incatenai il mio sguardo al suo. Dovevo sembrare una drogata per gli occhi rossi e lucidi che avevo, ma non me ne fregava niente. C'era solo lui, il suo sguardo confuso e indecifrabile, così diverso dal solito, a fissarmi, in attesa delle mie parole.
    Ne ero sicura. Era l'ultima volta che gli avrei parlato.
    "Non ho mai finto di essere un'altra persona. Mai, soprattutto con te. Quella che hai conosciuto è Lara Croft al cento percento. Le risate, le battute, il mio modo di essere e di reagire, ero io, forse come non lo ero da tempo. Ho mentito in parte solo riguardo alle ragioni per cui volevo entrare nella Confraternita. Contro ogni aspettativa, mi hai aiutata a tornare come un tempo... mi hai aiutata a ricordare come si fa a vivere senza il peso del dolore e l'ombra del rancore. Per certi versi rifarei tutto uguale. Anche se è finita così, almeno ho riaperto gli occhi sulla mia vita e ho incontrato te... quindi, grazie di tutto Jacob Frey, e scusami per tutto quello che ho fatto."
    Sentivo un senso di liberazione e leggerezza che era da anni che non provavo.
    Finalmente mi sentivo in pace con me stessa. Non c'erano più bugie, niente più maschere o sotterfugi... però il prezzo che avevo pagato era difficile da sostenere, perchè ormai anche la più piccola speranza era andata a farsi benedire.
    Avevo perso Jacob, lo sapevo.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 5/10/2018, 14:49
     
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  6. Blackthorns
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    :Jacob:
    Quel fiume di parole, inizialmente, mi spiazzò. Forse ingenuamente, non mi ero aspettato sarebbe partita dal principio, da eventi tanto lontani da oggi, strettamente personali, ma il discorso prese sempre più senso, nel suo avanzare. Avevo chiesto il perché, del resto e lei mi stava dando esattamente ciò, nella maniera più dettagliata ed esaustiva possibile. Era difficile, vedere quanto parlarne le stava costando, eppure non la fermai, lasciandola andare fino in fondo —— perché oltre che sapere, era necessario capissi. La guardai, anche se non costantemente; in alcuni punti dovetti distogliere lo sguardo da lei, per darle tregua mentre le lacrime iniziavano a premere per uscire o, addirittura, infrangevano la barriera che aveva tentato coraggiosamente di mettere su. Il suo pianto fu arduo, da sopportare, e non certo perché credessi le sue lacrime poco sincere; dovetti stringere forte i pugni per impedirmi di allungare una mano verso di lei, nel tentativo di confortarla, far smettere quel pianto. Ero, dopotutto, soltanto umano e per quanto mi sentissi di aver subito un torto, vederla in quello stato non mi era di alcun sollievo, né lo sarebbe stato in una circostanza diversa dall'attuale.
    A sentire il reale motivo che l'aveva portata negli Assassini, in tutta onestà, mi sentii un idiota, per averle riversato addosso le mie frustrazioni, per aver nutrito la convinzione di essere, automaticamente, la parte lesa, quando invece avevo appena scoperto fosse stata proprio Lara ad essere stata bellamente fregata, dall'uomo che aveva considerato un mentore, per di più! Scattai in piedi, non riuscendo a trattenermi. Mi sentivo troppo incazzato, per stare seduto —— e non con lei. Come accidenti facevo ad esserlo, adesso che sapevo di quella storia? Scossi la testa e feci qualche breve passo, per poi tornare a fronteggiarla. Mi morsi la lingua e la lasciai finire, anche perché sospettavo sarebbero uscite soltanto maledizioni, dalla mia bocca, se l'avessi aperta. Una fila bella lunga e fantasiosa, pure, perché uomini del genere, quelli che sfruttavano la sofferenza altrui per i loro scopi, mi facevano salire il sangue al cervello.
    « Lara... » mi accovacciai vicino a lei, non avendo intenzione di torreggiarle davanti, né di farla sentire costretta ad alzarsi a sua volta ( camminava, certo, ma doveva essere ancora piuttosto debole ).
    « Credevo che non avrei voluto più parlarti, dopo stasera e che nemmeno avrei dovuto. Avrei dovuto dirti addio, sai? Mi sono preparato a farlo, in questi giorni. Ci ho provato, credo. Mi sono detto; un paio di domande, solo questo, poi basta, ognuno per la sua strada e tanti saluti. Insultarti, dicevi? Pensavo avrei voluto farlo, e invece adesso scopro che ti devo ringraziare. No, non ho sbattuto la testa.. dico davvero! Nella maggior parte dei casi ho sempre avuto una visione poco elastica, di queste cose, raramente mi sono messo a pensare a come dovesse essere, per la parte opposta, "il nemico". Ti dico grazie perché mi hai ricordato che oltre al bianco e il nero c'è anche il grigio. ( . . . ) Tutto 'sto discorso per dirti che sei l'ultima persona, in questa faccenda, a meritarsi la mia rabbia. E adesso vieni qui, che non ce la faccio a vederti così. »
    Ebbene sì, allargai le braccia e mi posizionai in modo più stabile, in modo da poter sostenere il suo peso. Onestamente? Quel risvolto stava sorprendendo anche me, ed anche se qualcuno avrebbe potuto ritenere irresponsabile il mio modo di fare.. niente di più semplice, me ne sarei infischiato come al solito. Volevo parlarle ancora, e di sicuro non per infierire, farle delle domande.. intanto però di lasciarla piangere senza fare niente non se ne parlava proprio!
     
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    :Lara:
    Il mal di testa mi martellava le tempie quando finii quel discorso -forse chiamarlo addio è più corretto- in preda ai singhiozzi, al dolore e alla rabbia che finalmente stavano uscendo fuori impetuosi e senza freni.
    Ero così convinta che se ne sarebbe andato che il suo comportamento mi spiazzò.
    Non solo non aveva più intenzione di dirmi addio o di insultarmi... mi stava ringraziando?! Va bene che è sempre stato un soggetto particolare, ma ringraziarmi per averlo preso per il culo fin'ora? Non pensavo potesse capitare, dovevo essere sincera.
    Dopo la frase "Non ho sbattuto la testa... dico davvero!" non ho sentito più niente. Il tempo attorno a me sembrava essere a rallentatore; la sua voce ovattata, lontana, quasi come un eco, che continuava a dire parole di cui in quel momento non riuscivo a capire il senso.
    Mi aveva creduto, non se ne sarebbe andato.
    Smise di parlare e allargò le braccia.
    In un primo momento lo guardai spaesata per poi buttarmi a capo fitto in quell'abbraccio che per me era come ossigeno dopo un lungo periodo di apnea.
    Era un nuovo inizio. L'inizio della rinascita.
    Il momento in cui i cocci della mia vita, invece che frantumarsi ancora e deteriorarsi fino a diventare polvere, cominciavano a rimettersi a posto, pezzo dopo pezzo, con lentezza e costanza.
    La speranza di diventare davvero un'Assassina, di essere accettata in una nuova famiglia, di seguire davvero i miei ideali non era stata solo una stupida illusione.
    Avrei potuto finalmente rendere giustizia, vera giustizia, a mio padre e farla pagare a chi mi aveva ingannato e usato per anni con vili bugie.
    E in tutto ciò avrei avuto la Confraternita accanto, Jacob soprattutto...
    Pian piano la lucidità stava tornando e iniziavo a comprendere cosa avesse detto prima. Nelle sue parole, oltre al fatto che gli avevo dato un nuovo modo di vedere le cose, percepivo rabbia, molta rabbia.
    Sciolsi quell'abbraccio durato non so quanto e mi asciugai gli occhi. Sorrisi.
    "Penso che era da quando è morto mio padre che non piangevo." gli dissi guardandolo negli occhi.
    Sin da tempo immemore il pianto è sempre stato associato -oltre che all'esternazione di sentimenti- alla nascita, alla vita. Quando morì mio padre per certi versi una parte di me morì con lui. Con oggi, con queste lacrime di disperazione, sono finalmente rinata.
    "Grazie Jacob."


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 5/10/2018, 14:49
     
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  8. Blackthorns
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    :Jacob:
    Ero più bravo, in quello; il contatto fisico era un campo a me decisamente più familiare, rispetto a quello delle parole, che spesso e volentieri non mi consentiva di esprimermi nel modo giusto, o come volevo veramente. Quello, invece, dalla mano che le stava accarezzando, piano, rassicurante, la schiena, al calore corporeo che le stavo passando, era ciò che di più spontaneo ci potessere essere, un'azione istintiva di cui non avevo affatto intenzione di pentirmi, nonostante tutto, nonostante i mesi di incertezze e rancori. Forse non ci stavo pensando abbastanza, mi si sarebbe potuta muovere una simile accusa, eppure — saggiamente o meno, al momento proprio non mi interessava — le credevo, avevo deciso di crederle nel momento in cui mi aveva parlato con il cuore in mano e il viso rigato di lacrime. Mi aveva mentito, lo aveva fatto con tutti noi, eppure sapevo già che avrei fatto del mio meglio per appoggiarla, nel caso avesse voluto rimanere con noi, con gli Assassini, che poi.. mi era appena tornato in mente qualcosa di piuttosto importante, a riguardo, adesso che menzionava suo padre. Sciolsi la presa quel tanto che bastava a guardarla, rimanendole però piuttosto vicino.
    « Tuo padre... Croft. » borbottai, dovendole per forza sembrare un po' scemo. « Ma certo! » la voce uscì con molta più forza, questa volta, anche eccessivamente, magari. Ero stato davvero stupido, del resto, a non pensarci prima!
    Sembrava assurdo, una storia uscita direttamente da un romanzo, eppure non potevo sbagliarmi, dopo ciò che mi aveva detto e, quindi, un sorriso ampio si fece strada sulle mie labbra, scacciando tutte le ombre. Suo padre era stato un assassino e ora anche lei ci aveva trovati, sebbene per vie un po'.. problematiche.
    « Ho conosciuto un assassino anni fa e—— uhh, aspetta. Richard Croft.. si chiamava così tuo padre? ( . . . ) Posso raccontarti di lui, se vuoi, ma adesso torniamo dentro, magari. Tieniti a me. »
    E detto ciò, con qualche manovra non troppo complessa, riuscii a sollevarla tra le braccia e trasportarla fino al letto. Oh, be', non che ce ne fosse stato strettamente bisogno, ma era ancora convalescente, aveva tutto il diritto di essere viziata!
    Mi allontai piuttosto in fretta, ad ogni modo abbastanza certo di non volerle sembrare invadente e buttai lì un colpo di tosse, in attesa di sentirla rispondere, rimanendomene in piedi, vicino al letto, con tutta l'aria di chi è un po' in imbarazzo —— o meglio di chi compie determinate azioni senza riflettere e poi si rende conto dopo del proprio operato.
     
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    :Lara:
    Non sapevo esattamente come definire quello che era accaduto in quegli ultimi istanti, sapevo solo che mi aveva sconvolto e confuso allo stesso tempo.
    Prima afferma di aver conosciuto mio padre, poi, non dandomi nemmeno il tempo di metabolizzare quanto aveva appena detto, mi ritrovo sollevata fra le sue braccia e poi sul letto in forte imbarazzo, tutto in meno di un minuto.
    Lo guardai ed era in difficoltà pure lui. Ormai era da un po' che lo conoscevo e, come ovvio che fosse, stavo imparando a riconoscere e interpretare i suoi atteggiamenti e le sue reazioni... in quel momento aveva la faccia di chi aveva agito senza pensare e che solo in quel momento iniziava a rendersi conto di quello che aveva fatto.
    Quel suo modo di fare era tremendamente carino e tenero ai miei occhi.
    Tutto ciò che faceva non era ragionato, lo faceva per istinto. Ecco perchè mi piaceva.
    Era genuino, non si nascondeva dietro maschere e bugie ben ponderate, non raccontava mezze verità. Era spontaneo, veramente sincero in tutto ciò che faceva e diceva. Per me, sempre soffocata e sopraffatta da menzogne, strategie e sotterfugi, lui era quella ventata di aria fresca che mi era sempre mancata.
    "Ehm... allora? Tu davvero hai conosciuto mio padre?" suonò così strano fare quella domanda. All'apparenza io e Jacob sembravamo essere coetanei, ma lui aveva almeno un secolo e mezzo più di me. Ciò che rendeva ancora più strana quella situazione era il fatto che lui aveva conosciuto mio padre quando io ero piccola o forse anche prima, chissà.
    Il destino si diverte proprio male.
    "Si. Però sai una cosa? Non sarò io a parlarti di lui... sarà lui a farlo. Torno subito." così disse prima di scomparire velocemente oltre la porta lasciandomi ancora più basita di prima, per poi ricomparire pochi minuti dopo leggermente affannato con qualcosa in mano.
    "Si può sapere che ti prende?" chiesi divertita e sempre più confusa dal suo atteggiamento.
    "Mi sono ricordato che Richard mi diede una cosa per te. Tieni."
    Lo riconobbi subito. Quello che alla prima occhiata sembrava un vecchio diario rilegato in pelle, leggermente consunto agli angoli, ma comunque in perfette condizioni, non era altro che il diario su cui mio padre scriveva sempre quando si isolava nel suo studio. Poteva scriverci per qualche minuto o persino per ore senza fermarsi un attimo. Tante volte da piccola volevo vedere cosa c'era scritto di così importante, ed ora me lo ritrovavo davanti, a portata di mano, lasciato a Jacob apposta per me.
    Lo presi titubante, le mani che tremavano leggermente per l'emozione, e lo aprii con delicatezza, per paura di danneggiarlo.
    Iniziai a leggere la prima pagina, datata molti anni prima della mia nascita, quando vidi Jacob allontanarsi.
    "Dove vai?"
    "Ti lascio leggere in pace."
    "Resta... per favore."
    Il tono con cui parlai mi sembrò quello di una bambina quando non vuole rimanere da sola.
    Non volevo rimanere da sola. Avevo paura di quello che avrei letto e scoperto. Avevo bisogno di qualcuno.
    Avevo bisogno di lui.


    Edited by SliteMoon - 16/10/2018, 12:02
     
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    :Jacob:
    Rimasi seduta sul letto accanto a lei quando per tutto il tempo la vidi assorta sfogliare il prezioso diario che teneva tra le mani. Avrei voluto andarmene, per non sembrarle invadente, ma fu lei stessa a chiedermi di restare quasi come se non fosse certa che ciò che avrebbe letto le avrebbe dato la forza necessaria per assorbire tutte quelle informazioni.
    Vedevo sul suo viso tante emozioni diverse disegnarsi e cercai di indovinare cosa esattamente stesse leggendo. Conoscevo assai bene la storia di Richard, un uomo che mi era stato simpatico fin dalla prima volta che l'avevo visto e non solo perchè era inglese! (ndr. a detta di Kenway avevo una rapporto preferenziale con gli inglesi a differenza di tutti gli altri "anglosassoni impuri", ma quello era solo un punto di vista del mio caro "cognatino").
    Richard era giunto a noi quando sua moglie era incinta, immagino a questo punto di Lara, ci aveva raccontato di come per anni aveva lavorato per un'organizzazione che si chiamava Trinity e di come lo avessero ingannato. Se non fosse stato per Richard forse non avremmo mai saputo di loro... ma tornando alla storia ricordavo che era un uomo disperato, uno che aveva messo il suo sapere e le sue conoscenze a disposizione di un gruppo che credeva di interessati a preservare la storia e le sue meraviglie e non distruggerle, ancor più per usarle per far del male a chi era diverso. La goccia che aveva fatto traboccare il vaso fu quando alla Trinity conobbe una loro prigioniera, trattava da animale più che da essere umano solo perchè "speciale". Doveva "studiare" la sua cultura ed il popolo da cui veniva, i Discendenti, e finì per innamorarsene. La liberò e fuggirono desiderosi di crearsi una vita lontano da tutti e tutto, ma ovunque andavano la Trinity li trovava. Quando ci raccontò quella storia era un uomo impaurito che voleva solo proteggere la sua famiglia, giurando che neppure tutto l'oro del mondo e i suoi ricchi possedimenti gli concedevano riuscirci. Aveva chiesto aiuto agli Assassini e noi glielo avevamo dato permettendo a loro anni tutto sommato lieti e felici nel loro Croft Manor, anche se in realtà Richard lavorava attivamente con noi ben lieto di farlo con una Confraternita di cui condivideva ideali e pensieri. Che per anni aveva studiato credendo solo una leggenda. Avevamo fatto il possibile, ma alla fine la Trinity li trovò e l'epilogo lo conoscevamo tutti... Tutti tranne Lara che ora si ritrovava, inconsapevolmente, a percorre i passi di suo padre al contrario.
    "Richard mi ripeteva sempre che se gli fosse successo qualcosa sarei dovuto correre da sua figlia e proteggerla... fu terribile quando non ci riuscì... sapevo che non avrei saputo approcciarmi con lei, che probabilmente Altair mi avrebbe urlato da qui all'eternità per aver portato una bambina a Nanda Parbat, ma lo avrei fatto se non fossi arrivato tardi..." dissi tutto ciò solo perchè l'avevo vista fermarsi nella lettura, nell'ultima pagina scritta di suo padre prima che il diario proseguisse con solo pagine bianche.
    Mai avrei immaginato che quella bambina sarebbe finita nelle mani dell'uomo che aveva ucciso suo padre, che l'avrebbe cresciuta come tale e l'avrebbe usata come cavallo di Troia verso di noi. Mai avrei immaginato che quella bambina fosse lei. Lara.
    Fu infatti quando lei voltò il capo a guardarmi che non ce la feci ad affrontare il suo viso rigato di lacrime e prendendoglielo tra le mani, mandando a fanculo pensieri e convenzioni, la baciai. Poteva essere la cosa più sbagliata da fare, la più perversa o bizzarra. Forse lei mi avrebbe piantato un pugno in mezzo i denti, ma non me ne importò. Come sempre seguì solo il mio istinto, quello che per anni mi aveva fatto rimuginare sul mio fallimento e che adesso esplodeva in maniera incontrollata lasciando che le schegge impazzite dei sentimenti che provavo per lei andassero ovunque, forse ferendoci a morte... forse lacerandoci l'anima o forse semplicemente facendo sì che la strada che per noi anni fa era stata disegnata finalmente ci facesse incontrare. Forse, e dico forse, niente era successo per caso ed io dovevo perderla solo per ritrovarla.
     
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    :Lara:
    Dopo il bacio con Jacob era arrivato molto altro, era arrivata la mia necessità di aggrapparmi a lui, agli Assassini e fare i conti con il mio passato. Non fu facile avanzare pretese dopo quello che avevo fatto, ma per l'ennesima volta gli Assassini si mostrarono un gruppo di uomini e donne comprensivi oltre che fedeli. Altair dopo aver saputo che ero la figlia di Richard ed aver raccolto la mia deposizione, anche grazie all'intervento di Claudia, mi permise partire con quest'ultima.
    Fu lei stessa a raccontarmi di mia madre, dopo aver saputo chi fosse, e a convincermi a seguirla. Aveva preso la decisione di continuare ad essere un'Assassina, ma di voler anche essere una guida per i Discendenti, lei sarebbe stata il tramite tra due ordini che avrebbero potuto essere alleati e così la seguì, ma non fui l'unica. La nostra partenza per la Russia fu seguita da quella di Arno, deciso a costruire la sua vita accanto a Claudia e da Jacob che non voleva lasciarmi sola in quella scoperta del mio passato.
    La Valle Geotermica era un luogo nascosto nella Russia più profonda e siberiana dove il freddo ci congelava il sangue nelle vene, ma anche dove i Discendenti avevano trovato il loro rifugio. Sofia immediatamente si mostrò restia nei miei confronti, almeno fin quando non seppe chi fossi. Ero affascinata da quel popolo, da quello che avevo scoperto essere in parte anche il mio.
    Non sapevo quanto tempo avrei passato lì, ma sapevo sarebbe stato tutto il necessario per capire le mie origini e potevo farlo solo ripercorrendo, attraverso il diario, i passi di mio padre. Capire che i Discendenti non erano altro che persone che avevano deciso di vivere secondo la natura, vivendo di caccia e agricoltura allo stato primitivo, ma custodendo comunque importantissimi segreti. Meno capaci degli Assassini nella lotta basavano la loro sopravvivenza sulle loro capacità che altro non era che uno sviluppo totale della mente. Non dubitavo che mio padre ne poteva essere rimasto affascinato anche perchè scoprì che mia madre era una donna fine, colta ed intelligente nonostante un modo di vivere che poteva apparire selvaggio.
    Claudia si era fatta maestra di tali abilità certa che le possedessi anche io e così aiutandomi a svilupparle. Non si trattava di "poteri", ma solo una predisposizione genetica a capacità come possedere una memoria perfetta che mi avrebbe permesso di ricordare qualsiasi cosa avrei visto o sentito, elaborare dati molto più velocemente di qualsiasi super computer ed utilizzare quest'abilità informatica per analizzare e catalogare qualsiasi cosa. La mia mente divenne quasi computerezzata e grazie agli insegnamenti di Claudia imparai a gestire questa facoltà oltre che sviluppare una speciale abilità telepatica che mi permetteva di collegarsi a chiunque e fare il download di tutti i suoi pensieri, ricordi ed esperienze. Era stata proprio questa capacità di mia madre, perchè ogni Discendente ne aveva una speciale che li distingueva dagli altri, che aveva attirato l'attenzione della Trinity e motivo per cui l'avevano rapita e studiata. Volevano da lei il segreto dei Talismani, uno dei tanti custoditi dai Discendenti. A detta di Sofia i Talismani sono le "chiavi" per accedere alla Sorgente Divina, un luogo che ha il potere di esaudire qualsiasi desiderio, perfino riscrivere la storia o il destino di una persona o l'universo interno.
    Mia madre aveva sofferto moltissimo e mio padre allora aveva capito che la Trinity non era l'organizzazione che credeva, l'aveva salvata e protetta.
    Erano tante, troppe informazioni da assorbire tutte insieme anche perchè molte mi apparivano quasi assurde, leggendarie, ma fu quando un giorno Claudia mi portò in un luogo nascosto nelle montagne che rimasi esterrefatta.
    A suo dire voleva aspettare che fossi pronta prima di vederlo, un planetario costruito da mio padre e lasciato lì per me.
    Conoscevo troppo bene mio padre e sapevo che non poteva essere fine a sè stesso e fu così che studiandolo che capì che nascondeva un interessante meccanismo che rivelava un affascinante enigma basato sulla coordinazione. L’obiettivo era riorganizzare alcuni dei componenti dell’elaborato marchingegno per raggiungere la cima.
    A detta di Claudia e Sofia, mai nessuno di loro aveva capito come farlo funzionare, ma perchè nessuno di loro conosceva la mente di mio padre. Lui aveva fatto un errore volontario sulle orbite di Plutone, Urano e Nettuno, un errore che tuttavia non pare rivelare nulla di utile... fino a quel momento. Dovevo sforzarmi di capire cosa mio padre volesse dirmi.
    Anche Jacob e Arno, tuttavia, nel nostro soggiorno lì scoprirono cose interessanti come ad esempio che il padre di Sofia (Jacob) era un uomo pacifico ma determinato che ha sempre messo la salvaguardia del suo popolo prima di ogni cosa. Lui era il Profeta Immortale di Costantinopoli e i due Assassini ricordarono che Altair una volta parlò loro di qualcuno del genere, un alleato del suo passato. Scoprirono anche da Sofia che suo padre ha sempre protetto i Talismani che un tempo erano custoditi dalle figlie della Sorgente:
    -Cloto, nome che in greco antico significa "io filo", che appunto filava lo stame della vita;
    -Lachesi, che significa "destino", che lo avvolgeva sul fuso e stabiliva quanto del filo spettasse a ogni uomo;
    -Atropo, che significa "inflessibile", che, con lucide cesoie, lo recideva, inesorabile.
    Tuttavia quando i loro cuori vennero invasi dall'oscurità della Regina del Caos i Talismani per evitare di cadere in mano sua scomparvero in cerca di nuovi custodi. Le Moire divennero così le Erinni. Fu una notizia sconvolgente per tutti perchè si trattava di qualcuno che conoscevamo molto bene, tuttavia mi chiesi: se era da così tanto che non si avevano loro notizie, come si poteva custodire qualcosa che non si sapeva nemmeno dove fosse?
    Fu allora, uno dei tanti dì che stavo studiando il segreto del planetario che Sofia mi raccontò che solo mia madre conosceva i nuovi custodi e forse i loro nomi erano lì in quell'enigma lasciato per me... dovevo solo svelarlo...


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 14/11/2018, 18:12
     
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