Present Day #2018: Great Inagua

Season 3

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    :Edward:
    Il profilo della costa si distingueva più chiaramente, ora che mancava poco alle manovre di attracco.
    Cercavo di non lasciare posto a sentimenti di nostalgia e di desiderio. Provavo ad occupare la mia testa con pensieri meno pericolosi, ma in queste settimane maledette non ero ancora riuscito a trovare il rifugio adatto per nascondermi da certi colpi bassi, da certi ricordi infidi.
    A dirla tutta, non ero mai riuscito a scovarlo, questo luogo, né in questi momenti, né in altri periodi del mio passato, quando forse il bisogno di averlo sottomano era maggiore.
    I miei pensieri sapevano essere più rognosi e maledetti del sottoscritto, dovevo accettarlo e basta.
    (...)
    Nike era partita.
    Nike se ne era andata.
    L'avevo persa un'ennesima volta.
    Certo, mi aveva assicurato che la nostra separazione sarebbe stata solo una breve parentesi nella nostra storia, che sulla Terra dove mi stava abbandonando il tempo sarebbe trascorso più velocemente, che sarebbe tornata da me ad ogni costo.
    Rispetto a quando avevo dovuto farmi piacere il periodo in cui era solo un'Assassina, dove potevo solo seguirla da lontano, non osando avvicinarmi ad una persona che mi considerava un perfetto estraneo, adesso la situazione era rose e fiori.
    Già.
    Ma ora, quale era la cosa che più bruciava? Quale era il pensiero che mi tormentava la notte, e che mi aveva portato ai confini del mondo, nel solo tentativo di sfuggirgli?
    Il sapere che era stata una sua scelta, cazzo!
    Quando avevo accettato di condividere la vita insieme a lei, dichiarando il nostro volere attraverso il matrimonio gioviano, mi ero aspettato sicuramente qualcosa di diverso da parte sua.
    I nostri ruoli, il nostro impegno ed il nostro retaggio ci avevano spesso diviso ma ora che eravamo uniti davanti a non so quale dio alieno, no... non riuscivo ad accettare quello che consideravo un suo tradimento.
    Proprio per il legame che avevamo stretto, sapevo che lei percepiva il mio stato d'animo. Che sentiva la mia rabbia bruciante, il mio dolore... e niente, nulla di tutto questo l'aveva convinta a tornare sui suoi passi.
    Giorni passati in sua attesa, sentendomi come un cane davanti all'uscio della casa del suo padrone, in attesa che questo ritorni a casa.
    Giorni passati così, a Nanda Parbat, dove incrociare lo sguardo degli altri mi faceva stare ancora peggio. Ero arrivato ad odiarmi.
    Non avevo resistito oltre.
    Partii senza avvisare nessuno. Non volevo la comprensione e nemmeno il biasimo di nessuno dei miei compagni, di quelli che rappresentano la mia vera famiglia.
    Accarezzai seriamente l'intenzione di darmi nuovamente alla pirateria; quella odierna non aveva certo molto da spartire con quella eroica di Tatch e Kidd, ma poteva essermi utile comunque per fare quello che volevo, ovvero scaricare la mia rabbia in azioni rischiose e sanguinose, pur di sgombrare il cervello dai pensieri velenosi.
    Mi era sempre piaciuta l'idea di vedere sorgere l'alba dalla tolda della Jackdaw senza sapere per certo se avrei visto il tramonto, senza sapere quanti non lo avrebbero visto per mano mia, senza avere la certezza di tornare con tutti i pezzi e le ossa a posto.
    Lo avrei fatto di nuovo se ora un valore superiore non avesse preso il posto del buco che avevo nell'anima quando ero solo un pirata e non anche un Assassino.
    Non potevo tornare a simili azioni dissolute solo per punire Nike, no.
    Ero un Assassino, perdio. Il rancore che covavo non sarebbe arrivato a rovinarmi fino a questo punto, non mi avrebbe tolto la dignità che avevo conquistato e difeso a caro prezzo.
    Ma il potere curativo della solitudine in mezzo al mare aperto, quello sì, quello me lo sarei preso.
    Le settimane da vagabondo divennero mesi, con i giorni scanditi dal movimento del sole e delle stelle. Sotto il loro sguardo, l'unica anima, anche se tormentata, era la mia.
    (...)
    Great Inagua mi aspettava come sempre, ammiccante come un'amante.
    Avevo bisogno di nuove scorte e di acqua dolce. Il tempo di fare rifornimento e avrei ripreso subito il largo.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 5/1/2019, 12:33
     
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    Nuda in fronte alla grande finestra dell'appartamento che condividevo con Skye e Persephone osservavo con sguardo attento la vita frenetica di quel pianeta. Un luogo che sempre era stato considerato proibito per tutti noi abitanti del Sistema Solare ed ora ne capivo il motivo. I terrestri mancavano di eleganza, di forza e sopratutto erano un popolo violento. Ero sconvolta dal livello di criminalità che c'era, pari solo a quella che per anni nelle Colonie avevamo avuto, ma solo per la mancanza di un potere centrale che aveva portato mercanti, mercenari e pirati ad invaderci. Eppure perfino loro sembravano aver più etica di quei gli esseri così inferiori.
    Ero ancora completamente assorta in questi pensieri quando le braccia caldi e forti di Skye mi abbracciarono da dietro. Per me la nudità era una cosa normale, essere sirena influiva in quello e così non era raro che quando fossimo sole mi concedessi di sentirmi totalmente e completamente libera.
    "Lo so, questo pianeta disgusta anche me..." mi sussurrò all'orecchio prima di spostarmi i capelli dal collo e posarmi un bacio su di esso.
    "Spero solo che troviamo i talismani quanto prima, così potremo tornare a casa... mormorai pensierosa. Non mi era piaciuto lasciare la mia famiglia in un momento tanto delicato seppur l'attuale tregua con l'Impero Galattico Lunare mi aveva tranquillizzato. Mia cugina Selene ci aveva accusati di usurpatori, ma semplicemente avevamo fatto quello che lei si era rifiutata di fare scappando.
    "Ho paura che l'Imperatrice e le Guerriere abbiamo passato troppo tempo su questo pianeta... sono state contaminate dalla debolezza di questo popolo... dissi risoluta.
    Aveva avuto coraggio di tornare dopo millenni e pretendere che solo perchè aveva "sistemato" i pianeti distrutti ed aveva cacciato gli sciacalli, questo le dava il diritto di tornare a spadroneggiare come se niente fosse. Era presuntuosa. Non aveva tenuto conto che in tutti quei millenni eravamo stati abbandonati, senza una guida e i miei genitori si erano presi l'onere e l'onore di guidare i sopravvissuti, di proteggerli dagli sciacalli e nel limite del possibile tenere tutti al sicuro e limitare i danni e sì questo aveva anche voluto dire allearsi con Hades che per quanto meschino aveva contribuito nella protezione del Sistema Esterno.
    "Ho sempre voluto bene a Selene. Mi sono sentita sempre simile a lei, capita ed apprezzata... per questo quando credetti che era morta soffrì. Saperla viva mi ha dato gioia, ma non è più la donna che conoscevo...
    Skye sembrò percepire il mio dolore ed accarezzandomi le braccia mi fece voltare verso di lei prendendomi il viso tra le mani.
    "Amore mio so quanto questo ti faccia soffrire, ma... dobbiamo concentrarci sul presente e sulla missione..."
    "Lo so" mormorai risoluta.
    "E' ora che le Guerriere si sveglino dal loro torpore..." e quello era il segno che io e Skye dovevamo entrare in azione.
    Sapevamo che Persephone ci aveva chiesto di attenerci al piano, agire alle spalle delle Guerriere, non far sapere loro (per ora) della nostra presenza, ma io e Skye credevamo che dovessero. Che almeno meritassero una chance per mostrare che meritavano ancora quel titolo ecco perchè avevamo sviluppato un piano.
    Io e Skye ci dividemmo e mentre lei si occupò del neo marito di Aphrodite io mi gettai nelle acque gelide di Toronto ed immediatamente assumendo la mia amata forma di sirena che mi permise di nuotare velocissima ed arrivare in pochissimo tempo nei Caraibi. Lì avevo un pirata da scovare e la cosa mi fece assai sorridere. Avevo letto di molte storie terrestri legate al mito delle sirene ed al loro legame con i pirati e l'avevo trovate assai suggestive. Certo io ero una sirena anomala, una che doveva celare la sua sessualità per non venir condannata a morte per alto tradimento, ma ciò non voleva dire che non amassi giocare con la mia capacità di ammaliare gli uomini, semplicemente perchè di qualsiasi razza fosse avevano sempre un comune denominatore: erano deboli.
    Sorridente dunque erano seduta sul ponte della nave, ero salita dall'acqua quando avevo visto lui scendere. Avevo lasciato che il sole mi asciugasse, così da "perdere" la coda e così completamente nuda camminai fino a quello che fu facile capire fosse la sua cabina ed aspettai... non ci volle molto...
    "Ehilà Capitano... mormorai sensuale non prima che allungando un braccio verso di lui quello divenne d'acqua che corse fino al suo collo stringendolo sempre più "Ho sentito dire che sirene e pirati non vanno d'accordo... qualcosa mi dice che è proprio vero..." sussurrai maliziosa, prima di stringere maggiormente la presa.
     
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    :Aphrodite:
    Mi svegliai di soprassalto. Qualcosa aveva disturbato il mio sonno, anche se non riuscii a capire subito cosa fosse stato, di preciso, a turbarmi così tanto. Forse l'incubo in cui mi dibattevo impotente, che era solo l'eco delle preoccupazioni che mi assillavano? La mia pelle era ghiacciata, a contatto con la seta leggera della camicia da notte.
    La stanza era affondata nell'oscurità, nell'ora più buia della notte, quando anche i sogni acquistavano una consistenza quasi solida, reale.
    Disorientata, allungai le mani verso mio marito, per cercare il calore del suo corpo, e finalmente capii l'origine della mia inquietudine: l'altra metà del letto era vuota. Le lenzuola avevano perso il suo tepore, e il profumo del suo corpo era smorzato.
    Avevo avvertito la sua assenza, e tale mancanza si era insinuata nei miei sogni, scombinandoli come un mazzo di carte in mano ad un prestigiatore maldestro.
    Accesi la luce, cercando nel contempo di calmare l'ansia che mi stava già stringendo la gola.
    Nelle ultime settimane si erano verificati strani episodi, che nessuno ormai attribuiva più al caso fortuito: diversi incidenti che si erano verificati durante gli allenamenti di combattimento, durante missioni di secondaria importanza, o di viaggi segreti.
    In tutti questi incidenti, Altair era rimasto coinvolto e ferito, per fortuna mai in maniera troppo grave.
    Il peggio lo aveva evitato grazie alla sua prontezza di riflessi e alla sua esperienza, ma senza i suoi doni, un uomo di media agilità avrebbe potuto rimanere ferito in maniera più grave, e forse perdere la vita.
    Avevamo capito, io e mio marito, che non erano incidenti quando la loro frequenza era aumentata, e dopo varie congetture non eravamo ancora riusciti a concludere a chi dovesse imputarsi l'operato.
    Ai nostri ormai eterni avversari, i Templari? O peggio ancora, ad una parte di Assassini ribelli, che mai si erano rassegnati al ritorno di Altair come Mentore, dopo il suo allontanamento dopo la Guerra del Cristallo? Le ipotesi , fino a questo momento, in cui mi ero risvegliata sola nel nostro talamo, non avevano ancora trovato conferma.
    Indossai la vestaglia mentre uscivo dalla nostra camera, a piedi nudi. Non avevo pensato neppure per un attimo che il mio amato si fosse alzato per un motivo banale. Ero convinta che la motivazione fosse molto più grave.
    Attraversai velocemente i corridoi di Nanda Parbat, incontrando solo alcuni Assassini di guardia che purtroppo non seppero aiutarmi in alcuna maniera: non vedevano Altair da diverse ore.
    Stavo quasi perdendo il controllo delle mie emozioni quando passai davanti alla Sala delle Cerimonie, quella dove venivano celebrati i passaggi di rango all'interno della Confraternita: un debole rumore mi insospettì, ed entrai cauta.
    Sulle prime, la penombra rimase piatta, ferma, ma si animò subito dopo.
    La scena che si presentò ai miei occhi assomigliò troppo all'incubo con cui avevo appena finito di combattere: una donna incombeva sul corpo immobile di Altair.
     
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    :Altair:
    Quei giorni ero nervoso. Molto nervoso. Più di quanto fossi abitutalmente allenato a nascondere. Da una parte avevo d'affrontare il risveglio di Bayerk, che accondiscendente e confuso si stava lasciando guidare da Ares a cui fui eternamente grato per essersi voluta fermare per aiutarmi con quella faccenda e dall'altra l'avviso del ritorno imminente di Ezio con il quale avrei dovuto affrontare il tema "Assassino Originale" ed il fatto di aver usato il Pozzo di Lazzaro per riportare in vita un morto quando, dopo Nike, avevamo promesso di non farlo mai più.
    Ero stato un bravo Mentore? Direi di no. Negli ultimo secolo la menzogna, l'agire le spalle ed il prendere decisioni in modo un poco troppo dittatoriale mi avevano ben allontanato da quello che credevo fosse il mio ruolo e per questo desideravo fare un passo indietro. Volevo che tornassimo alle origini a chi avrebbe saputo rimetterci sulla retta vita, ridarci l'entusiasmo degli inizii e cosa più importante ricordarci CHI eravamo. Tra gli altri argomenti spinosi c'era Shay ed il fatto che gli avevo concesso una seconda possibilità come Assassino dopo che aveva recuperato Bayek. Quella era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso molti Assassini bisbigliavano e quando passavo nei corridoi smettevano improvvisamente lanciandomi sguardi d'odio ed anche Ares aveva dovuto confrontarsi con quella realtà che, a detta di Aphrodite, l'aveva devastata, ma non avrebbe potuto evitare in eterno.
    Tutte queste questioni dunque non mi fecero sorprendere di essere costantemente attaccato tanto che avevo tranquillizzato mia moglie sul fatto che me la sarei saputa cavare, ma la sua ansia e paura era la mia e questo da una parte mi mise in difficoltà perchè non mi rese reattivo come avrei voluto nello scontro con quella che, scoprì con somma sorpresa, non essere un'Assassina, ma bensì un'estranea di cui non avevo la minima idea che però, visti i suoi poteri, mi fece comprendere immediatamente essere un'aliena.
    Non parlò molto, semplicemente mi attaccò frontalmente non prima di essersi complimentata su come, a suo dire, ero sopravvissuto miracolosamente fino a quel momento. A suo dire ero troppo terrestre per essere in grado di certe cose, ma dopo questo non aveva perso tempo in indugi e mi aveva attaccato costringendomi ad attingere a tutte le mie abilità per tenerle testa, ma non fu abbastanza, perchè perdetti inevitabilmente i sensi a fronte di un colpo che partì dal suo pugno e scaricato a terra causò una scarica d'energia che mi attraverso il corpo come un fortissimo teaser che dopo un dolore lacerante mi fece inevitabilmente svenire.


    Osservai il corpo privo di sensi dell'Assassino mentre dal mio corpo fuoriusciva la mia spada, fida compagna che si materializzava ogni volta che ne avevo bisogno perchè parte di me. Mi preparai a colpire, a trafiggere il suo dorso e finalmente togliere uno dei tanti disturbi che stavano distraendo fin troppo le Guerriere se non fosse stato che, al momento di agire, la mia mano venne bloccata da una catena di luce che riconobbi come quella di Aphrodite che prima si attorcigliò sul mio polso e poi mi scagliò lontana, contro la parete.
    La botta fu dolorosa, ma rialzandomi in piedi con non molta fatica non aspettai certo che lei potesse prendermi nuovamente alle spalle e così appena la vidi fiondarsi verso l'uomo a terra, per accertarsene le condizioni, io manipolai la struttura chimica dell'ossigeno presente nella stanza per trasformalo in anidrite carbonica.
    Lei sarebbe sopravvissuta senza problemi, come me, ma il terrestre no e per questo mi preoccupai di bloccarle l'unica via di fuga.
    "Perchè lo fai mh? Togliti immediatamente di mezzo, non costringermi ad attaccarti, di nuovo!"
    "Mi conosci Aphrodite, sono un uraniana ed ho un'avversione naturale per gli uomini, ma a parte questo sono anche una Guerriera qualcosa che tu e le tue compagne sembrate aver dimenticato e siccome l'Imperatrice pare troppo debole per rimettervi in riga siamo venute noi a farlo!"
    Inutile dire che la venusiana di fronte a digrignò i denti e spegnendo tutte le luci della sala, perchè ne assorbì la stessa, me la scagliò contro. Inutile dire che a quella vicinanza avrebbe potuto farmi molto male, ma io creai un campo di forza che a mo di scudo bloccò la sua energia.
    "Mentre tu e le tue compagne eravate qui a perdere tempo... io e le altre abbiamo fatto anche il vostro lavoro!"
    "Siete le Guerriere del Sistema Esterno, difendere i confini è sempre stato vostro dovere!" mi rispose lei sprezzante, con quella boria che avevo sempre odiato di lei.
    "Ci avete sempre trattato come Guerriere di Serie B..." dissi a denti stretti, che ero una testa calda di sapeva ed infatti presi il tavolo al mio fianco e non importava che era di legno massiccio la manipolazione dei campi elettromagnetici mi permetteva di effettuare sforzi sovrumani ed infatti glielo tirai addosso costringendola a terra indebolita ed indolenzita.
    "E adesso chiudiamo questa storia!" biascicai frustrata prima di recuperare la mia spada a terra e colpire Altair se non fosse che improvvisamente tutto intorno a noi scomparve. Eravamo su una spiaggia, il sole caldo e l'aria pulita. Aphrodite gattonò verso il marito e sospirò nel vederlo tossire e lentamente riprendere fiato, mentre io furente sapevo già a chi attribuire tutto questo, mentre anche Calypso comparve al mio fianco. Il pirata si teneva la gola inginocchiato a terra e Nike al suo fianco guardava in cagnesco la mia amata che da come la scrutava doveva averla interrotta prima che concludesse ciò che doveva. Si guardava la mano bruciacchiata chiaro segno che fosse stata colpita e si sa elettricità ed acqua non vanno d'accordo.
    L'acqua l'avvolse e come me indosso le comparvero le vesti regali, non solo del pianeta e casata che rappresentava, ma di Guerriera.
    "Puoi uscire allo scoperto P e magari dirci perchè diavolo ci ha fermate!"
     
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    :Persephone:
    Skye aveva il vizio di chiamarmi in quella maniera a metà tra l'infantile e il rude. Non mi piaceva, ma anche questa volta avrei lasciato stare la questione.
    Apparii davanti ai loro occhi dal nulla: ero appena arrivata, o ero già lì? Domanda irrilevante, dato che non esisteva alcuna differenza, grazie ai miei poteri.
    La brezza mi scompigliò i capelli sciolti, e sentii la sabbia scricchiolare sotto i miei stivali. Le mie visite sulla Terra non erano state così numerose come quelle di mio fratello Pluto eppure, tutte le volte questo mondo mi colpiva in una maniera particolare . Era proibito per tutti noi, ma il divieto non ci aveva mai impedito di ritornarci in ogni caso, come attirati da qualche oscuro richiamo.
    Skye e Calypso non mostrarono alcuna sorpresa, sapevo che riuscivano ad avvertire la mia presenza incorporea immediatamente.
    Le altre due Guerriere, invece, rimasero immobili, a studiarmi. Oh, ci conoscevamo tutte, ma erano passati molti millenni, dall'ultimo nostro incontro. Inoltre, loro ci credevano morte, non sopravvissute alla distruzione di Caos. Dovevano ancora abituarsi all'idea, forse.
    Degli esseri umani che erano diventati il bersaglio delle mie alleate non mi curai molto, e loro, notai di sfuggita, avevano qualcosa di più importante da fare: cercare di rimanere vivi, per esempio.
    ”Perché vi ho fermate, Skye? Davvero me lo stai chiedendo?”
    Come mia abitudine, non alzai la voce, neanche se ero contrariata dal comportamento delle mie compagne.
    Non era questo il piano a cui dovevamo attenerci. Non era nel mio stile gestire una situazione in maniera precipitosa e poco diplomatica ma purtroppo, così era per loro due. Ottime combattenti, potenti guerriere, fedeli e leali amiche, ma irrimediabilmente arroganti e poco riflessive nell'agire.
    Avrei preferito aspettare ancora prima di mostrarci alle Guerriere del sistema interno: dovevamo scoprire il luogo in cui si trovava il Ricettacolo, perché malauguratamente il possesso dei tre Frutti dell'Eden non era necessario né sufficiente per liberare l'Universo in maniera definitiva dall'infausta presenza di Eris.
    Anzi, la loro azione sconsiderata, dettata sicuramente da un capriccio improvviso, aveva senza dubbio annullato il vantaggio che possedevamo sui nostri nemici.
    Avrei potuto riavvolgere il Tempo ed evitare lo spiacevole incontro che si stava preparando su questa spiaggia sperduta e idilliaca, ma decisi che non potevo permettermelo. Per riportare la situazione ad un punto per noi conveniente avrei dovuto annullare gli sforzi e i risultati delle ultime settimane, ben sapendo che il futuro poteva cambiare anche sotto l'influenza del battito d'ali di una farfalla. E inoltre, a valutare bene le circostanze, ero sicura che avrei trovato il modo di volgerle a nostro favore, comunque.
    Io e Skye ci fissammo qualche secondo, e nessuna delle due abbassò lo sguardo. Il suo orgoglio era smisurato, così come la mia determinazione, ma non era questo il momento di discutere e di mostrare anche la minima crepa nella nostra coalizione. Non davanti a Nike e Aphrodite.
    Così, feci mia la motivazione che le aveva spinte ad attaccare i compagni terrestri delle guerriere; non la condividevo, ma ora non era questo il punto.
    ”Vi siete rifugiate su questo pianeta senza la minima preoccupazione di quello che avrebbe potuto succedere alle Colonie, a tutte le Colonie... Avete continuato la vostra vita rinchiudendovi in un palazzo che vi ha fatto sentire così protette da avervi tolto la voglia di occuparvi di ciò che stava al di fuori delle sue mura... Siete diventate come questi terrestri...”
    Nella mia voce c'era una nota triste, che però conteneva il biasimo che stavo gettando su di loro. Non mi ero rivolta a nessuna in particolare, ma fu Aphrodite a rispondermi, ancora china su colui che aveva scelto come marito: “Selene... lei ha cercato con ogni mezzo di conoscere la sorte di tutti i pianeti del sistema, ma non ci sono mai stati indizi che qualcuno o qualcosa si fossero salvati dalla distruzione...”
    Risi dolcemente. ”Selene è stata cieca, e anche molto egoista!”
    “Tu non sai quanto abbiamo sofferto per tutto questo, ma nonostante il dolore e le difficoltà abbiamo sempre pensato alla nostra missione, seguendo i valori che il nostro giuramento ci imponeva di rispettare!”
    Nike intervenne indignata, tremante, anche lei senza allontanarsi dall'uomo che aveva protetto da Calypso. La fissai per qualche istante. Era una Guerriera, temuta e rispettata ai tempi dell'Impero Galattico. Ciononostante, i miei occhi che vedevano lo scorrere e l'esistere del tutto, sin dalla creazione di Crono, mi davano prospettive diverse, ed ora Nike mi pareva poco più di una giovane donna arrabbiata, che combatteva per una causa che non aveva altri difensori.
    La mia risposta fu pronunciata con voce soffice, eppure lapidaria: ”Nonostante tutto, però, ciò che avete fatto non è stato sufficiente”


    Edited by Illiana - 14/1/2019, 18:39
     
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    :Nike:
    Mi ero pentita di essere tornata su Giove? Assolutamente no. Era la mia casa e non c'era niente di più bello di saperla di nuovo intatta, di sapere di poter dire al mio popolo che avrebbe potuto tornare a casa ed io di aiutarlo, seguirlo e comandarlo come un tempo. Ma inevitabilmente ciò che avevamo vissuto sulla Terra ci aveva cambiati, io ero cambiata e per quanto fui felicissima di tornare a ricoprire il mio ruolo di Giudice Supremo faticai ad accettare di essere quella di un tempo, non con quello che avevo vissuto ed imparato. Dovevo però fare i conti con molti sacerdoti superstiti che per tutto quel tempo avevano vissuto su Nettuno, loro non la vedevano come me e gli scontri non mancarono a venire.
    Li rispettavo e dunque mai mi sarei messa contro di loro, seppur non capivo l'ira crescente che sentivo. Sapevo che non era la mia, che quella frustrazione e senso di abbandono non mi appartenevano, ma non ne capivo il motivo. Avevo scritto ogni giorno ad Edward e più volte lo avevo invitato a raggiungermi eppure mai avevo ricevuto sua risposta nemmeno quando gli avevo chiesto se gli avesse fatto piacere che lo andassi a trovare. Volevo mio marito al mio fianco e con lui volevo discuterne i modi, ma ben presto le sue risposte divennero rade e poi insistenti, ciò accadeva pari passo con la sua ira fin quando non scoprì che i sacerdoti avevano intercettato le mie comunicazioni. Edward non aveva mie notizie ed il suo senso di abbandono e la sua rabbia le capì. Cercai di partire il prima possibile, ma la guerra arrivò e per me fu impossibile muovermi, non a fronte di tutto ciò che stava accadendo.
    Ciò non mi aveva impedito di affrontare i sacerdoti di ricordare loro il mio ruolo e potere e così solo giudicandone e giustiziandone qualcuno riuscì a riavere ciò che di diritto mi spettava: il loro rispetto.
    Andavo fiera di quello che avevo fatto? Bè era il mio ruolo, potevo farlo. Lo avevo fatto in passato molteplici volte, ma come dicevo la mia visione di giustizia era divenuto meno rigida capendo, anche grazie ad Edward, tutte le sfumature della stessa. Se così non fosse l'avrei giudicato la prima volta che l'avevo visto e da Giudice Supremo quale ero mi sarei presa la sua vita convinta che fosse giusto. Quindi no, non ero fiera di ciò che avevo fatto, ma era necessario per mettere le cose in chiaro per dire loro che sarei partita e quando sarei tornata sarebbe stato con mio marito che, piacesse loro o meno, era la MIA scelta. Io che di scelte non ne avevo mai avute, non avrei permesso che mi portassero via la più sacra.
    Non fu difficile capire dove trovarlo ed immediatamente la malinconia mi pervase, quei luoghi erano pieni di ricordi e di momenti in cui avrei voluto fuggire e non uscirne più. Momenti in cui credevo di aver perso tutto e paradossalmente mi sentivo libera come mai prima. Ma ciò non era possibile e così quando salì sulla Jackdaw non mi aspettai nulla, ma ammetto che Calypso andò oltre ogni mia aspettiva.
    Non ci pensai oltre e fulminandola la scottai, non eravamo mai andate d'accordo esattamente come i nostri poteri e vederla lì nuda tentare di uccidere mio marito, bè mi aveva fatto incazzare e l'avrei colpita ancora se tutto non fosse cambiato repentinamente intorno a noi.
    Ero corsa da Edward e poggiandogli una mano sulla schiena gli chiesi come stava, ma la sua risposta fu un grugnito ed il scostarsi malamente da me. Imprecai tra me e me desiderosa di spiegargli cosa fosse successo, ma non ce ne fu il tempo e fu ironico visto che colei che comparve, alla fine di quell'improbabile rimpatriata, fu proprio Persephone.
    "Sempre a giudicare vero? Voi Guerriere del Sistema Esterno non avete mai fatto altro! Un po' come i vostri pianeti o sbaglio? Sapete da cosa sono reduce? Da una guerra... una scatenata dai tuoi genitori, armata da tua madre e sostenuta da tuo marito!"
    La situazione con Edward non mi rendeva nè tranquilla nè lucida e così la mia elettricità si scagliava contro chiunque avevo incontro, meglio se qualcuno che mi stava facendo incazzare. Guardai prima Calypso, poi Skye e poi Persephone sentendo infine gli occhi di Aphrodite su di me. Immaginavo che Ares non le avesse raccontato della guerra contro Nettuno e i suoi alleati, di Hades che ci stava per fare invadere e nemmeno del loro aver sequestrato l'Imperatore... non volevamo turbarla con qualcosa che si era risolta nè aumentare il suo senso di colpa, perchè la conoscevamo e sapevamo che si sarebbe sentita così sapendo che non c'era stata, ma... in quel momento non ci pensai.
    Ghignai soddisfatta al loro silenzio. No. Non avrei permesso loro di venir a giudicare NOI.
    "Abbiamo sbagliato? O non mi dire, sai che c'è? Sì abbiamo scoperto che chi fa sbaglia e posso assicurarvi che abbiamo fatto moltissimo in questi millenni... Selene ha riportato in vita un Impero morto, abbiamo combattuto i Celestiali per l'amor del cielo e come se non bastasse abbiamo evitato che Eris compiesse nuovamente lo scempio della distruzione... è essere egoiste questo? Perchè abbiamo scelto dei compagni di vita? Compagni che voi e chiunque altro, anche nel posto che chiamiamo casa, hanno tentato di portarci via? Non è mai egoistico amare... MAI"
    Pronunciai muovendo dei passi avanti sempre più arrabbiata con l'elettricità che era palpabile nell'aria per quanto forte. Skye doveva essersi spaventata perchè si era mossa verso di me come farsi scudo delle sue compagne.
    "Alle Guerriere non è mai stato proibito farsi una famiglia o sposarsi, lo sai... ma se succedeva lasciavano il loro ruolo... voi non lo avete fatto... dovevamo designare nuove Elette..." mi rinfacciò quell'uraniana piena di boria che non avevo mai sopportato.
    Scossi il capo guardandole e scoppiando a ridere, a costo di risultare ridicola. Mai come in quel momento ero molto più simile ad Evie Frye che alla Nike che avevano conosciuto. Risi. Jacob sarebbe stato fiero di me.
    "Le cose cambiano... le tradizioni crollano... se c'è una cosa che su questo pianeta io e le mie compagne abbiamo capito è questo... non tutte le nostre regole sono giuste... non tutto è nero o bianco... è molto più complesso di così... e dovrebbero esserlo anche le nostre scelte... Siete legate ad una realtà che non esiste più... l'Impero è rinato, ma è diverso. E' migliore. Dopotutto non sono state le nostre stesse leggi, a volte crudeli ed insensate, a portarci alla nostra fine?"
     
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    "Sempre a giudicare vero? Voi Guerriere del Sistema Esterno non avete mai fatto altro! Un po' come i vostri pianeti o sbaglio? Sapete da cosa sono reduce? Da una guerra... una scatenata dai tuoi genitori, armata da tua madre e sostenuta da tuo marito!"
    Non risposi a Nike. Era in preda alla furia, sembrava davvero incarnare i valori che permeavano la cultura gioviana, ed una parte di me la ammirava e rispettava per questo. Nonostante tutto, però, avevo già preso la mia decisione.
    La guerra che stava portando avanti mio marito, guidata da ideali rispettabili o da meri interessi di potere, non mi riguardava. Tolto il tempo che ero obbligata a passare insieme a lui, entrambi conducevamo vite separate. Non parlavamo mai di noi o dei nostri progetti, non eravamo uno il sostegno dell'altra. Il nostro rapporto era molto, molto più complicato.
    Inoltre, non era mia intenzione ostacolarlo; odiavo la guerra, disprezzavo un modo così brutale per risolvere problemi o per ottenere guadagni, ma in questo caso, avevo capito che era un male necessario. Come tutti gli altri elementi che componevano il campo di gioco, ci stava permettendo di agire in maniera indisturbata: il caos, l'agitazione e il disordine erano ottimi sistemi per creare un rumore in sottofondo, per rubare l'attenzione che si sarebbe potuta concentrare sui nostri movimenti, sulla ricerca del ricettacolo.
    Lasciai che la Guerriera di sfogasse ancora, e che Skye intervenisse, nel suo solito modo brusco di agire.
    E' vero, dopo la distruzione dell'Impero Selene e le compagne più strette avevano contrastato i piani e le ambizioni mai sopite di Eris. Da entrambe le parti, c'era una tenacia e una determinazione nel perseguire gli obiettivi che ammiravo molto.
    Ma ora, con il nuovo Impero, Selene aveva commesso un errore: si era distratta. Si era dedicata totalmente al suo compito di Imperatrice, senza ricordarsi che prima di tutto il suo dovere era quello di proteggere ogni pianeta da minacce esterne. Si era interessata solo del dissenso all'interno del suo regno. Però il disaccordo e i contrasti sono aspetti inevitabili e quindi, da mettere in secondo piano.
    Eris era il vero problema. Eris era il nemico da temere perché con le forze ed i poteri che lei custodiva e che poteva portare dalla sua parte, nel momento in cui avrebbe sferrato l'attacco finale sarebbe stata inarrestabile, micidiale, incontrastabile.
    La concitazione dei toni nel duello verbale tra le mie compagne e le altre Guerriere si era infilata nei miei pensieri, rendendoli più confusi, innvervosendomi.
    ”Basta!”
    Non ebbi bisogno di alzare la voce. Gli sguardi di tutte si posarono su di me. Era il mio momento di parlare, adesso.
    ”Ciò che ha fatto Selene è meritevole e importante. Tutti noi le saremo eternamente grate. Il nuovo Impero è sorto sulle ceneri di un sistema vecchio, sbagliato, inadeguato, sono d'accordo con te, Nike... Un mondo in cui le persone potranno vivere in pace, senza alcuna minaccia è quello che vogliamo tutti noi. E per ottenerlo, bisogna alle volte passare in mezzo al fuoco, per temprare il proprio spirito e saggiare la nostra forza...”
    Non mi stavo riferendo alla guerra di Hades, ma avrebbero capito presto, quello che stavo dicendo. Nessuna di loro mi interruppe, quindi continuai con il mio ragionamento.
    ”Nonostante i vostri meriti ed i vostri sforzi, però, quello che ha detto Skye è corretto: voi Guerriere avete mancato al giuramento che avete fatto nel momento in cui avete assunto i ruoli sacri di rappresentanti dei vostri pianeti d'origine. Questo non può essere ignorato, né perdonato...”
    Sfilai da sotto il mantello il mio bastone.
    ”Mi dispiace, ma come Guerriera io stessa ho questo potere, e lo userò per privarvi dei vostri. Questa è una tradizione che mai dovrà cambiare: chi non si dimostra degno del compito che gli viene affidato, questo gli verrà sottratto.”
    I miei occhi divennero completamente neri, come accadeva quando utilizzavo i poteri da Guardiana degli Inferi. Mentalmente, evocai il vento dell'Oltretomba, che può rubare l'anima alle persone e risucchiare le capacità di chi ha commesso spergiuro.
    Provavo una tristezza profonda, ma sapevo di essere nel giusto.
    Il Vento si alzò impetuoso e terrificante, senza però che si udisse nulla. Ci investì con ferocia, ma mentre per me, Calypso, Skye e i due uomini fu solo come trovarsi all'interno di una tempesta, per Aphrodite e Nike l'effetto fu peggiore: si accasciarono a terra, come se ogni forza venisse loro a mancare. Il terrore nei loro occhi significava che stavano comprendendo ciò che avevo inteso dire poco prima, sulle prove attraverso cui bisogna passare per potersi dimostrare degni. Sapevo che, ad immensa distanza, anche Ares stava subendo la stessa sorte. Sapevo che, senza bisogno di spiegazioni, avrebbe capito l'accaduto anche lei.
    Non era una novità questa: diverse volte, nel corso della storia, persone indegne erano state destituite dal proprio ruolo per indegnità morale. In certe occasioni, la punizione era stata anche maggiore: quelle persone avevano perso non solo i loro poteri, ma anche la vita.
    ”Ciò che ho stabilito, e di cui mi assumo la responsabilità, è stato fatto nel giusto intento. Tutte voi Guerriere del sistema interno siete state destituite dal vostro incarico. Informerò io stessa l'Imperatrice di questo...”
    In questo caso, ritenevo sufficiente tale castigo. Avevo perdonato solo una di loro, colei che possedeva la saggezza necessaria per guidarle nuovamente sul giusto cammino. Athena.
    Feci una pausa, per sottolineare l'ultimo messaggio che volevo lasciare alle due: ”Solo quando ritroverete la strada di casa tornerete ad essere ciò per cui tutta la galassia vi ha conosciuto: le Guerriere”
    Feci un cenno a Skye e Calypso, che mi stavano guardando in silenzio, per invitarle a seguirmi. Non avevamo più nulla da fare in questo luogo, ma avremmo dovuto discutere immediatamente le prossime mosse da fare. Il momento era sempre più propizio, bisognava continuare la nostra ricerca, perché avevamo sempre meno ostacoli davanti a noi.
    Prima però, avrei dovuto chiarire con loro certi particolari che non mi erano piaciuti: il loro agire alle mie spalle mi aveva lasciato parecchio infastidita, e non avrei sicuramente mancato di farglielo pesare.
     
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    Il Vento dell'Oltretomba era qualcosa che avevo solo osato udire, una leggenda terribile che aleggiava nella storia e che raccontava del suo potere distruttivo e della sua forza. Hades ne faceva uso con vigore e crudeltà, ma anche giustizia, verso le sue vittime e che anche sua moglie potesse usarlo era qualcosa che avrei dovuto sospettare, ma che mai pensai realmente.
    Sentirsi privare dei propri poteri era come sentirsi amputare un braccio o una gamba, sentire che una parte di sè stessi si perdeva ed ora il corpo avrebbe dovuto fare i conti con quella nuova e terribile realtà.
    Non seppi cosa successe dopo, il dolore era così grande che svenni e mentre questo accadeva Aphrodite ed Altair sparivano, rimandati da Persephone a Nanda Parbat, mentre lei e le altre Guerriere del Sistema Esterno facevano lo stesso.
    La tempesta che aveva spaventato gli abitanti dell'isola era sparita come il vento impetuoso che mi aveva avvolto e quando ripresi i sensi riconobbi immediatamente il luogo in cui mi trovai: la cabina da capitano della Jackdaw.
    Mi misi a sedere poggiandomi una mano sulla fronte, debole come mai mi ero sentita. I miei poteri, come quelli delle mie sorelle, erano divenute poco più che un flebile ricordo. Fissando la mia mano vidi le scintille di fulmini avvolgersi intorno alle mie dita, ma non sentivo più la potenza del fulmine avvolgermi. Quando si nasceva nelle casa reale di un pianeta i propri poteri erano maggior del resto degli abitanti e quando si diveniva Guerriere questi raggiungevano la loro massima potenza.
    Mi sentivo egoista nei confronti della mia gente ed anche superba, a pensare che adesso al loro livello non valevo più niente, ma... era qualcosa che mi apparteneva da così tanto che faceva male sentirsi inermi. Sentirsi deboli.
    Con fare frustrato diedi un pugno al letto su cui giacevo, solo per poi alzare lo sguardo ed incontrare quell'azzurro di Edward. Non avevo la forza per affrontare anche lui, sapevo che gli dovevo delle spiegazioni ed anche delle scuse seppur erano per azioni che io non avevo compiuto, ma in quel momento l'unica cosa che riuscì a fare fu piangere. E mi sentì sciocca e stupita, tanto che distolsi lo sguardo permettendo ai miei lunghi capelli di celarmi il viso.
     
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    :Edward:
    Vederla piangere, per me, fu troppo.
    Ciò che era accaduto in quell'ultima ora aveva travolto ogni barriera contro la furia che cercavo di tenere sotto controllo da tempo.
    Ero stato ad un passo dalla morte, per colpa di quella pazza che si era infilata di nascosto sulla Jackdaw II, prendendomi alla sprovvista. Possedeva una forza incredibile, e capii all'istante che poteva essere solo un altro abitante dell'impero ma intanto, era lei che teneva in mano in coltello, per così dire.
    Non era una cosa personale, dato che non l'avevo mai incontrata in vita mia, quindi potevo solo far risalire il suo attacco al fatto che ero collegato a Nike.
    Ma i miei pensieri si fermarono a quel punto. Con l'aria che cominciava a scarseggiare, mi ritrovai in ginocchio. Violenti lampi rossi mi accecarono. Se avessi avuto ancora la possibilità di parlare, l'avrei riempita di ogni insulto e maledizione che conoscevo, ma a cosa sarebbe servito?
    La odiavo. Odiavo quella sirena fottuta, odiavo la mia incapacità di poterla contrastare, odiavo il motivo che l'aveva portata sino a me, odiavo... tutto.
    E poi, sentii il sole sulla schiena, e l'aria che tornava nei miei polmoni. Tossii e respirai anche la sabbia fine che mi entrò in bocca. Non riuscivo ancora a distinguere la luce, e la debolezza mi impediva di rialzarmi. Ero come un poppante appena messo al mondo. Il pensiero avrebbe dovuto consolarmi, invece la mia collera montò ancora di più.
    Il tocco inconfondibile che avevo desiderato per mesi interi mi sfiorò la guancia. Nike era vicino a me, comparsa dal nulla, così come altre figure che non riuscii a distinguere.
    Ma avevo sofferto ed aspettato troppo. Una sola cosa sapevo: era tardi.
    Non ero abbastanza lucido per capire cosa stesse succedendo, e mi ci volle un po' prima che mi rendessi conto che era rimasto solo io, sulla spiaggia, oltre al corpo immobile di Nike.
    Agii d'istinto. La raccolsi da terra e la portai nel luogo più sicuro che conoscevo, la mia barca a vela. Meccanicamente portai l'imbarcazione al largo, poi scesi nella cabina.
    Ero stremato. La rabbia che provavo stava ancora prosciugandomi di ogni energia. Attesi che Nike riprendesse i sensi. Cosa avrebbe detto a sua discolpa? Esisteva qualcosa in questo mondo o nell'universo che potesse essere convincente?
    Lentamente si risvegliò, ma vederla piangere, per me, fu troppo.
    Uscii dalla cabina senza dire una parola, sbattendo la porta con violenza. Mi sentivo soffocare, come se il tentacolo di quell'essere fosse ancora saldamente stretto intorno al mio collo.
    Non passò molto tempo, prima che avvertissi la sua presenza alle mie spalle. Fissai le nocche bianche, la mano irrigidita nello stringere la drizza che teneva su la vela dell'albero maestro. Il mondo aveva perso ogni colore, ogni suono, ogni odore. Sentivo solo il fuoco ruggire nei pensieri.
    Mi voltai verso di lei. Dissi delle parole che non sapevo di meditare da tempo nel mio cervello, ma le dissi, con tutta la crudeltà di cui ero capace.
    ”Non può continuare così. Non lo accetto. Non sono schiavo di nessuno, e non intendo diventarlo solo per averti vicina. Sono stato uno stupido a pensare che avrebbe funzionato!”
    La vidi impallidire, e appoggiarsi ad una struttura per non cadere. La sua voce riuscì miracolosamente a superare il rombo nelle mie orecchie.
    “Ti ho scritto tutti i giorni, ma le mie lettere venivano intercettate...”
    La interruppi, urlando.
    “Cosa cazzo mi importa di stupide lettere? Credi che se anche mi fossero arrivate, questo mi sarebbe bastato?”
     
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    :Nike:
    Rimasi a guardarlo interdetta. Le mani strette a pugno e le lacrime che ancora mi rigavano in viso, ma in realtà dentro di me una grandissima energia che nonostante i miei poteri si fossero ormai ridotti al minimo sindacale, non smetteva di corrermi nelle vene. Così forte e così violentemente che tremai.
    Ero stanca. Ferita. Ed umiliata. Non avevo nè le forze nè la voglia di combattere anche con lui. Con chi non era nemmeno disposto ad ascoltare le mie ragioni.
    Così rimasi immobile. A fissarlo senza paura negli occhi, la mascella contratta e le unghie infilate nel palmo delle mani.
    "Portarmi al largo allora è stata davvero una pessima idea" esclamai furente ed a tratti anche impertinente.
    Cercai nella tasca dei pantaloni lo specchietto che mi avrebbe riportato su Giove, ma non prima di scaricargli addosso tutto quello che nemmeno aveva voluto ascoltare.
    "Vuoi finirla qui dopo tutto questo tempo? Ok! Fa pure il bambino capriccioso che crede che tutti ce l'hanno con lui, che il mondo odia... torna ad essere il pirata codardo che ho conosciuto... che scappava ovunque senza meta né obbiettivi..." lo vedevo sul punto di esplodere, peggio già di quanto non avesse fatto, ma sapeva che avevo ragione.
    Aveva già abbandonato una volta una moglie ed una figlia, non mi stupivo che di fronte alle responsabilità e difficoltà lo facesse di nuovo.
    "Tu sputi giudizi ma se non sai nemmeno cosa è successo..." il che era ironico perchè se c'era una cosa a cui tenevo più della mia stessa vita era la giustizia. Come Giudice Supremo sapevo che MAI era concesso giudicare senza aver ascoltato entrambe le campane. Senza avere tutti i fatti da valutare, ma lui no. A lui bastavano le sue emozioni. Era così egoista che questo gli bastava per emettere un giudizio.
    "Le mie lettere sono state intercettate, ma sì... questo ti basta vero? Poi chissenefrega se nelle stesse ti dicevo che volevo venire da te, che stavo abbandonando tutto e tutti per vivere qui con te, che ero sul punto di farlo quando la guerra è scoppiata... credi che questo dolore nel petto lo sentivi solo tu? Oh no mio caro, ero già con la valigia in mano quando sono stata buttata sul campo di battaglia..." ora le lacrime mi rigavano il viso ferita dalla sua insensibilità dal credere che sentissi il suo dolore e semplicemente me ne fottevo.
    "Ero con una spada in mano in trincea dunque perdonami se non sono potuta correre da te come volevo... Speravo ogni giorno che la guerra finisse in fretta, ma indovina un po'? Non dipendeva da me e quando è successo... così ti scrivevo delle lettere, dicendoti quanto quella guerra mi facesse impazzire, per sentirmi meno sola per trovare la forza... mi dicevo che se sarei sopravvissuta finalmente sarei tornata da te, per sempre... ma le mie lettere erano intercettate, tutte e tu tutto questo non lo hai mai saputo. Sono venuta qui immediatamente appena l'ho scoperto, ad armistizio firmato... ero venuta a dirti che ero tornata per restare per sempre... ma a te non te ne fotte nulla... secondo te in tutto questo tempo semplicemente me ne sono fottuta e chissà magari mi sono anche divertita con qualcun'altro alle tue spalle... sai che ti dico Kenway? Hai ragione... lasciamo perdere... Non vale la pena... tutto questo non vale la pena... Sei troppo egoista per avere qualcuno al tuo fianco perchè quando accade tu stesso fai di tutto per perderlo... Buona Vita Kenway..." gli sputai addosso furiosa e poi aprendo il portale me ne andai e questa volta sì, per sempre.
     
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