Present Day #2019: Toronto's Roads

Season 3

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    Il mio ritorno nella Confraternita era stato un bel motivo di scompiglio, anche se sinceramente era quasi passato inosservato dopo la notizia bomba che il caro buon vecchio Altair aveva sganciato.
    Le Origini degli Assassini era una storia considerata poco più che una leggenda, una che pochi conoscevano e molti consideravano un'affascinante storiella della buona notte. Una storia che si era persa nel tempo e che non credevo fosse vera fin quando non me la trovai, come tutti gli altri, sbattuta sotto il naso.
    Già molti parlavo della "pazzia" di Altair (così la definivano) dovuta a molte sue scelte infelici che prima lo avevano visto venir deposto come Mentore e poi condividere la carica con Auditore, lo stesso che non ci mise molto a rimanere sconvolto dalle novità che si trovò davanti. Io in primis.
    Portavo ancora i segni del suo "benvenuto", come il labbro spaccato che ancora troneggiava sul mio viso, mentre a suo fratello era stata riservata tutta la gloria. Ma non mi interessava. Ero sempre stato una pecora nera. Come Assassino prima, come Templare poi, come paladino di me stesso ed ora nuovamente come Assassino. Non era certo mio desiderio cercare nè amicizie nè fratelli tra loro, ma ben altro. Una redenzione che dovevo ad una sola persona: Ares. Niente di quello che stavo facendo era per principio o lealtà, ma per lei. Avevo scoperto a mie spese che non ero fatto per appartenere ad uno schieramento, ma sicuramente ero fatto per appartenere a lei.
    Peccato che la mia missione si era appena fatta più difficile, sì perchè colui che si era presentato come "portatore di verità" era proprio colui che fin troppo vicino era stato ad Ares per tutto quel tempo. Auditore stesso aveva dovuto tenere a bada la sua ira, per la scelta tanto funesta ed egoista di Altair, di fronte a tale personaggio.
    Bayek aveva con la sua sola presenza improvvisamente risolto tutti i dissapori che nella Confraternita si erano creati. Non c'erano più Mentori o Assassini Anziani, tutti avevano accettato di intraprendere un percorso di rinascita come se fossero nuovi adepti. Tutti dovevano anteporre ciò che saremmo potuti essere a ciò che eravamo stati.
    Un passato che non doveva venir cancellato, ma usato per costruire la nostra nuova strada con Bayek come guida. Colui che aveva dato origine a ciò che eravamo, sarebbe stato colui che ci avrebbe fatto "rinascere" riportandoci alle origini.
    A mio dire solo un gran cazzata spirituale, ma avevo fatto buon viso a cattivo gioco ed avevo colto la palla al balzo quando ero stato incaricato di scoprire di più sulla missione di un Templare di una mia ex Loggia. Inutile dire che nessuno mi dava due lire, ma Bayek (sempre lui) credeva che sarebbe stato un buon modo per mostrare la mia lealtà. Si trattava di miei ex alleati, avrei portato loro le informazioni che servivano o li avrei traditi? Ares mi avrebbe fatto da testimone e non c'era occasione che stavo aspettando più di quella. Lei che non aveva fatto altro che evitarmi.
    Camminavano per le strade per Toronto dunque come se niente fosse, in realtà pedinando il nostro obbiettivo, quando questo entrò in un locale costringendoci a fare lo stesso. Risi a vedere di quale si trattava e mentre mi sedevo al tavolo con lei diedi un'occhiata al menù senza togliermi quel maledetto sorriso soddisfatto dal viso.
    "Ironico non credi? Proprio il locale dove ti ho portata per il nostro primo appuntamento..." mormorai, trovando sul menù il gelato assurdo che all'epoca prese.
    "Sai allora mi chiesi come avevi fatto a mangiare il "Fire Vulcano"... gelato al wasabi, pepe ed estratto di peperoncino..." lessi scoppiando a ridere per l'assurdità di quel gelato, ma ricordando bene come lei lo gustò. All'epoca io sapevo già che fosse un'aliena, ma lei no. E si giustificò dicendomi che amava i gusti forti e sperimentare cose nuove costringendomi ad assaggiarlo solo per stuzzicarmi.
    Stavo già per allungare una mano verso la sua quando uno dei suoi due maledetti corvi, appostato sul davanzale della finestra aperta accanto cui si trovava il nostro tavolo, mi beccò la mano, prima di volare via, poco lontano sul ramo di un albero vicino. Raggiungendo così il suo compare.
    Mi massaggia il punto beccato con un certo fastidio, ma non togliendomi il sorriso che stavo offrendo ad Ares.
    "Non ti liberi mai di loro? Ricordo che da sempre sono piuttosto irritanti... ed impiccioni..."
     
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    Ero estremamente a disagio e, soprattutto, infastidita.
    La sorte si divertiva tanto a punzecchiarmi, ne ero certa.
    Ero con Shay, nel locale dove mi portò per il nostro primo appuntamento. Ovviamente non per diletto, ma per pedinare un Templare... che avrei voluto tanto uccidere in quell'esatto momento per questo brutto scherzo. Fra tutti i locali a Toronto proprio questo?!
    La situazione era ancora più fastidiosa visto che Shay non faceva altro che punzecchiarmi e ricordarmi di quel posto e di cosa aveva rappresentato per entrambi. Per lui questa missione era un'ottima occasione per starmi vicino -visto che io fino a quel momento alla Confraternita l'avevo sempre evitato-, per me era una sofferenza.
    Stare con lui voleva dire riaprire quella ferita che ancora non voleva rimarginarsi, ricordare per forza tutti i momenti belli e brutti passati insieme, il dolore del suo tradimento e la rabbia per il fatto che ancora non lo avevo dimenticato.
    Buffo no? Mi ha ferito in modi inimmaginabili, ma una parte di me non riesce a lasciarselo alle spalle.
    "Sai allora mi chiesi come avevi fatto a mangiare il "Fire Vulcano"... gelato al wasabi, pepe ed estratto di peperoncino..." mi disse allungando la mano verso la mia, per poi venir bloccato da Phobos.
    "Non ti liberi mai di loro? Ricordo che da sempre sono piuttosto irritanti... ed impiccioni..."

    "Non sono né irritanti ne impiccioni. Tengono molto a me, tutto qui." dissi allontanando la mano dalla sua portata, portandola alla tazza di caffè che avevo ordinato.
    "Piuttosto, dovrei essere io a chiedermi una cosa. Come potevi essere sorpreso per quel gelato, visto che conoscevi già la mia vera natura?" gli chiesi tagliente mentre mi portavo la tazza alle labbra. Un accenno di imbarazzo sul suo viso. Più lo guardavo e più non sapevo se odiarlo o amarlo. Come mi era già accaduto più volte, ero indecisa se baciarlo o dargli fuoco... sicuramente la seconda ormai era impossibile.
    Un'altra sorpresa dal destino: non ero più una Guerriera, non avevo più poteri, non avevo più niente, non ero più niente. Mi era stata brutalmente strappata la mia essenza, tutto ciò che ero sempre stata e che sarei stata. L'unica costante e certezza della mia vita era scomparsa in un secondo.
    L'esatto momento in cui ho perso tutto è stato estremamente straziante. Ricordo che poche altre volte mi sono sentita a quel modo: l'aria che manca, un dolore al petto come se mi stesse per esplodere il torace, la forza che in un attimo scivola via, lasciandomi spossata, incredibilmente debole e fiacca, ma soprattutto vulnerabile e vuota come non ero mai stata.
    Per fortuna c'era Bayek. Grazie a lui ero riuscita a distrarmi, a sentirmi nuovamente leggera come non lo ero da tempo. Quando mi parlava della sua gente, della sua terra, della sua cultura e dei medjay non potevo fare a meno che non ascoltare incantata. Quando stavo con lui mi sentivo a casa. Forse dipendeva dal fatto che cultura e società dell'Antico Egitto erano tali e quali a quelli di Marte, e la cosa non mi sorprendeva affatto. Dopotutto siamo stati noi marziani, in particolare una branca della mia famiglia, a dare origine alla cultura egiziana.
    Il flusso dei miei pensieri venne bruscamente interrotto dalla mano di Shay che finalmente riesce a prendere la mia.
    Il mio sguardo vagava dalla mano al suo viso e viceversa.
    Non sapevo che fare.
    Nel dubbio rimasi così, guardando svogliata e apparentemente disinteressata il locale, concentrandomi sul nostro obiettivo senza farmi vedere, mentre il mio cuore batteva all'impazzata.
     
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    "Touché" pensai ridacchiando sotto i baffi che non avevo mentre eludevo alla sua domanda e voltandomi divenni improvvisamente serio quando vidi il nostro target entrare nel locale. Ares se ne accorse mentre indicandoglielo con lo sguardo lo vedemmo prendere posto ad un tavolo dove vi era già seduta una ragazza che lo attenda. Gli occhi sognanti, le labbra incurvate in un sorriso, capelli setosi... era pazza di lui.
    Il mio sentimento nella Confraternita era una continua prova di fiducia, una continua necessità di portare risultati ed ecco che io avevo usato le mie conoscenze per portare più "teste" templari possibili agli Assassini. Considerarli confratelli era una battuta in quanto nessuno si fidava di me e mi trattavano più da nemico che da alleato, ma ciò non mi toccava. Non mi tangeva. Ero un lupo solitario.
    Osservai il nostro obbiettivo e capì immediatamente che non era lì per un appuntamento galante, probabilmente la ragazza era la figlia, sorella o amica della sua missione e semplicemente stava facendo con quella giovane esattamente ciò che io avevo fatto con Ares fatto che mi fece evitare il suo sguardo.
    "Dobbiamo intervenire, non possiamo permetterle di usarla per i suoi scopi..." esclamò Ares facendosi rigida e percependo molto bene nel suo tono quel risentimento che ancora aveva nei miei confronti.
    "Se lo facciamo non scopriremo mai il suo vero obbiettivo..." dissi con estrema naturalezza bevendo il mio caffè e meritandomi così lo sguardo inferocito di Ares.
    "Stai scherzando?"
    "Ti sembra che lo stia facendo? Senti Ares metti da parte ciò che tra noi è successo e pensa come la Guerriera che sei... abbiamo bisogno che lui ci porti al suo obbiettivo per capire la sua missione, fermarlo e tornare con informazioni circa gli ultimi movimenti Templari..."
    La vidi scalpitare per rispondermi a tono, ma avevo ragione e lo sapeva e così mordendosi la lingua rimanemmo lì in attesa fin tanto lei non si alzò per andare in bagno e lui inviò dal cellulare della ragazza un messaggio, probabilmente un esca.
    Chiacchierarono ancora un po', poi la ragazza lo baciò e salutandolo se ne andò. Lui rimase a finire il suo caffè, guardò il proprio orologio due o tre volte e poi uscì lasciando dei soldi sul tavolo. Noi facemmo lo stesso e seguendolo lo trovammo fermo nel vicolo dietro il locale, una ragazza di fronte a lui confuso. Chiedeva dove fosse sua sorella, perchè le aveva dato appuntamento lì, e cosa lui le avesse fatto. Ma non lo rispose e ghignando l'attaccò.
     
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    Odiavo ammetterlo, e con me anche Phobos e Deimos, ma se volevamo davvero capire le ragioni di quel Templare dovevamo lasciarlo fare e così facemmo venendo ben presto portati dalla sua vera vittima, una ragazza che sarà stata anche innocente ma che con le unghie e con i denti si stava difendendo facendomi immediatamente scattare in avanti. Non avevo più i miei poteri o comunque erano ridotti al minimo così che mi bastò toccare il Templare per scottarlo, le mie mani emanavano un calore immenso, e così facendo costringerlo a lasciare la giovane. Immediatamente Shay ingaggiò un combattimento con l'uomo mentre da parte mia mi assicuravo che la giovane stesse bene, ma lei aveva occhi solo per il suo aggressore e... Shay?
    Feci per allungare una mano, per assicurarmi di come stesse, ma lei rifuggì al mio tocco e guardandomi inorridita scappò via.
    Mi voltai immediatamente verso Shay che non ci penso due volte ad urlarmi "VAI! Qui ci penso io!" e nonostante non volessi lasciarlo solo, sapevo che era ben capace di tenere testa al nostro obbiettivo e così correndo a perdifiato raggiunsi la giovane che pareva terrorizzata da me. Immediatamente pensai che fosse per quello che avevo fatto, anche senza il massimo dei miei poteri potevo comunque fare qualcosa che spaventasse e per questo giunti in un vicolo cieco al<ai le mani in segno di resa. Lei era spalle al muro e con lo sguardo stavo incintando le mie fedeli compagne a non fare nulla, non volevo spaventare ulteriormente la ragazza.
    "Ehi tranquilla non voglio farti nulla... anzi... volevo solo assicurarmi che stessi bene..."
    Lei si guardò intorno come in cerca di qualcosa e fu quando trovò un tubo di ferro che lo prese bradendomelo contro.
    "Sceneggiata a regola d'arte... prima mi fate attaccare dal vostro compagno e poi fingete di salvarmi? Avrebbe funzionato se solo non avessi portato LUI con te!" avanzando tremante cercò di colpirmi, ma io fui abbastanza agile per schivare e fare un passo indietro. Phobos e Deimos scalpitavano per intervenire, appollaite sulla ringhiera della scala anticendio del palazzo attinguo a noi, ma no. Non volevo che lo facessero.
    "Lui? Parli dell'uomo con me?"
    "Sì LUI! Con che coraggio eh? Con che coraggio indossate le effigi degli Assassini?"
    La sua domanda mi fece immediatamente capire che non era una vittima ignara, anzi... tutt'altro... e che dunque conoscevamo molto bene il motivo per cui era stata attaccata.
    "Non parlo per l'uomo che era con me che, posso assicurarti non è mio alleato, ma io... io sono un'alleata degli Assassini... chiedimi come provartelo e lo farò..."
    Mi costava dire quelle parole, ma non erano del tutto false. Sapevo che Altair stava mettendo alla prova Shay, che gli aveva garantito una seconda possibilità, ma io lo conoscevo meglio di chiunque altro e sapevo che non faceva mai niente per nulla, che Cormac aveva sempre un secondo fine. Un asso nella manica. Quindi sì non riuscivo a considerarlo mio alleato perchè non riuscivo a credere fino in fondo che lui volesse davvero tornare ad essere un Assassino.
    La mia voce non tradiva questa constatazione come lo sguardo ferito lo stesso che la giovane riconobbe e abbassando il tubo rise. Un riso amaro di chi si trova a vivere una scena già vista.
    "Sei stata aggirata anche tu mh? Come mia sorella..." alle sue parole mi trovai ad assentire con un moto di vergogna mentre abbassando le mani osai avanzare verso di lei che questa volta rimase immobile senza puntarmi contro il tubo di metallo.
    "Shay Cormac ha ucciso il mio fidanzato ed il suo compagno è venuto a finire il lavoro... ad uccidere me..." mi disse lei con voce carica di rabbia, un'ira che potevo percepire mentre assorbivo quelle parole. A volte dimenticavo, non per ingenuità ma per necessità, quante persone innocenti ed amici Shay avesse ucciso. Mi lasciavano annebbiare da quello che tutto sommato per lui provavo ancora, ma non potevo permetterlo perchè per quanto mi costasse riuscire ad ammetterlo ed accettarlo lui era un assassino.
    "Cercano questa" mi disse indicandomi la collana che aveva al collo "E' un chip che conserva informazioni importanti per il Covo degli Assassini della costa Ovest. I Templari stanno pianificando un attacco ed io devo dar loro le informazioni prima che sia troppo tardi..."
    Assentì e spostandomi da un lato le feci segno di andar via.
    "Allora vai, non perdere tempo. Porta a conclusione la missione del tuo fidanzato e raggiunto il Covo rimani con loro, qualcosa mi dice che potresti essere un'ottima Assassina" per la prima volta la giovane mi sorrise un poco più serena, ma prima di andarsene si voltò verso di me.
    "Per favore aiuta mia sorella, evita che quel verme la usi ancora... so che è innamorata ed acceccata da questo, ma... non posso perderla capisci? Aprile gli occhi!" assentì a fatica, mentre guardandola correre via mi chiesi chi avrebbe invece salvato me... ero ancora persa nei miei pensieri quando l'arrivo di Shay mi destò. Mi chiedeva della giovane e chissà perchè la prima cosa che mi venne da dirgli era che non avevo fatto in tempo a raggiungerla e mi era scappata, così come anche lui mi confermò che purtroppo il Templare era fuggito. Ed ecco che nuovi dubbi mi assalirono: era fuggito o lui lo aveva lasciato andare?
     
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    Aveva esitato, Ares aveva esitato nel rincorrere la ragazza! Si preoccupava davvero per me? Per la mia sorte? Era ciò che desideravo, ma non sapevo se fosse la realtà.
    “VAI! Qui ci penso io!” le urlai con voce tonante, me la sarei cavata con quel Templare, ma non potevamo permetterci di perdere la donna che avrebbe potuto darci tante informazioni, o così almeno mi ripetevo. Poi… mi concentrai sul combattimento. Non avevo davanti un Fratello, non avevo remore a sferrare calci rotanti contro un avversario che portava un’effige di cui non mi importava più nulla. Il tizio, nel riconoscermi, ebbe anche lui un attimo di esitazione che gli costò caro. Lo attaccai su un fianco scoperto con un montante e poi lo feci cascare a gambe in aria, sferrando un doloroso calcio contro il suo ginocchio. L’urlo che il mio avversario cacciò dalla bocca non mi stupì ma… quasi mi impietosì. Era davvero possibile? Strinsi i denti e mi morsi la lingua per sferrare un altro attacco contro il Templare che – approfittando a sua volta del mio momento di stasi – si era trascinato lontano da me. Lo agguantai senza difficoltà, molto più lesto di lui, e gli mollai un pugno in pieno viso tanto che dalle sue narici prese a zampillare del sangue rosso vivo, poi mi bloccai. Era abbastanza.
    “Perché hai circuito quella ragazza? Cosa stai cercando?” Lo tenevo stretto per il bavero del cappuccio e lo scossi con violenza, constatando che non aveva nessuna intenzione di rispondere… o forse ci ero andato giù troppo pesante? Il sangue colava copioso dal naso rotto e sembrava faticare a respirare. Ero certo che non avrei ricavato informazioni utili da quella carcassa semi cosciente, così scandii bene le parole: “Vai via da qui, non farmi pentire di non averti piantato il mio pugnale tra le costole!”
    Sapevo che non avrei dovuto lasciarlo andare, al contrario, avrei dovuto torturarlo ancora o portarlo al Covo affinché altri lo facessero al mio posto, ma non me ne fregava un bel niente. Non avevo padroni, non avevo alleati, non mi interessavano. E, stranamente, non mi interessava ottenere neppure l’approvazione di Bayek. Il mio desiderio era solo quello di poter vivere una vita normale con la donna che aveva scalfito la mia corazza, insinuandosi come un raggio di sole e ridestando quell’umanità che credevo morta e sepolta. Lei era il mio unico padrone, padrone del mio cuore.
    Osservai il Templare fuggire a gambe levate, nonostante la rotula quasi spezzata, una o due costole sicuramente fratturate e il naso decisamente distrutto, poi mi voltai e mi misi a correre. Raggiunsi Ares dopo aver svoltato due angoli e finendo in una stradina stretta. La trovai immobile ad osservare un punto lontano, laddove la via sfociava in una più grande e si perdeva nel marasma della città canadese.
    Non sembrava essersi accorta di me, fino a quando non resi più pesanti i miei passi.
    “Allora? La ragazza?” Si voltò di scatto nella mia direzione, incrociando il mio sguardo indagatore.
    “Non ho fatto in tempo a raggiungerla, l’ho persa!” mi rispose di getto, con voce apparentemente ferma. “Il Templare?” mi chiese poi, sospettosa.
    “Non sono riuscito a catturarlo, è riuscito a sfuggirmi!” ribattei a mia volta, percependo i suoi dubbi come acido sulla pelle. Le stavo mentendo, era vero, ma non per i motivi che immaginava lei. Tuttavia non avevo nessuna intenzione di chiarire l’equivoco. Che cosa avrei dovuto dirle? Che non avevo ucciso il Templare per pietà? E per lo stesso motivo non lo avevo portato al Covo? Mi avrebbe preso per folle e in fondo tale mi sentivo io stesso. Io non avevo mai provato nulla del genere, avevo picchiato, torturato, ucciso e nessun incubo era venuto mai a tormentare il mio sonno… almeno fino a prima di conoscere lei. Era Ares il motivo di questa confusione, era lei che aveva risvegliato un altro mostro dentro di me… uno Shay che non avevo mai conosciuto e che mi faceva tremendamente paura.
    “Non mi credi?” la sfidai con lo sguardo e la voce, un sorriso sghembo sulle labbra e i pugni tanto stretti da sentire le unghie conficcarsi nella carne nonostante i guanti. Ero certo che anche lei aveva lasciato andare la fuggitiva, la sua reazione al mio sopraggiungere me ne aveva dato la certezza. Eppure non le rigettai contro quella convinzione, perché in fondo della missione mi importava poco o nulla, volevo lei… solo lei. Era doloroso, anzi scioccante, ammetterlo ma i suoi meravigliosi occhi titubanti nei miei riguardi facevano molto più male di una spada conficcata nel petto. Ma non lo avrei dato a vedere, avrei tenuto tutto celato dietro la mia fedele maschera di strafottenza. L’unica che ancora mi impediva di crollare.
    “Come pretendi che possa crederti ancora?” Ecco l’ennesima pugnalata. Eppure continuavo a sperare che potesse finalmente cambiare idea su di noi, sul nostro futuro.
    “Ares… pensavo che ormai ti fosse chiaro cosa, o meglio chi voglio. Non mi interessa nulla dei Templari o degli Assassini. Non mi interessa dimostrare a nessuno la mia lealtà. Se sono tornato qui è solo perché penso, anzi, sono certo che per noi due c’è ancora una possibilità!” La mia voce si era fatta improvvisamente roca, quasi implorante. La mia maschera non aveva retto a lungo, non davanti a lei, mentre i palmi dolevano sempre di più sotto la pressione delle unghie. Stavo mettendo in piazza ciò che ancora provavo e temevo un suo rifiuto molto più di un’imboscata del nemico. Presi un respiro profondo e confidai nei sentimenti che Ares, un tempo, aveva provato per me. Poi, feci un salto nel vuoto, un salto senza protezioni, un salto in un abisso che avrebbe potuto inghiottirmi e distruggermi, oppure accogliermi e sanarmi. “Sposami!” dissi allora, ancora una volta il tono era deciso, mentre compivo due ampi passi verso di lei. La distanza fra di noi si dimezzò sensibilmente ed io ebbi la sensazione di ricominciare a respirare dopo un’eternità. Era il suo profumo a farmi quest’effetto. “Scappiamo via insieme, viviamo la vita che abbiamo sempre sognato quando eravamo semplicemente Ares e Kevin. Tu… tu mi hai fatto intravedere chi posso essere davvero, anche se mi mette una paura fottuta, voglio scoprirlo insieme a te. Voglio averti al mio fianco e al diavolo il resto del mondo!” Azzerai la distanza che ci separava ancora e le presi il viso tra le mani indolenzite. Occhi negli occhi, ecco come volevo ricevere la risposta a quanto le avevo proposto. Un semplice no o un semplice sì. Mi avrebbe ucciso o salvato?


    Edited by KillerCreed - 28/4/2019, 23:40
     
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    Non avevo risposto, semplicemente ero rimasta in silenzio e così avevo fatto fino al nostro ritorno alla Confraternita dove con Bayek ed Altair mi ero preoccupata di fare rapporto di ciò che era successo e come accadeva spesso in quei casi, non fidandosi ciecamente di Shay, questo era avvenuto in separata sede. Prima io avevo parlato con loro e poi lo aveva fatto Shay, in separata sede. Inutile dire che non avevo tralasciato nessun dettaglio ben sapendo che non potevo ignorare le cose importanti che la giovane mi aveva detto e tanto meno i miei dubbi su Cormac e sulla sua fedeltà all'ordine.
    Quando fu il suo turno di entrare io mi spostai nella piazza d'armi dove seduta su un muretto fissai gli altri Assassini allenarsi non riuscendo a fare a meno di rimuginare su tutti i pensieri che mi assalivano.
    Phobos e Deimos erano appollaiate poco lontane intente ad osservare il giovane Frye allenarsi a petto nudo, ben conscia di come quelle due cornacchie stessero lì a fargli il filo, una cosa che mi fece sorridere prima di voltare il mio capo verso l'orizzonte dove con le sue ali spiegate Senu, in tutta la sua maestosità, mi veniva incontro prima di appollaiarsi al mio fianco.
    Con gli occhi lucidi e le labbra torturate dai denti incapace di lasciarmi andare al pianto che sentivo crescermi dentro, sentivo tutto il suo appoggio, la sua capacità di ascoltarmi... come mille volte aveva fatto in passato, quella sorella che mi era mancata come l'aria che respiravo.
    "Lo so ed è esattamente questo ad uccidermi..." gli risposi prima di accarezzarle il capo ed avvicinandomi con le labbra posandogli un lieve bacio sullo stesso, ringraziandola come sempre per esserci, per essere al mio fianco e conformarmi. Cercai di sorriderle a fatica e poi mi allontanai in attesa di Shay che incontrai poco dopo nei corridoi, appena uscito dall'incontro con Altair e Bayek.
    Sorridente mi venne incontro, mentre io lo indirizzai verso una delle grandi terrazze del Covo che dava sul paesaggio assolato e roccioso.
    "Hai pensato alle mie parole?"
    Mi chiese avvicinandosi e portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
    "L'ho fatto" risposi greve.
    Avevo pensato molto alla gioia che essere solo Ares e Kevin mi aveva dato, a quell'amore puro e a quella storia che non avevo mai nemmeno lontanamente osato immaginare, ma poi mi ricordavo che tutto quel periodo della mia vita era stato artificiale. Quando lui mi aveva avvicinato non lo aveva fatto per amore e gran parte di quello che avevamo vissuto era stato solo parte di un grande piano per carpire informazioni. Nulla di più e nulla di meno.
    L'amore era stato solo un imprevisto, bellissimo ed intenso, ma solo questo.
    "Se mi amassi come dici, non avresti fatto molte cose... molte delle quali non riesco a perdonarti..." dissi cercando di mantenere la mia fermezza "Ricordi durante la Crystal's War? Hai usato una delle Gemme per costringermi al tuo lato, non mi hai dato possibilità di scelta. Mi hai soggiogato, mi hai costretto contro la mia stessa famiglia..."
    "Non è stato uno dei miei momenti migliori, lo ammetto, ma... sono qui ora no? Ho fatto una scelta..."
    "Una scelta egoistica! Sai a me non è mai importato realmente quale fosse la tua fazione... se solo ne avessi avuta almeno una..."
    "E' questo il problema? Pensavo che non importasse. Ares qui si tratta di noi, di quello che proviamo uno verso l'altro non per chi o cosa combattiamo"
    A quella frase sorrisi abbassando il capo, ma non era una risata ironica o divertita, era una risata amara. Era la conferma, dolorosa, che lui non mi conosceva. Che lui si era innamorato dell'Ares che gli avevo mostrato, quella che credendo di stare con un umano cercava di apparire tale, in parte nascondendo sè stessa, ma quella non ero io. Era solo una piccola parte di me.
    "E' qui che ti sbagli! Io sono cresciuta con l'onore delle armi. Orgogliosa di essere una combattente di Marte... una Guerriera... fa parte del mio DNA, delle mie origini, della mia storia... Tu sei esattamente il tipo di soldato ignavo che sul mio pianeta ripudiavamo. Essere come te, equivaleva ad essere una vergogna per la nostra razza e non c'è niente di più umiliante per un marziano che perdere il proprio onore" le mie parole risuonavano dure, mentre stringendo i denti parlavano con la voce tremante e gli occhi lucidi di dolore.
    Lui gettò il capo all'indietro decisamente infastidito dalle mie parole, ma anche divertito.
    "Ma io non sono un marziano, non me ne frega niente di queste cose!"
    "Ma io sì! A me importa! Ti amo Shay, ma l'amore non è abbastanza, non per me... se solo tu fossi stato sincero fin dall'inizio... Io alla fine sarei rimasta al tuo fianco. Saresti stato un mio nemico, sì... ma ti avrei riconosciuto il valore di combattere per quelcosa in cui credevi, seppur quel qualcosa era diverso da ciò in cui credevo io. Sarei stata orgogliosa della tua lealtà al tuo esercito... e ti avrei sposato nonostante tutto e tutti..." ed ero certa che lo avrei fatto ad occhi chiusi.
    Sorrisi a quell'immagine, a quella possibilità, ma tornando presto con i piedi per terra e sapendo che era solo un sogno.
    "Tu mi chiedi di fuggire via, di vivere finalmente libera dalle mie costrizioni e dai miei poteri... ma non capisci che è come se ti complimentassi con un uomo per aver perso un braccio o una gamba... Io sto soffrendo Shay... non avere più i miei poteri come una volta, essere una Guerriera a metà mi dilania dentro... sono nata con la spada in mano e questa situazione mi fa sentire impotente... triste..." e lo dissi ormai incapace di contenere le lacrime piangendo tutto il mio dolore quello che riservavo a me stessa, chiusa in camera e stretta ad un cuscino.
    "Ho bisogno di qualcuno che mi inciti a non mollare, a combattere per riprendermi ciò che ho perso... che mi spinga a riottenere tutto, perchè per me combattere e per farte di un esercito è la linfa vitale che motiva i miei giorni... e tu? Tu mi chiedi di scappare? Di godere di una situazione per me di disagio ed handicap?" gli chiesi ora mossa dalla fiamma dell'ira.
    "Tu dici di amarmi, e forse è anche vero, ma il tuo modo egoistico di farlo non è quello che io voglio... quindi NO Shay... non voglio sposarti ed ad essere sincera non voglio nemmeno che tu rimanga qui... stai prendendo in giro gli Assassini come hai preso in giro a me... Se sei un ignavo, un mercenario senza padrone... dovresti allora abbracciare il tuo vero sè stesso ed esserlo... chissà che forse per la prima volta in vita tua non sarei fedele a qualcosa..." conclusi con la mascella ben serrata prima di superarlo ed andarmene.
    Dentro sentì il cuore creparsi, frantumarsi e poi tutti i pezzi trafiggermi come spilli mentre il dolore più forte mai provato in vita mia mi faceva provare brividi fin lungo alla schiena.
    Volevo solo piangere fino ad non avere più forze, addormentarmi senza sognare i suoi baci e strapparmi da dentro l'amore che per lui provavo. Ma no. Alzai il capo e camminai orgogliosa. Ero Ares. Duchessa di Marte. Figlia di Zeus ed Hera. Guerriera e Campionessa di Marte. Ecco chi ero. Ecco chi non avrei mai dimenticato di essere.
     
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