Present Day #2019: Mars

Season 3

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    :Bayek:
    Dal mio risveglio tutto si era rivelata una dura strada in salita ove ero stato posto al centro di una Confraternita che avevo contribuito a creare, ma che era assai diversa dalle polveri in cui l'avevo vista nascere.
    Mi era parso giusto e onorevole narrare agli adepti di Amunet, della donna che un tempo era stata mia sposa e poi si era trasformata in una delle colonne portanti della creazione degli Assassini. Narrare la nostra storia aveva posto al centro un tema importante, su cui basare quella nuova rinascita della Confraternita, e ciò in che modo approcciarvi. Amunet aveva rinnegato il suo passato, la sua famiglia ed il suo nome perchè credeva che era solo distaccandosi dalla sua vecchia vita che avrebbe potuto, senza legami, seguire la via del Credo senza distrazioni. Io ero di idea opposta. Credevo che la famiglia non fosse un ostacolo verso il proseguimento della strada sulla via del Credo, ma il motore stesso del nostro giuramento.
    Altra tematica trattata furono i ruoli all'interno della Confraternita. Personalmente venivo da un ordine gerarchico tipicamente militare e credevo che le definizioni decise fino a quel momento fossero giuste e bilanciate.
    Non sarebbe più esistito un Mentore, ma molti Mentori ognuno a capo di un gruppo ristretto di Assassini che avrebbero così formato tante unità. Sarebbe poi stato istituito un Consiglio dei Mentori che avrebbe pianificato scelte, campagne e discusso le questioni più importanti della Confraternita.
    Erano così nate 4 Gilde:
    -la Gilda di Maat, in onore del Dio egizio personificazione di verità e giustizia, con a capo il Mentore Bayek;
    -la Gilda di al-Ḥaqq con a capo Altair;
    -la Gilda di Firenze con a capo Ezio,
    -la Gilda di Wakan Tanka, in onore del "Grande Spirito" della tribù dei Mohawk, con a capo Connor.
    Rispetto al passato erano state inserite le figure di Assassini Sacerdoti che senza rispecchiare nessuna religione in particolare, si prendevano cura delle anime degli Assassini, oltre che le figure di Assassini Addestratori il cui unico scopo era reclutare adepti ed per l'appunto addestrarli.
    Su tale riforma la Confraternita era rinata, mentre ancora a volte mi sentivo a disagio all'idea di esserne stato il riformatore più importante, confuso dalla fiducia che mi veniva riposta... io che a confronto dei miei compagni Mentori mi sentivo molto meno importante, molto meno preparato, molto meno bravo.
    In tutto quel tempo Ares era stata una guida importante per comprendere quel nuovo mondo in cui mi ero risvegliato, mentre al contempo in sua presenza riuscivo sempre a sentirmi a casa. Nel mio piccolo io avevo cercato di starle vicino e con Senu l'avevano instradata verso il Credo dei Medjay ed umilmente mi ero fatto suo servitore per non smetterla di farla sentire la Grande Guerriera che era.
    Non mancava poi che in presenza del Pozzo di Lazzaro celebrassi Rituali di Iniziazione Osiridea, necessario per ringraziare il Dio che mi aveva ridato la vita e conservare la stessa.
    Vestito solo di un gonnellino di cotone ed in solitaria nella grande stanza del Pozzo di Lazzaro camminavo verso lo stesso seguendo un percorso di candele. Portavo in dono una corona di fiori che simbolo di regalità, potere donavo ad Osiride ed al mondo trascendente vedendola galleggiare nell'acqua.
    Era così che postandomi a terra iniziai ad intonare una litania in egiziano antico per preparare la mia attraversata verso la terra per poi rinascere. Ad ogni cerimonia sempre era presente il sarcofago da cui ero uscito mentre innalzandomi come in trans salivo i gradino della grande vasca del Pozzo di Lazzaro nella quale mi immersi.
    Il bagno purificatore mi rivelava al Dio Osiride mentre innalzando sopra la testa una sua statuetta rituale gli davo la grazia.
    Il rituale era finito ed uscito dalla vasca ero ancora bagnato, mi stavo asciugando con un asciugamano che avevo appena recuperato quando rimasi interdetto, ma lieto, nel vedere Ares di fronte a me.
    L'abitudine ed il rispetto che per lei provavo mi faceva sempre compiere una sorta di lieve riverenza al suo cospetto, ad una Dea che veneravo e rispettavo.
    "E' ammirevole come una volta al mese, ad ogni Luna Piena, tu renda grazie ad Osiride"
    "Non è un obbligo, è un dovere a cui sono fedele... Hai assistito?"
    Lei assentì, palesamene emozionata.
    "Non è un rito comune, perfino io nella mia lunga vita l'ho visto poche volte... è molto emozionante..."
    "Lo è per me sapere che ne sei stata testimone, mia Dea..."


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 1/11/2019, 20:58
     
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    :Ares:
    La guerra era vicino, sentivo il sangue ribollire nelle vene ed il fuoco sacro della battaglia pronto ad accendersi. Come ogni marziano percepivo quando nell'aria qualcosa stava cambiando e dopo la scioccante riunione con Selene oltre che la mossa azzardata di Athena, ora osavo solo immaginare contro a cosa avremmo dovuto scontrarci.
    Eris aveva in mano non solo le sorti del pianeta Terra ed i suoi abitanti, ma dell'intera galassia e dunque impero. Temevo il suo volersi azzardare a risvegliare i Deviati Negati, ma ancor più che sarebbe riuscita a riportare indietro Nyx.
    Noi Eterni avevamo vinto per un motivo, splendevamo per un motivo. I Deviati era solo caos, confusione ed oscurità, mentre noi avevamo sempre garantito un certo ordine con giustizia e libertà.
    Con questi pensieri avevo camminato per i corridoi di Nanda Parbat ed ero giunta senza volere fino al Pozzo di Lazzaro dove incappai in una scena che mi fece venire i brividi. Senu se ne stava appollaiata sul suo trespolo e come me era emozionata di fronte a quella scena.
    Bayek aveva la capacità di farmi sentire sempre a casa, di farmi rivivere pensieri e ricordi lontani e per quanto la mia vita non era stata tutta rose e fiori, lui riusciva a riportarmi alla mente i migliori ricordi della mia infanzia. Della mia casa.
    "E' ammirevole come una volta al mese, ad ogni Luna Piena, tu renda grazie ad Osiride" esclamai quando vedendomi lo vidi avanzare verso di me, ancora bagnato e coperto solo da un asciugamano alla vita. Io che non avevo potuto fare a meno di posare il mio sguardo sul suo corpo scolpito, sulla sua pelle scura tipica della maggior parte dei marziani, sopratutto dei ceti più bassi.
    "Non è un obbligo, è un dovere a cui sono fedele... Hai assistito?"
    Assentì visibilmente emozionata con le braccia ancora conserte, strette sotto il seno. Mi sentivo così stupida. Non era da me sentirmi a disagio o quasi vergognarmi eppure era un'emozione forte che non sapevo controllare.
    "Non è un rito comune, perfino io nella mia lunga vita l'ho visto poche volte... è molto emozionante..."
    "Lo è per me sapere che ne sei stata testimone, mia Dea..."
    Alle sue parole mi morsi un labbro e mi portai una ciocca di capelli dietro l'orecchio prima di sorridere in imbarazzo.
    "Devi smetterla di chiamarmi così..."
    "Perchè mai? Forse ti causa fastidio la mia devozione?" scossi il capo notando la sua sincera preoccupazione, rassicurandolo immediatamente poggiando una mano sul suo braccio che era rigido, ma setoso quanto e tanto il marmo.
    "Ehm... ti spiace se rimango un po' qui con te? Al loft non riesco a stare, mi sono svegliata ed ho vagato un po' per la città arrivando fin qui... la verità è che non riesco a prendere sonno..."
    "Vedo preoccupazione nei tuoi occhi... immagino che le mosse ardite della Dea del Caos non ti facciano dormire sonno tranquilli... anche noi siamo in subbuglio... temiamo per la nostra casa, per la nostra gente..." assentì capendo benissimo il suo rammarico e la sua ansia. Avevo anche io provato quel timore prima di perdere il mio pianeta, ma per lui era peggio. Da poco era tornato a viverci, a respirarne l'aria ed abituarsi ad un mondo che era andato avanti senza di lui...
     
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    :Bayek:
    "Ehm... ti spiace se rimango un po' qui con te? Al loft non riesco a stare, mi sono svegliata ed ho vagato un po' per la città arrivando fin qui... la verità è che non riesco a prendere sonno..."
    Quelle parole mi colpirono come un pugnale in mezzo al petto, infatti – senza rendermene conto – me lo massaggiai come se davvero potesse sanguinare da un momento all’altro.
    "Vedo preoccupazione nei tuoi occhi... immagino che le mosse ardite della Dea del Caos non ti facciano dormire sonno tranquilli… Il suo sguardo amareggiato era uno strazio per me, non riuscivo ben a identificare la “causa” di tanta inquietudine, ma l’istinto mi portava a indagare tra sentimenti non del tutto sconosciuti. Avevo amato in passato, ero stato devoto a una donna e conservavo ancora gelosamente il suo ricordo nel mio cuore… ma con Ares… con lei era tutto diverso.
    Da quando mi ero risvegliato in questa nuova vita, il suo viso aveva accompagnato ogni pensiero, ogni azione, ogni sensazione. Avevo riposto in lei la mia totale fiducia, ricevendo in cambio incredulità e dolce smarrimento. Era stato piuttosto bizzarro vedere sempre più spesso le sue gote arrossarsi per l’imbarazzo e in quei frangenti il mio cuore prendeva a battere furioso. Non ponevo limiti al volere dei Dèi: se avevano deciso di donarmi un fuoco per cui ardere ancora non mi sarei tirato indietro.
    ”Anche noi siamo in subbuglio... temiamo per la nostra casa, per la nostra gente..." Le sue preoccupazioni erano le mie, tutte le gilde di Assassini si stavano preparando a uno scontro campale, si addestravano giorno e notte per farsi trovare pronti a sguainare le loro lame celate al primo segno di pericolo! Tuttavia, in quel momento, non riuscivo a pensare ad altro se non all’oceano in tempesta che Ares tentava di nascondere nelle sue iridi brillanti. Feci un passo verso di lei, alzai la mano e con un dito sfiorai le sue ciglia, le sue labbra semi dischiuse, il suo mento volitivo.
    ”Finché resteremo uniti, non ci sarà nemico che potrà distruggerci. Non temere, mia Dea, abbandona ogni remora, alleggerisci il tuo animo e sorridi. Sei un incanto quando sorridi…” Le sillabe uscirono lente, suadenti, limpide come acqua di fonte. Non intendevo sedurla, non era mio costume, ma notai che Ares si era irrigidita impercettibilmente, nuovamente in imbarazzo per una frase che ritenevo più che sincera.
    ”Cos’è che ti turba? Non credi di essere bella? Oppure è la fonte di questo apprezzamento che ti mette a disagio? Dovrei forse indossare qualcosa per non gravare oltre sulla tua sensibilità?” Avevo parlato con voce dolce, quasi implorante. Sapevo di aver forse chiesto “troppo”, ma avevo bisogno di capire cosa si celasse nell’animo di Ares e – soprattutto – se il mio atteggiamento poteva offenderla in qualche modo.
    Avevamo trascorso molto tempo assieme da quando mi ero tornato alla vita, ma un leggero velo di reticenza pareva tenerla legata stretta a un qualche tipo di convinzione che non riuscivo a decifrare. Ritirai la mia mano e feci un passo indietro, in attesa di una sua risposta. Qualunque fosse stata, avrei rispettato il suo volere… di questo ero certo, ma speravo ardentemente che le sue parole mi avrebbero fatto rinascere e non sprofondare.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 1/11/2019, 20:58
     
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    Voglio essere una macchia colorata in mezzo al grigiume della realtà

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    :Ares:
    Tutta quella situazione mi stava sfinendo. Mi sembrava uno stupido ed orribile deja vù. Un incubo che si stava ripetendo per la seconda volta, e sempre a causa di quella strega di Eris. L’unica arma in nostro possesso per contrastarla era andata distrutta a causa delle macchinazioni di Athena… Se non avessi avuto piena fiducia in quel topo di biblioteca l’avrei già presa a sberle.
    Speravo davvero che avesse ragione lei, perché il solo pensiero di perdere nuovamente tutto mi distruggeva.
    Tutto?
    Guardai Bayek negli occhi. Anche nei suoi leggevo le mie stesse paure… e forse di più?
    Di più? O forse sono io che vorrei vederci qualcos'altro?
    Casa, ecco cosa ci vedevo, o almeno era così inizialmente. Sicuramente il nostro rapporto era cambiato, si era evoluto come mai avrei pensato… ero solo io a pensarlo? A sentire lo stomaco in subbuglio ogni volta che lo vedevo, che incrociavo il suo sguardo? A percepire diversamente il tempo quando stavo con lui? A vederlo sotto un’altra luce?
    Non feci nemmeno in tempo a finire quel pensiero che lo vidi avvicinarsi a me e sfiorarmi il viso con dolcezza e naturalezza.
    ”Finché resteremo uniti, non ci sarà nemico che potrà distruggerci. Non temere, mia Dea, abbandona ogni remora, alleggerisci il tuo animo e sorridi. Sei un incanto quando sorridi…”
    Mi bloccai all’istante, il viso sicuramente paonazzo. Il suo sguardo intenso, la sua voce suadente, il suo tocco delicato. Un brivido mi attraversò la schiena. Credeva veramente in quello che mi aveva detto.
    Allora non sono l’unica a pensarlo.
    Era così strano risentire quelle sensazioni, quei sentimenti… così bello.
    ”Cos’è che ti turba? Non credi di essere bella? Oppure è la fonte di questo apprezzamento che ti mette a disagio? Dovrei forse indossare qualcosa per non gravare oltre sulla tua sensibilità?”
    Mi resi conto solo in quel momento che ero fin troppo rigida, ed infatti avevo dato l’idea sbagliata. Si allontanò di un passo, in attesa di una mia risposta.
    Deglutii. Avevo la gola secca. L’aria si era fatta tremendamente calda… io, che avevo il fuoco di Marte nelle vene, avevo caldo… e sicuramente vederlo con solo un asciugamano addosso non aiutava.
    Aprii la bocca per dire qualcosa… ma cosa?
    Cosa volevo? Cosa volevo dirgli? E lui cosa avrebbe voluto sentire?
    L’unica cosa certa in quel momento era che avevo paura. Paura di essermi affezionata nuovamente a qualcuno. Non volevo che finisse come con Shay. Paura di non essere abbastanza. Paura di come avrei gestito la situazione.
    Mi scervellai su cosa dirgli per qualche attimo -che però a me sembrò un’eternità. Poi arrivai alla conclusione più giusta.
    Non devo dirgli niente.
    Questa volta fui io ad avvicinarmi a lui. Lentamente portai le mani al suo viso, sfiorandogli il mento, gli zigomi, carezzandogli le guance ricoperte dalla barba folta.
    I nostri sguardi erano incatenati l’uno a l’altro, i nasi si sfioravano. Sentivo il suo respiro caldo sul mio viso.
    Fu così che poggiai le mie labbra sulle sua, in bacio profondo ma di una dolcezza infinita.
    Sentii le sue mani posarsi prima sui miei fianchi per poi avvolgermi fra le sue braccia.
    Mi resi conto solo allora di quanto avessi aspettato quel momento.
     
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    :Bayek:
    Dopo quel bacio inaspettato e dal sapore inebriante di maraschino, io ed Ares non avevamo avuto più modo di passare del tempo assieme almeno fin quando non c'era stato il gravoso e triste attacco verso gli Assassini che ci aveva costretto a fuggire e rifugiarci, più occulti che mai, addirittura su pianeti alieni. Come sempre il passaggio attraverso lo specchio fu terrificante quanto inebriante.
    Ciò che era successo era qualcosa di indescrivibile qualcosa che nemmeno nella mia epoca avevo visto accadere. Avevo sentito racconti e miti circa l'ira degli Dei, ma vederla in atto fu devastante ed ancor più perchè avevano colpito ciò che di più sacro esisteva: la libertà. Avevano privato il nostro piccolo, ma amato mondo, dei suoi guardiani ed ora vacillava quanto mai prima.
    Il tempo su quei pianeti passava in modo molto diverso e gli Imperatori concordavo con noi che non si poteva rischiare che mentre noi ci riorganizzavamo, magari in giorni o settimane, sulla Terra passassero anni nei quali i nostri nemici avrebbero potuto mettere radici e così usando i Cristalli sacri che erano soliti indossare, crearono una grande bolla temporale che avvolse tutto il Sistema Solare interno. Per poco meno di 3 mesi il tempo sarebbe passato uguale sulla Terra come su tali pianeti, quello era il tempo che avevamo per agire, oltre il quale saremmo stati sconfitti.
    Io e la mia Gilda ci spostammo su Marte, dove venimmo accolti con onori e gloria ed un'immensa festa inaspettata. Ares mi raccontò che loro davano grandissimo valore ai Guerrieri ed all'arte della Guerra e lei aveva raccontato al suo popolo del loro valore così che su Marte gli Assassini erano diventati leggende a cui aspirare. Ma il dono più bello era stato camminare per le strade della capitale e ritrovare tutto ciò che mi apparteneva e tanto mi mancava.
    Piramidi, geroglifici, sapori, odori e la gente. La loro pelle, così simile alla mia, era rossastra come il deserto e seppur i loro occhi apparivano più scuri e profondi, c'era tanto del mio amato Egitto lì. Ares mi aveva portato in giro tutto il pomeriggio fino ad accompagnarmi nella caserma e lì farmi conoscere i Medjay. Rimasi sorpreso di tale termine e lei mi aveva confidato che essi erano l'esercito di Marte che, nel loro breve periodo sulla Terra, avevano tramando la loro conoscenza ai miei avi così che diventassero parte della mia cultura.
    Tutto fu stupefacente, dai templi, alle strade, alle persone... ma fu a corte che rimasi alquanto colpito dalla normalità che vi regnava. Ares era una regnante assai diversa dai faraoni che ero stato solito vedere, mentre i loro animali sacri non erano gatti, ma volatili che provenivano da un pianeta feudo di Marte. In esso le femmine divenivano Guerriere e le più valorose servivano la famiglia reale, oltre ad essere le uniche che potevano trasfigurarsi in donna. Tutto ciò mi affascinò e per un momento quasi mi spaventò quando alla grande festa vidi Senu che, appollaiata sul suo trespolo, si ridestò nel momento che la sorella di Ares fece il suo ingresso con il proprio Compagno Alato. Anche quello si agitò e volando incontro l'una all'altra presero la loro forma umana abbracciandosi forte.
    Mi emozionai. Erano così umane. E Senu era così bella. Sempre avevo percepito la sua bellezza ed umanità ma vederla mi scosse.
    "Madre pensavo che non vi avrei più rivista..." asserì Horus con il capo appoggiato sul petto di Senu che la cullava. Entrambe erano in lacrime.
    "Anche io bambina mia... ma sapevo che te la saresti cavata... sono così orgogliosa di te" pronunciò Senu con voce profonda accarezzando il volto della giovane.
    Phobos e Deimos accanto ad Ares avevano gli occhi lucidi.
    "Non sapevo Senu avesse una figlia" esclamai ancora emozionato davanti a quella scena, ricordando a come mi era stata vicina dopo la perdita di Khemu e come avrei voluto fare io con lei se lo avessi capito prima chi fosse ed avessi conosciuto la sua storia.
    "Dopo la distruzione di Marte si sono perse... pensavano entrambe l'un l'altra che fossero morte... ed invece... Devi essere una grandissimo Medjay se Senu, dopo la morte di mio padre, ti ha scelto come Campione. E' rimasta al tuo fianco, non ti ha mai abbandonato... avrebbe potuto farlo, sai per cercare Horus..." mi raccontò Iuventas che aveva preso posto di fronte a me, io che ero seduto accanto ad Ares al grande tavolo imbandito nella sala delle feste del palazzo insieme alla corte e a tutta la mia gilda.
    "Lo è Iuventas..." aggiunse Ares appoggiandomi una mano sul braccio e sorridendomi, un gesto che non passo inosservato alla sorella ed ai suoi Compagni Alati che guardandosi ridacchiarono tra loro. Improvvisamente però Iuventas si sbracciò, nel suo solito modo di fare sgraziato, intenta a richiamare qualcuno.
    "E lui che ci fa qui?" chiese Ares quasi infastidita dalla presenza di Toth.
    "E' mio amico, oltre che il mio addestratore... non capisco perchè non vi sopportiate! Su su non fare storie! Ehi Toth! Toth! Sono qui vieni unisciti a noi!" osservai le due sorelle quasi divertito per poi scambiarmi un cenno silenzioso con il guerriero che di poche parole sembrava un pesce fuor d'acqua.
    Ares alzò gli occhi ed infastidita si alzò allontanandosi al che decisi di seguirla. Sull'ampia terrazza era intenta ad osservare il paesaggio con la stessa devozione ed attenzione con la quale io fissavo lei.
    "Da quanto provi dei sentimenti per me?" mi chiese improvvisamente. Dal nulla. Lo fece con naturalezza mentre voltandosi mi affrontò. Vis-à-vis.
    "Mesi... probabilmente da quando ho aperto gli occhi e ti ho vista. Li ho seppelliti. Eri già promessa ad un altro. Eravamo amici. Non era giusto. Così li ho seppelliti o almeno ci ho provato. Ma vederti ogni giorno, vedere il fuoco che hai dentro, la vitalità... sono riemersi... Ma questi sentimenti hanno senso solo se ricambiati, altrimenti sono un'imposizione... nè chiesta nè voluta..."
    "Bayek... siamo tutti su una via che conduce sempre alla sofferenza, non possiamo permetterci di perdere tempo scioccamente..."
    Un sorriso amaro mi si dipinse sul volto. Lei aveva amato profondamente ed era stata delusa. Io avevo fatto lo stesso ed avevo subito la stessa delusione.
    Ammiravo Aya per ciò che aveva costruito, meno della strada che aveva scelto di intraprendere. Io credevo nella nostra famiglia quanto nella confraternita ed ero sicuro che il nostro amore sarebbe stato il carburante del nostro credo. Lei credeva che bisognasse rompere ogni legame e ricominciare da zero, senza impedimenti, per essere un vero Occulto.
    "Sono certo di amarti da prima che ti conoscessi... Mia Dea... Mio fuoco che mi ha riportato alla vita..." esclamai scandendo ogni singola parola ed ad ognuna di essa compiere un nuovo passo, uno che mi portava da lei. Vicino al suo corpo. Alla sua bocca. Una mano sul fianco. L'altra sul viso. Le labbra vicine e un bacio nascere spontaneo. Potente. Passionale. Dolce. Romantico.


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    Tornare su Marte aveva sempre uno strano effetto su di me. Mi sentivo un po’ come se camminassi sui carboni ardenti e non solo perché quello era il pianeta del fuoco. Continuavo a sentirmi fuori posto, i sensi in allerta, i muscoli tesi. Eppure non avevo nulla da temere. Nessuno conosceva il mio passato, chiunque avrebbe potuto riconoscermi doveva ormai essere morto e sepolto, oppure troppo vecchio per uscire per strada. Eppure, non ero tranquillo. Marte non era più la mia casa e forse non lo era mai stata.
    Ero ormai rassegnato, il mio umore non era destinato a migliorare dopo la scena a cui avevo assistito tra Pandia e quell’Assassino. Se ci ripensavo il sangue ribolliva nelle vene e il respiro veniva meno, ma dalla mia espressione non traspariva nulla. Ero il generale dei Moon Nights, addestratore e amico di Iuventas, per questo adesso mi trovavo a varcare l’enorme sala da pranzo del Palazzo Reale. Decenni prima nessuno avrebbe mai scommesso un soldo bucato sulla mia persona, invece ora mi trovavo alla mensa di illustri personaggi. Nonostante sapessi che non avevo più nulla da temere, mi sentivo braccato, un vero pesce fuor d’acqua, lontano dalla Luna, il pianeta che ormai avevo imparato a chiamare casa. Non avevo voglia di rimuginare su queste sottigliezze che mi facevano sentire debole e la scusa per deviare il corso dei miei pensieri l’ebbi subito a portata d’occhio.
    Proprio mentre facevo qualche passo verso il centro della sala, assistetti alla trasfigurazione in donne di Horus e colei che immaginavo fosse sua madre, Senu. Fino a poco tempo prima, tutti credevano fosse morta, ma non era così e quella notizia aveva rinfocolato la felicità nella famiglia reale, molto attaccata ai loro Compagni Alati. Assistere a quell’incontro fu magico, ma riuscii ad osservarle per appena qualche attimo, poi lo sguardo deviò nuovamente, questa volta verso il vuoto. Mi sentivo un ladro di emozioni, gioivo per loro, ma nello stesso tempo ero invidioso. Non si trattava di quell’invidia malsana che ti avvelena il sangue e ti ruba l’anima, no… si trattava di desiderio, brama, voglia infinita di potersi riunire alle persone care. Avevo vissuto da solo per tutta la mia esistenza precedente e continuavo a vivere solo in questa nuova esistenza, ben sapendo di avere al mio fianco le persone a me più care. Guardai così Iuventas ed Ares. Strinsi forte i pugni e serrai la mascella. Erano mie sorelle ma non lo sapevano neppure…
    “Generale…” Una voce improvvisa mi fece alzare di scatto lo sguardo e di istinto chinai nuovamente il capo in segno di rispetto. Horus si era avvicinata a me, era la prima volta che la vedevo in forma umana e la sua grazia non era affatto diminuita. In forma di aquila era snella, affilata, arguta. In sembianze umane era addirittura bella, benché un po’ impacciata. Era chiaro che non era abituata a muoversi in un corpo dotato di gambe e braccia, tuttavia la sua natura solare era ben marcata da un fulgore dirompente che si sprigionava dall’intera figura. Fulgore che feriva le mie iridi, abituate ai bagliori fiochi della Luna.
    “Non hai bisogno di porgere a me i tuoi rispetti, generale, su questo pianeta sei un amico non un soldato…” Non capivo perché si fosse avvicinata a me, non la conoscevo bene e non sapevo come comportarmi. Era un personaggio molto ben visto alla corte di mia sorella Ares, perciò mi era venuto naturale offrirle i miei rispetti.
    ”Un soldato è sempre un soldato, ovunque vada…” mormorai piano, rialzando il viso con cautela, giusto in tempo per vedere su Horus una strana espressione. Sembrava… imbarazza? ”Perdonami, non volevo essere sgarbato. È solo che tutta questa… luce, mi rende nervoso…” Ed era la sacrosanta verità. Ecco un altro motivo per cui muovermi su Marte mi irretiva.
    “Oh, mi dispiace…” Horus diminuì all’istante il suo rifulgere e le fui eternamente grato. Potei così osservarla meglio. I suoi occhi erano neri come l’abisso, la sua pelle scura pareva seta d’oriente e i suoi capelli intrecciati al pari di complessi arabeschi…
    “Ehi Toth! Toth! Sono qui, vieni, unisciti a noi!”
    Iuventas stava cercando di farsi notare da me, come se con tutto quello sbracciarsi avrei potuto mai ignorarla. Mi scappò un piccolo sorriso, uno dei rari che mi concedevo e Horus – ancora al mio fianco – sorrise a sua volta, come se avesse appena assistito a un qualche miracolo divino.
    ”Sono felice che tu abbia potuto riabbracciare tua madre, vi auguro il meglio dal profondo del cuore…” Ed ero dannatamente sincero. Mi inchinai ancora una volta in segno di commiato e mi avviai verso Iuventas che mi attendeva scalpitante sulla sedia. Quando avrebbe imparato a stare seduta composta, forse avrebbe potuto anche osservare senza problemi il rigido protocollo di corte che – al momento – sembrava per lei un vero tabù. Ricambiai con un gesto rispettoso il muto saluto di Bayek di Siwa, un Assassino valoroso che avevo imparato a stimare come pochi altri: un vero combattente, di quelli che mettono la propria vita in pericolo purché quella dei propri cari non venga neppure scalfita… ed ero felice che fosse al fianco di Ares. Non era un nobile marziano, eppure… per un attimo pensai ad Ezio Auditore e un moto di fastidio mi punse la gabbia toracica. E se fosse accaduto lo stesso a Pandia?
    “La festa è iniziata da un bel po’, ma quanto ci hai messo ad arrivare? Con il mio specchio ci avremmo messo molto meno!” Iuventas mi ricordò la sua presenza con la sua voce squillante, prima di imbronciarsi nel vedere sua sorella Ares alzarsi dal tavolo proprio mentre io mi accomodavo. Era infastidita dalla mia presenza. Avevo notato più volte il suo atteggiamento astioso nei miei confronti, mal sopportava il rapporto che Iuventas aveva instaurato col sottoscritto. Rapporto che – segretamente – desideravo si creasse anche con Ares stessa… ma sapevo che non sarebbe accaduto tanto presto. Anzi, forse mai.
    ”Non prendertela, Iuventas. Tua sorella ti ama…” dissi pacato, osservando la Guerriera di Marte procedere con passo spedito fuori dalla sala, seguita subito dopo dall’Assassino.
    “E allora perché non ti approva? Insomma, io ti voglio bene come a un fratello dovrebbe essere sufficiente per far parte di una famiglia!” Mi irrigidii all’istante. Il cuore prese a battere impazzito. Il respiro si fece affannoso. Le parole di Iuventas, benché dettate dalla sua esuberante ingenuità, avevano scatenato un abisso di dolore e gioia dentro di me. Fui tentato di farle una carezza sul bel volto indispettito, ma mi trattenni. Non potevo osare tanto. Imposi alle mie emozioni di sedarsi.
    “Hai visto Pandia, oggi?!” Altra pugnalata in pieno petto. Iuventas aveva già cambiato argomento e – soprattutto – espressione. Il cipiglio si era trasformato in malizia. Era incredibile! Perché adesso mi chiedeva della Principessa? Non solo non risposi, feci invece vagare lo sguardo fra i commensali per distrarre ancora una volta la sua attenzione. Notai che lo sguardo di Horus su di me, ma lo distolse immediatamente. Si era nuovamente tramutata in una fulgida aquila dorata… Una decisa gomitata della Guerriera al mio fianco mi costrinse a guardarla di nuovo.
    “Quando deciderai di dichiararti sarà troppo tardi! Questo è il momento di agire, zuccone!” La fissai attonito, inorridito, incapace persino di respirare…
    ”N…non capisco cosa vuoi dire… ma cosa diamine ti salta in mente?!” Avevo alzato un po’ troppo la voce, tanto che alcuni vicini si voltarono nella nostra direzione, sorpresi. Io non ero abituato a perdere il controllo. Non ero abituato ad essere sotto esame e al centro dell’attenzione. Non ero abituato a parlare in quel modo a una Principessa! Presi un respiro profondo e fissai il mio sguardo in quello di Iuventas. Lei non mollava, non sembrava voler mollare, dannazione!
    ”Non sono argomenti che ti riguardano, Iuventas, ti prego di non entrare nel merito…” sibilai. Non volevo essere ingrato nei confronti della persona che - in sostanza - mi aveva chiamato fratello. Tuttavia, allo stesso tempo, non volevo ingerenze nella mia vita e forse per questo ero destinato a rimanere solo. Per sempre.


    Edited by KillerCreed - 25/10/2019, 20:31
     
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    Thot riusciva sempre a indispormi quando ci si metteva con i suoi modi da burbero eremita. Un eunuco aveva più attività sessuale del Generale dei Moon Knight, ne ero certa! Non capivo perché diamine non poteva finalmente dichiarare il suo amore per Pandia! La fissava come se lei fosse fatta di gustoso miele e lui fosse l’orso più goloso dell’universo. Ok, era la sorella dell’Imperatrice; ok, lui non era nobile; ok, Pandia aveva uno stuolo di pretendenti a dir poco blasonati; ma cosa significava tutto questo di fronte al sentimento vero?! Ero certa che Selene non avrebbe fatto una piega se fosse venuta a sapere di tutto ciò… per Endymion, beh… Endymion era un altro paio di maniche, meglio non pensare a lui!
    Bevvi un sorso dal mio fedele calice, mentre seduta al grande tavolo imbandito rimuginavo sulla discussione appena avuta con il Generale. Dopo la sua ultima frase in pieno stile grizzly si era allontanato di gran carriera, abbandonando una festa a cui era appena arrivato! Tipico… quando c’era da festeggiare sul serio, ecco che mi ritrovavo sola come un pulcino abbandonato. Sbuffai con poca grazia, tanto che attirai nuovamente gli sguardi di qualche vicino un po’ troppo impettito. Volevo divertirmi con Ares, Thot, Bayek, volevo dimenticare per qualche minuto che non eravamo sull’orlo di una guerra.
    Ma perché nessuno mi dà retta? Mi sentivo un po’ depressa e non era da me… no, decisamente non era da me. Così tornai a concentrarmi sui commensali e gli occhi mi caddero su Horus, adesso di nuovo in forma di meravigliosa aquila dorata. Sua madre si era allontanata un attimo, così approfittai per avvicinarmi: avrei potuto risollevare il mio morale e, chissà, magari anche il suo! Conoscevo Horus da decenni e avrei riconosciuto quello sguardo assorto tra mille… Sapevo che, nonostante fossimo ottime amiche, c’era sempre stato qualcosa che si tratteneva dal confidarmi.
    ”Ciao Horus, ti offrirei un bel calice di ambrosia se fossi in forma umana, secondo me potrebbe fare bene al cuore? Le pene d’amore non sono facili da gestire…” La mia voleva essere una semplice battuta, più scherzosa che altro, ma il sussulto che le vidi fare fu sconcertante: stava per cascare dal tespolo d’oro su cui era appollaiata.
    “Iuventas! O santi numi, mi hai fatta… spaventare…” La voce di Horus esplose nella mia testa così forte da farmi stringere la mandibola e sentirla scricchiolare. Era spaventata, sul serio, ma non per la mia presenza improvvisa. Che soffrisse davvero per amore? La vidi trasfigurarsi in donna in qualche attimo, avvicinarsi al tavolo e afferrare il primo calice a portata di mano. Lo vuotò in un fiato.
    ”Ehi, ehi, vacci piano! Non vorrai mica ubriacarti e svolazzare poi senza meta, singhiozzando pure?!” Non so perché ma mi fece tenerezza, il suo sguardo smarrito, il viso un po’ pallido nonostante la carnagione scura, le gambe malferme. “Non volevo metterti paura, perdonami!” Le diedi un veloce abbraccio e la guardai con attenzione.
    “Ma no, scusami tu, ero soprappensiero.” si giustificò, ma io non mollavo tanto facilmente.
    ”Sicura di stare bene?” La feci sedere su una panca e mi accomodai al suo fianco con un profondo sospiro. ”Con me puoi parlare!” E la sensazione che mi nascondesse qualcosa tornò subdola a punzecchiarmi. Temevo che non mi considerasse all’altezza. ”Ok, non sono quel che si prenderebbe come esempio di finezza, ma sono una buona ascoltatrice!” La incoraggiai, senza però avere molta fiducia nella sua reazione. Sembrava una farfalla chiusa nel suo prezioso bozzolo, nonostante in forma umana brillasse come una stella. Horus lasciò vagare gli occhi per la sala, mentre si torceva le mani, sembrava una bambina messa all’angolo… ma un altro suo sussulto mi costrinse a seguire la direzione in cui ora puntavano le sue iridi di pece. Sulla grande porta d’entrata era spuntato, anche se solo per pochi attimi, la figura di Thot. Aveva parlato brevemente con un ufficiale dell’Esercito marziano e si era dileguato ancora una volta. Horus aveva gli occhi sbarrati e no, nessuna parola avrebbe potuto spiegare meglio di quello sguardo ciò che albergava nel cuore di Horus. Ebbi un fremito e se prima ero un po’ depressa adesso il mio umore era finito sotto gli stivali: avevo intuito la portata della scena a cui avevo appena assistito. Horus mi guardò, triste e imbarazzata, tornando subito a fissare le sue mani intrecciate.
    ”Mi dispiace… mi dispiace tanto…” mormorai piano, avvolgendola in un abbraccio che sperai avrebbe potuto portarle un po’ di conforto. Anche se, lo sapevo bene, non esisteva consolazione per un amore impossibile.
     
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