The War of the Deviated

Series Finale Season 3

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    Annarita
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    :Adrian:
    Ero sconcertato, attonito, furioso. Non sapevo esattamente contro chi o cosa avrei dovuto rivolgere la mia rabbia, ma avevo la netta sensazione che quanto stava accadendo non avrebbe davvero “cambiato il mondo” nel senso in cui io intendevo. Sì, avrei voluto vedere distrutte le aliene; sì, avrei voluto vedere gli Assassini finalmente in un angolo, incapaci di metterci il bastone tra le ruote; sì, avrei voluto un mondo diverso, dove regnasse la libertà dell’individuo… che fosse Deviato o Umano aveva poi così importanza? Forse mi stavo semplicemente raccontando una dannata favola. Mi morsi il labbro inferiore e un gocciolina di sangue rigò il mio mento volitivo. Con il dorso della mano la strofinai via, solo allora mi accorsi di quanto i miei gesti fossero stizzosi. Il mio corpo era teso all’inverosimile, la terribile sensazione di stare procedendo verso un baratro più vasto e orribile di quello in cui già vivevo non mi lasciava tregua. Il mio sguardo saettava nel grande cortile del Trinity College, gremito di persone con cui mai avrei pensato di collaborare. Avevo blindato ogni accesso, avevo dato disposizione al nostro esercito di sorvegliare con doppie e triple ronde, coprendo un raggio di un chilometro. Un’esercitazione, ecco cos’avevo inventato per coprire le azioni di quei dissennati. Non credevo che sarei mai arrivato a mentire ai miei uomini, ma non c’era stato tempo di “prepararli”.
    Da quanto Hybris mi aveva svelato i piani della sorella, gli eventi si erano rincorsi fulminei come lampi di un temporale estivo. Come far capire a semplici umani che avrebbero dovuto votare la propria lealtà agli stessi esseri a cui avevano dato la caccia fino al giorno prima?! E chissà come avrebbero reagito se avessero scoperto che il loro integerrimo capo era uno di loro?! Scacciai quel pensiero e tornai a concentrarmi sui i miei “compagni di avventura”. Hybris si muoveva lesta e sicura al fianco di Ophelia e Morgan, mentre preparavano il rituale che avrebbe consacrato Rhea come ricettacolo. Eris supervisionava ogni dettaglio con sguardo folle e pregno di odio. E rabbrividii. Erano gli stessi occhi che avrei visto se mi fosse guardato in un specchio? Haytham Kenway era accanto alla moglie, notai il suo evidente nervosismo ma non capivo bene a cosa fosse dovuto. Dopo che Hybris aveva svelato tutte le menzogne che mi aveva rifilato, non lo avevo degnato neppure di una parola che non fosse strettamente connessa alla messa in sicurezza del perimetro. Templari e Trinity presidiavano il circondario per prevenire qualsiasi attacco degli Eterni o degli Assassini. Il rituale doveva svolgersi senza interruzioni o non sarebbe servito a nulla. Su questo, Eris era stata categorica! Ma quest’alleanza, a dirla tutta, non mi piaceva affatto. Così come non mi piaceva come Morgan ordinava a Ophelia cosa fare. Era eccitato, i suoi occhi più folli di quelli di Eris, si muoveva con scatti meccanici. Se non lo avessi conosciuto avrei detto che fosse sotto l’effetto di qualche sostanza stupefacente, ma ero conscio che la sua follia era insita in lui, non dovuta a nessuna droga!
    Cosa stavo combinando? Volevo gli Eterni distrutti, sì… ma cosa ne sarebbe stata dell’Umanità dopo il risveglio di tutti i Deviati Negati? Questo non avevo avuto il coraggio di domandarlo… Eppure stavo parlando del mio popolo… Ero confuso ed io odiavo la confusione!
    Feci un cenno a Hybris, approfittando di un attimo in cui si era allontanata dal pazzo e da mia figlia. Mi raggiunse in pochi passi e mi donò un sorriso che per un attimo mi fece dimenticare le mie tormentose elucubrazioni. Ma solo per un attimo.
    "Cosa ti turba, Adrian?” Da quando avevamo fatto l’amore e ci eravamo aperti l’uno all’altra, Hybris era capace di leggermi dentro come se fossi un libro aperto. Percepiva i miei stati d’animo e anche questa volta non si smentì.
    ”Ho la sensazione che qualcosa non andrà per il verso giusto” mormorai piano, dubbioso, prendendo la sua mano nella mia. La strinsi forte, quasi come se mi stesse mancando la terra sotto i piedi e lei fosse la mia àncora di salvezza. ”Sento che il mondo a cui stiamo andando incontro non sarà migliore. Certo, gli Eterni diventeranno dei reietti e gli Assassini non interferiranno più con i nostri piani, ma che ne sarà dell’Umanità?” Pronunciando ad alta voce quelle parole, mi resi conto immediatamente della risposta, ma la conferma la ricevetti dallo sguardo di Hybris. Era disorientato, sorpreso: non ci avevano neppure pensato. Nessuno, in quel dannato posto, aveva riflettuto sulle conseguenze che quel maledetto rituale avrebbe gettato sugli Umani. Ebbi un altro brivido.
    ”Non è questo ciò che importa, dobbiamo far rinascere la nostra razza, farla prosperare e renderla libera…” Hybris mi parlò con tono quasi materno, come se si stesse rivolgendo a un figlio ribelle e questo mi sconcertò. Io non ero un figlio ribelle, ero il capo di un’organizzazione che per millenni si era posta a difesa degli esseri umani, lottando contro esseri immondi… esseri come me. Abbassai lo sguardo… non avevo altro da aggiungere… ma dentro mi sentivo terribilmente vuoto. La mia natura non gioiva di fronte a quanto stava per accadere, perché il cuore del vero Adrian McKay era adesso in lutto.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 15/10/2019, 20:44
     
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    Visto da quassù, dalle finestre della camera che dividevamo io e Nike, il mondo sembrava sempre lo stesso: tumultuoso, bramoso e ingordo. Il traffico non rallentava mai, le luci come sirene che tenevano gli uomini svegli e attiravano gli incauti.
    Le luci della stanza erano spente, solo il debole chiarore che arrivava da fuori lasciava intravvedere i profili dei mobili. In piedi davanti all'ampia finestra, a braccia conserte, fissavo quasi ipnotizzato quello spettacolo, tentando di riflettere sulla situazione.
    In sintesi, tutto stava andando a puttane.
    Da un giorno all'altro, verità celate per millenni erano diventate di dominio pubblico, però distorte come un incubo della peggior specie, orchestrate da quella maledetta strega e dai suoi seguaci. Sapere che al suo fianco c'era Haytham era una cosa che mi faceva venire la nausea. Il disprezzo che provavo per lui superava ogni altro sentimento, e cresceva il rammarico di non averlo ucciso con le mie mani, prima che si abbassasse a compiere queste azioni.
    Gli Assassini erano visti come traditori, sottomessi al volere di esseri alieni diabolici, che tramavano contro la loro stessa gente per un tornaconto personale; dei pazzi, degli uomini senza scrupoli.
    Nanda Parbat era caduta. I sigilli che la proteggevano erano stati distrutti, ed improvvisamente era diventata visibile ed... attaccabile.
    Gli eserciti di diversi paesi ci avevano aggrediti e, amaramente, i nostri nemici erano riusciti a fare una cosa che non era mai successa in tutta la storia umana: unire quasi tutti le popolazioni del mondo contro la minaccia, nient'altro che una scusa inventata, di un'invasione aliena. I pochi che non si erano schierati rimanevano neutrali, e non ci avrebbero sicuramente aiutato nel tentativo di ristabilire un po' di obiettività nelle cose.
    Molti fratelli erano caduti per difendere la sede principale della Confraternita. Per dare il tempo a Bayek e Altair di raggiungere la fonte di Lazzaro e di sabotarla, tutti noi cercammo di arginare l'attacco, creando ostacoli, barriere, trappole, per rallentare l'avanzata. Ma erano più numerosi delle formiche, armati fino ai denti, spietati come solo i pirati sanno essere... non facevano prigionieri.
    Fu umiliante ammetterlo, ma capitolammo in meno di un'ora, nonostante gli sforzi di tutti. Alla fine, io e Adewalé rimanemmo isolati e a corto di fuoco, asserragliati dentro una sala secondaria al primo livello.
    “Come ai vecchi tempi, capitano?”
    Ghignai “Facciamo più casino possibile!”
    Quando sfondarono la porta trovarono una sorpresa esplosiva, ma questo bastò a fermarli solo per una manciata di secondi. Nascosti dietro ad una barricata improvvisata, non avevamo altra scelta che attaccare, non ci saremmo fatti stanare come animali braccati. Quando uscimmo allo scoperto, sparando all'impazzata senza mirare gli ultimi colpi in canna, diversi proiettili mi sibilarono vicino, di rimando. Un colpo mi strattonò il braccio, mi piegai per il dolore. Nel fumo e nel caos udivo il rumore di stivali pesanti che si avvicinavano. Poi, una luce accecante sospese lo scontro, e le urla degli assalitori mi riempirono le orecchie come una musica divina.
    Se in tutte le bugie che erano state dette per metterci contro tutto il mondo c'era una fondo di verità, questa era che avrei davvero venerato mia moglie per aver salvato due “criminali” da una morte certa.
    Ma non fu solo Nanda Parbat a cadere. Quasi in contemporanea, anche le altre sedi sparse per il mondo furono annientate. In poche ore, travolti da un attacco frontale ingiustificato e dirompente, la Confraternita era stata spazzata via. Solo pochi di noi, fortunati forse, erano riusciti a vedere il sole del giorno dopo.
    Sulla Terra non c'era più posto per gli Assassini. Ci condannavano per colpe che non avevamo commesso. Le nostre foto, i nostri nomi erano di pubblico dominio, eravamo nella lista dei criminali più ricercati del mondo. Avevano scatenato contro di noi una potenza di fuoco tale da far impallidire quella della Marina Britannica che avevamo affrontato io e Tatch, secoli fa.
    Non avevamo più un posto dove nasconderci. Nulla era più sicuro. Avevo perso la mia villa a Great Inagua, la Jakedaw II, tutto. Era già successo che il mio mondo crollasse, ma ero riuscito a rialzarmi grazie alla fede che avevo riposto nel Credo, come essere umano, e nell'amore per Nike, come uomo.
    Non covavo vendetta per chi ci stava dando la caccia, perché erano manipolati anche loro da Eris. Ed era lei che avremmo dovuto combattere, anche se adesso, fortemente colpiti, dovevamo ritirarci.
    L'unico rifugio segreto che ci rimaneva era l'attico qui a Toronto, ma era solo una questione di tempo, prima che ci scovassero.
    La porta della stanza si aprì, e Nike entrò. Girai la testa verso di lei. Sui nostri visi c'era stanchezza, dolore, angoscia e smarrimento. Alla mia domanda muta, lei annuì: “E' tutto pronto, dobbiamo partire”


    Edited by Illiana - 23/10/2019, 15:25
     
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    Ero solita pensare che se mia madre avesse potuto vedermi sarebbe stata fiera di me, di quella figlia che da sempre aveva scelto come sua prediletta e a cui aveva lasciato in mano le sorti della propria razza. Avevo cercato per millenni di arrivare a quel punto, a spezzare le catene che tenevano imprigionate la libertà dei Deviati e nonostante i molteplici mezzi usati, Nemesi e la distruzione dell'Impero Galattico, non ero mai riuscita completamente nell'intento. A dare alla mia razza lo spazio e la libertà di prosperare. Certo era che la Terra aveva aiutato nell'intento senza che io facessi più di tanto: odio, guerre, caos, malattia e dolore erano all'ordine del giorno su quel pianeta al punto che da solo era divenuto un ricettacolo per i Deviati Negati che sempre più spesso vedevano scoprire la propria discendenza e sentire il seme della loro vera essenza dischiudersi.
    La vittoria era giunta, ma non era stato merito mio, quanto più di Atlas e Rhea. Il mio "bambino" era stato così felice di rivedere la sua più cara amica, ma ancor più scoprirne una sorella quando grazie a Leopold avevo modificato i suoi ricordi e l'avevo portata spontaneamente al mio lato, fino a sostituire la sua anima con quella di Moros, una delle mie tante figlie. Insieme avevano reso possibile cambiare la realtà e dar vita ad una rivolta che avrebbe liberato la Terra da oppositori e pericolosi intralci. Senza Assassini e Guerriere la Terra era pronta per accogliere la rinascita dei Deviati.
    Stavo pensando a questo, mentre seduta su una panchina dell'ampio parco della Trinity School osservavo Atlas e Rhea che sereni sedevano sotto la quercia accanto al laghetto, intenti a leggere un libro. Dopo il rito era divenuti nient'altro che Deviati puri, con capacità enormi, ma l'essenza pura di due bambini, due fratelli felici di essersi ritrovati.
    Sorridevo serena osservandoli, come una madre orgogliosa del grande compito che avevano portato a termine, quando mia sorella mi raggiunse.
    “Complimenti la prima parte del tuo piano ha avuto successo...” mi disse stizzita. Le gambe incrociate e lo sguardo verde fisso su due nipoti che la consideravano tutto fuorché una zia.
    "Lo dici quasi come se ti infastidisse..." la pungolai ben conoscendo la sua invidia, soprattutto verso di me.
    “Lo dico come chi sta constatando che ciò avvenuto solo perchè era la parte più facile. Ottimo hai reso la Terra una polveriera pronta ad esplodere, senza più argini a contenerne i conflitti, ma credi basterà? Non puoi risvegliare i Deviati Negati e lo sai...”
    Mi morsi un labbro piegando infastidita il collo da un lato, prima di voltarmi quel tanto che mi serviva per guardarla negli occhi.
    "Stai sminuendo il mio lavoro. Credi che sia poco esserci liberati di Assassini e Guerriere in un colpo solo? Credi sia poco aver reso la Terra il NOSTRO pianeta? Manca poco Hybris. Pochissimo. Atlas e Moros riusciranno anche in questo..." dissi sicura di me, ma mia sorella al mio lato scosse il capo.
    Le Erinni volarono al mio fianco non prima di passare, volutamente, troppo vicine ad Hybris ed arruffarle i capelli. Era risaputo che da sempre erano dalla mia parte.
    Hybris sbuffò sistemandosi e guardando male quelli che lei considerava "uccellacci" e poi continuò con il suo sproloquio pieno di insicurezze e pantomime."Non sminuisco il tuo lavoro, ma lo sai quanto me che quei due ragazzini non potranno mai con tanto! Solo nostra Madre è in grado di far ciò. Sai benissimo altrimenti cosa comporta tentare tutto questo senza di lei... La mutazione potrebbe essere imprevedibile e pericolosa... Thánatos, nostro fratello, ci provò ricordi?"
    Scossi il capo alle sue parole non volendo rimembrare tali ricordi del passato, ma la verità è che le sue parole erano lame di verità che mi stavano trapassando il cuore e tutte le mie certezze ed Hybris lo sapeva.
    "Poteri incontrollabili, perdita di controllo delle proprie abilità, deperimento dell'organismo, pazzia... Le cavie di Thánatos vennero esiliate su un pianeta disabitato fuori dal Sistema Solare per evitare che facessero danni e come finì? Che quando andarono a vedere che fine avessero fatto li trovarono morti perchè o si erano uccisi l'un l'altro o si erano consumati in maniera indescrivibile... Eris io quanto te voglio che la nostra razza si svegli, ma l'unico modo è ritrovando nostra Madre!"
    Serrai la mascella iniziando a tormentarmi le mani in grembo mentre ascoltando le sue parole ero tornata a guardare i miei figli. Sapevo che aveva ragione, ma ritrovare nostra Madre era come cercare un ago in un pagliaio. Ci avremmo messo così tanto tempo che rischiavamo che i nostri nemici avrebbero avuto il tempo necessario per riorganizzarsi, avremmo perso il nostro vantaggio ed a quel punto ogni conquista ottenuta sarebbe stata nulla.
    "Parli così per Adrian? Temi che possa succedere a lui?" chiesi voltandomi ed affrontandola. Credeva davvero che non lo sapessi? Hybris si irrigidì, ma non si arrese.
    "Almeno lui è un Deviato Negato, Haytham invece? E' solo un lurido umano che non conta nulla! Lui dove lo metti in tutto questo? Lo sai che quando i Deviati si sveglieranno e la Terra diventerà nostra, tutti gli umani non saranno altro che carne da macello, schiavi da usare... Lo rimembri Sorella vero? Bè allora saprai che tra essi il tuo caro cane bastardo è compreso!" a quell'affronto non ci vidi più e la mia mano saettò dandole uno schiaffo così forte che le fece voltare il capo da un lato e sanguinare un labbro. La guardavo ancora tenersi la gota, mentre stringendole il collo con una mano la costrinsi a guardarmi.
    "NON OSARE Hybris... NON OSARE! Haytham... i Templari hanno fatto tanto per me... ed io onoro le promesse. Saranno l'esercito che manterrà l'Ordine in questo nuovo mondo... e a prescindere della loro razza saranno temuti e rispettati. Invece tu, Sorella mia, ancora una frase come questa e non ci penserò due volte a giustiziarti con le mie stesse mani!" conclusi lasciandola andare di colpo osservando le ferite che sul collo gli avevo lasciato, provocate dalle mie unghie che si erano conficcate nella sua pelle. Lei non proferì parola, sconvolta ed iraconda se ne andò, mentre io serena tornai a guardare Atlas e Moros e chiudendo gli occhi a respirare l'ancora calda ed avvolgente aria autunnale.
     
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    Uscii dalla libreria in via de’ Cerretani dopo aver comprato l’ennesimo libro e mi avviai verso il Duomo. Era da poco che avevo scoperto quella mia passione.
    E pensare che secoli fa odiavo tremendamente studiare. Mia madre sarebbe molto contenta.
    Dalla mia morte mi ero perso così tante cose, riguardanti il mondo -avevano scoperto un nuovo continente!-, l’Europa, l’Italia e soprattutto la mia Firenze. Volevo capire cosa fosse successo in quei secoli, come si fosse arrivati alla situazione attuale. E quale miglior modo se non attraverso i libri? Ne avevo collezionati un bel po’ ultimamente.
    Ezio e Claudia mi avevano raccontato un po’ di cose, però volevo scoprire più particolari possibili. Mi avevano consigliato di usare una cosa chiamata Internet. Sembrava essere un’entità onnisciente che tutti potevano facilmente usare. Avevo provato ad usarla e dovevo dire che mi affascinava molto, ma dovevo ancora prenderci la mano… e poi io ero più un tipo da libri.
    Fin troppo spesso mi ritrovavo a vagare per quelle viuzze, completamente perso nei miei pensieri. La città caotica e vivace come allora. Per certi versi non sembrava fossero passati secoli. Firenze, anche se con grossi e profondi cambiamenti -soprattutto nelle zone periferiche-, era sempre la stessa. Mi divertivo a trovare le differenze per le strade fra il presente e i miei ricordi.
    Inconsciamente mi ritrovavo sempre a vagare nei pressi di quella che un tempo era casa mia e che ora ospitava vari negozi d’abbigliamento... ogni volta la nostalgia e il fastidio erano duri da gestire. Pensare che le stanze dove io e la mia famiglia abbiamo vissuto sono state sostituite da camerini e vestiti mi irritava non poco. Mi allontanai e mi diressi verso quella che ora era Piazza della Repubblica. Anche il Mercato Vecchio ormai non c’era più, però quella piazza, così maestosa e raffinata con le sue logge perimetrali, trasmetteva così tanta vita che non mi faceva rimpiangere troppo il mercato andato perduto -almeno il Mercato Nuovo, che avevo scoperto chiamarsi attualmente del porcellino, c’era ancora e non era cambiato di una virgola.
    Mi diressi in Piazza della Signoria. Ogni volta che vi tornavo mi venivano i brividi. Rivedere Palazzo Vecchio -attualmente lo chiamavano anche così-, così bello e imponente, e quella maledetta torre mi innervosiva e mi stupiva al tempo stesso. Mi misi al centro esatto della piazza con il viso all’insù a fissare quel palazzo troppo bello per negargli il mio sguardo, anche dopo quello che avevo passato. Mi voltai verso l’edificio di fronte. Ero nel punto esatto in cui mi appesero a quel maledetto cappio. Mi iniziò a mancare un po’ l’aria, il cuore a battere forte. Ormai per fortuna erano sempre più rari attacchi del genere e sempre più gestibili.
    Un boato seguito da urla disperate e spaventate. Mi voltai di scatto. Uomini armati?! Ma che cazzo stava succedendo? L’unica cosa che mi era chiara era che stavano portando il caos per le strade della città. Della mia città. Se non fossi stato solo come un bischero avrei contrattaccato. Corsi via, infilandomi in delle stradine e andandomi a nascondere in una viuzza accanto a Santa Trinita. L’unica cosa che potessi fare in quel momento era scoprire che cosa stesse succedendo.
    Avevo lo sguardo puntato sulla piazza di fronte alla chiesa, per un attimo a ripensare a quel bacio scambiato con Persephone, quando vidi passare un gruppo di soldati. Riuscivo a stento a sentire cosa stessero dicendo, ma mi bastò per capire quel che stava succedendo.
    Cercavano gli Assassini. Quindi, cercavano anche me.
    Ma porca puttana! Perché, in un modo o nell’altro, vogliono sempre catturarmi?! Col cazzo che mi trovano!
    Scappai, di certo da solo non avrei potuto fare nulla, ma soprattutto dovevo avvertire Ezio e la Confraternita. Mentre raggiungevo il passaggio che mi avrebbe riportato a Nanda Parbat vidi sconcertato cosa avevano portato con se quegli uomini. Terrore, rabbia e distruzione. Una caccia all’uomo selvaggia e disperata. E tutto ciò in un attimo… in un cazzo di attimo! Ma come avevano fatto? Che stava succedendo?!
    Mi si gelò il sangue nelle vene al solo pensiero che quegli stronzi avessero ridotto Firenze e i fiorentini in quello stato per trovare noi. Ero furioso, veramente furioso. Rischiavo seriamente di scoppiare da un momento all’altro per la rabbia e accanirmi sul primo soldato che mi fosse capitato a tiro.
    Avevo praticamente raggiunto il passaggio quando notai una cosa che mi allarmò ulteriormente. I visi di molti Assassini con i relativi nomi erano ovunque. Sugli schermi pubblicitari, nei monitor nelle vetrine, sui poster attaccati un po’ dappertutto. Erano taglie, e ormai chiunque era a conoscenza della Confraternita e di chi ne facesse parte… compreso me.
    Mi voltai di scatto, precipitandomi a Nanda Parbat, chiedendomi di continuo come avessero scoperto tutto.

    (…)

    Eravamo tutti radunati nel loft delle Guerriere, ormai unico posto sicuro per noi, vista la caduta di Nanda Parbat. Ero seduto sul divano nel soggiorno con il mio cellulare -prima di tutto questo caos me n’ero comprato uno- a consultare pagine giornalistiche su Internet -che nel mentre avevo imparato a usare- per rimanere aggiornato sulla situazione mondiale. Quel gingillo era una vera e propria finestra sul mondo. La situazione a Toronto era tutt’altro che rosea, e allo stesso modo anche nel resto del pianeta. Ovviamente le mie principali ricerche riguardavano Firenze e dintorni. Vedere quelle immagini mi distruggevano il cuore. Avevano invaso tutto. Anche Monteriggioni, ovviamente, era stata occupata e rigirata come un calzino. Era un pensiero estremamente strano e contorto, ma in quel momento ero contento che i miei genitori, Petruccio e zio Mario fossero morti. Non dovevano assistere a tutto questo.
    Ero morto con la vergogna e la consapevolezza di non essere riuscito a salvare la mia famiglia, di non aver dato il meglio di me come figlio e Assassino.
    Ero tornato in un mondo completamente diverso, dove avevo ritrovato i miei fratelli che nel frattempo erano cresciuti e maturati. Avevo poche certezze, se non loro due, il Credo e le mie origini. Avevo deciso di combattere e vincere i fantasmi del passato, riparare i miei errori ed imparare da essi. Volevo andare avanti, lasciarmi il dolore alle spalle e rifarmi una vita, vivere quella che non avevo potuto vivere all’epoca.
    Ed ora il mio futuro -a cui finalmente potevo pensare con mia grande felicità, quasi non ci credevo nemmeno io- rischiava di andare dritto nel cesso per colpa di tutto questo casino.
    Ero tornato in vita solo per vedermi crollare nuovamente tutto fra le mani?
    Una mano mi toccò la spalla. Ezio mi fece cenno di alzarmi. Anche lui aveva lo sguardo vuoto, ma appesantito dalla rabbia e dal dolore.
    Mi alzai, guardai lo specchio che ci avrebbe condotto sulla Luna.
    Stavamo davvero scappando dalla Terra? Avremmo mai fatto ritorno?
    Sono davvero tornato in vita solo per vedermi crollare nuovamente tutto fra le mani?
    … col cazzo.


    Edited by SliteMoon - 1/11/2019, 01:28
     
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    Mi svegliai di soprassalto, un velo di sudore imperlava la mia fronte, il respiro era accelerato così come il battito del cuore. Inspirai profondamente e lasciai che la mia vista si adattasse all’oscurità quasi totale che mi circondava. Da settimane non dormivo più nel mio letto, ma al mio fianco potevo distintamente udire il respiro regolare di Claudia. Quel suono dolce e ovattato ebbe il potere di rasserenarmi all’istante. Avevo avuto solo un incubo, l’ennesimo da quando avevo visto Nanda Parbat cadere e la Confraternita messa alla gogna. Mia moglie ed io eravamo tornati alla base dopo aver saputo dell’imminente guerra, non potevamo esimerci dal combattere al fianco dei nostri fratelli, non potevamo abbandonarli nel momento del bisogno. Eppure, nonostante nella mia esistenza avessi visto i massacri più efferati, non ero preparato allo scempio che aveva colpito gli Assassini e l’umanità intera.
    Mi alzai piano, attento a non svegliare Claudia dal suo profondo sonno. Mi avvicinai alla finestra serrata e un senso di claustrofobia minacciò i miei sensi. Spalancai le ante e lasciai che un’aria surreale investisse il mio viso contratto e il mio torace nudo. Le cicatrici che vi campeggiavano erano la testimonianza di quanto, nella mia intera esistenza, non mi ero mai risparmiato… avevo sempre lottato con unghie e denti per la libertà, la luce, la speranza. Ma adesso? Contro chi stavamo combattendo? Soprattutto, al fianco di chi? Non mi ero mai fidato delle Guerriere, il pensiero che un giorno questa strana alleanza ci si sarebbe ritorta contro mi aveva ossessionato… ma nessuno aveva dato peso a queste sensazioni. Adesso erano gli Assassini e gli umani a farne le spese! Strinsi i denti, mordendomi un labbro. Il sapore ferroso del sangue mi riportò alla realtà.
    Oggi era stata un’altra intensa giornata, trascorsa tra mille discussioni per cercare di capire quale fosse la condotta più adatta da assumere. Attaccare, aspettare, mediare. Erano state avanzate mille proposte, ma nessuna aveva prevalso… ancora! La pazienza era sempre stata una mia virtù, ma adesso, persino io iniziavo a spazientirmi. Muovere guerra senza un piano preciso era un suicidio, ma restare con le mani in mano cominciava a diventare difficile per tutti noi! Ezio ci aveva raccontato passo passo gli esiti delle altrettante mille riunioni tenute con gli Eterni, ma erano i medesimi dei nostri. Regnava l’incertezza! Sospirai, questa volta di frustrazione, mentre l’aria più fredda che fresca faceva rabbrividire la mia pelle nuda. Non riuscivo a credere di essere sulla Luna e di poter vivere come se fossi sulla Terra… Erano potenti questi Eterni, ma forse, questa volta, non sarebbe stato abbastanza.
    Udì dei fruscii dietro di me, Claudia mi si avvicinò a passi scalzi e mi abbracciò da dietro. Il suo viso caldo appoggiato fra le scapole fu un dolce dono.
    “Ancora incubi?” mi chiese in un sussurro.
    ”Perdonami, amore mio. Non volevo svegliarti…” Accarezzai le sue mani intrecciate sul mio ventre. Claudia era il mio baluardo, la mia àncora, la mia forza.
    “Non hai fatto alcun rumore, mi ha svegliato il posto freddo al mio fianco. Ti sento inquieto.” Le sue labbra baciarono con dolcezza la mia pelle, strappandomi un altro sospiro. Mi voltai verso di lei, senza slegare il suo abbraccio. Il chiarore dell’esterno illuminava fiocamente il suo viso, sfiorai i lineamenti delicati, il naso dritto, le ciglia folte. I capelli erano sciolti sulle spalle e sembravano più scuri nell’oscurità della stanza.
    ”Continuo a sognare di perderti, Nanda Parbat in fiamme mentre ti tengo tra le braccia…” Avevo già vissuto una scena simile in passato e il mio incubo peggiore era rivivere quel dolore angosciante. Questa volta il mio cuore non avrebbe retto. Claudia mi osservava con intensità e mi prese il viso tra le dita sottili. Le sue mani erano in grado di uccidere magnificamente tanto quanto le mie, ma quando mi toccava parlavano solo di tenerezza.
    “Non mi perderai mai, non ci arrenderemo mai, non vinceranno mai. Potranno piegarci ma mai distruggerci, risorgeremo sempre!”
    Annuii con forza e sperai che le sue parole fossero una profezia e non solo un incoraggiamento per la mia anima dubbiosa. Avvicinai il mio viso al suo, ero a pochi centimetri dalle sue labbra accoglienti, quando un frastuono improvviso ci fece sobbalzare. Per mano, uscimmo dalla stanza e in quel mentre udimmo dei corni risuonare nell’ampio corridoio in fermento. Il loro suono era terrificante, annunciavano disfatta! In mezzo al via vai di soldati e membri della corte, vidi Ezio – vestito solo con un pantalone e una camicia abbottonata alla bell’e meglio – correre verso il salone principale.
    “Cosa succede, Ezio?” Claudia mi anticipò, la mia voce sembrava incastrata tra le corde vocali, incapace di venir fuori. Qualcosa di terribile era avvenuto.
    ”Sembra che le Guerriere del Sistema Esterno abbiano combinato un gran casino! Hanno riunito tutti i mentori per un briefing urgente. Appena terminato, ne faremo uno tra noi Assassini e vi darò i dettagli…” Vidi mia moglie annuire, ma per me non era sufficiente.
    Gli bloccai un braccio e gli andai più vicino.
    ”Ezio, non possiamo continuare a dipendere da loro, dobbiamo prendere le nostre decisioni e stabilire il da farsi!” La mia voce era calma, come di consueto, ma i miei occhi erano tempestosi e mio cognato sapeva benissimo riconoscere il furore che mi animava. Mise una mano sulla mia e la strinse comunicandomi il suo assenso, dopodiché si dileguò verso la sua meta.
    Un cattivo presentimento mi attanagliava, una terribile lotta ci attendeva, ma di una cosa ero certo: dovevamo essere noi gli unici artefici del nostro destino!


    Edited by KillerCreed - 1/11/2019, 16:41
     
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    :Endymion:
    Eravamo stati svegliati di soprassalto a fronte di una notizia inattesa e sconcertante che ci era giunta da Horus, scortata da Toth. Ai compagni alati, che possedevano la capacità di teleportarsi, era stato affidato il compito di sorvegliare la Terra notte e giorno e comunicare in modo repentino qualsiasi novità ci potesse essere. Era il turno di Horus quando aveva assistito a quello che a tutti gli effetti si poteva definire un atto di Alto Tradimento.
    Selene indossò velocemente la vestaglia sopra la camicia da notte e la chiuse con un fiocco, io feci lo stesso ma senza preoccuparmi di celare la veste da camera che al di sotto indossavo. I miei passi veloci e concitati la facevano svolazzare quasi come il mantello che ero solito indossare. Tutto era di un colore grigio pallido tendente all'avorio con eleganti decori in un metallo pregiato sulla Luna che ad occhi umano poteva apparire argento. La vestaglia, stile seta, era rilucente rivelando, in base ai giochi di luce, complicati decori e ghirigori eleganti e preziosi.
    La riunione improvvisata, dettata dalla concitazione degli eventi, non avvenne nella Sala del Trono o quella Consigliare bensì nel cuore del Palazzo Imperiale.
    La sala si presentava come un grande ambiente di forma ovale culminante con una cupola chiusa da un soffitto a volta di puro cristallo tralucente. Le pareti di cristallo della stanza erano adornate con strutture simili a stalattiti di puro diamante, mentre tutto intorno formazioni simili al ghiaccio richiamano temi come ghirlande di fiori e cornucopie. Da quella Sala Centrale si diramavano corridoio che portavano in tutta la struttura del palazzo e da dove tutti provenimmo mentre al suo centro Skye, Persephone e Calypso svettavano in piedi, e provate, tenute ferme da alcuni Moon Knight.
    Il mio sguardo disapprovazione sfidava quello delle Guerriere, mentre oltre a me e Selene la Sala si riempiva di altre presenze come quella dei quattro Mentori. Con un cenno del capo feci intendere a Toth che poteva congedare le sue guardie, mentre a lui era concesso restare. Lui che si occupava di tenere sott'occhio le imputate.
    ”Cosa è successo?” esclamò Auditore, mentre il mio sguardo cadeva sul suo abbigliamento poco consono.
    ”Cosa hanno fatto?” incalzò Ibn La-Ahad spostando il suo sguardo scuro sulle tre Guerriere.
    "E' esattamente ciò che vogliamo sapere. E' vero che avete attaccato la Terra senza che alcun ordine fosse dato?" domandai algido ed austero. Perfino da appena sveglio i miei capelli erano perfetti, i miei tratti scolpiti nel marmo e la mia voce ferma.
    Nessuna delle tre sembrò voler proferire parola così che Toth colpì con un calcio Skye dietro le ginocchia che prima imprecò e poi cadendo a terra guardò me e Selene furiosa.
    ”Abbiamo fatto ciò che voi state perdendo tempo a fare. Bisognava agire senza stupide paranoie nè difficoltà! Moros e Atlas sono i punti deboli. Uccisi loro la guerra è vinta!” l'arroganza delle uraniane non mi era mai piaciute. Saccenti e boriose le salvava la loro inventiva, utile a tutta la Galassia.
    ”Avete attaccato? Atlas è...” la voce di Connor era sconcertata quanto preoccupata.
    ”Morto? No ahimè quel mostro di tuo fratello e Moros sono ancora vivi!” sputò Calypso piegandosi verso la sua amanta prima di lanciare uno sguardo prima di disprezzo verso Connor e poi indispettito verso Toth.
    Le ferite sui loro corpi parlavano chiaro. Avevano ingaggiato uno scontro.
    "Perchè avete fallito!" pronunciai perentorio, al limite del mio solito tono di voce. Era un'ottava più alta.
    ”Nè vincitori nè vinti dunque...” pronunciò Bayek, mentre Auditore gli fece eco ”Solo una perdita di tempo...”
    Dal canto mio ero furioso.
    "Avete messo a rischio la vita di tutto e tutti! Sarete punite per questo!" avevo sentenziato poco incline ad ascoltare altro, ma Selene mi mise una mano sul braccio prima che di avvicinarsi silenziosa a Persephone ed affrontarla. Occhi negli occhi.
    ”I Talismani delle Guardiane avevano già distrutto i Frutti dell'Eden... erano certe che avrebbe funzionato anche su Atlas e Moros”
    Le parole della mia consorte uscirono lente e calcolate, mentre il segreto delle Guerriere del Sistema Esterno venne svelato. La mia faccia cambiò completamente mostrando uno stupore e sconcerto che era raro vedermi addosso. La mia imperturbabilità mi aveva abbandonato.
    "Guardiane? E'... è impossibile..." esclamai mentre gli Assassini facevano saettare i loro sguardi confusi da me alle donne al centro della stanza.
    ”Sarebbe bello capire di cosa state parlando...” la voce di Altair fu l'unica cosa che per un attimo fece distogliere lo sguardo serio ed austero di Selene da Persephone ai Mentori.
    ”Le Guardiane sono quasi una leggenda... sono le custodi del filo del destino... i Talismani che possiedono sono le armi più potenti che esistono... per questo si credono indistruttibili... sopra le parti...” concluse l'Imperatrice sempre più scostante, mentre tornando a guardare Persephone questa non resse oltre l'affronto.
    ”Abbiamo solo constatato che cambiare la realtà ed influire sul tempo ha sempre delle conseguenze... gravi ed incontrollate... Atlas non avrebbe dovuto nascere, nè riportare in vita Federico, nè entrare in contatto con Rhea ed etc etc etc... errori imperdonabili sono stati compiuti ed eccovi le conseguenze. L'Imperatrice ha ragione, i Talismani sono le armi più potente che esistono eppure non hanno potuto nulla contro Moros ed Atlas... conseguenze appunto... conseguenze degli errori di tutti in questa stanza. Conseguenze dovute a chi non ha voluto fare ciò che andava fatto quando necessario!"
    Un velo palpabile di tensione scese nella stanza, tanto che perfino la temperatura sembrava essere calata di botto, mentre Persephone e Selene erano ancora quasi naso contro naso ad ingaggiare una gara di sguardi che se affilati, avrebbero potuto uccidere.
    Il vaso ormai era sull'orlo di traboccare e stava per succedere se non fosse stato che l'arrivo di Athena, nelle vesti di Saggio di corte, fece voltare tutti verso di lei a fronte di una semplice, ma inquietante frase: ”Non se assorbono il Vuoto"
    Persephone ora aveva perso ogni interesse in Selene e si era scagliata contro Athena solo per vedere la sua strada intralciata da Kenway che si protese di fronte alla moglie.
    ”I Talismani a quel punto sarebbero in grado di fare qualsiasi cosa e la guerra sarebbe vinta prima di incominciarla..."
    Soppesai le parole di Athena con molta cura confidando nel potere che il Mercury Helm le aveva dato. Però era una scelta delicata che non poteva essere presa su due piedi.
    Il Vuoto era una delle forze più potenti, capace di assorbire e consumare ogni magia, solo l'unione delle forze tra Eterni e Deviati era riuscito a sigillarlo 3 milioni di anni fa in quanto impossibile da distruggere. Era poi stato trafugato ed usato scioccamente da due Deviati Negati ed ora poteva essere la nostra unica possibilità una che poteva lasciare molte conseguenze dalla cancellazione di tutta la magia e tutta la vita.
    ”Ogni qualvolta viene liberato il Vuoto è in grado di modificare il corso della storia, questo risistemerebbe quella dei terresti. Gli Assassini non meritano ciò che è accaduto loro, è stata una conseguenza inaspettata ed ingiusta. Il Vuoto rimetterebbe le cose a posto. Gli Assassini tornerebbero nell'ombra, nessuno conoscerebbe la loro esistenza e la storia verrebbe ristabilita..."
    Incalzò Athena andando oltre Persephone e raggiungendo il mio sguardo e quello di Selene, ma al contempo combattendo contro la voglia di voltarsi verso Connor o gli altri Mentori e sorridere loro. Doveva mantenere la sua imparzialità.
    "Non siamo in una democrazia, tuttavia questa scelta non concerne solo la nostra casa, ma anche la vostra..." esclami guardando i Mentori di fronte a me.
    "Mettiamolo ai voti. Chi è a favore?" chiesi con semplicità prima di non aspettare oltre ed alzare elegantemente la mia mano. Selene per un attimo sembrò sconcertata ed in cuor mio e sperai che quella non sarebbe stata la prima volta che io e la mia amata moglie ci saremmo trovati su fronti opposti.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 1/11/2019, 20:57
     
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    :Persephone:
    Guardai Athena come se fosse impazzita, mentre spiegava con la calma più imperturbabile quale fosse la migliore strategia per vincere la guerra senza colpo ferire.
    O così stava facendo credere a tutti.
    I Talismani avevano sì il potere di richiamare il Vuoto, che avrebbe annientato ciò su cui fosse stato scagliato, ma chi avrebbe poi fatto i conti con le conseguenze?
    Scansai l'Assassino che si era messo fra di noi, e mi avvicinai ad un soffio da Athena, cui il suo nuovo titolo, Saggio di Corte, non credevo fosse troppo calzante. Mentre Endymion proponeva una votazione sulla decisione da prendere, sibilai al suo orecchio: ”Tu sai meglio di chiunque altro cosa succederà se ci costringeranno a richiamare il Vuoto. Non puoi raccontare solo quello che accadrà di positivo, devi metterli di fronte a tutte le conseguenze! Perché non lo hai fatto, vero? Neanche Selene ne è a conoscenza di quello che succederà, o sbaglio?”
    Rivolsi il mio sguardo verso l'Imperatrice. La votazione per alzata di mani era terminata con il consenso quasi unanime. Infatti, solo la sua mano non si era alzata. I suoi occhi chiari sembravano ancora più grandi sul viso pallidissimo. Si girò verso di me. Forse il dubbio cominciava a farsi strada nei suoi pensieri. Io sostenni con rabbia il suo sguardo. Se non fosse stato un momento così grave, sarei stata lieta della sua incertezza; sarebbe servita a darle un poco di umiltà, e a fornirle una visione delle cose un po' più oggettiva.
    ”Non è necessario che sia esplicitata ogni cosa. Troppo informazioni rendono le scelte più difficili e sofferte. Aumentano il rischio che ciò che deve essere fatto non venga mai attuato” Le parole di Athena, destinate solo a me, vennero sovrastate dall'annuncio stentoreo di Endymion.
    ”Così è deciso, l'attacco verrà sferrato immediatamente. Guardiane, andate!”
    (…)
    Il portale ci condusse all'interno delle mura difensive della Trinity. Quelle non erano mai state per noi.
    Io reggevo in mano la Sfera di Granato, Skye la Spada Atsuta e Calypso il Specchio di Ise, i tre Talismani delle leggende.
    ”E' una follia!” Si lamentò Calypso
    ”Il Vuoto non è un gingillo con cui scherzare! Ma almeno, la vittoria sarà definitiva!” Aggiunse Skye.
    Io ero silenziosa, non riuscivo ad ignorare il costo che avremmo pagato tutti quanti, ma capivo il ragionamento che Athena aveva lasciato sottinteso.
    Un piccolo sacrificio vale la preservazione di un bene più grande.
    Unimmo i tre Talismani. Avevamo poco tempo. Le guardie dell'edificio ci avevano subito individuate, facendo scattare l'allarme. Notavo segni di agitazione dietro le finestre del palazzo. Non si aspettavano un nuovo attacco, a distanza così ravvicinata, ma questa volta non avrebbero potuto reagire.
    Notai una figura che usciva precipitosamente dal portone principale, e riconobbi Eris, tallonata dai suoi preziosi pargoli.
    La sensazione del Vuoto iniziò a manifestarsi, come se un enorme animale nascosto nel buio fosse pronto a scattare in avanti. La realtà intorno a noi cominciava ad alterarsi, distorcersi, i colori sbiadivano e la luce perdeva consistenza, simile ad un tessuto usurato.
    I nostri corpi erano tesi allo spasimo, eravamo le catene che avevano il compito di imbrigliare il Vuoto, rilasciarlo per una frazione di secondo e di respingerlo nuovamente dove era stato confinato millenni prima.
    ”Ora, sorelle!” Rilasciammo il controllo per il tempo necessario, preparandoci contemporaneamente ad invertire il processo, a richiamare la forza che stavamo lasciando libera. Quel potere immenso, affrancato per una frazione di secondo, raggiunse l'edificio, lo dilatò come un palloncino, prima di farlo tornare alle dimensioni originali. Su tutto, regnava un silenzio assoluto, quasi mostruoso. In un battito di ciglia, tutto era concluso.
    Lo sforzo di controllare e richiamare il Vuoto, staccando i Talismani, ci aveva lasciate senza un briciolo di forza. Calypso guardava attonita la scena immota e Skye, con lo stesso sgomento, mi fissava.
    Nessuna di noi provava l'esultanza di una vittoria simile, anche se di importanza fondamentale.
    Prima di rientrare al Palazzo Reale per riferire l'esito, compimmo un rapido giro di perlustrazione.
    Il Vuoto non aveva lasciato danni evidenti, aveva solo portato con sé qualsiasi traccia di vita e di magia. Chi si trovava dentro all'edificio, aveva subito una fine orribile. La sua anima era stata risucchiata, lasciando solo il corpo, simile ad un burattino con i fili tagliati.
    Eris con Moros e Atlas erano nel giardino. Nell'atrio, riconobbi il Gran Maestro dei Templari, con altri del suo gruppo. In un ufficio giacevano il capo della Trinity con una vecchia conoscenza, la sorella di Eris, ma soprattutto la prima moglie dell'Imperatore: rimasi perplessa di fronte a quella scena, ma passai oltre. Trovammo diverse decine di persone, tra il personale dell'istituto e quello dei laboratori. Infine, in quest'area sotterranea, individuammo anche i due Deviati Negati che per primi avevano tentato di usare il Vuoto contro di noi. L'ironia della loro fine, se avessi avuto voglia di ridere, ci sarebbe sicuramente stata.


    :Selene:
    Mi sedetti sul trono con le gambe tremanti, che stentavano a reggere me ed il peso della notizia che le Guardiane stavano riferendoci. ”Decine di milioni di morti? Non è possibile, non è...” ...giusto! Non mi avevate detto che sarebbe stata una simile ecatombe!
    Guardai Endymion, che sedeva di fianco a me, l'espressione impenetrabile. Il destino dei popoli della Terra e la nostra alleanza con alcuni di loro erano gli unici argomenti che creavano fra di noi delle divergenze, e sapevo che per lui lo sterminio non era altro che un effetto collaterale di una vittoria importante. Spostai lo sguardo su Athena, che sembrava la determinazione personificata, nonostante il dolore che leggevo nei suoi occhi.
    Come una bambina, avrei voluto urlarle che non era stata corretta con me, che mi aveva nascosto questa tremenda verità. Ero ferita dalla sua freddezza. Il potere del Vuoto, per quanto strettamente controllato dai tre Talismani, si era espanso per centinaia di chilometri quadrati. Non si era limitato ad uccidere i nostri nemici: aveva falciato via l'intera popolazione dell'area geografica dove sorgeva la Trinity, il Canada. Milioni di vittime. Milioni di vite umane portate via, annientate, cancellate.
    Non potevo accettarlo. Non avrei permesso che le mie mani si macchiassero di sangue come quelle di mio padre. Avevo giurato che sarei stata una guida migliore di lui. Anche se la Terra non faceva parte dell'Impero, mi sentivo in dovere di proteggere i suoi abitanti, che avevano dato a noi la possibilità di costruirci una nuova vita quando avevamo perso tutto.
    Inoltre, l'intesa con gli Assassini, messa a dura prova dalle continue tensioni che logoravano ogni singolo giorno la pazienza reciproca, non avrebbe sicuramente retto a questa ulteriore prova. La guerra era vinta, era vero, ma dovevamo preservare il nostro futuro.
    L'ampia sala del Trono sembrava quasi vuota, con solo sei persone ad occuparla: la lasciai senza dire una parola, seguita dagli sguardi interrogativi di tutti. Forse Endymion mi disse qualcosa, ma la mia mente era altrove, occupata a trovare una soluzione al grave errore che avevamo commesso. Attesi di giungere nelle mie stanze, prima di sfilare da sotto l'abito il Cristallo d'Argento, che portavo appeso ad una collana d'oro bianco perché fosse sempre con me. Avrei provato ad usarlo per far tornare indietro il tempo, per poter rivivere il momento in cui avevamo dato l'ordine alle Guardiane di usare il Vuoto.
    Non ero sicura che funzionasse, ma non vedevo altra soluzione. Persephone non solo non mi avrebbe aiutata, mi avrebbe addirittura ostacolata, se le avessi comunicato i miei piani.
    Assorta nei miei pensieri, sobbalzai quando mi sentii toccare la spalla. Pandia. Lo stesso dolore dei miei occhi nei suoi. Come faceva a sapere... ”Ho origliato!” Feci una smorfia quasi divertita. Il nostro rapporto era così profondo che episodi del genere accadevano sempre più di frequente. ”Cosa vuoi fare? Ti aiuterò in ogni modo, te lo giuro!”
    Esitai solo un attimo, prima di cominciare a spiegarle le mie intenzioni.
     
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    Annarita
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    :Haytham:
    Gli occhi bruciavano come se avessi due tizzoni ardenti al posto delle cornee, li sentivo lacrimare copiosamente. Il liquido salato giunse alle labbra, lasciandomi sulla lingua un sapore amaro. Ero chino sul corpo di Eris, inconsciamente le avevo fatto scudo anche se ero certo che nulla avrebbe potuto fermare la potenza distruttiva del Vuoto. Ripensai a quelli che credevo sarebbero gli ultimi istanti della nostra vita, dopo aver visto morire il nostro amato figlio. Avevo guardato Eris negli occhi, comunicandole tutto il mio amore attraverso uno sguardo privo di risentimento ma colmo di rimpianto… non era così che desideravo finisse.
    Dopo che l’allarme intrusi ci aveva nuovamente rivelato la presenza delle Guerriere all’interno della Trinity, ci eravamo catapultati laddove Rhea ed Atlas riposavano, appena in tempo per assistere a una scena raccapricciante: le Guerriere erano svenute, Rhea non era più la ragazzina sperduta di qualche giorno prima, aveva forse ricordato la sua vera natura; infatti, con un’immensa falce aveva attivato il Vuoto generando un bagliore accecante. Non avrei però mai dimenticato il viso di Atlas, implorante, rigato di lacrime, mentre la supplicava di non uccidere né lui né se stessa. Ne verremo fuori… le aveva assicurato… Anche Eris e io avevamo provato ad opporci, ma l’intervento della Guerriera di Saturno era stato deciso e letale. Eravamo stati investiti da una luce che pareva densa e pesante. Per questo ero certo che anche per noi non ci sarebbe stata possibilità di sopravvivenza.
    E invece mi sbagliavo.
    Eris giaceva svenuta tra le mie braccia, il suo respiro era regolare, pareva dormisse. Il suo viso risplendeva di una pace che non avevo mai visto. Le sfiorai piano il profilo della fronte, del naso, delle labbra dischiuse e un singhiozzo rotto scaturì dal mio petto. Eravamo ancora vivi, noi eravamo sopravvissuti. Ma il nostro Atlas…
    Mi guardai attorno per capire se il Vuoto aveva risparmiato altre vite, ma il Trinity College sembrava immerso in un silenzio irreale, l’aria rarefatta e il tempo immobile. Non udivo passi, urla, alcun segno di vita: eravamo gli unici ad avercela fatta? Delle Guerriere non vi era più traccia, così come del corpo di Rhea ed Atlas. Avrei dovuto andare ad esplorare l’edificio, capire che fine avessero fatto i Deviati e i miei uomini, ma temevo che se mi fossi azzardato a muovere un solo muscolo, il mio castello di apparente calma sarebbe miseramente crollato.
    Tuttavia, non ebbi neppure il tempo di rifletterci oltre, perché all’improvviso un nuovo bagliore, questa volta più tenue e tremolante, rischiarò l’oscurità in cui eravamo immersi.
    Scorsi all’altro capo della sala, Selene, accasciata al suolo, sciolta in lacrime amare… lacrime molto simili alle mie. Anche lei parve accorgersi di noi solo in quel momento e mi domandai se avrei dovuto prepararmi a una nuova battaglia o se finalmente saremmo potuti andare oltre. Del dove e del come non ne avevo idea… ma sentivo che era giunto il momento della svolta. Non dovetti attendere molto prima di averne la conferma.
    La figura eterea di Rhea illuminò la stanza in cui tutto sarebbe dovuto finire… e invece proprio lì tutto sarebbe iniziato. Non rimasi sorpreso di quella presenza evanescente, percepivo che in qualche modo avrebbe portato luce nel grande abisso in cui eravamo caduti. Tutti. La vidi porgere un piccolo fagotto a Selene, che fissava la ragazza con occhi sgranati e – se possibile – ancora più inondati di lacrime. Non riuscì a sentire cosa si dissero, ma quando l’Imperatrice scomparve in un lampo argenteo capì che anche l’ultima battaglia era stata scongiurata. Poi Rhea si avvicinò a me, tra le braccia un secondo fagotto. La gola mi si chiuse in una morsa feroce e il cuore prese a battere furioso. Non ci potevo credere, non poteva essere vero, no…
    “Haythan Kenway, accetti questa seconda possibilità che il destino ha deciso di offrirti?” mi disse, la sua voce era venuta fuori in un mormorio appena accennato, ma alle mie orecchie era parso un grido assordante. Mi mise tra le braccia un neonato che io SAPEVO essere il mio adorato Atlas. Il mio bambino, la mia ragione di vita, avevo perso tutto ma lui lo avevo riavuto indietro, lui ed Eris. “Sono esseri umani adesso, nessun fardello peserà sulle spalle di tuo figlio, né su quelle della tua compagna. Una seconda possibilità, templare” spiegò, rispondendo alle mie mute domande. Lo shock non mi permetteva di proferire parola, ma ero certo che Rhea aveva “udito” il mio enorme “Sì, la accetto, la voglio, non la sprecherò questa volta!”, perché sorrise dolcemente e il suo viso da bambina sembrò essere tornato lo stesso che Atlas aveva più volte ammirato e, chissà, forse amato semmai fosse stato capace di provare un simile sentimento: a loro modo, si erano voluti bene. Poi scomparve, lasciando dietro di sé un profumo intenso che non riuscii a identificare, mentre una manina paffuta mi pizzicava il mento bagnandosi di lacrime inconsapevoli. Solo quando si mise un ditino in bocca per ciucciare il liquido salato mi lasciai andare a una risata liberatoria. Vi amo, Dio quanto vi amo. mormorai, baciando la fronte del piccolo e stringendo a me il corpo ancora svenuto di Eris. Umani. Normali. Avremmo potuto finalmente vivere la vita che avevo sempre desiderato per noi. Era questo il vero miracolo e non l’avrei sprecato per nulla al mondo.


    1949

    :Shay:
    Cosa cazzo è successo? I miei pensieri ringhiarono nella mia testa, ma nessun suono uscì dalle mie labbra. Mi sentivo stordito, le palpebre pesanti, i muscoli indolenziti, come dopo aver corso per chilometri e chilometri, senza riuscire a dormire neppure cinque minuti. Avevo riaperto gli occhi, ma continuavo ad essere cieco. Dovevo essere immerso in una oscurità totale. Oscurità che, insieme ai legacci di acciaio che mi segavano le braccia, non mi facevano presagire nulla di buono. Aguzzai l’udito, dovevo capire dove diavolo ero finito, ma riuscii a percepire solo il battere maldestro del mio cuore e il mio respiro affannoso. Calmati, Cormac… ne hai passate di peggiori, sei sopravvissuto all’inferno, maledizione! mi ripetevo, ma chi mi assicurava che non ero finito in uno nuovo? L’inferno era il posto che ormai chiamavo casa, mentre solitudine e rabbia mi facevano compagnia come coinquilini invadenti. Non mi abbandonavano un solo secondo. Quando dormivo, mi facevano visita assieme ai mille rimpianti che durante la notte faticavo a tenere a bada, fortunatamente poi arrivava l’alba e i demoni tornavano a poltrire in attesa di una nuova luna. Questa era la mia non-vita, esistenza a cui ormai mi ero pazientemente abituato, non trovando alternative migliori. Forse non ero degno di quelle alternative migliori… perciò avevo continuato a uccidere su commissione, mangiare quel poco che mi permetteva di sopravvivere, dormire quelle poche ore che mi aiutavano a non crollare e di nuovo tutto daccapo.
    Ero di ritorno da una missione, andata a buon fine naturalmente, quando avevo sentito la terra sotto i piedi tremare. Avevo pensato a un terremoto, anche se l’idea di uno scontro epico tra Deviati, Eterni, Templari e Assassini mi aveva sfiorato per un secondo. Avevo seguito con molta attenzione gli eventi degli ultimi tempi, che avevano visto gli Assassini alla gogna e il pianeta sull’orlo di una guerra epocale… avere “conoscenze” – profumatamente ricompensate – tra i Templari tornava sempre utile!
    Ma nessuna mia ipotesi, neppure la più disastrosa, avrebbe potuto spiegare l’energia che mi aveva scaraventato prima contro degli alberi e poi fatto perdere i sensi.
    E adesso ero in questa oscurità, ma solo per pochi secondi ancora, perché all’improvviso una luce abbacinante ferì le mie iridi, costringendomi a sbattere più volte le palpebre per abituarmici. Ciò che vidi attorno a me, però, mi lasciò senza parole… e pensieri: mi trovavo in una sorta di stanza per gli interrogatori vecchio stile, un tavolaccio di fronte a me, nessuna finestra o apertura di alcun genere verso l’esterno. Ero legato a una seduta di legno massiccio, vidi il metallo conficcato nei muscoli delle braccia e delle gambe, per questo non riuscivo a muovermi neppure di un centimetro. ‘Fanculo!
    Ma non ero solo! Accanto a me c’era un altro uomo semisvenuto nella mia stessa “comoda” posizione. Mi sembrava di riconoscerlo, ma non ne ero sicuro.
    ”Ehi, tu… svegliati!” cercavo di attirare l’attenzione del tipo che pareva addirittura drogato. Non dava segno di avermi sentito. Eravamo messi bene! Cercai di allentare i legacci, ma l’acciaio penetrò ancora più in profondità nella carne, come se fosse animato e “mi punisse” per i miei tentativi di liberarmi. Allora decisi di non sfidare la sorte. C’era un motivo per cui ero sopravvissuto a quanto avevo passato nella mia vita: sapevo quando era il momento di cessare la lotta e attendere il momento migliore per attaccare. Solo così ero certo che avrei distrutto il mio nemico.
    Rilassai il corpo, lasciando che il respiro tornasse regolare e con esso anche il battito del cuore.
    Sembrarono passare ore anche se forse erano solo pochi minuti, ma l’uomo accanto a me parve riprendere conoscenza. Tuttavia, non ebbi modo di chiedergli nulla perché una voce irruppe nella stanza: “Bentornati tra noi Herr Cormac e Herr Doktor… Il vostro arrivo era previsto come le grande cose che faremo insieme!”
    Bentornati? Chi diavolo è questo tizio? E perché mi chiama Herr? La mia pazienza stava per essere messa a dura prova.
    ”Ehi tu, perché non ti fai vedere? E magari provi a prenderci per il culo guardandoci negli occhi?” Non avevo intenzione di perdere la calma, infatti la mia voce era uscita particolarmente sarcastica. La mia arma migliore, dopo la lama celata.
    Il tizio accanto a me sembrava spaesato, ma non troppo. Un leggero sorriso colorava le sue labbra e una luce – che oserei definire psicopatica – gli illuminava lo sguardo. Ma non era il caso di giudicare, non io che di psicopatici me ne intendevo. Come lo aveva chiamato? Herr Doktor? Non era così che chiamavano uno scienziato che lavorava nella Trinity? Il “Dottore pazzo”, così lo definiva il mio informatore. Non mi sentivo di escludere che fosse proprio colui che adesso rideva come un vero folle, cosa diavolo aveva da ridere poi?! Ero sicuro di essere finito in una gabbia di matti… cosa avevo in comune con il Dottore pazzo della Trinity? Ma soprattutto come diavolo ero finito in quella stanza degli orrori? Dovevo capire, ma non avrei saputo molto di più finché l’uomo misterioso che aveva parlato tramite un altoparlante non si fosse fatto vivo. Mi sarebbe toccato aspettare, perché di chiedere spiegazioni a Herr Doktor non ne avevo la benché minima intenzione.



    :Adrian:
    Avevo ripreso i sensi da un po’ e – dopo qualche attimo di smarrimento – avevo subito iniziato ad analizzare la situazione in cui mi trovavo. Scoprii subito di non essere solo in quella cella umida e decadente. Ero seduto sulla fredda pietra, Hybris era raggomitolata contro il mio fianco come se cercasse di attingere al calore del mio corpo per scaldarsi, mentre il capo di Ophelia giaceva sul mio grembo. Avevo controllato i suoi segni vitali e sembrava in buona salute, anche se profondamente addormentata. Temevo che l’avessero drogata, ma allora perché non farlo con tutti noi? Abbracciai Hybris, attirandola ancora un po’ di più verso di me, quando la sua voce ruppe il silenzio che mi ostinavo a mantenere. Ero convinto che i miei pensieri urlassero abbastanza.
    “Dove siamo finiti, Adrian?” mi chiese sommessamente, con una voce tanto fragile da sembrare irriconoscibile. “Ricordo un bagliore accecante e denso come oro fuso, poi nulla più?” Erano i miei stessi ricordi. La strinsi più forte.
    ”Ho la sensazione che avremo presto tutte le risposte.” mormorai appena, e non fui smentito.
    Il rumore metallico del chiavistello che scorreva anticipò una visita per noi. Una donna dalla chioma bionda, vestita con una uniforme che non avrei mai dimenticato, un pezzo grosso viste le stellette sul bavero e le tre guardie al seguito. Era ben protetta. Si stava proteggendo da me. Hybris non fiatò anche se potevo percepire i suoi muscoli tesi una volta messa seduta, neppure io dissi nulla. Era il momento di ascoltare.
    “Benvenuti nella sezione Personalhauptamt delle SS, siete ospiti d’onore. Vi prego di seguirmi il Comandante in Capo Himmler ha piacere di incontrarvi…”
    Il mio cuore perse un battito, poi un altro e poi un altro ancora. Le SS? Era forse uno scherzo? Erano state soppresse dopo la fine della seconda guerra mondiale; Himmler? Lo stesso che si era suicidato dopo la cattura da parte degli inglesi? Avevo visto con i miei occhi le riprese del suo corpo senza vita, avevo sparato proiettili su proiettili contro un regime che non esisteva più e io stesso avevo contribuito alla sua distruzione! Il mio volto si trasformò in una maschera di rabbia. Chi erano queste persone? Folli imitatori? Hybris si accorse del mio stato d’animo e strinse la mia mano chiusa in un pugno d’acciaio. Aveva ragione. Non era il momento di reagire, dovevamo cercare risposte.
    ”Non ci muoviamo da qui senza mia figlia e – come vede – non è in grado di camminare. Il suo fantomatico Himmler può senz’altro venire a farci visita come ha fatto lei, non crede?” Non ero riuscito a non condire le mie parole con del velenoso sarcasmo.
    “Capisco le sue perplessità, sig. MacKay, ma se mi seguirà avrà tutte le risposte ai suoi dubbi. E non si preoccupi per sua figlia, Herr Doktor se ne prenderà cura appena avrà finito di parlare con mio marito… Non abbiamo interesse a farvi del male e sono sicura che per quanto non possa fidarsi di me, si fiderà abbastanza del fidanzato di sua figlia per lasciare che se ne prenda cura.”
    Se possibile, mi ritrovai a stringere ancora di più il pugno celato dalle dita di Hybris. Percepii le unghie conficcarsi nella carne e la pelle lacerarsi. Ma non provai dolore. Non sentivo nulla in quel momento. Anche Morgan era stato portato in quel posto. Per quanto lo odiassi, avevo capito che nella sua follia amava davvero Ophelia e si – anche se maledicendomi in tutte le lingue del mondo – l’avrei lasciata ad occhi chiusi alle sue cure. Hybris incrociò il mio sguardo, incoraggiandomi a prendere la decisione che sapeva aleggiava già nella mia mente. Averla al mio fianco in questa dura prova era già una benedizione. Perciò annuii piano, adagiai il capo di Ophelia sul pavimento, facendo attenzione che non si facesse male e mi misi in piedi. Aiutai Hybris a fare lo stesso, ma presi un respiro profondo prima di voltarmi verso la nuova venuta che – a dirla tutta con onestà – mi metteva i brividi.
    Ci fece strada fuori dalla cella e lungo dei corridoi che sicuramente erano in un qualche sotterraneo. L’odore dell’umidità stantia era inconfondibile, ma non vi era alcun altro riferimento a cui aggrapparmi per posizionare qualche altro tassello di quel puzzle spaventoso. Fino a quando non raggiungemmo una porta che, con ogni probabilità, ci avrebbe condotti da Himmler in persona. Su di essa una targhetta di ferro recitava la scritta “Ahnenerbe” e la sorpresa sostituì l’impassibilità sul mio volto. Conoscevo quel nome, lo conoscevo molto bene, perché indicava una società segreta che aveva il compito di recuperare manufatti sacri e mitici… sotto il Reich! No, non era possibile. Un terribile presentimento arrestò i miei passi, irrigidì la mia schiena, gelò il mio sangue.
    La donna misteriosa si accorse subito della mia reazione e sorrise con amenità. Il suo volto si sarebbe anche potuto definire bello, ma a me fece solo accapponare la pelle.
    “Ahnenerbe… Trinity… parole diverse per lo stesso scopo… disse serafica, prima di lasciarci soli. E, per la seconda volta in pochi minuti, il mio cuore perse diversi battiti. Il mio cattivo presentimento divenne reale e, all’improvviso, la voglia di fuggire mi serrò la gola e lo stomaco. Non avevo nessuna certezza, ma una consapevolezza sì: ero finito dalla padella alla brace. Avevo creduto di uscire da una prigione, ma ero finito in una nuova, colorata delle stesse sfumature che popolavano i miei peggiori incubi.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 14/11/2019, 18:40
     
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    2 SETTIMANE DOPO LA FINE DELLA GUERRA DEI DEVIATI

    NANDA PARBAT, Sala delle Cerimonie

    :Altair:
    "Mesi fa affidai una missione ad un uomo in cerca di redenzione (Shay) credetti che fosse l'uomo ideale per incarnare quella stessa redenzione che stavo cercando per me e la Confraternita tutta. I secoli passati a servirla mi avevano convinto che avessimo perso la strada, che ci fossimo allontanati dal Credo originale e che necessitavamo tornare alle origini. Tempo fa una donna saggia mi disse di tornare sui nostri stessi passi se fossimo stati in dubbio... (si volta verso Selene) all'epoca non compresi quelle parole, ma poi... tutto mi fu più chiaro.
    Più è la vita che viviamo più è la saggezza come la pena. Accrescere la conoscenza è sinonimo di accrescere il dolore.
    Strane visioni e messaggi. Di coloro che vennero prima, della loro ascesa, della loro caduta hanno tormentato l'esistenza nostra per anni durante la nostra vita e domande come "Chi erano coloro che erano venuti prima? Cosa volevano?" ci hanno diretti su una strada senza ritorno... una nelle quale ho sacrificato ogni cosa, come tutti voi, una che mi ha portato qui dove sono oggi.
    Dobbiamo dismettere questi panni e tornare ad essere Occulti..."










    :Ezio:
    "Ho vissuto la mia vita come meglio ho potuto, senza conoscerne lo scopo, ma attratto come una falena da una luna distante. Siamo stati un tramite per un messaggio che per tempo ha eluso la nostra comprensione.
    Chi siamo noi, benedetti a tal punto da condividere le nostre storie così? Da parlarci attraverso i secoli?
    Guardateci tutti in questa stanza figli di epoche diverse... di pianeti lontani... eppure vicini agli Dei più di quanto avessimo mai osato immaginare...
    Ho dato tutto alla causa, al Credo e a questa Confraternita e non ho rimpianti, ma come Altair ho perso la strada... ho smarrito la via e credo che non ci sia modo per ritrovarla se non ricominciando da capo... come Assassino... come Occulto... lontano dalle veci di Mentore...
    Forse la nostra strada non si è incontrata per caso con quella di Guerriere che credevano appartenere a mitologie lontane, forse il giorno è arrivato, quello in cui finalmente le nostre domande trovano risposta. Quello in cui, forse, troviamo un valore a tutta la sofferenza passata."










    :Bayek:
    "Quando mio figlio è morto ho reagito con furore e rabbia, ho dato voce al mio dolore permettendogli di avere la meglio su di me. Ma non è forse la storia iniziare di ognuno di voi? Persone che hanno visto i propri cari venir uccisi in modo brutale ed ingiusto? Tutti in questa stanza hanno una storia simile se non uguale, ma a cosa ha portato se non spesso a rendere più forti gli stessi carnefici che volevano distruggere?
    I nostri nemici da sempre agiscono dietro corone, agendo all'ombra di posizioni di potere e prestigio. Ma chi è che agisce nell'ombra a beneficio del popolo?
    Questa è la domanda che chiunque voglia far parte di questa Confraternita deve porsi.
    Siamo noi. E' nato qualcosa da tutto il dolore che abbiamo sopporta. E cominciato tanto tempo fa in Egitto e poi si è diffuso in ogni luogo nel tempo e nello spazio.
    Dobbiamo continuare a combattere, a difendere la libertà del popolo.
    E per quanto piccola, la nostra Confraternita è la nostra speranza. Non abbiamo bisogno di nessuna corona. I nostri valori, per cui agiamo, ciò in cui crediamo, ci terranno uniti.
    QUESTO è ciò in cui dobbiamo credere. Dobbiamo far sì che il nostro dolore sia servito a qualcosa.
    Quando assassiniamo, eliminiamo solo chi lo merita. Quelle anime malate che provano a fermarci senza sapere chi siamo davvero. Freddi, intoccabili, poeti della morte.
    In un'altra vita dissi che non ero più padre, nè marito, nè medjay... che solo essere un Occulto era ciò che importava e forse tutti ce lo siamo detti una volta nella nostra vita sacrificando la nostra felicità. Oggi mi rendo conto che non possiamo portare speranza se non siamo noi stessi a provarne per la nostra vita.
    Per lungo tempo ho creduto che fosse un atto di egoismo, ma gli Dei ci hanno insegnato che così non è. Che è l'amore, verso gli altri e verso noi stessi, che ci permettere di essere Assassini migliori. Uomini migliori.
    Affiliamo le lame e preserviamo la speranza rimasta sulla Terra... ma per farlo dobbiamo prima conoscere ed apprendere cosa combattiamo e da dove veniamo... Dissi che non ero più un medjay? Sbagliavo. Perchè tutti noi prima di essere Occulti o Assassini dobbiamo scoprire il medjay in noi... il guardiano... ed il motivo per cui abbiamo scelto di esserlo. Perchè siete medjay? Vi siete fatti guardiani di cosa? Solo quando avrete una risposta chiara e sincera potrete dirvi Assassini votati ad un unico Credo: "Nulla è reale, tutto è lecito"."


    :Connor:
    "Oggi le Guerriere ci hanno fatto dono di una verità a noi occulta. Questo pianeta avrebbe potuto avere una Guerriera, una guardiana come loro ma così non è mai stato perché mai siamo stati considerati degni di tale ruolo. E’ così che ci siamo fatti la guerra l’un l’altro ed abbiamo continuato a farlo non capendo che invece è l’unione che fa la forza. Noi siamo i guardiani di questo pianeta. Noi ne siamo i suoi Guerrieri e ne dobbiamo andar fieri. Dobbiamo preservarne la sua umanità e la sua libertà ma al contempo ne dobbiamo favorire l’unione. Dobbiamo tornare con i “piedi per terra”. Riportare Nanda Parbat a contatto con la realtà ed aprirci al mondo. Non più la gente dovrà venire dagli Assassini, ma gli Assassini dovranno tornare tra la gente."




    E' così che guardando fuori dalle finestre, tutti si accorgono che improvvisamente lo scenario a cui erano abituati privo di stagioni o tempo atmosferico ora torna reale. Sono in cima al Monte Logan nella provincia di Yukon.








    LOGGIA HAMILTON, Sala delle Cerimonie

    :Haytham:
    "Fratelli miei sono lieto di vedervi qui tutti. Nell'ultimo periodo abbiamo subito defezioni e tradimenti, ci siamo affidati ad alleati sbagliati e per questo oggi più che mai dobbiamo ricordarci chi siamo.
    E' chiaro come la luce del sole che al gregge serve un pastore. Che al Mondo servono i Templari.
    Vedete fratelli miei mi è stato fatto dono di una grande verità e mi è stato detto di decidere io cosa farne, ho deciso di usarla come nuova fondamenta di un'Ordine più forte e più stabile.
    Vi siete accorti che anche quando gli Assassini sembrano trionfare l'Ordine risorge sempre?
    E sapete perchè? Perchè l'Ordine è il frutto della consapevolezza, una che ci è stata donata tempo immemore fa, una che non si basava su un Credo nè su un indottrinamento di vecchi dementi, ma bensì su ricerche e verificazione dei meriti. E' questo ciò che noi facciamo, noi non vogliamo cambiare il mondo, noi vogliamo semplicemente mantenerlo così com'è. Per questo non siamo mai stati distrutti e mai lo saremo.
    La mitologia racconta che i Titani imperversavano sul mondo prima dell'intervento regolatore e ordinatore degli Dei, bè è falso. Perchè i Titani hanno condiviso questa conoscenza con gli Dei, che semplicemente hanno seguito i loro passi, ma hanno fatto qualcosa in più.
    La minaccia che abbiamo di fronte è quella di una possibile razza che potrebbe prendere il sopravvento sul nostro mondo con l'intento di portare caos e discordia. Una che dobbiamo e possiamo combattere, ora più che mai e che i Titani sapevano poter essere reale.
    Fu così che gli stessi hanno fatto costruire sul nostro mondo, ben prima del primo uomo, delle cripte in cui hanno nascosto il loro sapere. Cripte in cui sono custodite le nostre origini.
    E' così fratelli miei. I Titani avevano previsto questa minaccia, ma anche una possibile soluzione. Un'esercito che avrebbe ristabilito l'ordine e regolato la vita. Noi siamo quell'esercito. Noi siamo i legittimi eredi dei Titani.
    Le Guerriere non sono dunque nostre nemiche, mai lo sono state in quanto i loro odio non è mai stato mosso contro i Templari, ma bensì su alcuni di loro solo per questioni prettamente personali. Così come le Guerriere non sono alleate degli Assassini, ma solo legate a quest'ultimi per pure questioni personali.
    Noi troveremo quelle cripte. Noi porteremo l'Ordine al suo origine splendore e più forti che mai, libereremo il mondo da questa nuova piaga ed una volta per tutte anche dagli Assassini.
    Da oggi siamo più consapevoli, da oggi un Nuovo Ordine è pronto a nascere!"
     
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