Nyx & Oliver Origins

Earth X

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +3   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Love GDR

    Group
    Cristina
    Posts
    16,697
    Reputation
    +1,392
    Location
    Mandalore

    Status
    :Nyx:
    L'esistenza degli Antichi dell'Universo era pari a quella di divinità le quali avevano dato origine e vita al tutto.
    C'era il Supremo, fatto di pura Materia Oscura, ed il suo Galaxy Cauldron, composto da Energia Oscura.
    Loro compito era quello di dispensare la vita, i Crystal Seeds e dunque scindere tra chi fosse degno o meno di esistere o molto semplicemente di essere eletto. Tutto questo mi aveva sempre causato una certa diffidenza.
    Il Galaxy Cauldron era il ventre del cosmo e come tale credevo che in libertà dovesse partorire i suoi figli e i suoi eletti senza che una forza senziente ne vincolasse le scelte o le indirizzasse.
    Poi c'era il Tribunale Vivente, 14 Celestiali a cui andava tutto il mio rispetto. Vivevano isolati ad osservare il cosmo e gli eventi senza mai poter interferire con essi, potevano solo dare sentenza ogni qualvolta ce ne fosse bisogno. Chi non conosceva la loro esistenza li identificava con parole come "fato" o "destino".
    E poi c'eravamo noi: Etere ed io. Fratelli non di sangue, ma di energia. Nati solo per servire le due forze primordiali dell'esistenza: luce e buio. Eterni e Devianti.
    A noi il compito di donare la vita sulla moltitudine dei pianeti del cosmo e se io avevo letto questa come la possibilità di creare equamente un regno di luce con ombre, e di oscurità con bagliori, lui l'aveva sempre vista come una gara.
    Non mi considerava una sorella, ma un'avversaria e come tale si era comportato a fronte del mio volergli bene, del mio essergli affezionata come mai ci sarebbe stato concesse con nessun altro.
    Nel mio lungo esilio e prigionia avevo osservato chiusa nel guscio da cui non potevo fuggire, l'esistenza che si era creata e ne invidiavo le vite.
    Mi chiamavano Grande Madre, ma nessun figlio era stato generato dal mio grembo. Non avevo mai assaporato la gioia di stringere tra le braccia un figlio mio, come non avevo mai conosciuto il calore di un abbraccio e dell'amore di qualcuno per me. Perchè non ci era concesso ed ecco che l'ennesimo pensiero contrariato nasceva nella mia mente stanca e sola. Che senso aveva tanto potere se non lo si poteva condividere?
    Sempre più contrita mi ero rinchiusa nella mia prigione sempre più a fondo sicura di non poterne uscire, ma un faro di oscurità giunse a me. Era forte. Così tanto che lacerò il velo che mi teneva nascosta e senza che mi rendessi conto mi fece precipitare su un pianeta piccolo ed a me alieno.
    Nonostante la mia lunga esistenza ed il mio tanto osservare non avevo mai avuto un contatto che non fosse con mio fratello e dunque l'approccio così improvviso con quella razza mi confuse.
    Parlavano una lingua che non comprendevo e capivo e mi osservavano con sguardi pieni di qualcosa che non sapevo riconoscere.
    Mi avevano trovato nuda in un campo di grano, bellissima e muta e senza pensarci oltre mi avevano messo una coperta addosso e mi avevano portato in una struttura nascosta sotto la terra.
    Non vidi la luce per giorni mentre mi facevano quelli che non capivo essere esami. Capirono molto presto che ero diversa, che possedevo capacità inspiegabili e ben presto venni osservata con maggior attenzione, mentre sempre muta li osservavo per capire. Per conoscere. Immagazzinava informazioni, decifravo la loro lingua e pian piano capì sempre di più quella razza.
    Non venivo tratta male, seppur non venivo mai lasciata sola o libera.
    Questo almeno fin quando un giorno, del tutto inaspettatamente, la porta della mia cella si aprì ed ad entrarvi non fu uno dei tanti volti che ero solita vedere, ma uno che riconobbi immediatamente o meglio riconobbi la sua oscurità.
    Mi sollevai in piedi e guardandolo gli sorrisi, era stato lui. Sua l'aura che mi aveva liberato e fatto arrivare fin lì.
    "Danke" mormorai per la prima volta rimanendo colpita dalla mia voce. Era la prima parola che pronunciavo e mi sembrava così strana. La verità era che il "parlare" tra Antichi, era diverso. Era qualcosa di più mentale, più trascendentale. Non erano solo parole, ma emozioni. Invece loro, gli umani, lo facevano in modo diverso e quella voce, la mia umana, mi stranì.
    Mi toccai la gola e poi tornai a guardarlo.
    “Generale è stupefacente, è la prima parola che dice in mesi che è qui!” esclamò il Dottore al suo fianco.
    “Il Führer dice che avete raccolto dati incredibili su di lei”
    “E' così. L'abbiamo sottoposta ed esami e prove e le ha eseguite e superate tutte con estrema facilità e destrezza, anche cose inspiegabili. Inumane!”
    “Si è mai ribellata?” chiese l'uomo che io continuavo ad osservare lieta e mite, mentre il Dottore mi osservò per un attimo per poter tornare a concentrarsi sul suo superiore.
    “MAI! Credo potrebbe ucciderci con uno schiocco di dita se volesse e nonostante questo, nonostante le precauzioni che prendiamo per tenerla contenuta... lei è sempre così... mite... elegante ed inspiegabilmente gentile!”


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 12/4/2020, 10:26
     
    Top
    .
  2.     +3   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    282
    Reputation
    +658

    Status
    :Oliver:
    “MAI! Credo potrebbe ucciderci con uno schiocco di dita se volesse e nonostante questo, nonostante le precauzioni che prendiamo per tenerla contenuta... lei è sempre così... mite... elegante ed inspiegabilmente gentile!”
    Guardai dubbioso lo scienziato: ”Ma davvero?” Non capivo il commento: non sembrava affatto un soggetto pericoloso, quella giovane donna dal sorriso gentile. Forse dopo un po' che si lavorava sotto pressione, si diventava paranoici, come doveva essere successo a questo stimato professorone.
    ”Voglio vedere queste ricerche che avete fatto, e rendermene conto io direttamente”
    Mi fecero avere uno spesso fascicolo, che esaminai attentamente. Non capivo metà delle cose che vi leggevo: dati complicati, tabelle di comparazione, liste di componenti astruse. Nonostante questo, sapevo cosa avrei dovuto fare. Avevo anzi già cominciato a farlo.
    Ero concentrato sul mio lavoro, quando alzai gli occhi dai fogli, con l'impressione di essere osservato e... incontrai lo sguardo della prigioniera. Aggrottai la fronte; probabilmente aveva continuato a fissarmi per tutto il tempo, ma, oltre a ringraziarmi, non aveva dimostrato l'intenzione di dirmi altro. Cosa avrei dovuto fare in una situazione del genere? Come potevo sfruttare l'occasione di entrare in contatto con un soggetto a quanto pare così interessante e importante, senza destare sospetti?
    Tamburellai indeciso le dita sulla cartellina gialla che avevo in mano: i dati che conteneva erano top-secret, talmente confidenziali che nessuno, neanche il Führer in persona avrebbe potuto visionarli al di fuori del laboratorio. Io comunque avevo già aggirato l'ostacolo.
    Consegnai il plico con un gesto secco ad uno dei collaboratori del luminare, poi terminai la visita, redarguendolo: ”Entro settimana prossima desidero un rapporto dettagliato di quello che avete scoperto, con le vostre ipotesi su che cosa sia il soggetto. Il Führer non vuole attendere oltre!”
    Mentre uscivo dalla zona di sicurezza, gettai un ultimo sguardo alla donna. Mi stava ancora fissando, con intenzione e un lieve sorriso costante sulle labbra. Non si mostrava paurosa, preoccupata o insofferente per le mille attenzioni e la reclusione che stava subendo. Era un mistero.
    (…)
    Arrivato nella mia abitazione, una piccola stanza con un cucinino in un angolo e un bagno minuscolo in un edificio di numerosi alloggi anonimi e miseri come il mio, non mi tolsi altro che la giacca della divisa. Non mi preparai neanche un pasto caldo, l'unico che mi concedevo durante la giornata. Mi sedetti al tavolo di fòrmica e metallo, con una lampadina ad incandescenza che mandava una luce di un giallo malato, e cominciai a scrivere. Scrissi per tutta la serata: tabelle, formule, dati incomprensibili, ma che erano stampati nel mio cervello come se fossero fotografie. Chi mi aveva mandato qui lo aveva fatto a ragion veduta.
    Poi, poco prima di mezzanotte mi cambiai, indossando un vecchio giaccone che nascondevo in un doppio fondo dell'armadio. Presi con me solo il plico di fogli, nascondendolo in una tasca interna del giubbotto. Uscii nella gelida aria invernale; la neve sembrava prossima a cadere da un momento all'altro. Mi tirai il cappuccio sul viso, ulteriore protezione dal vento tagliente e dagli sguardi indesiderati.
    Vivevo da tre anni a Berlino ma ancora non ero riuscito ad abituarmi a questa città grigia, ostile e desolatamente lugubre. Solo il motivo che mi aveva condotto qui, nel cuore dell'impero nazista, mi tratteneva dal fuggire senza guardarmi indietro.
    Attraversai a piedi mezza città, scegliendo con cura le strade meno illuminate e frequentate.
    Raggiunsi il luogo dell'incontro per primo. La zona era tra quelle più tranquille perché nel quartiere non esistevano abitazioni, ma solo fabbriche e magazzini. Le guardie che sorvegliavano le attività economiche dei ricchi imprenditori ariani compivano un giro di ispezione facilmente prevedibile, che creava buchi che con il mio addestramento riuscivo a violare ad occhi chiusi.
    Appoggiai la schiena al muro scrostato, per nascondermi ancora di più nelle ombre dense della notte. Era tutto tranquillo e... agii d'istinto, per bloccare il movimento che avevo intercettato con la coda dell'occhio. Tesi i muscoli per spezzare il braccio che avevo afferrato all'altezza del polso, quando riconobbi i miei stessi occhi blu fissarmi divertiti. Mollai la presa.
    ”Ehi, fratellino! Se avessi voluto ti avrei già spedito a dormire cinque minuti fa! Possibile che non hai ancora imparato ad essere più attento?”
    Sorrisi insieme a lui, mentre ci abbracciavamo. ”Liam, avevo cominciato a pensare che non avessi ricevuto il messaggio per l'incontro. Ho qualcosa di importante da far avere ai nostri superiori, ma non mi rimane molto tempo, prima che i sorveglianti del caseggiato facciano il giro di ronda per controllare la nostra presenza...”
    ”Non mi dire che abiti ancora in quella topaia! Non dovrebbero darti qualcosa di meglio, visto che sei un generale delle SS?”
    ”E' meglio così. Più i quartieri sono abitati dai ricchi e dai gerarchi nazisti, più il controllo della polizia segreta è stretto e capillare”
    Liam annuì: ”Cosa hai per noi?
    ”Questo... gli scienziati stanno lavorando su un soggetto codificato a massima sicurezza. Se non fossi nel Cerchio Magico, probabilmente non ne sarei venuto mai a conoscenza. E' una donna, non sembra niente di speciale, ma i cervelloni sostengono che sia dotata di capacità incredibili, sovrumane. Potrebbero usarla come arma contro di noi, se escogitassero un modo per renderla offensiva. Devi chiedere ai Mentori come mi devo comportare”
    ”Certo, lo farò e ti ricontatterò entro tre giorni, nel solito modo”
    ”Bene” L'incontro poteva dirsi concluso, ma avevo ancora qualcosa da chiedere. ”Sono felice di vederti in forma” Abbassai gli occhi, fissando qualche istante il cemento, quasi per raccogliere coraggio. Poi li riportai su mio fratello: ”E... Kara?”
    Liam non rispose subito, non a parole, almeno. Lo avevo messo in difficoltà con la mia domanda, si vedeva che sperava di non dover affrontare l'argomento.
    ”Sai non è facile per nessuno, soprattutto per lei... la Propaganda tesse le tue lodi come la stella nascente del Reich, la tua faccia è ovunque...”
    Ingoiai un nodo di lacrime. Perché dovevo essere forte io per entrambi? Non era stata lei stessa ad addestrarmi per questa missione?
    ”Quella è solo la mia maschera!” Poi aggiunsi sommessamente, quasi a me stesso: ”... la mia faccia non so neanche più dove sia”
    Quando mi avevano affidato il compito che ora stava schiacciando tutto quello che ero stato, tutto quello che per me contava di più, avevo provato un orgoglio smisurato. L'obiettivo ambizioso di infiltrarmi tra le fila del nemico era uno sprone per dare il meglio di me stesso, e i nostri superiori avevano ottenuto molte soddisfazioni dal sottoscritto, in termini di preziose informazioni sui nazisti che, come Confraternita degli Assassini, cercavamo di ostacolare nel loro piano di governare il mondo.
    Anni prima, avevamo approfittato di un trasferimento dal quartier generale statunitense di un Oberführer, un comandante di brigata, al quartier generale di Berlino. Il mio compito era iniziato quando lo avevo eliminato durante il viaggio, prendendone il posto. Altri infiltrati della resistenza all'interno dell'esercito si erano già occupati di sostituire le foto di riconoscimento originali con le mie.
    Da lì in poi, le mie qualità militari e di comando erano servite a farmi notare da alti comandanti. Le missioni sul campo le avevo svolte ottenendo brillanti successi, e pochi mesi prima ero riuscito a guadagnarmi il grado di Generale del Reich, che mi permetteva di rientrare tra il gruppo degli uomini di fiducia del Führer. Ero ancora troppo fresco di nomina per poterlo avvicinare di persona, ma il livello raggiunto mi aveva comunque dato accesso a molti segreti che poco alla volta avrei passato ai confratelli.
    Sospirai pesantemente. Non era ancora il momento di uscire di scena, non me lo avrebbero permesso. Non lo volevo io per primo, anche se mi stava costando così tanto.
    Misi una mano sulla spalla di mio fratello, stringendola.
    ”Ci rivediamo qui, tra tre giorni, okay?”


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 30/3/2020, 10:26
     
    Top
    .
  3.     +3   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Love GDR

    Group
    Cristina
    Posts
    16,697
    Reputation
    +1,392
    Location
    Mandalore

    Status
    :Nyx:
    Il mio sguardo, forse a volte troppo presente era solo lo sguardo di una bambina curiosa che scrutava ogni minima cosa che vedeva. Quella realtà era così diversa da quella dove per tanto avevo vissuto prima e dopo l'esilio. Quella che loro chiamavano prigionia per me era una libertà considerando il luogo dove ero stata per un tempo infinito. Buio e desolato. Quella era la vera prigione.
    Dunque le pareti scrostate, il stare sempre nella cella e l'essere sottoposta continuamente ad esami e prove che non capivo, non mi disturbava. Anzi quando iniziarono ad insegnarmi la loro lingua e farmi conoscere il loro mondo, dal nome degli stati alle capitali, i miei occhi si illuminarono di pura gioia e curiosità.
    Fu poco dopo che l'uomo che aveva acceso il mio interesse tornò a farsi vivo. Quando lo rividi si presentò sull'uscio della mia cella con sguardo cupo ed il distacco di chi osservava un pericoloso animale in gabbia preoccupato dalla sua reazione o da un suo possibile attacco.
    “Ti piace qui?” fu la domanda che mi porse. Il copricapo sotto braccio e la posizione rigida.
    Io ero seduta sulla mia branda e con le mani poggiate sul bordo del letto mi guardai intorno sorridente.
    "Non so cosa mi piace..." esclami sincera in un tedesco stentato che giorno dopo giorno sapevo sempre meglio.
    Mi alzai e feci pochi passi verso la porta della cella, ma fu allora che lui fece un passo indietro. Come se la mia presenza lo avesse intimorito.
    "Sei arrabbiato con me?" chiesi sinceramente preoccupata, mentre poggiavo una mano sul metallo freddo delle sbarre piegando il capo da un lato.
    “Devo andare. T-Ti manderò dei libri. Ci rivedremo presto!” parlò con tono frettoloso e rifuggendo dal mio sguardo a passo svelto si allontanò nel corridoio, mentre io strinsi maggiormente le sbarre e sporgendo un poco il capo lo osservai scomparire alla mia vista.
    Da quel giorno le sue visite furono così, fugaci ed improvvise senza capire mai realmente cosa in me ci vedesse o cosa di me pensasse.

    Come promesso i libri iniziarono ad arrivare e furono molteplici e di tanti temi diversi. Alcune cose nemmeno le conoscevo, ma semplicemente fecero crescere la mia curiosità e voglia di conoscere.
    Dopotutto io ed Etere cosa sapevamo realmente degli Eterni e dei Devianti? Avevamo dato vita loro e poi non avevamo avuto la minima idea di cosa loro ne avessero fatto.
    Che lingue parlavano? Che Dei pregavano? In cosa credevano? Di cosa avevano paura?
    Domande che per millenni erano rimaste senza risposta ora ogni giorno si arricchivano di sfumature sempre nuove che fui più che felice di conoscere. Ero passata dal vivere lontano da tutto a giocare sulla scacchiera della vita all'essere rinchiusa in una prigione senza tempo e spazio ed ora? Ora vivevo per davvero? Ero in mezzo ad altri esseri, parlavo, conoscevo, leggevo, respiravo ed ogni giorno era un bouquet di sorprese che mi era impossibile prevedere. Era stupefacente.
    Lessi di tutto ed in pochissimo tempo. Dal "Il Grande Gatsby" al "Così parlò Zarathustra", al "Corso di Linguistica Generale" al "Declino e Caduta dell'Impero Romano", al "I Loro Occhi Guardavano Dio" al "Per la Critica dell'Economia Politica".
    La catasta di libri era elegantemente impilata in un angolo della mia cella, dove quel giorno con mia somma sorpresa stavo giocando a scacchi con Oliver. Lo avevo fatto finora con alcuni dei Dottori, ma era la prima volta che avevo osato entrare nella mia cella e rimanere più del solito.
    “Un grande maestro mi ha insegnato a giocare da piccolo" mi confidò senza guardarmi in volto.
    Era strano. Tutti gli abitanti di quel luogo erano soliti parlare più di quanto fosse normale, mentre lui era una sfinge a cui faticavo sempre tirar fuori qualche frase.
    "Come tu mi stai insegnando di questo mondo con i tuoi libri" dissi sorridendo e guardandolo sereno quando finalmente specchiò i suoi bellissimo occhi profondi nei miei.
    Si morse il labbro e poi lasciandosi andare con la schiena contro lo schienale della sedia incrociò le braccia al petto e mi sfidò.
    “Davvero? Filippo di Macedonia?"
    Non mi feci trovare impreparata e prendendo un gran respiro risposi sicura di me ed appassionata.
    "Re dal 359 a.C. al suo assassinio. Era anche il padre di Alessandro Magno. Aveva una piccola base di potere, voleva costruire un impero ma in fin dei conti la vita degli abitanti di questo pianeta è così corta... Alessandro ereditò il lavoro di suo padre, ma fece di più di quanto Filippo aveva mai sognato. Ma tu farai ancor più Oliver. Più di tutti gli eroi dei tuoi libri" gli dissi voltandomi ad osservare gli stessi con un sorriso sul volto.
    Sembra quasi che lui volle approfittare di tale mia distrazione per darmi lo scacco matto, mentre io corrucciavo la fronte. Fu allora però che notai che il suo sguardo stava fissando qualcosa di specifico. Un libro. Sul piccolo comodino malconcio accanto alla mia branda.
    “Quello lo hai letto più degli altri, perchè?" mi chiese alzandosi e prendendo tra le mani "Il Grande Gatsby".
    "E' bellissimo, magico... io penso si dice così. Il loro linguaggio è... Non so è difficile solo immaginarlo un mondo così..." risposi con aria trasognata.
    Voltandosi si trovò di fronte a me, mentre io non esitai ad allungare le mie mani e poggiarle sulle sue che teneva il libro aperto. Una scarica forte, fortissima mi attraversò e fui certa che anche lui la sentì.
    "Fino ad oggi sono stata viva, ma da quando sono qui... da quando ti conosco... vivo"
    Improvvisamente la mia energia, che si manifestava come elettricità nera, si avviluppò dalle mie mani alle sue, ma non gli stavo facendo del mare, anzi gli stavo facendo sentire quello che dentro di lui sentivo come in molti altri che lì mi circondavano.
    Non erano figli mie, non avevo avuto il tempo di generarli eppure l'energia Deviante scorreva in alcuni di lui ed aspettavano solo di essere risvegliati.
    "Sei molto più di quel che credi. Vali molto di più di quel che senti. Sei l'ombra del giorno e le stelle della notte"
    Questa volta usai la mia telepatia per dirgli quelle parole nella sua mente e poi alzando le mani in segno di resa, come a volergli dimostrare il mio non essere una minaccia, feci un passio indietro e tornai a sedermi sulla mia branda. Mansueta. In attesa.
     
    Top
    .
  4.     +3   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    282
    Reputation
    +658

    Status
    :Oliver:
    Liam non si presentò all'appuntamento, tre giorni dopo. Attesi minuti, che divennero ore. Attesi troppo, perché rimasi fino a che il tempo per non destare sospetti era ormai scaduto. Non riuscivo a credere che avesse mancato un impegno con me. Non lo avrebbe mai fatto intenzionalmente, e non era neanche da considerare l'eventualità che si fosse dimenticato. Non quando in gioco c'erano le nostre vite.
    Mi fidavo di Liam più che di me stesso. Lui era mio fratello maggiore, era il mio migliore amico, era stato lui a convincermi a entrare nella Confraternita, era stato anche il mio primo istruttore. Era sempre un passo avanti a me, rappresentava il modello di persona che avrei voluto diventare: leale, generoso, coraggioso, idealista. Molte volte mi ero chiesto perché non avessero affidato a lui il compito sotto copertura che era spettato a me.
    La conclusione sembrava scontata: il Reich e la sua polizia segreta lo avevano trovato.
    Rientrai nella mia abitazione che era quasi l'alba. Tutto era tranquillo e silenzioso, ma sapevo troppo bene che a Berlino i muri avevano occhi e orecchie.

    I giorni successivi misero a dura prova la mia tenuta mentale. Per quanto detenessi un certo potere con il mio grado di Generale del Reich, il potere nazista era suddiviso in compartimenti tra loro isolati: la sezione che si occupava di distruggere la resistenza, rappresentata dall'Ordine degli Assassini, non era collegata al braccio militare; solo il Führer aveva accesso a tutte le informazioni.
    Come avrei potuto scoprire il destino di Liam? Senza di lui ero completamente isolato anche dalla Confraternita, dato che era l'unico collegamento con i miei confratelli. Avrei potuto cercare Kara, forse poteva essere una buona pista, ma, anche in quel caso, i risultati furono nulli.
    Durante il giorno, continuavo a svolgere le mie mansioni, a cui si erano aggiunte anche le visite alla donna misteriosa. Di notte, invece, nei lassi di tempo in cui riuscivo a fuggire dai controlli polizieschi, giravo per la città, alla ricerca di... non sapevo bene neanche io cosa. Forse attendevo che i miei confratelli mi ricontattassero. Mi aggrappavo alla speranza che la mia fidanzata trovasse il modo di farmi sapere cosa stava succedendo, che mi riferisse il piano che avevano studiato per liberare uno dei loro Assassini migliori. Perché quello era, Liam. Uno dei più votati alla causa, dei più preparati, dei più brillanti Assassini, che sarebbe diventato presto il Mentore del nostro Ordine.
    I giorni passavano con la pesantezza di un castigo, ma non ero riuscito a sapere niente, e così mi decisi.
    Se volevo avere una piccola possibilità di salvare Liam dalle spire dell'organizzazione più pericolosa mai esistita, dovevo espormi al rischio di fare domande in giro, di poter incorrere in passi falsi. Per la verità, preoccuparmi di bruciare la mia copertura poteva essere un problema inesistente: dalla sera stessa del mancato appuntamento avevo l'impressione di essere seguito, osservato, studiato. Forse anche solo presentarmi all'incontro aveva fatto scattare la trappola che qualcuno aveva già teso per me.
    A quel punto, decisi di rischiare il tutto per tutto, e sfruttando il grado militare per ottenere risposte venni a sapere che un pericoloso ribelle era rinchiuso, in attesa del giudizio definitivo, nell'ala di massima sicurezza del carcere militare.
    Quello riservato ai peggiori criminali e ai nemici del popolo tedesco.
    (...)
    Entrai nella cella senza finestre e dotata di telecamere: occhi vigili e zelanti avrebbero osservato e udito tutto ciò che ci saremo detti io e mio fratello. Lui era ammanettato, seduto sul letto, con il viso irriconoscibile, sfigurato da tagli ed ecchimosi. Dalla tensione del suo corpo capivo anche le condizioni di ciò che la divisa da carcerato nascondeva: le percosse e le torture ricevute gli impedivano di stare dritto, di respirare con agio.
    Solo i suoi occhi rimanevano uguali: non si sarebbe piegato davanti a nessuna angheria, minaccia, insulto; non avrebbe rinnegato mai i suoi valori.
    In qualche modo, riuscii a mantenere la voce ferma, a recitare ancora quella parte che mi pesava peggio di un sudario di piombo. Ero schiacciato dall'idea che l'ultimo saluto a mio fratello avrei potuto pronunciarlo solo nel mio cuore, mentre a lui avrei mostrato il viso impenetrabile del Generale Winkler.
    ”Sono qui solo per vedere se prima di essere giustiziato per attività sovversiva vuoi sollevarti la coscienza, carcerato O'Brien”
    Liam mi fissò qualche secondo per scegliere le parole accuratamente. Le labbra erano macchiate di sangue secco e fresco, e parlare gli costava la fatica di respirare. Aveva costole rotte, e chissà cos'altro.
    ”Non ho niente da aggiungere a ciò che pensate di sapere...”
    Stava parlando a me, stava cercando di dirmi addio.
    ”... e non mi pento di niente di quello che ho fatto, né di quello che sono”
    Una lacrima scese giù dalla sua guancia, tingendosi di rosso.
    Passarono alcuni secondi in cui rimasi fermo in mezzo allo spazio ristretto e claustrofobico della prigione, combattuto tra la voglia di abbracciarlo, costasse anche tutto quello che avevo fatto negli ultimi anni, e il senso del dovere, che mi impediva di cedere alla mia umanità.
    Guardai la telecamera che ci stava scrutando. Calcolai che, se l'avessi messa fuori uso, avrei ottenuto qualche secondo per parlare con lui. Forse insieme avremmo trovato un modo per farlo evadere, per tirarci fuori entrambi da questa situazione da incubo. Quante volte ci eravamo trovati in pericolo, durante una missione, ed eravamo riusciti a cavarci d'impaccio brillantemente cooperando?
    Liam intuì i miei pensieri e scosse la testa, in maniera talmente impercettibile che solo io lo notai. Inghiottii la disperazione. Con che faccia mi sarei guardato allo specchio, sapendo di non aver salvato mio fratello? Come avrei dato ai nostri genitori, assassini come noi, la notizia della sua morte?
    I secondi si trasformarono in minuti; sentivo le guardie che si agitavano, fuori dalla porta, che parlavano tra di loro. La mia presenza stava cominciando a diventare sospetta. Ma non riuscivo a muovere un muscolo, perché un urlo nella mia testa mi paralizzava completamente: Non posso accettarlo!!
    Liam ammiccò, poi abbassò la testa, incassandola tra le spalle. Non si mosse più.
    Il nostro tempo insieme era terminato.
    Uscii dalla cella, con le gambe che tremavano, ma una rabbia ardente nello sguardo. Avrei voluto uccidere quelli su cui si posavano i miei occhi. Lo avrei fatto, senza un secondo di esitazione.
    La sua esecuzione era prevista a mezzanotte, lo stesso giorno. Passai quelle ore insonne.

    L'indomani mattina, uscendo di casa, presi con me una scatola sottile, uno dei pochi oggetti che avevo portato con me dalla mia vita precedente. Recitai la mia parte senza apparente difficoltà, ma mi sentivo come lo scheletro di una casa incendiata, i cui muri stavano su ma non proteggevano nient'altro che devastazione e distruzione.
    Mi sentivo sempre di più osservato, spiato, accerchiato, come se occhi invisibili non mi mollassero un solo istante.
    Raggiunsi la sezione scientifica del quartier generale, perché mi era stato ordinato di visitare la prigioniera, come ogni settimana. Ero l'unico con cui aveva aperto un dialogo, e i miei superiori intendevano sfruttare quel canale per carpirle eventuali confidenze e informazioni.
    Avevo letto il rapporto degli scienziati prima di consegnarlo ai più stretti collaboratori di Hitler: la donna dai tratti angelici possedeva un potere impensabile, talmente vasto che le nostre strumentazioni non erano in grado di misurarlo, e gli esami fatti su di lei non erano riusciti a stabilire quale fosse la sua vera età, né da dove provenisse.
    Sarei stato intimorito, fin spaventato, se i sentimenti che devastavano il mio cuore non mi avessero reso insensibile a tutto il resto. La rabbia era sorta poco alla volta, insieme allo sgomento per la perdita di mio fratello.
    Quando entrai nella sua prigione, la trovai sorridente e ben disposta a interagire con me, come sempre. Le spiegai che avevo portato con me la tavola e i pezzi degli scacchi, un antico gioco di strategia. Quello che non dissi era che Liam stesso mi aveva insegnato a giocarci. Mi morsi l'interno della guancia, per non urlare tutto il mio furore.
    Era incredibile però, come riuscissi a mascherare il mio stato. O forse no, la mia bravura era dovuta all'ottimo addestramento avuto, grazie a Kara... e a Liam.
    Mi risvegliai all'improvviso, come se avessi sognato fino a quel momento, quando la donna mi prese le mani. Sgranai gli occhi, sentendo che mi stava trasmettendo delle scariche elettriche con il suo solo tocco, e poi udii la sua voce, incorporea, nella mia testa.
    Ero sicuro, le sue labbra non si erano mosse, ma io udii: "Sei molto più di quel che credi. Vali molto di più di quel che senti. Sei l'ombra del giorno e le stelle della notte"
    Qualche istante dopo, la porta della cella si aprì, ed entrò il Reichführer Himmler con quattro guardie al seguito.
    Il suo sguardo si fissò sprezzante e duro su di me, ma quello che disse con fu minimamente una sorpresa: ”Obergruppenführer Winkler, vi dichiaro in arresto per attentato all'integrità del Reich, per tradimento dell'ideologia nazista. I vostri crimini sono talmente gravi che non verrete processato da nessun tribunale. Il Führer ha già stabilito la pena dell'esecuzione per voi, e questa avverrà domani mattina. Le guardie vi scorteranno al carcere di massima sicurezza”


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 30/3/2020, 10:26
     
    Top
    .
  5.     +3   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Love GDR

    Group
    Cristina
    Posts
    16,697
    Reputation
    +1,392
    Location
    Mandalore

    Status
    :Nyx:
    Ciò che era accaduto mi aveva lasciato più che mai confusa e spaventata per le sorti di colui che sapevo aver una parte importante in quel mondo e sicuramente per me seppur ancora non ne capivo appieno il modo.
    Rimasi immobile mentre lo portavano via, il mio sguardo sereno nonostante tutto ed un sorriso soave sulle labbra, mentre gli parlai nuovamente mentalmente.
    "Andrà tutto bene. Non ti preoccupare" una frase che poteva sembrare assolutamente la classica frase fatta se non fosse che complice la notte feci la mia mossa.
    Io vedevo già chiaramente la strada che aspettava ad Oliver, tuttavia non potevo essere io a disegnarla per lui, dovevo far sì che lui giungesse alla verità da solo ed attraverso scelte che LUI in totale libertà avrebbe fatto. Per questo non lo liberai quando stavano per portarlo via e nemmeno manipolai la mente dei suoi aguzzini.
    Semplicemente aspettai la notte e concentrandomi mi affidai alla mia capacità di alterare le probabilità per permettermi che tutto andasse liscio senza intoppi.
    Sdraiata sulla mia branda con gli occhi aperti fissavo il soffitto per sorridere nel momento in cui, sapevo, che la guardia si sarebbe assentata per andare in bagno. Il tempo necessario per alzarsi, stendere il braccio al di fuori della cella e con un gesto del dito far volare la chiave fino a me. Aprì la cella, seppur avrei potuto rompere le sbarre con le mie stesse mani, e poi la richiusi. La chiave al suo posto e la mente del mio carceriere annebbiata dalla mia manipolazione che gli mostrava me che dormivo placidamente nel mio letto.
    Fu così anche per tutte le altre persone che incontrai, dottori e soldati, nessuno mi vedeva perchè io mi ero resa invisibile ai loro occhi. Ero entrata nella loro mente riportando loro l'immagine del corridoio privo della mia presenza.
    Uscì senza troppi problemi dalla struttura e guardandomi intorno feci un balzo che mi permise di volare e sparire nella notte. Non sapevo dove lo avevano portato, ma mi bastò concentrarmi sulla sua energia per trovarlo. La sua oscurità era visibile ai miei occhi come la sua aura. Quando lo avevo toccato l'avevo percepita ed ora brillava di fronte ai miei occhi come una stella da seguire.
    Giunta nel giusto luogo guardai sotto di me notando quanto complesso sarebbe stato entrare ed effettuare l'estrazione ancor più perchè iniziavo a sentirmi debole. Feci un gran respiro e senza indugiare oltre manipolai l'energia per causare alcune esplosione nella parte opposta della struttura affinché tutti sarebbero corsi in forze lì, mentre io mi addentravo nella zona che avevo sentito l'avrebbero portato manipolando le poche menti presenti affinché nessuno mi vedesse.
    Quando arrivai alla sua cella lo vidi balzare in piedi e guardarmi sconcertato mentre io senza proferire parola strappavo letteralmente a mani nude la serratura della cella aprendola.
    Allora sorrisi e gli posi la mia mano. La osservò, non capì il suo indugiare, seppur alla fine la prese, mentre io la strinsi fortemente nella mia.
    Corremmo veloci mentre sentivo la debolezza fiaccarmi, resistetti a denti stretti ed alla prima opportunità lo strinsi a me per volare via, mentre sirene, urla ed esplosioni alle nostre spalle lasciarono sotto di noi uno scenario apocalittico.
    Volai fin quando non notai una piccola radura, dovevamo essere fuori Berlino, c'erano alberi ed uno piccolo specchio d'accua. Atterrai in modo a dir poco rocambolesco, mentre rimanevo a terra stanca. Non era da me far fatica, ma pensavo che la lunga prigionia a cui mi aveva condannato mio fratello nel Vuoto Cosmico mi aveva reso debole. Non attingevo ai miei poteri da millenni e ci avrei messo tempo prima di tornare la Nyx di un tempo, forte ed invincibile.
    Quasi mi vergognai di questo ed infatti quando lui si avvicinò per vedere come stavo, seppur titubante, io mi scusai.
    "Devo apparirti debole e patetica... ho paura che la prigionia mi abbia inibito..."
    “P-Posso solo immaginare cosa ti abbiano fatto, ma come hai fatto a scappare?”
    "Grazie a te!" risposi senza indugi allungando una mano e poggiandola sul suo viso in una carezza.
    "Ha stracciato il velo che mi teneva bloccata..."
    “C-Come io... io non capisco...”
    "Capirai. Ora però è meglio che andiamo... la tua Confraternita dovrebbe essere poco lontana... sono certa loro potranno aiutarti..."
    Dissi senza rispondere alla sua domanda inespressa. Non risposi.
    Semplicemente mi alzai in piedi e mi incamminai nel buio della notte nella direzione che sapevo essere certa. Saremmo andati incontri a grandi cambiamenti, delusioni e sconfitte, ma Oliver avrebbe dovuto affrontarle per trovare il suo vero cammino. Quello che lo avrebbe reso grandioso come io sapevo essere. Io che ero rimasta ammaliata dalla sua profonda e bellissima anima nera.
     
    Top
    .
  6.     +3   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    282
    Reputation
    +658

    Status
    :Oliver:
    Si scusava di essere troppo debole ma non si rendeva conto che io per primo non mi reggevo in piedi. Ero scioccato, confuso, annichilito, vuoto. Per quello che era successo e per quello a cui avevo assistito. Le andai dietro e la fermai prendendola per il gomito. Toccarla mi fece una strana impressione, quasi mi aspettassi di ricevere di nuovo quella sorprendente scarica di energia.
    “Dove stai andando?” Temevo di non aver capito bene.
    Lei rispose senza incertezze, con candore: “Alla Confraternita te l'ho detto...”
    Mi si bloccò il respiro in gola: “Tu sai quindi, dove è la Confraternita?”
    Nyx sbatté gli occhi, stupita:“Sì!”
    Sembrava una cosa facile, scontata per lei, ed in effetti, visto la velocità con cui mi aveva trovato pochi minuti prima, tutto questo aveva un senso.
    Però non ero d'accordo, quindi scossi la testa, stringendo le labbra in una smorfia decisa. Avevo un'altra idea e non era certo quella di presentarmi da chi ritenevo essere il responsabile della morte di Liam.
    “No, non ora. Ho visto cosa sai fare, quindi ho bisogno del tuo aiuto. Poi te ne potrai andare dove vorrai, le nostre strade non devono per forza continuare ad essere unite” Accennai un sorriso. “Non possiamo lasciare Berlino, ma so dove passare la notte, e far calmare un minimo le acque che hai agitato per bene!”
    Nyx mi guardò con la sua solita espressione serena, non variò di un millimetro il sorriso angelico, ma incrociò le braccia al petto e mi fissò un lungo momento, prima di annunciare: “Va bene” e di seguirmi.

    Trascorremmo la notte ed il giorno seguente in una casa che sapevo disabitata: avevamo arrestato pochi giorni prima il capofamiglia e tutti i suoi familiari per il crimine di aver espresso considerazioni critiche sull'operato del Partito Nazista.
    Passai la notte insonne ma mi assicurai che Nyx riposasse, perché doveva recuperare le sue forze incredibili per il bene di entrambi. In quella ore buie cercai di mettere in ordine i pensieri nella mia mente ancora più oscura.
    Oramai la copertura e quindi la missione presso il Reich erano rovinate e dovevo sfuggire alla polizia segreta, perché se mi catturavano mi avrebbero fucilato su due piedi. Ero un nemico dell'impero nazista e un traditore. Questo era il loro modo di agire: lo conoscevo bene, visto che era stato anche il mio nei tre anni precedenti. Pianificai i miei passi futuri: una volta compiuti quelli, sarei scappato dalla Germania.
    Quello che tornava e ritornava in maniera ossessiva in mezzo alle mie riflessioni era il ricordo degli ultimi momenti passati con mio fratello. Non volevo che quelli che fino a pochi giorni prima erano i miei superiori la passassero liscia: ritenevo la Confraternita e gli assassini, anche Kara, responsabili della sua morte.
    Non incolpavo il Reich, no di certo. I nazisti erano i nostri nemici, li combattevamo, quindi era parte del rischio che ci assumevamo essere imprigionati e giustiziati; ciò che non potevo perdonare era il fatto che i mentori della nostra Confraternita non avessero fatto nulla per tentare di recuperarlo, di salvarlo, dato che il suo destino era prevedibile nel momento esatto della cattura.
    Invece lo avevano lasciato morire per chissà quale motivo! Forse solo per invidia e timore che mio fratello con le sue competenze e le doti innate li avrebbe rimpiazzati. Dovevano pagare e pentirsi delle loro azioni prima di morire, questo era l'unico proposito che poteva regalare un po' di pace alla mia anima.

    La mattina dopo svegliai Nyx e la informai del piano da mettere in atto. Rischioso, certo, ma con lei al mio fianco tutto sarebbe stato possibile, ne ero convinto.
    Avevo prima di tutto bisogno di armi: quelle che portavo addosso mi erano state tolte e non esistevano negozi o un mercato nero dove potersele procurare, tutto era sotto stretto controllo della dittatura e a nessuno dei civili era concesso di detenerle, per evitare sul nascere ogni uso improprio e sovversivo.
    Dovevamo infiltrarci in un deposito militare. Non era particolarmente difficoltoso per lei, data la facilità con cui mi aveva tirato fuori da un carcere di massima sicurezza dove nessuno era mai uscito vivo, quindi le illustrai brevemente il mio piano e lei assentì lievemente, senza dire una parola, sempre molto accondiscendente.
    Non so perché mi volesse aiutare, perché soprattutto mi avesse salvato.
    Aveva dimostrato da subito uno speciale interesse nei miei confronti che ancora adesso non riuscivo a definire. La conversazione telepatica prima del mio arresto mi aveva inizialmente sconvolto, ma anche ora non sapevo interpretarla, individuare il segreto e il mistero che nascondeva. Mi voleva come suo alleato? Se fosse stato così, prima doveva guadagnarsi la mia riconoscenza e poi avrei valutato la sua offerta.

    A tarda sera ci dirigemmo verso il deposito che avevo scelto per la sua dimensione piccola e di poca importanza, prevedendo che lì la sorveglianza sarebbe stata minore.
    Prestammo attenzione a non essere seguiti o avvistati, perché la città era ancora in pieno allarme dopo l'evasione che nessuno riusciva a spiegarsi di un pericoloso criminale. Le strade erano deserte e gli unici automezzi che circolavano erano i mezzi blindati e le camionette militari dei nazisti.
    Tutto era tranquillo nei pressi del nostro obiettivo, niente faceva sospettare che si aspettassero un attacco in questa zona. Aggirammo le guardie agilmente, distratte dai poteri di Nyx. Non so come poteva compiere questi magie, non erano abilità umane e non capivo quale fosse la sua vera natura, ma preferii mettere da parte simili curiosità, almeno fino a che non avessi realizzato l'obiettivo che mi ossessionava.
    Superammo la recinzione raggiungendo il cortile antistante il magazzino, prevedibilmente non sorvegliato. Mentre cercavamo di infiltrarci sentii l'avvertimento di Nyx arrivare giusto un secondo prima che fosse troppo tardi. I miei riflessi mi fecero evitare per un soffio un coltello lanciato da chissà dove che si piantò nel muro dietro di me.
    Lo raccolsi fulmineo e attesi con i nervi tesi l'attacco che arrivò immediatamente. Dall'oscurità spuntarono due figure e riconobbi in loro dei miei confratelli. Schivai con prontezza il colpo del primo avversario per poi assalire il secondo. La lotta fu incredibilmente breve: tecnicamente io e loro ci eguagliavamo, avendo avuto lo stesso addestramento, ma la mia ferocia e il mio desiderio di vendetta erano talmente profondi e irriducibili da concedermi livelli di abilità che non mi aspettavo neanche io.
    Nel giro di pochi secondi due corpi giacevano ai miei piedi. Due di quelli che una volta chiamavo fratelli. E che ora non lo erano più. Mi avevano aggredito, e questo significava che avevano ricevuto l'ordine di neutralizzarmi, che i mentori volevano liberarsi di me e del problema che rappresentavo.
    Avvenne qualcosa che non mi aspettavo: la squadra di Assassini non era di due come nella maggior parte delle missioni di eliminazione di un soggetto. Venni colpito alle spalle e caddi per terra. Rotolando riuscii ad evitare il colpo di un terzo assassino che riconobbi senza esitazione. Martin era stato mio compagno durante l'addestramento in America, e avevamo svolto numerose missioni insieme. Ora stava cercando di uccidermi.
    Mi rialzai frastornato, non accorgendomi di avere dietro un altro nemico che mi bloccò le braccia, impedendomi di reagire e di difendermi. Martin cominciò a colpirmi violentemente una, due, tre, infinite volte.
    Cercai con lo sguardo Nyx. Era sparita. Non era più vicino a me per supportarmi. Non mi avrebbe aiutato. Confusamente pensai che mi avesse tradito, così come ero stato tradito dai miei compagni, che avevano tradito anche Liam.
    In breve il mio viso divenne una maschera di sangue che mi colava sugli occhi, accecandomi quasi del tutto. Le mie gambe si piegarono per i colpi ricevuti e finii in una pozza di fango e sporcizia. Alzai lo sguardo confuso all'avvicinarsi di una donna con i capelli biondi, lunghi, stretti in una coda di cavallo, la divisa da assassina. Gli occhi erano tristi, ma asciutti e implacabili.
    “Kara...” Sussurrai.
    Prima di svenire, udii le sue parole: “Mi dispiace, Aidan, non avrei voluto, ma tu non ci hai lasciato altra scelta...”


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 30/3/2020, 10:26
     
    Top
    .
  7.     +3   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Love GDR

    Group
    Cristina
    Posts
    16,697
    Reputation
    +1,392
    Location
    Mandalore

    Status
    :Nyx:
    Il mio averlo condotto alla Confraternita non era stato un gesto dettato dalla manipolazione o dal desiderio di forzarlo in una scelta, quanto più la necessità (a mio dire) che affrontasse i suoi demoni. Che trovasse quella verità che sentivo che tanto andava cercando dentro di sè.
    Inutile dire che per me tutto era estremamente chiaro, ma avevo capito che gli umani non erano uguali. Erano estremamente complessi, al punto da non vedere ciò che avevano sotto il naso.
    Oliver aveva dentro di sè qualcosa di incredibile... aveva un'oscurità così forte da darmi speranza per la salvezza della mia razza. Sapevo che oltre a me ed Hybris nulla era rimasto di ciò che eravamo, ma poi lui mi aveva attirata fin lì e mi aveva fatto comprendere che così non era. Lui era il seme, che se coltivato, avrebbe permesso a tutti i Devianti Negati di percepire la propria essenza, di poter sperare un giorno di sbocciare.
    Feci tutto ciò che lui decise di fare a testa bassa ed accondiscendente anche quando prese una scelta che sapevo sarebbe stata dannosa. Forse avrei potuto usare le mie abilità per confondere le probabilità e far sì che non le cose non andassero come erano andate, ma era giusto così. Oliver dove percorrere quella strada per arrivare alla verità.
    Nascosta nell'oscurità lo vidi mentre lo accerchiavano, mentre lo bloccavano e mentre lo picchiavano. Vidi il sangue sporcare il suo viso, mentre un'ombra scura e densa iniziava a formarsi intorno a lui. Sperai fino all'ultimo che essa reagisse, che la sua natura Deviante uscisse, ma così non fu.
    Scrollai il capo un po' delusa e mentre gli Assassini lo lasciavano, facendo un passo indietro spaventati, ma all'erta... io uscì allo scoperto.
    Li guardai piegando il capo da un lato, mentre quelli si preparavano ad attaccarmi, ero indecisa: usare i miei poteri e salvare entrambi o... lasciar perdere?
    Scelsi per la seconda e così alzando le mani percepì il calcio dietro le ginocchia che mi costrinsi a terra ed al contempo lo sguardo confuso di Oliver su di me. Probabilmente mi chiedeva di far qualcosa, ma scuotendo impercettibilmente il capo abbassai lo sguardo.
    Ero ancora stupita del contatto mentale con lui, non possedevo la telepatia o almeno non con esseri così inferiori eppure con lui era accaduto.
    "Se li attaccasi confermerei i loro dubbi su di te..."
    Entrambi venimmo scortati alla Confraternita ed io per l'ennesima volta venni rinchiusa seppur questa volta non ero sola nella cella. Oliver era con me.
    Con le ginocchia al petto guardavo la luna dalle sbarre di ferro e pensai a come gli Eterni dal loro trono dorato ridessero di tutto ciò.
    "Sono stata imprigionata per così tanto tempo che... mi chiedo se questo non sia l'unico destino che mi aspetta..." sussurrai più tra me e me che a lui.
    "Mio fratello prima e poi gli abitanti di questo luogo... quanti avversioni contro chi vuole solo essere giusto e fare le scelte più corrette..." osservai scuotendo il capo per poi voltarmi verso l'uomo nella cella con me.
    Feci qualche passo ed avvicinandomi mi inginocchiai di fronte a lui. C'era una piccola bacinella nella stanza, con dell'acqua, e così strappandomi la manica della divisa da detenuta che ancora indossavo, la usai per bagnarla e pulirgli il viso. Non proferì parola. Lo feci solo con delicatezza ed attenzione.
     
    Top
    .
  8.     +3   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    282
    Reputation
    +658

    Status
    :Oliver:
    ”...quante avversioni contro chi vuole solo essere giusto e fare le scelte più corrette...”
    Udivo le parole di Nyx come se giungessero da molto lontano. Non avevo potuto fare altro che lasciare che gli assassini ci portassero al covo, un seminterrato in un edificio anonimo, strettamente vigilato e blindato, per poter respingere ogni genere di attacchi. Sembrava quasi un rifugio antiatomico.
    Mi sentivo separato da quello che mi accadeva intorno. Dopo lo scontro con le persone che una volta per me rappresentavano più della mia famiglia, mi ero rinchiuso in un luogo solitario, isolato, buio e inaccessibile. Da qui osservavo la vita che nell'arco di pochi giorni si era distrutta, frammentata, capovolta.
    Avevo lavorato tanto per perseguire ideali che ritenevo corretti ma, più di ogni altra cosa, per seguire mio fratello, il mio modello.
    Ora che lui era morto, cosa rimaneva del desiderio di libertà e giustizia che tanto ci aveva fatto sperare e combattere?
    Nyx si avvicinò a me. Non sapevo neppure io il motivo per cui le avevo creduto, quando mi aveva trasmesso mentalmente il messaggio di farmi catturare. A mente più lucida, avrei avuto la certezza di quanto tutto questo fosse pazzesco: mettermi nelle mani degli assassini solo perché me lo diceva lei!
    Stava pulendomi le ferite che pulsavano intensamente, più per la rabbia di essermi fatto sorprendere come un novizio che per i tagli profondi che avrebbero avuto bisogno di punti di sutura.
    Si interruppe nel suo lavoro quando parlai, con tono sommesso ma vibrante di tensione: ”Cosa c'è di giusto o sbagliato in tutto questo? Pensavo di essere dalla parte dei buoni, di agire per il bene delle persone!“
    Strinsi i pugni, riaprendo le ferite sulle nocche. Non me ne resi conto che in una piccola parte del cervello. In tutto il resto sentivo una rabbia bruciante montare e distruggere ogni barriera, ogni argine.
    ”Mio fratello è morto per una causa, per un'ideale che non so neanche più quanto sia reale. Chi lo doveva proteggere è disposto a compiere delle azioni che lo rendono un prevaricatore tanto quanto quelli che combattiamo”
    Sentimmo scattare la serratura della porta della stanza dove era la nostra cella. Entrò Kara. La donna che credevo di amare. Nei momenti più difficili della missione, il suo pensiero mi aveva dato la forza di continuare a combattere.
    Ma ora non sapevo più cosa sarebbe stato di noi due. Liam mi aveva avvisato, senza riuscire a dirmelo chiaramente, che il delicato filo che mi legava a lei era stato strappato. Non capivo. Lei mi aveva aiutato a prepararmi, a lei si accendeva lo sguardo quando pensava a tutti i danni che potevamo causare al Reich con la nostra operazione. Odiava il sistema nazista ancora più di me, dato che le aveva strappato i genitori quando era ancora bambina.
    Mi aveva trasmesso il suo entusiasmo, la sua forza, mentre ora mi guardava come se fossi uno di loro. Non indossavo la divisa militare, me ne ero liberato la notte stessa della fuga, ma, da come mi squadrava, sembrava che mi vedesse più solo così. Ero diventato qualcosa di diverso dall'uomo di cui si era innamorata. Era fredda, distante, sprezzante.
    Avevo perso anche lei.
    Mi alzai in piedi, avvicinandomi alle sbarre, mentre Nyx si teneva in disparte.
    ”Perché mi avete imprigionato?”
    ”Hai ucciso due dei nostri, dovevamo fermarti”
    ”Siete stati voi ad attaccarmi per primi mentre vi davo le spalle!”
    Kara mi fissò imperturbabile. Risi con amarezza.
    ”Ho capito. Non vi servivo più, ero ormai una risorsa esaurita. Anche Liam era così?”
    ”Lui sapeva quello a cui andava incontro, era consapevole che fare da collegamento con la stella nascente dell'esercito nazista era come avvicinarsi ad un vulcano in eruzione. Negare questo vuol dire negare il suo sacrificio!”
    Il suo disprezzo fu uno schiaffo in faccia. Il mio corpo tremava per lo sforzo di contenere una marea di sentimenti che non avrei voluto mostrare a nessuno.
    ”Sono parole del cazzo, parole vuote! Liam era troppo prezioso per farlo morire come uno qualunque. Chi ha deciso che non avreste mosso un dito per provare a salvarlo?”
    Non lo disse, ma lo capii comunque senza ombra di dubbio: il Mentore a capo della Confraternita mondiale, Achille Davenport. Una conferma orribile.
    Alzai la voce, accusandola: ”Perché almeno tu non mi hai contattato? Io avrei potuto fare qualcosa con il tuo aiuto, ma senza alcuna notizia ho sprecato ore, giorni preziosi. Quando sono riuscito a scoprire dove era era ormai troppo tardi! “
    Sentii la mia rabbia esplodere, divampare incontrollata. Un velo nero coprì i miei occhi, e al contempo percepivo i miei sensi come farsi più acuti, precisi, potenti.
    Provai l'impulso incontrollabile di devastare tutto ciò che vedevo, sentii distintamente che ne avevo la forza. Il mio pugno scattò, colpendo il muro della cella, perforandolo da parte a parte.
    Rimasi stupito a fissare il mio braccio, entrato ben oltre il polso nel foro che avevo fatto. Lo estrassi dal buco. Osservavo la mia mano, intera, guarita anche dalle ferite che avevo fino a pochi secondi prima.
    Mi girai, smarrito, verso Kara. Il suo sguardo era terrorizzato.
    Strano pensai Lei non si è mai spaventata di nulla, è la più coraggiosa tra noi due!
    ”Sei diventato un mostro Aidan! Aveva ragione Achille, il Reich ti ha rubato l'anima!”
    Scappò dalla stanza. Mi sedetti di schianto sulla brandina, incapace di darmi una spiegazione. Ogni dolore che non fosse quello nel mio petto era svanito, e quello che rimaneva era un furore che somigliava ad una fiamma ghiacciata.
    Nyx si riavvicinò a me. La sua espressione era raggiante, vittoriosa. La fissai intensamente, cercando di strapparle un barlume di comprensione che faticavo ad ottenere in qualsiasi altro modo. Alzò la mano per toccarmi il viso, ma le afferrai il polso, stringendolo con forza. Non sapevo come facessi a mantenere la voce così calma, quasi metallica.
    ”Che cosa vuoi veramente da me?


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 30/3/2020, 10:26
     
    Top
    .
  9.     +3   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Love GDR

    Group
    Cristina
    Posts
    16,697
    Reputation
    +1,392
    Location
    Mandalore

    Status
    :Nyx:
    La sua presa ferrea mi lasciò stupefatta. L'energia che emanava era forte così come lo era la sua natura che stava uscendo, una che mi fece sorridere amorevolmente prima di rispondergli.
    "Voglio solo renderti libero..." esclami con estrema semplicità, mentre abbassai lo sguardo cristallino sulla sua mano ancora stretta al mio polso. Capì che era arrivato il tempo di sbottonarmi un po' di più. Di dargli certezze a cui aggrapparsi.
    "Per millenni su questo pianeta abbandonato avete vissuto certi che la vostra misera esistenza fosse l'una esistente, ma vedi mio caro Oliver, non è così. Non è solo la razza umana quella che esiste, ben più antiche giacciono nelle profondità dell'universo, e la mia è stata cacciata, discriminata ed annientata. Non è rimasto più nulla se non la speranza che un giorno possa rinascere perchè seppur vicino all'estinzione, ancora non estinta..." ad ogni parola la sua presa si allentava, mentre il suo sguardo si corrucciava. Era spaventato e scioccato da tali parole, ma vedevo nel profondo del suo sguardo la certezza di essere di fronte alla verità.
    "Membri della mia razza sono nati, ma la mia assenza ha impedito al loro genoma di svilupparsi divenendo di fatto "negati". Forza fisica, agilità, resistenza e guarigione dalle ferite parecchio più sviluppate di un comune essere umano sono le caratteristiche per individuali, caratteristiche comuni che so che tu hai..." dissi vedendolo a quella mia affermazione scattare in piedi, mentre anche io mi alzavo. Con lentezza ed eleganza.
    "Il genoma è però bloccato. Solo un Deviante può sbloccare il genoma di un Deviante Negato. Avviene con un semplice contatto, uno che volutamente si da con tale scopo. Qualora un individuo dotato di tale genoma "negato" viene toccato in questo modo ha origine il processo di mutazione rivelando la vera natura dell'essere e le sue abilità, ma..." feci una pausa lanciando uno sguardo oltre la sua spalla, metaforicamente verso tutti i suoi vecchi compagni.
    "... gli effetti provocati di tale tocco su chi non possiede il genoma Deviante crea effetti imprevedibili e generalmente pericolosi..." conclusi prima di superarlo e raggiungere la soglia ormai libera e non più controllata.
    "Posso renderti libero, se vuoi... ma è una tua scelta..." rimarcai voltandomi a guardarlo, i capelli biondi, luminosi e bellissimi ad incorniciarmi il viso. Per la prima volta nel mio sguardo si scorgeva la paura di rimanere nuovamente sola, di perdere per sempre ogni possibilità di salvezza per la mia razza. Ma non mentivo, non lo avrei mai costretutto a nulla. Non lo avrei fatto perchè c'era qualcosa che non riuscivo a spiegare che, in lui, mi rendeva quasi sua succube. Sua devota. Avrei rinunciato alla salvezza se fosse stato ciò che lui avrebbe desiderato... Perchè? Non lo sapevo.
    Non conoscevo quella strana energia che mi percorreva, che mi rendeva a tratti nervosa ed estasiata allo stesso tempo.
     
    Top
    .
  10.     +3   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    282
    Reputation
    +658

    Status
    :Oliver:
    "Posso renderti libero, se vuoi... ma è una tua scelta..."
    Tutte le informazioni che avevo ricevuto mi turbinavano in testa. Essere consapevole di avere un retaggio ben diverso di quello da Assassino, come avevo sempre creduto, mi confondeva. Genoma, razza, potere.
    Tante idee e concetti che si facevano strada nella mia mente con una potenza inesorabile. A mia disposizione un ventaglio di possibilità infinito, bastava solo che lo accettassi, per poi decidere come usarlo.
    I pensieri furono interrotti da uno scalpiccio di numerose persone che si avvicinavano velocemente. Eravamo nel covo degli Assassini, addestrati ad essere prima di tutto delle macchine da guerra viventi. Non era scontato che da lì ne saremmo usciti vivi, se non ci fossimo impegnati al massimo.
    ”Dobbiamo toglierci da qui dentro, o questa prigione diventerà presto una trappola. Devi utilizzare i tuoi poteri, e io farò la mia parte!”
    La squadra che ci stava venendo addosso era numerosa e addestrata. Nyx ci protesse con uno scudo di energia oscura, permettendoci di spostarci verso un corridoio su cui si trovavano diverse porte.
    La osservai mentre, precisa e concentrata, parava i colpi che ci piovevano addosso senza un attimo di tregua. La trovavo bellissima, temibile, formidabile e coraggiosa. Ero ormai convinto, con la certezza di chi ha aperto gli occhi su verità innegabili, della sua natura sovrumana. Apparteneva ad una razza che non aveva nulla a che spartire con i deboli esseri umani. Era una Dea.
    Ed io ero abbastanza ragguardevole ai suoi occhi da meritare la sua attenzione. Questo era il pensiero che mi aveva colpito in misura maggiore; la mia reazione fu semplice e prevedibile, almeno per me: avrei fatto di tutto per esserne degno.
    Nessuna delle porte sembrava condurre all'uscita dalla fortezza perciò provai ad aprirne alcune, a caso. Erano tutte sbarrate, ma utilizzando una minima frazione della forza che ora possedevo ne scardinai una, per trovare un temporaneo riparo dall'offensiva che diventava sempre più serrata.
    Ci ritrovammo nella sala delle armi. Sapevo che ogni covo ne possedeva una, era una sorta di omaggio alla storia centenaria dell'Ordine, dato che si tenevano più che altro in mostra tutta una collezione di armi antiche: spade, mazze ferrate, archibugi, stiletti e... archi. Me ne capitò uno sotto mano, da guerra, robusto e finemente intarsiato, alto quasi quanto le mie spalle. Recuperai anche la faretra con numerose frecce. Spostai un pesante scaffale di legno scuro come se pesasse meno di un decimo di quello che effettivamente pesava.
    ”Ripariamoci qui dietro, e lascia fare a me, ora!”
    Attesi qualche secondo l'arrivo dei primi nemici. Da ragazzo avevo praticato il tiro con l'arco a livello agonistico e con buoni risultati, quindi incoccai la freccia con scioltezza e con una precisione micidiale la piantai nella fronte del primo assassino che entrò nello stanzone. Anche il secondo finì a terra, con due frecce nel petto tirate in rapida successione, quasi l'occhio umano non riuscisse a seguire il mio movimento. Mi stavo appropriando delle abilità nettamente migliorate con una facilità e un'immediatezza tali da sembrare che le avessi sempre possedute.
    Dopo quella dimostrazione di letalità i miei vecchi compagni decisero di cambiare tattica: qualcuno lanciò una bomba lacrimogena, che saturò in pochi secondi l'ambiente. Nyx usò il suo potere per assorbire il fumo che minacciava di soffocarci, ma questo la indebolì talmente tanto che si accasciò contro il muro, respirando pesantemente, un sudore freddo che le bagnava la fronte.
    Mi inginocchiai accanto a lei, osando sfiorarle il viso. Le sussurrai con sicurezza la mia decisione: ”Ti seguirò dove vorrai. Farò quello che vorrai. Dammi solo la possibilità di ottenere quel potere di cui ho bisogno per realizzare il tuo disegno”
    Stavano tornando all'attacco. Uscii dal riparo che ci forniva il mobile e con un movimento fulmineo, generato dalla fiducia nelle mie nuove possibilità, deviai con l'arco un pugnale diretto al mio viso. Mi sentivo invulnerabile, e anche se il secondo pugnale arrivò a colpirmi di striscio la coscia, quasi non me ne resi conto.
    Lanciai una serie di dardi per far indietreggiare gli aggressori, lasciando però sul pavimento altri uomini.
    D'improvviso, si alzò un urlo femminile. Incurante di essere colpita, Kara, corse verso una delle figure a terra, trafitta da numerose frecce.
    ”Martin! No! Non devi lasciarmi, non così...”
    Kara alzò il viso bagnato di lacrime su di me. Il tempo si fermò, perse ogni significato. Il mio sguardo non riusciva a lasciare quello di lei, in cui ormai trovavo solo odio e ingiuria, ma intanto, quasi di volontà propria, una freccia venne incoccata. E scoccata. Quando attraversò la gola di Kara, fu come se l'ultimo filo che mi legava alla mia precedente vita venisse reciso.
    Liam era morto. Kara mi aveva tradito, e l'avevo uccisa. Ero stato bandito dalla Confraternita, che si sarebbe trasformata nel mio nemico più implacabile, ormai lo sapevo. Il nostro conflitto sarebbe finito con la mia morte o con l'annientamento dell'Ordine, non c'erano altre alternative.
    Solo quando li avessi uccisi tutti, nessuno escluso, sarei stato libero di vivere la vita che Nyx, la mia Dea, poteva donarmi.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 30/3/2020, 10:27
     
    Top
    .
  11.     +3   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Love GDR

    Group
    Cristina
    Posts
    16,697
    Reputation
    +1,392
    Location
    Mandalore

    Status
    :Nyx:
    Erano passati circa 5 anni da quando Oliver aveva distrutto la sua Confraternita accettando il dono che ero pronta a fargli, un dono che lo aveva fatto sbocciare in una meravigliosa creatura oscura. In quel tempo aveva coltivato giorno dopo giorno le sue abilità ed insieme a me aveva viaggiato per il mondo per fare proseliti, per rintracciare e risvegliare i Devianti Negati che qui e lì erano sparsi su un pianeta che era stata embrione di molti semi, più di quanti potessi immaginare.
    Hitler era ancora al potere ed iniziare a bramarci non più come avversari, ma alleati. Noi avevamo fatto buon viso a cattivo gioco con l'unico scopo di usare le risorse del reich per la nostra missione, ma ben altro avevamo in mente: un colpo di stato.
    Era certa che lui pensasse che ciò sarebbe dettato per mettermi al potere, per poter guidare la nostra razza su quel mondo e creare così il nostro impero e così era, ma con una variante che non immaginava.

    Nella mia stanza spazzolavo i lunghi capelli biondi di fronte allo specchio. Indosso un'elegante vestaglia coloro rosa cipria, mentre il fuoco scoppiettava nel camino riscaldando la mia pelle come il mio cuore.
    Sorridevo al mio riflesso ben conscia che il momento di colpire era vicino. Ormai erano sempre più i Devianti svegliati ed il momento di sovvertire l'ordine delle cose era vicino, come il mio sacrificio.
    Non ne avevo fatto parola con Oliver, ma quando ciò sarebbe successo io avrei raccolto tutte le mie energie per svegliare in un colpo solo tutti i Devianti Negati su quel pianeta. Sapevo cosa quello mi sarebbe costato, ma era il sacrificio ultimo che sarei stata disposta a compiere pur di permettere alla mia razza di resistere e prosperare. Sarei morta felice di aver evitato l'estinzione.
    Con quei pensieri quasi sobbalzai quando il bussare alla mia porta mi costrinse ad alzarmi. Appoggiai la spazzola sulla toletta e camminando con passo leggero sul parquet finamente intarsiato della stanza raggiunsi la porta che aprì senza esitazioni.
    Oliver sembrò stupito di vedermi in quella mise. Condividevamo quella lussuosa residenza, ma ognuno viveva in un'alta distinta. Questo aveva impedito situazioni sconvenienti o imbarazzanti seppur io non mi sentivo mai nè in un modo o nell'altro quando ero con lui. Qualsiasi fosse la situazione.
    "PerdonateMi non era mia intenzione arrecarVi disturbo, ma... domani è il grande giorno e desideravo confrontarMi con Voi..." parlava con rispetto e devozione. Il capo basso e le gote arrossate.
    Io sorrisi e facendomi da parte lo invitai ad entrare.
    "Quando inizierai a chiamarmi Nyx? Solo Nyx?" gli chiesi, mentre chiudendo la porta mi ci appoggiavo sopra. Le mani dietro la schiena.
    "Sei sempre troppo rigido e nervoso... devi rilassarti. Domani andrà tutto bene. Il piano è stato studiato nei dettagli e i Devianti del reich sanno cosa fare. Hitler sarà al suo posto e noi prenderemo il potere!" lo rassicurai mentre prendendolo per mano lo portavo sul mio letto dove costringendolo a sedersi iniziai a massaggiargli le spalle. Era un blocco di marmo.
    Non c'era malizia nei miei gesti, ma sempre quelle attenzioni che mi venivano naturali nei suoi confronti e che avevo dal primo giorno che lo conoscevo.
     
    Top
    .
  12.     +3   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    282
    Reputation
    +658

    Status
    :Oliver:
    ”Heil Hitler!”
    ”Heil Hitler!” Lo sguardo del Reichsführer Himmler era animato dallo stesso genere di saldezza e di devozione che possedeva il mio, con l'unica differenza del soggetto verso cui tale dedizione era destinato, ma questo lo sapevo solo io.
    ”Generale Winkler, non credevo di trovarvi ancora qui, in servizio. Dopotutto, domani è il grande giorno, dobbiamo essere preparati!”
    ”Ne sono consapevole. Il mio animo è colmo di aspettativa per la gloria che attende la nostra guida suprema e il Reich. Mi stavo avviando proprio ora alla mia abitazione”
    ”Bene. A domani quindi. Mi saluti la sua deliziosa moglie, come sempre!”
    Chinai il capo a mo' di saluto, la mia espressione imperscrutabile come d'abitudine che però, se fosse stata più leggibile, avrebbe espresso tutto il mio disprezzo per quel viscido burocrate.
    Domani era il grande giorno, ma non per questi ipocriti ossessionati dal potere personale, che seguivano un uomo debole e perverso come Hitler solo per ottenere le briciole che cadevano dalla tavola del Führer.
    I piani nazisti erano di dichiarare guerra agli Stati Uniti d'America, per espandere ulteriormente il loro dominio sul mondo. La sezione di intelligence, guidata da Himmler stesso, aveva tenuto d'occhio per mesi la situazione politica dei nostri maggiori antagonisti, stabilendo che la loro millantata potenza era solo una facciata che nascondeva una crisi alimentata da lotte interne.
    L'America sarebbe caduta in mano nazista con perdite stimate in poche migliaia di nostri soldati, attuando la tattica militare chiamata Blitzkrieg, già utilizzata con successo dal Reich per vincere la seconda guerra mondiale.
    Quello che loro non sapevano era che questa impresa sarebbe stata annullata prima ancora di nascere dal nostro piano: dopo anni di sacrifici, battaglie, pericoli, domani, Nyx ed io avremmo ottenuto i frutti per cui avevamo lottato tanto a lungo.

    Cinque anni prima, dopo essere riusciti a sfuggire dal covo degli Assassini, Nyx aveva risvegliato la mia natura, mi aveva fatto accedere a poteri formidabili con cui avevo compiuto la mia vendetta assoluta verso i carnefici di mio fratello. Avevo annientato la Confraternia, come avevo giurato, lasciando per ultimo proprio Davenport, il Mentore, perché soffrisse quello che avevo sofferto io nel veder distrutta la sua opera per mano mia.
    Conclusa la mia ritorsione, il mio furore era stato sostituito da un'immensa soddisfazione. Mi ero liberato definitivamente della mia vecchia identità come di un indumento ormai inutile. Come aveva detto Kara, Aidan non esisteva più.
    I poteri sovrumani che avevo ricevuto mi facevano provare un immenso orgoglio per il ruolo che rivestivo agli occhi della Dea che era il fulcro unico di una visione a cui mi ero votato.
    ”Ti seguirò dove vorrai. Farò quello che vorrai” Era stato davvero così in questi anni di sfide sempre più grandi, battaglie vinte, strategie architettate. Lo era tuttora, in questo momento, e ogni istante ancora di più.

    Raggiunsi l'elegante edificio che il Reich aveva assegnato al Generale a capo delle forze di sicurezza. La loro paura per il potere che avevamo acquisito in breve tempo aveva spinto quegli idioti a reintegrarmi al mio posto, come se non fossi mai stato accusato di essere un criminale che aveva attentato alla sicurezza dello stato tedesco.
    Mi diressi immediatamente verso l'ala dell'abitazione riservata a Nyx; avevo bisogno di vederla, di conferire con lei.
    Forse non si aspettava la mia visita, a giudicare dall'espressione stupita con cui aprì la porta, ma volle ricevermi comunque.
    L'aria intorno a lei era satura della sua presenza, un'aura invisibile in cui mi sentivo a mio agio come un fiore sotto la luce vitale del sole.
    ”Domani andrà tutto bene. Il piano è stato studiato nei dettagli e i Devianti del reich sanno cosa fare. Hitler sarà al suo posto e noi prenderemo il potere!”
    Annuii, concentrato e teso: ”Quando Hitler annuncerà davanti alla Wehrmacht, riunita a pieni ranghi, l'inizio della terza guerra mondiale, io userò il Potere dell'Ombra per avvicinarmi e lo giustizierò, eliminando di netto il comando del Reich e chi oserà opporsi. A quel punto, proclamerò a nome vostro la nascita del nuovo Impero dei Devianti. Prenderete il posto che vi spetta, quello di Imperatrice”
    La mia voce era ferma, determinata, senza inflessioni. Ero totalmente convinto e consapevole del mio ruolo, e non chiedevo altro che di continuare a essere il suo fedele consigliere, anche all'alba del nuovo corso per la nostra razza.
    Sentivo le sue dita sottili fare pressione seguendo i muscoli della schiena, i tendini tesi come le corde del mio arco. Al suo tocco, da quando mi aveva risvegliato, non mi ero ancora abituato: mi trasmetteva sempre un'energia rigeneratrice e benefica.
    Aggrottai le sopracciglia, poi le parole che esprimevano un dubbio che si era mosso celatamente anche a me stesso uscirono dalla mia bocca senza neanche lo volessi. Il mio tono era diventato incerto:
    ”Ditemi, è così che andrà, vero?”


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 30/3/2020, 10:27
     
    Top
    .
  13.     +3   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Love GDR

    Group
    Cristina
    Posts
    16,697
    Reputation
    +1,392
    Location
    Mandalore

    Status
    :Nyx:
    La sua tensione era percepibile ed ogni volta non poteva che confondermi. Come poteva dopo tutti questi anni e tutto ciò che aveva fatto e mi aveva mostrato ancora tentennare o dubitare di sè?
    Lo avevo ascoltato ripassare i dettagli del piano, ma furono le sue ultime parole a farmi corrucciare la fronte. Con un lieve movimento del capo, che lui non poté vedere, sorridevo ancora commossa di fronte alla sua incapacità di capire cosa davvero sarebbe successo.
    "Ditemi, è così che andrà, vero?" mi chiese questa volta girandosi verso di me e costringendomi così a fermare il mio massaggio, mentre in ginocchio sul letto gli sorridevo accarezzandogli il volto con le dita.
    Sembrava sempre così timoroso, quasi percepisse le mie carezze come qualcosa di sbagliato. Eppure non ne rifuggiva.
    "Mi chiedo come tu non lo veda..." sussurrai piegando il capo da un lato, mentre le mie dita lunghe ed affusolate dalla sua gota corsero lungo la sua giugulare pulsante.
    "Tutto questo è per te Oliver... tu... tu sarai il Führer" esclamai soave senza incertezze o dubbi.
    La mia mano era ora sul suo cuore e lo sentivo battere così forte che mi chiesi se era possibile che da un momento all'altro potesse balzare fuori. Lui dal canto suo mise una mano sulla mia e guardandomi iniziò a scuotere il capo sempre più velocemente. Sempre più convulsamente.
    "No, no, no... non è possibile. Voi... voi siete la Dea... io non sono niente..."
    "Shhh no! Smettila! Non dire che non sei niente... tu sei tutto!" lo ripresi alzandomi un poco per avvicinarmi maggiormente a lui, mentre ancora in ginocchio lo sovrastavo con le mani sul suo viso a tenerlo immobile verso il mio, mentre eravamo vicini quanto mai lo eravamo stati fino a quel momento.
    "Tu mi hai salvato... sei stato l'unica cosa in grado di liberarmi... l'oscurità che è in te... è forte... così forte da giungere nel luogo più remoto del cosmo... Sei tutto Oliver... sei tutto per me..." aggiunsi quasi senza rendermene conto, mentre lo sentivo ormai iperventilare. Tremò ed in un gesto che non mi aspettai si alzò confondendomi.
    Ricaddi con i glutei sui talloni e guardandolo mi preoccupai.
    "C-Cosa ho fatto? C-Cosa ho detto? I-Io... sembra quasi tu abbia paura di me... ogni volta che... che siamo vicini e ti tocco... tu fuggi... P-Perchè?" mi sorpresi di come la voce mi tremò e perfino di quel qualcosa di umido che si formò nei miei occhi. Li toccai e cercai di capire cosa fosse. Mi confuse. Non conoscevo le lacrime, non sapevo cosa fossero. Come non conoscevo la paura, il dubbio o l'incertezza.
    Lui si voltò e guardandomi si passò una mano tra i capelli maledicedosi.
    "Siete perfetta... sei perfetta... ed io... io non lo merito... Io non vi rifuggo per disprezzo o timore, ma perchè temo di non controllare le mie vere intenzioni..."
    Alla sua frase mi alzai in ginocchio e rimanendo sul letto abbracciai la colonna del letto a baldacchino, mentre lui si riavvicinava. Il suo sguardo concatenato al mio.
    "E quali sono le tue vere intenzioni?" mi trovai a chiedere con voce calda. Con una nota di sensualità che non sapevo nemmeno di possedere.
     
    Top
    .
  14.     +3   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    282
    Reputation
    +658

    Status
    :Oliver:
    Di amarti... Avrei voluto dirle questo, ma non era certo quello che qualcuno avrebbe detto all'essere che venerava, che si era messo su un piedistallo per poterlo ringraziare ogni momento di quello che aveva fatto per te, della vita nuova che ti aveva concesso quando non c'era altra speranza che la morte o un futuro insulso e senza valore.
    Quindi risposi: ”Chiedo solo di potervi onorare e di essere lo strumento perfetto per voi”
    Perché lessi della delusione nei suoi occhi? In cosa avevo fallito? Sentivo la confusione che aumentava, e di questo ne ero davvero angustiato. Eppure, non era questo il pensiero che più mi atterriva. C'era altro nelle sue parole che nascondeva un orribile significato. Perché avrebbe lasciato tutto a me? Non era mai stato questo il piano, io non avevo nessuna intenzione di comandare qualcosa che perdeva di significato, se fossi diventato il solo ed unico Führer.
    Udivo il ticchettare della pendola come se fosse un rumore penetrante e violento. Solo quello mi dava la concezione del tempo che passava, del fatto che mi ero paralizzato, che tutto si stava fermando intorno a noi.
    Ero ad un passo dal baratro, dallo scoprire cosa davvero la mia Dea avesse in serbo per me e per i suoi figli. Quante volte li aveva chiamati così, quelli della mia stessa razza... Lei si sarebbe sacrificata senza la più piccola esitazione per loro, molto spesso lo aveva dimostrato quando anche solo ne risvegliava uno con il suo tocco. Nel risvegliare me, avevo avvertito la sua presenza affievolirsi per qualche secondo, la fiamma di una candela che trema ad un soffio di vento. Così era stato ogni altra volta, la avevo osservata quando si adoperava per destare un altro di noi. Non avevo mai osato parlarle di questo, avrebbe pensato che la sua debolezza fosse visibile e sapevo che ne avrebbe sofferto. Si vergognava di mostrare delle fragilità, ai suoi occhi era come mancare ad un dovere che sentiva di avere per il suo popolo.
    Il destino e la prosperità dei suoi figli era un argomento che le stava molto a cuore. E io avevo assecondato il suo desiderio, mi ero comportato secondo quello che voleva senza però mai confessarle che a me, dei miei simili, non importava che in minima parte. Non sentivo con loro la stessa connessione che invece provava lei, e ai miei occhi non avevano di certo la stessa importanza. Non si può dire che li odiassi, ma non volevo essere accomunato a loro, soprattutto agli occhi della mia Dea.
    Io ero diverso, io non potevo essere paragonato a nessuno. Io ero stato il primo e lei mi aveva raccontato tante volte come la mia energia vitale avesse avuto la forza di aiutarla a trovare il modo per fuggire dalla sua prigione.
    Ed io di quello avevo vissuto, in questi anni. Dell'idea e dell'orgoglio di rappresentare un segno del suo destino, un legame inscindibile che ci legava. Ero il suo prescelto e avrei per questo avuto il privilegio di brillare nella sua luce. Ma se lei fosse mancata, cosa sarebbe stato di me? Uno specchio vuoto, che non avrebbe avuto alcun altro uso. Sarei diventato una creatura composta solo di buio e di furore, che tentava di colmare un vuoto immenso. Mi sarei perso, come persona e come deviante.
    Nyx aveva risvegliato la mia oscurità, io l'avevo sondata e percorsa: mi ero stupito di accorgermi di quanto fosse vasta. Aveva ragione lei, avrei potuto fare molte cose, se avessi attinto coscientemente e coscienziosamente a questo potere. Ma non avrei fatto il bene di nessuno, nemmeno del mio, avrei distrutto tutto ciò che lei aveva costruito.
    Non si rendeva conto di quanto controllo esercitasse sul mio lato buio? Lei era il nodo che teneva la mia oscurità ancorato ad uno scopo, ad un significato positivo dell'esistenza. Se mi avesse abbandonato, mi sarei smarrito. Non poteva farmi questo!
    ”Siamo ad un passo dal nostro obiettivo e perché ora vi tirate indietro? Non posso credere che mi vogliate lasciare solo!”
    Soffiai quelle frasi, come se uscissero da una fucina infuocata, colme di livore. Non riuscivo davvero a capacitarmi di quello che stavo dicendo! Prima il dubbio verso il suo agire, ora osavo addirittura accusarla di... slealtà!
    Eppure c'era qualcosa che mi stava esplodendo nel petto. La paura di perderla, ecco che cosa era... la mia oscurità stava già crescendo minacciosa, al solo immaginare che la sua presenza sarebbe venuta a mancarmi. Abbassai lo sguardo sulle mani, lasciando il suo che mi stava bucando l'anima a causa dell'incredulità che vi vedevo.
    Il mio corpo tremava, il respiro usciva fuori sibilante e affannoso, ostacolato dalla mia stessa trachea. Che spettacolo pietoso dovevo essere per lei! Chiusi gli occhi, cercando di calmarmi.
    ” Se voi non sarete al mio fianco...” Mi corressi, perché non era quella la verità: ”Se io non sarò al vostro, niente di quello che abbiamo costruito avrà alcun senso! Ditemi che mi sbaglio, che non mi lascerete senza la vostra guida!”
    Feci due passi verso il letto, come attratto da una forza invincibile: era lei stessa ad attrarmi, anche se non me lo stava ordinando a parole né con i pensieri. Ma sapevo che così desiderava, ed io obbedivo. Questo era quello che sapevo fare meglio.
    ”Io non fuggo da voi, non lo farò mai...”
    Quasi un balbettio, una protesta accorata. Lei sorrise, ed io sentii che nuovamente il mio essere oscuro si acquietava, tornava ad essere controllabile, ad abitare dentro confini sicuri. Accostai il mio viso al suo, le nostre guance si sfiorarono, le labbra vicino al suo orecchio, le sussurrai: ”Non voglio deludervi, vi prego, non datemene la possibilità!”
    Lei mosse il viso, sentii il suo respiro sulla pelle vicino e caldo. Non avrei voluto, né mai osato pensarlo; il mio cuore lo desiderava da troppo tempo, nonostante fingessi di non saperlo. Le sue labbra sfiorarono le mie.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 30/3/2020, 10:27
     
    Top
    .
  15.     +3   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Love GDR

    Group
    Cristina
    Posts
    16,697
    Reputation
    +1,392
    Location
    Mandalore

    Status
    :Nyx:
    La nostra vicinanza mi causava qualcosa che non sapevo e non riuscivo a controllare, mentre le dita affusolate accarezzavano lievi i suoi lineamenti duri come il marmo. Sorrisi percependo il cuore agitarsi nel petto, mentre la voce si negava di uscire nonostante le mille e più parole che sentivo spingere sulla bocca. Per rassicurare le sue paure. Per spiegare le mie ragioni. La lingua parvi spezzarsi ed un fuoco sottile salire rapido alla mia pelle, mentre i miei occhi già più non vedevano la realtà.
    Il tempo smise di esistere, lasciandoci soli senza età e ricordi. Senza passato. Con una luce che nasce all'orizzonte e un domani sereno e silenzioso.
    Annullai ogni distanza mossa solo dall'istinto e combattei contro la sua iniziale reticenza, mentre la mia lingua si insidiava oltre i suoi denti. Un bacio casto e leggero che divampò come una fiamma alimentata dal vento.
    Lui si allontanò cercando di ritrovare il controllo. Il viso roso ed il fiato corto, mentre io mossi le mie mani al nodo della mia vestaglia che sciogliendosi rivelò il mio corpo sinuoso e perfetto fasciato solo da una corto babydoll.
    Rimasi ad osservarlo mentre i suoi occhi profondi come la notte scivolavano lussuriosi sul mio corpo accarezzandolo.
    "Ho fatto tutto questo per TE... Sei il mio TUTTO... Sei colui che ho visto germogliare ben prima che fossi in questo corpo... quando la tua energia ancora aleggiava nel cosmo... da allora ti seguo, da allora ti guardo, da allora ti bramo... NON voglio essere la Grande Madre, non ho mai voluto..." esclamai in un sussurro.
    Le mani alla gola e la paura di pronunciare parole tanto profane, parole che avevo solo osato pensare. Gli occhi lucidi, ma ora consapevoli.
    "NON voglio essere una Dea... voglio solo essere una donna... la TUA donna... Colei che ti aiuterà a raggiungere l'apice che ti spetta, che starà al suo fianco e che pur non rinunciando ai suoi doveri, ti darà tutta sè stessa... Devi solo accettarlo... Devi solo volermi... Devi solo prendermi..." esclamai parola dopo parola provando per la prima volta il timore del rifiuto.
    Quante sfumature si potevano avere nel concretizzarsi in un corpo terreno, era così forte e devastante che nonostante il tempo passato ancora non mi ci ero abituata.
    Fu un silenzio lungo, uno nel quale mi osservò senza proferire parola. Non ebbi idea di quanto tempo passò, seppi solo che ad un certo punto alzai una mano e la porsi verso di lui...
    "Non ti sto offrendo un Impero... ti sto offrendo il mio cuore..."
     
    Top
    .
27 replies since 14/1/2020, 13:57   448 views
  Share  
.