Present Day #2020: Imperial Palace

Season 5

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +2   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    282
    Reputation
    +658

    Status
    :Selene:
    Dalla molteplicità all'unicità.
    Questa era ciò che avevamo ottenuto con la fine del gioco che Nyx mi aveva costretta a giocare. I sentimenti e le sofferenze di tutti coloro che erano state le nostre pedine erano un tributo offerto sull'altare del nuovo futuro.
    Nyx era stata sincera nelle sue intenzioni, anche se le aveva svelate solo all'ultimo, quando il suo piano ambizioso e smisurato era terminato con il successo. Mi aveva parlato come se fossi una sua pari, anche se non era così. Lei era una vera Dea, io tale solo nei cuori di un numero molto ristretto di anime. Il mio potere solo una goccia d'acqua rispetto al suo oceano esteso.
    Non avevo avuto scelta. E ora, non potevo fare altro che fidarmi delle sue parole che, a ben vedere non erano state ancora smentite, dopo mesi di questa nuova realtà.
    Dal solo Impero galattico, con il centro sulla Luna e il territorio su tutti i pianeti del sistema solare, con l'esclusione del Pianeta Proibito, ora esistevano due Imperi, completamente e rigidamente divisi.
    Gli Eterni vivevano sotto la mia custodia, mentre i Devianti prosperavano sulla Terra e su Saturno. Non era concesso a nessuno appartenente di entrambe le razze, pena lo scatenarsi di un conflitto catastrofico e immediato, invadere il territorio dell'altro.
    Notai che le mie mani tremavano. Come sempre, al pensiero di cosa avremmo buttato nel fuoco tutti quanti, quale equilibrio precario si sarebbe rovinato, se si fosse scoperto della disubbidienza di Pandia e... delle mie Guerriere, scese sulla Terra per portare aiuto agli Assassini.
    La realtà in cui ero stata trasportata era molto diversa da quella che ricordavo, che avevo vissuto. In questa, esisteva una pace apparentemente più duratura, una prosperità stabile, un sistema imperiale di diplomazia consolidata, con infrastrutture capillari, ben collaudate e funzionanti per un semplice motivo: esisteva da millenni, e non era mai stato distrutto dalla furia omicida di Eris, la dea del Caos. Anzi, lei non era nemmeno mai esistita.
    Nel gioco delle probabilità, nella logica di un'energia che non comprendevo, era stato deciso che lei non rappresentava il meglio di quanto gli infiniti Universi potevano offrire, ed era stata eliminata. In questa realtà, di lei veniva conservata la traccia nella memoria di quei pochi che, come me, ricordavano quello che era stato.
    Ora, dopo molto tempo, iniziavo a sentirmi parte di questo mondo, cominciavo, banalmente, a considerare di nuovo casa mia il vecchio palazzo Imperiale. I miei pensieri e i passi fatti soprappensiero non cercavano più i corridoi e le stanze della reggia che io ed Endymion avevamo ricostruito, ma mi guidavano attraverso le stanze della mia infanzia, e dormire nella stanza imperiale che era appartenuta ai miei genitori non mi causava più disagio, come se fossi un'intrusa.
    Ma i primi momenti avevo dovuto combattere. Non solo per appropriarmi di tutto ciò che mi era nuovo, ma di me stessa. Il mio stesso corpo era diverso, e portava i segni di un passato che non avevo vissuto. Un passato che avevo ricostruito con lentezza ascoltando i racconti di Endymion, che mi parlava attraverso i sogni, ogni notte: erano estremamente vividi e ripercorrevano episodi di quello che ero stata, le prove che avevo affrontato, di come ero diventata l'attuale Imperatrice.
    Mi aveva meravigliato rendermi conto che, nonostante la sofferenza che mi era toccata anche in questa realtà, la versione migliore di me stessa era molto più serena ed equilibrata di quella che ero io. Poco alla volta, avevo coscientemente deciso di assomigliarle di più, di mirare ad assaporare la felicità che lei sapeva assaporare, nonostante ciò che avevo perduto nel cambio. Avevo perso molti dei rapporti che davano significato alla mia esistenza, rrelazioni molto più vitali che semplici amicizie e alleanze.
    Avevo perso mia figlia, Rhea. L'universo aveva deciso che la fonte di gioia più pura e luminosa che avessi mai desiderato non rientrava nei suoi piani. Dopo essermi disperata per lunghe notti, non avevo potuto fare altro che andare avanti, e concentrarmi su ciò che mi era stato invece lasciato.
    Non avevo perduto l'amore, quello per il mio sposo. Anche se costruito su altre basi, e sostenuto da altri elementi rispetto all'altro, rappresentava comunque la mia forza, e uno dei motivi principali delle mie azioni.
    Sentii bussare alla porta. Mi ricomposi, passando la mano sulla fronte per spianare le rughe di preoccupazione e pensieri pesanti, poi risposi, con il sorriso che mostravo a tutti.
    Endymion entrò. Il mio Endymion, sempre e comunque. Il suo sguardo, dapprima con l'apprensione che vedevo spesso non solo nei suoi occhi, ma di tutti quelli che mi erano più vicini, si rasserenò, rassicurato da ciò che vedeva in me.
    ”Sei pronta? Nella sala riunioni si sono già accomodati tutti quelli che volevamo vedere, e ci stanno aspettando”


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 20/2/2020, 20:49
     
    Top
    .
  2.     +3   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Love GDR

    Group
    Cristina
    Posts
    16,697
    Reputation
    +1,392
    Location
    Mandalore

    Status
    :Endymion:
    Se c'era qualcosa per cui ero noto non era solo il mio retaggio ed il mio titolo, ma soprattutto la mia rigidità e la mia bellezza etera. Tanti erano gli aggettivi per descrivermi e non tutti potevano apparire lusinghieri: snob, altezzoso, algido, inflessibile, spietato, severo, intollerante, etc... ma ogni definizione era invece per me una medaglia d'onore ed orgoglio. Certo era che questa versione di me era invece il completo opposto con Selene, la mia Luna.
    Io che nei suoi ricordi apparivo in egual modo composto nei suoi riguardi, mentre invece questa versione di me era più dolce, rassicurante ed accomodante.
    Sorridendo le andai incontro ed inginocchiandomi le presi una mano di cui ne sfiorai il dorso con le labbra di "giocarle" un piccolo scherzo e così deviare all'ultimo la traiettoria della mia bocca e rubarle un bacio.
    Lei ridacchiò mentre tirandosi in piedi ebbe un capogiro ove io fui prontamente al suo fianco per sorreggerla. Spesso mi pareva quasi come se dimenticasse il suo stato.
    "Ecate ed Artemide stanno crescendo forti. Saranno degni protettrici della Luna e delle loro fasi..." sussurrai caldo ed avvolgente, mentre con una mano accarezzai il suo ventre piatto. A differenza infatti del resto della popolazione, le donne della famiglia imperiale celavano la loro gravidanza seppur per un attimo mi parve che pure ai suoi occhi fosse nascosta.
    Aprì la bocca una o due volte senza proferire parola, ma al contempo appoggiando la sua mano sulla mia, mentre il suo sguardo si riempiva di una gioia più grande di quella di quando mi aveva comunicato la lieta novella.
    Si commosse e mi abbracciò forte cercando le mie labbra che come sempre allietarono la sua bocca con baci romantici e passionali quanto le carezze che le mie mani le donavano.
    "Sembri sorpresa..." mormorai allontanandomi quel tanto per guardarla negli occhi, mentre con una mano le sistemavo una ciocca di capelli, prima di far scivolare un mio dito sulla sua gota arrossata.
    ”S-Sono solo felice... f-felice ogni volta di s-scoprirlo...” mi disse mentre abbassando il viso si lasciava andare ad una risata nervosa nel vano tentativo di trattenere le lacrime e ricomporsi per la riunione imminente.

    Quando io e Selene entrammo, a braccetto, nella stanza della guerra c'erano già Toth ed Haytham ad aspettarci. Selene ancora teneva la mano sul ventre ed un sorriso luminoso illuminò l'intera stanza.
    Molto probabilmente dopo quel fugace incontro ci saremmo spostati nella zona dei laboratori dove le Guerriere stavano indagando sui strani fenomeni accaduti in quei mesi.
    Con un cenno invitai i due uomini a prendere posto intorno al piccolo tavolo tondo presente nella stanza in puro cristallo lunare dando di fatto inizio alla riunione del Circolo Silente così chiamato perchè il silenzio era il principio su cui si basava. Se anche solo un informazioni sarebbe uscita da lì senza permesso, pena sarebbe stata la morte.
    "Come ben sapete entrambi due sono i temi che premono in questo momento. Argomenti delicati che potrebbero minare l'equilibrio dell'Impero Eterno all'interno quanto all'esterno" esordì ponendo il mio sguardo prima su Toth e poi su Haytham.
    Al Conte marziano era stato il compito, con i suoi uomini ed appoggiato dalle Guerriere, di indagare sulle strane mute trovate per il regno e i suoi singolari fatti di cronaca singolarmente connessi. Mentre al Gran Maestro Templare era toccato il compito di usare le sue vaste risorse per indagini sotto copertura, sulla Terra. Era un territorio delicato, farsi scoprire lì voleva dire scatenare un conflitto di dimensioni bibliche, ma in egual modo era necessario per localizzare le altre Guerriere, e Lady Pandia, oltre che assicurarsi delle loro intenzioni e fermarle se necessario ad ogni costo.
    "Novità?" esclamai unicamente. Un dito sotto il mento e lo sguardo attento di chi si aspettava risposte.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 9/2/2020, 19:49
     
    Top
    .
  3.     +3   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Annarita
    Posts
    279
    Reputation
    +667

    Status
    :Thot:
    Percorrere di gran carriera quel corridoio imperiale, diretto alla sala riservata al Circolo Silente, era ormai diventata un’abitudine negli ultimi tempi. Una delle tante che avevo “scoperto” di avere dopo essermi risvegliato in questa nuova realtà. Una realtà molto diversa dalla mente di Pandia, dal “gioco” in cui avevamo fatto da pedine e da qualsiasi altra strana avventura affrontata fino ad ora. Una realtà che sapeva di definitivo, unico, imprescindibile.
    Una breve e segretissima riunione con Selene mi aveva confermato che non tutti possedevano i ricordi di quanto c’era “prima”, eravamo in pochissimi – tra cui anche la Principessa Pandia, che qui ora era una “semplice” Lady – ma neanche lei sapeva bene quanti e perché. Il fatto che lei rammentasse tutto poteva essere plausibile, in fondo era stata la controparte in un gioco magistrale che ci era costato un intero multiverso, ma che ci aveva portato a una sorta di nuovo equilibrio che tanto era mancato in passato. Ma il perché fossi proprio io uno di quelli che avevano mantenuto i ricordi, questo non lo sapevo spiegare, perciò avevo smesso di chiedermelo… anche perché, in questi mesi, avevo dovuto fare i conti con moltissimi strabilianti cambiamenti.
    In questo nuovo universo non ero mai stato un mercenario, ero il legittimo erede del trono di Marte, Iuventas e Ares erano le mie due amate sorelle e loro stesse ne erano consapevoli… ma la cosa che mi aveva spiazzato più di un trono e di un’intera famiglia era la scoperta che Horus era “da sempre” la mia compagna alata. Il ricordo della sanguinosa battaglia portata avanti contro Cormac mi aveva accompagnato per giorni, anche se Horus non ne aveva memoria… eppure la paura che avevo avuto per lei in quei frangenti era stata folgorante. L’avevo vista combattere con le unghie e con i denti per difendere Iuventas, per supportare Ares, Bayek… e me. Non si era tirata indietro di fronte al pericolo ed avevo potuto rivalutarla sotto un aspetto che non avevo mai considerato: il suo essere una Guerriera. Era forse la seconda o la terza volta che la vedevo in sembianze umane e scoprirla anche come donna mi aveva turbato, dovevo ammetterlo. Qui, tuttavia, sembrava non esistere più quella Horus. Le diedi uno sguardo fugace quando arrivammo dinanzi a un grande portone fatto di oro e cristallo. Ecco la mia meta, lei mi avrebbe atteso fuori e poi mi avrebbe accompagnato al laboratorio, tante novità attendevano di essere scoperte.
    Per l’ennesima volta, Horus rifuggì il mio sguardo, lo faceva sempre da quando… be’ da sempre, visto che in questa realtà non avevo avuto ancora l’onore di incrociare lo sguardo fiero e aperto che ricordavo. Anche se io non ero nato in questo mondo, sapevo che avevamo dei ricordi assieme ed era stata proprio lei a farli affiorare, piano, come boccioli in attesa di fiorire con il primo calore della primavera. Nonostante ciò, però, non riuscivo a dimenticare quanto avevo imparato ad apprezzare di lei nel mio mondo… era un dualismo che mi faceva impazzire e che ai suoi occhi mi doveva far sembrare un pazzo bipolare, ma non m’importava neppure questo. Certo, adesso, in qualità di conte oltre che di Comandante dell’Esercito Imperiale dovevo stare molto attento ai miei comportamenti, ma oltre a questa piccola accortezza restavo sempre io: semplicemente Thot.
    Le presi il viso tra le mani, in un gesto istintivo di cui non riuscii a pentirmi neppure quando la sentii irrigidirsi, per costringerla ad alzare gli occhi.
    “Spero che un giorno riuscirai a guardarmi come facevi un tempo…” le dissi con un sorriso incoraggiante. Sapevo bene che per lei le mie parole non avevano alcun senso, ma preferivo che mi considerasse folle piuttosto che sopprimere me stesso. Dopodiché entrai nella sala e fui felice di trovarvi solo il Maestro Kenway, ancora gli Imperatori non erano arrivati e il mio “piccolo” ritardo sarebbe passato inosservato. Ma che diavolo potevo farci se Iuventas mi aveva praticamente costretto a fare colazione con lei seduta a cavalcioni come se fosse una bimba di sei anni e non una giovane donna? Cosa potevo farci se io stesso non ero riuscito a rifiutare quella richiesta tanto dolce e… tanto desiderata? Quando guardavo lei, o Ares, adesso libero di farlo con gli occhi di un vero fratello, il cuore mi si riempiva di una gioia mai sperimentata… e quindi avevo deciso di godermi ogni singolo attimo a disposizione, forse un po’ terrorizzato che anche questa realtà un giorno sarebbe potuta finire lasciandomi di nuovo solo con le mie paure e senza uno scopo. Troppe erano state le cattive esperienze di cui ancora portavo addosso gli strascichi…
    In compenso, Iuventas ci aveva “accompagnato” in uno spostamento super veloce attraverso uno dei suoi specchi… salutandomi con un adorabile broncio e ricordandomi la promessa fattale di un allenamento a tu e per tu: a sua detta la trascuravo troppo. Stavo ancora sorridendo al pensiero, quando salutai con un cenno del capo Haytham e quest’ultimo ricambiò senza però sorridere. Era un valido Comandante, un fine stratega, un ottimo compagno d’arme ma… con le relazioni sociali non ci sapeva proprio fare. Mi sedetti al suo fianco con un sospiro di sollievo.
    “Appena in tempo…” mormorò piano con una nota divertita nella voce, che mi stupì non poco. Era raro che si abbandonasse a commenti che non fossero strettamente legati alle sue mansioni.
    “Sono molto richiesto, che posso farci?” risposi con un piccolo ghigno altrettanto ilare, solo un secondo dopo capii appieno la sua esclamazione abbandonandomi a un secondo sospiro di sollievo: gli Imperiali stavano facendo il loro ingresso nella sala, il Consiglio dei Silenti poteva iniziare la sua seduta.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 30/3/2020, 10:28
     
    Top
    .
  4.     +3   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Annarita
    Posts
    279
    Reputation
    +667

    Status
    :Haytham:
    Il Comandante dei Moon Knights era in ritardo, ma sapevo bene che sarebbe arrivato all’ultimo istante com’era ormai sua abitudine. Negli ultimi mesi avevo notato un cambiamento sostanziale che lo riguardava, benché fosse sempre ligio, costante, leale, inflessibile nel suo lavoro, ultimamente mi sembrava di vederlo più… rilassato? Non sapevo bene come altro definire quella leggerezza nel passo, nei lineamenti, nello sguardo. Da anni lavoravamo fianco a fianco, in quanto entrambi membri del Circolo Silente, responsabile di analizzare i problemi o presunti tali che avrebbero potuto mettere in pericolo l’Impero e la delicata pace raggiunta con i Devianti. Non eravamo amici, io non ne avevo mai avuti né me ne ero creati da quando ero arrivato sulla Luna. Mi conoscevo e sapevo che l’amicizia era un valore che richiedeva impegno, costanza, ma soprattutto fiducia e donazione, tutte cose che non ero disposto a mettere a disposizione del prossimo. Conoscevo bene i commenti fatti sul mio conto, ero considerato un uomo freddo, insensibile, incapace di provare sentimenti… E non riuscivo a dargli torto. Le mie mani si erano spesso sporcate di sangue, ma il rimorso o il senso di colpa non aveva mai sfiorato la mia mente. Col tempo ero diventato una macchina senza difetti e per questo assolutamente inattaccabile. Nessuno poteva ricattarmi o usarmi per i propri scopi, ecco il perché della mia decisione di non creare legami profondi. Quelle pochissime volte che mi ero concesso ai sentimenti, in una vita talmente lontana da vederne addirittura i contorni sbiaditi, ne ero rimasto vittima e no, non mi era affatto piaciuto. Non volevo essere schiavo delle emozioni, non volevo e non potevo lasciarmi condizionare da nulla che non fosse ragione e ferrea disciplina. Così avevo cancellato quel passato, avevo serrato a doppia mandata i cassetti dei ricordi, obbligando il cuore a ricoprirsi di ghiaccio. E ancora oggi ero convinto che questa scelta mi aveva reso un uomo, un soldato, un comandante migliore. I miei pensieri furono interrotti dall’arrivo di Thot, tutto come previsto, ma fu l’entrata in scena degli Imperatori a dare finalmente un senso alla giornata. C’erano moltissimi affari che richiedevano la loro attenzione.
    “Come ben sapete due sono i temi che premono in questo momento. Argomenti delicati che potrebbero minare l'equilibrio dell'Impero Eterno all'interno quanto all'esterno” L’Imperatore non si perse in convenevoli e gliene fui grato. Mi piaceva il suo modo di fare sempre conciso e regale, ben si sposava con la mia tendenza a “programmare” quanto mi circondava. Lasciai che il Generale, il primo ad essere interpellato, esponesse le sue novità, poi sarebbe toccato a me.
    “Mio Imperatore, Partenope mi ha da poco ragguagliato su alcune scoperte fatte studiando le mute, sarebbe il caso che fosse lei stessa a riferirle mostrandovi esattamente di cosa parla. Ci ha dato appuntamento subito dopo la riunione al laboratorio. Inoltre, ho avuto conferma di altri due ritrovamenti, uno su Giove e l’altro su Mercurio. Ho ordinato che fossero portate qui nel più breve tempo possibile così che Partenope possa accertare la loro natura.” Aveva parlato in maniera chiara e decisa, ogni traccia di ilarità era scomparsa: il Generale era tornato nei ranghi.
    “Ottimo, allora ci faremo spiegare nel dettaglio ogni cosa da Partenope. Maestro Kenway, cos’hai da dirci in merito alla tua missione?” L’Imperatrice fu percorsa da un leggero brivido che non mi sfuggì, mi guardò fisso negli occhi per un lungo istante poi rivolse lo sguardo al tavolo d’argento su cui poggiavo le braccia. Sapevo bene che la materia trattata la colpiva particolarmente, perciò cercai di esporre le mie considerazioni nella maniera più indolore possibile. Non fatevi illusioni, non era certo perché avevo a cuore i suoi sentimenti, era solo lealtà nei confronti di colei che mi aveva permesso di vivere una vita nuova, diversa, di certo migliore.
    “Ho messo all’opera i miei migliori uomini. Alcuni informatori ci hanno rivelato che Lady Pandia e le Guerriere sono state avvistate in Europa, precisamente in Germania. Il mio timore, non troppo campato in aria, è che cercheranno di agire in sordina per aiutare gli Assassini rinchiusi nell’Abstergo. Tutti noi sappiamo però che se dovessero essere scoperte, la nostra diplomazia si troverebbe molto in difficoltà. Come potrebbero spiegare la loro presenza sulla Terra? I miei Templari sono sulle loro tracce, una volta trovate hanno l’ordine di riportarle indietro su mandato Imperiale. Nello specifico, su Vostro mandato, mia Imperatrice. Confido che in qualche modo ritorneranno a ragionare.” E se così non fosse stato, l’ordine successivo era di catturarle e di riportarle con la forza sulla Luna. Un cenno di intesa con l’Imperatore confermò questa implicita necessità. Non avevo voluto pronunciarla ad alta voce per ovvie ragioni, ma non mi sarei fermato dinanzi a uno sciocco sentimento di pietà o compassione quando in gioco c’era la pace dell’intero Sistema.
    Percepii Thot irrigidirsi al mio fianco, ma Selene continuava a guardare il tavolo. Tuttavia, ero sicuro che anche lei aveva “letto tra le righe”, ma non aveva obiettato. Non avevo altro da aggiungere, non mi restava che attendere eventuali altri ordini e il termine della seduta. Dopodiché avrei proseguito con il mio lavoro, grazie anche all’aiuto dei miei fidati consiglieri.
    Il Consiglio dei 12 rappresentava la punta di diamante dell’Ordine e grazie a questa istituzione potevo guidare senza dispersione di forze ogni singolo uomo che combatteva per la Causa. Finalmente, i Templari avevano raggiunto una consapevolezza diversa, uno scopo ben più grande, un prestigio ineguagliabile e io stesso mi sarei impegnato affinché ciò non mutasse mai. Era questa la mia prima, grande, missione. Null’altro aveva importanza.
     
    Top
    .
  5.     +4   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member
    ...

    Group
    Roberta
    Posts
    117
    Reputation
    +313

    Status
    :Iuventas:
    “L’hai capito che da qui tu non ti muovi!! Ci hai messo un secolo prima di concedermi una colazione insieme e adesso non ti lascerò andare tanto facilmente. Scordatelo!” Io, Toth e Horus eravamo seduti intorno ad una grande tavola rotonda, imbandita a festa per una prima colazione che non aveva nulla di “umano”. Era stracarica di dolciumi, bevande e stuzzichini. In realtà, non avevo molto interesse per il cibo in sé, ma la cosa più importante era la compagnia della quale mi volevo circondare.
    Per impedire a Toth di andare via nel bel mezzo del nostro incontro, mi ero amabilmente stabilita sulle sue gambe, sedendomi al tavolo, come fanno i bimbi con i genitori. Non avevo nulla di bambinesco, ormai mi potevo considerare una ragazza bella e fatta, ma nessuno mi avrebbe impedito di bearmi di quel capriccio, quel dolce vezzo che mi teneva abbarbicata al mio fratellone!
    Per un certo periodo lo avevo visto strano, spaesato. Come se all’improvviso non riconoscesse più quanto gli stava attorno, come se stesse vivendo una realtà che non gli apparteneva. Quando avevamo discusso degli ultimi eventi, era parso stupito. Non avevo idea di cosa gli passasse per la testa, ma per fortuna negli ultimi mesi pareva più sé. Aveva acquistato sicurezza e sembrava che la sua precedente confusione fosse stata solo momentanea.
    “Non credere che tu sia una bambina, Iuventas! Pesi sulle mie gambe esattamente quanto una ragazza della tua età”disse Toth, prendendomi in giro con la più tenera delle verità.
    “É un prezzo da pagare per stare troppo poco in mia compagnia. Tu e Horus ormai non mi state più tanto intorno. Passate tutto il vostro tempo sulla Luna e io me ne devo restare qui, sola soletta. Solo negli ultimi tempi, grazie alle ricerche che stiamo svolgendo con Partenope e le altre, ho la scusa per stare di più sul Satellite, ma a vedervi neanche a parlarne!” sottolineai il mio dissenso. Da quando Ares era andata sulla Terra, alla ricerca di Bayek, il Palazzo Regio di Marte sembrava un castello fantasma. Ormai anche l’assassino era diventato parte della famiglia e mi mancava davvero molto, coi suoi modi antichi e teneri insieme. Toth, avendo anche mansioni importantissime come Generale dei Moon Knights, era costretto a fare la spola tra i due corpi celesti con molta più frequenza. Adesso doveva occuparsi di tutti gli affari lasciati in sospeso da nostra sorella. In effetti, mi sentivo decisamente egoista a rinfacciare al mio fratellone di lasciarmi sempre da sola, ma avevo bisogno di lui, di Horus, la sua compagna alata. Erano i miei migliori amici su Marte e da quando Ares non era più con noi, la loro presenza era diventata vitale per me.
    Horus teneva il capo chino e raramente guardava negli occhi Toth. Lo aveva sempre fatto, da quando aveva iniziato ad assumere più di frequente la forma umana. Lui, dal suo canto, era cambiato. Se prima la considerava come una fidata consigliera, mantenendo comunque un certo distacco, adesso era molto più prodigo nei suoi confronti. Si preoccupava del suo benessere, la stuzzicava con strane battutine e riferimenti a tempi passati che non trovavano riscontro nella nostra memoria. Questa cosa mi incuriosiva, ma non ne avevo fatto cenno. Sebbene, dopo il suo momento di “sbandamento”, adesso sembrava tutto rientrato nella norma, solo il suo rapporto con Horus risultava ancora nella mia mente del tutto “anomalo”. E credevo che anche la mia cara amica la pensasse allo stesso modo. Mi ripromisi di parlarne con lei e conoscere la sua opinione in merito alla questione.
    Toth mi distrasse dalle mie elucubrazioni mentali e solo allora mi resi conto di aver pericolosamente divagato nelle mie fantasie.
    “Ora dobbiamo proprio andare, Iuventas! Sono in fortissimo ritardo… e anche tu!” mi ammonì bonario.
    “Non ti preoccupare di nulla. Arriveremo sulla Luna in un battibaleno. Sennò a che servono i miei poteri?!” risposi pronta. In effetti anche io dovevo arrivare al più presto sul Satellite. Partenope, Vesta e Cerere mi stavano aspettando. Di lì a breve, avremmo dovuto ragguagliare gli Imperatori sulle novità e le informazioni che avevamo raccolto nei giorni precedenti.
    […]
    Solo dieci minuti più tardi eravamo nel lungo corridoio antistante la sala in cui si riuniva il Circolo Silente. Ogni volta che attraversavo uno specchio ne ricavavo una sensazione di forza, come se l’impalpabile consistenza della superficie riflettente mi ritemprasse. Era come attraversare una cascata senza però bagnarsi.
    Salutai mio fratello con un bacio, prenotandomi per un allenamento a tu per tu. Era da troppo tempo che non ci affrontavamo e battermi con lui mi spronava, mi spingeva a dare sempre di più e superare ogni mio limite.
    Abbracciai Horus. Adoravo vederla nella sua scintillante forma umana. Lei si schermiva sempre, ma in mia presenza riusciva in qualche modo a rilassarsi un po’, ovviamente in assenza di Toth. Al suo cospetto tornava ad essere la ragazza dalla “sfolgorante timidezza”. La adoravo e speravo con tutto il cuore che un giorno avrebbe trovato il suo equilibrio per stare bene con se stessa e con gli altri.
    […]
    Mi trovavo nel laboratorio insieme alle altre Guerriere. Partenope stava ricontrollando i dati che avevamo raccolto, li stava organizzando in modo da poterli esporre al meglio quando sarebbero arrivati gli Imperatori, che adesso si trovavano in riunione con mio fratello e il Gran Maestro dei Templari.
    Mi sentivo inquieta, le scoperte che avevamo fatto ci mettevano di fronte ad una realtà che avremmo dovuto affrontare in tutta la sua interezza e con grande cautela. Camminavo su e giù per la stanza, nervosa e impaziente.
    “La vuoi smettere di andare avanti e indietro? Mi stai innervosendo!” mi ammonì Partenope, che pareva tutta intenta nel suo lavoro ma che evidentemente “aveva notato” anche me.
    “Ok, ok… scusa. Sto ferma.” E mi sedetti sul divanetto in pelle nera presente nella stanza. Al mio fianco vi era seduta Cerere, lei era sempre così elegante. Dal di fuori poteva benissimo apparire come una meravigliosa statua di Canova, di perfetto marmo bianco, ma con un’anima venata di mille sfumature. Ammiravo molto il suo equilibrio interiore in grado di darmi quelle sicurezze di cui a volte avevo bisogno. Anche se adoravo prenderla in giro, quando si comportava da bacchettona o dispensava le sue battutine intrise di veleno.
    Mentre io continuavo a muovere in modo convulso il piede contro il pavimento, lei mi mise una mano sulla gamba per placare i miei fremiti.
    “Stai tranquilla Iuventas, tra poco informeremo Salene e gli altri… e sapremo cosa fare!”mi disse con la sua voce altera e decisa.
    “Io non resisto più. Vado a vedere a che punto sono.” Mi alzai di scatto e mi diressi di nuovo lungo il corridoio che mi ero lasciata alle spalle un paio d’ore prima.
    […]
    Con mia grande gioia trovai sul mio cammino proprio gli Imperatori, in compagnia di Toth e di Haytham. Salutai ossequiosa tutti, ma mi soffermai mentalmente sul Maestro dei Templari. Era sempre così austero e freddo. Come se nella sua mente ci fossero solo calcoli per qualsiasi cosa facesse, dal suo lavoro alle relazioni con gli altri. In passato, avevo avuto la netta sensazione che mi considerasse una ragazzina immatura, forse dovuto ai miei atteggiamenti spontanei e… ok, forse un po’ sopra le righe e decisamente al di fuori dal protocollo reale al quale anche lui si sottoponeva. Dunque, in sua presenza tentavo sempre di trattenere il mio carattere vulcanico e ahimè, solo in rare occasioni ci riuscivo. Era più forte di me.
    In quel frangente, però, la complessità del tema che avremmo dovuto affrontare, mi aveva fatto perdere ogni voglia di scherzare.
    “Eccovi! Sono lieta di incontrarvi proprio qui… Vi prego seguitemi da Partenope e le altre Guerriere. Abbiamo scoperto delle cose molto interessanti e che è necessario che voi conosciate” dissi impaziente di arrivare finalmente al laboratorio e far luce sulle ricerche che avevamo condotto con tanto fervore.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 30/3/2020, 10:28
     
    Top
    .
  6.     +3   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Voglio essere una macchia colorata in mezzo al grigiume della realtà

    Group
    Member
    Posts
    129
    Reputation
    +258
    Location
    Firenze

    Status
    :Partenope:

    “Cloeeee! Dove sei?”
    Sentii una risatina cristallina, quasi impercettibile.
    La bambina che per me ormai era diventata una sorellina si stava nascondendo dietro una sontuosa statua, una delle tante che adornavano l’immenso giardino del palazzo dove da tempo immemore vivevano i conti di Mercurio… o almeno avrebbero dovuto viverci…
    Ormai avevo perso il conto di quanto tempo era passato da quando Athena, insieme alle Guerriere Senior e Pandia, era andata sulla Terra per salvare Connor e gli altri Assassini.
    Sapevo solo che ciò che ne era conseguito era una situazione estremamente pesante e decisamente difficile da gestire. Una parola di troppo, un passo falso, e la delicata pace fra Devianti ed Eterni sarebbe andata in frantumi come cristallo. Devianti ed Eterni dovevano rimanere ognuno nel suo, non andando ad immischiarsi nelle faccende degli altri.
    Vivi e lascia vivere, semplice. O almeno lo sarebbe stato se i Devianti non avessero catturato tutti gli Assassini per fargli chissà cosa, sicuramente niente di bello.
    E quindi eccomi qua, a fare le veci di Athena su Mercurio, nelle sue funzioni e compiti, e con Cloe.
    Dovevo ammettere che la cosa mi piaceva… no, mi sono espressa male, è facile fraintendere così.
    Volevo dire che mi piaceva vivere su Mercurio, stare con Cloe, avere compiti da portare a termine, sentirmi utile, accettata, non più l’ultima ruota del carro.
    Perché quello ero su Nettuno. La più piccola, l’invisibile Partenope. Una sirena inutile, indegna di essere definita tale solo perché avevo preso la decisione di non sposarmi.
    Su Nettuno la scelta dell’uomo giusto, a prescindere dall'amore provato, il matrimonio, mettere al mondo figli sani e forti, erano obblighi, la base su cui si fondava la nostra società.
    Noi della famiglia ducale dovevamo seguire questi dogmi ancora di più.
    Le mie sorelle non avevano problemi in tutto questo.
    Io però non ero come loro. L’amore, il matrimonio, i figli non possono e non devono essere imposizioni. Odiavo questo aspetto del mio pianeta, perché mi faceva sentire come un pesce fuor d’acqua… a me, che sono una sirena, ve ne rendete conto?
    Ho sempre pensato che se mai mi sarei sposata e avrei avuto figli l’avrei fatto per amore, per me e solo per me, non per mandare avanti una stirpe estremamente prolifica e numerosa già di suo.
    Santo cielo, ho 2998 sorelle che possono procreare, e so già che lo faranno. Perché tutti mi guardavano male, mi trattavano come una sorta di scherzo della natura solo perché la pensavo diversamente?
    Non ero mai stata un’ammaliatrice, ed ero abbastanza sicura del fatto che non lo sarei mai stata.
    Teoricamente anch'io avevo raggiunto l’età per adempiere ai miei compiti di sirena, peccato che al momento non avevo interesse nell'amore e nel trovare qualcuno che potesse stare al mio fianco. Stavo bene così, con me stessa, che c’era di sbagliato?! Davvero meritavo l’esilio per questo?
    Per non parlare della situazione decisamente peggiore di mia sorella Calypso.
    Se la sua relazione con Skye fosse arrivata alle orecchie dei miei genitori… non voglio pensarci…
    Davvero rischiava la morte solo perché amava un’altra donna?
    Come potevo chiamare casa un pianeta del genere, e famiglia persone che rinnegavano chiunque non facesse come volevano loro?
    Ecco perché ora stavo bene, perché ero finalmente felice.
    Ero libera, e tutto questo lo dovevo ad Athena e Connor, che consideravo come genitori.
    In particolare lei mi avevano accolta in casa sua, mi trattava come una figlia, come una sua pari, come un essere unico, definito dal pensiero individuale e dai sentimenti. Ecco perché desideravo ardentemente avere loro notizie. Li volevo bene e speravo con tutto il cuore che sarebbero tornati a casa il prima possibile, da Cloe... e me.
    Quest’ultima era cresciuta tantissimo, ormai aveva nove anni. Era dolcissima ed era il connubio perfetto fra i caratteri dei suoi genitori. Ed era decisamente brava, come suo padre, a nascondersi e a muoversi silenziosamente… peccato che si fregasse sempre con la sua stessa risata.
    “Trovata!” esclamai sbucandole alle spalle.
    “Scherzetto!”
    Improvvisamente persi l’equilibrio e caddi a terra, confusa. Solo una volta seduta sull'erba mi accorsi di quel che era successo.
    “Cloe! Così non vale!”
    “Non è vero! Mio papà usa il veleno e le bombe fumogene per stordire i suoi nemici!” mi rispose portando le mani sui fianchi -in una di queste un bicchiere di vetro ormai vuoto-, fiera degli insegnamenti di suo padre.
    “Quindi io ora sarei un nemico?”
    “Durante nascondino tutto è lecito!... e poi sei così bella quando sei una sirena.”
    Sorrisi alle sue parole. Su Nettuno nessuno mi aveva mai guardato così, contenta del fatto che io fossi una sirena… anzi, di solito mi sentivo dire che non meritavo di esserlo.
    Guardai la mia coda azzurra, le mie pinne quasi trasparenti sbrilluccicare sotto la luce del sole e sorrisi.
    Nettuno era considerato la culla della magia perché era l’habitat ed il rifugio perfetto per creature e esseri magici di ogni natura. Le sirene erano fra essi.
    Creature splendide, uniche, magiche, ed io ero una di loro. Nonostante tutte le leggi, gli obblighi ed il modo di pensare che non condividevo, io adoravo essere una sirena ed ero fiera di esserlo.
    “Vieni qui.” le dissi picchiettando sull'erba accanto a me.
    “Storie d’acqua?” mi chiese elettrizzata sedendosi ed aspettando che iniziassi a raccontare.
    Era un gioco che facevamo spesso. Le raccontavo una storia, in genere originarie di Nettuno, e materializzavo quel che dicevo con l’acqua. Una specie di teatrino acquatico insomma.
    Lei lo adorava, e a me piaceva tanto renderla felice.

    (...)
    Ero stressata. Queste strane mute erano un mistero, un enigma di cui volevo assolutamente trovare la soluzione.
    Tutti contavano su di me, ed io non volevo assolutamente deludere le loro aspettative.
    Ero completamente assorta sui dati raccolti, intenta ad organizzarli per poterli esporre al meglio agli Imperatori… o almeno ci provavo, perché Iuventas, anche lei nervosa -come tutte noi del resto- non faceva altro che camminare per la stanza.
    “La vuoi smettere di andare avanti e indietro? Mi stai innervosendo!” la ammonii.
    “Ok, ok… scusa. Sto ferma.” disse lei schiantandosi sul divanetto accanto a Cerere, che tentò di calmarla, ovviamente invano, perché Iuventas si rialzò ed uscì dalla stanza per cercare gli Imperatori.
    “Finito… Speriamo bene…” dissi più a me stessa che alle altre.
    “Tranquilla Partenope, andrà bene.” mi disse Vesta, tentando palesemente di calmare anche se stessa.
    La porta si spalancò e fecero il loro ingresso gli Imperatori, Toth ed Haytham, scortati da Iuventas.
    “Allora, Partenope, il Generale Toth ci ha informato che hai delle novità da riferire.” disse l'Imperatrice Selene forzando un sorriso.
    Respira Partenope, respira, ce la puoi fare.
    “Si Imperatrice. Queste mute epidermiche sono fondamentalmente una pelle umana intera composta solamente dallo strato corneo. Questa è' già la quinta che troviamo..."
    "In tre mesi! Inizia a diventare strana la cosa, oltre che inquietante!" sentii sussurrare Iuventas alle altre, guadagnandosi un’occhiataccia da suo fratello.
    “Pelle umana? Com'è possibile che si stacchi in questo modo da un corpo?” chiese sconcertata l'Imperatrice.
    "Potrebbe trattarsi di necrosi epidermica tossica o di una sorta di desquamazione umida dovuta all'esposizione di intense radiazioni... ma... non mi vengono in mente eventi che abbiano potuto causare ciò..."
    “Ci sono differenze fra le varie mute?” questa volta fu l'Imperatore Endymion a parlare, rimanendo imperscrutabile come suo solito.
    "Inizialmente avrei detto di no, perché presentavano differenze davvero irrisorie e poco significative al fine dei miei studi. Però con quest’ultima che è stata rinvenuta le cose cambiano. L'esame della membra riporta che l'acido ialuronico ha valori sopra alla norma, la degradazione degli androgeni è insolitamente bassa, ma al contrario la rigenerazione cellulare ha un ritmo vertiginoso in controtendenza con le altre mute trovate."
    Dissi tutto d’un fiato, facendo del mio meglio per essere il più coincisa e chiara possibile, in attesa di scoprire come si sarebbe evoluta la faccenda.
     
    Top
    .
  7.     +2   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    282
    Reputation
    +658

    Status
    :Selene:
    Lasciai il laboratorio con la testa pesante di pensieri, dubbi, domande, incertezze. Come sempre, il compito di guidare un impero era un'impresa titanica, che richiedeva una saldezza e una visione ben lontana da quella che poteva possedere qualsiasi essere umano. Dietro lo sfarzo, lo sfoggio di potere, l'adorazione dei sudditi, si nascondevano errori, nefandezze, sotterfugi. L'amarezza di questi pensieri non si allontanava mai, e si acuiva davanti a decisioni gravose come quelle che dovevamo prendere in questi momenti.
    Le mie visioni erano per me un grande aiuto, ma purtroppo anche se avevo attinto al loro potere fino allo stremo, non ero riuscita mai a superare un certo grado di approssimazione: avevo “visto” quegli oggetti orripilanti, quelle mute, come le aveva chiamate Partenope già nei miei sogni lucidi, e avevo così deciso di convocare una delle Guerriere più potenti per trovare una soluzione parziale ai problemi che si stavano affollando ai piedi del nostro trono.
    Preferii essere da sola all'incontro, non avevo voluto che il mio adorato Endymion partecipasse per non mettere troppa pressione sulle nostre richieste già così delicate.
    Attesi Persephone nel mio salotto privato con un pizzico di agitazione. Ero l'Imperatrice, la mia prerogativa era di essere ubbidita senza discussioni, ma sapevo che anche la mia volontà possedeva dei limiti, delle leggi che non si potevano infrangere.
    Una variazione di luce proveniente dalle alte finestre delle mie stanze mi fece sollevare la testa: dove fino ad un secondo prima non c'era nulla, ora figurava la Guerriera di Plutone.
    Da quando l'Universo era diventato Uno, dopo la venuta di Nyx, avevo fatto l'abitudine ai cambiamenti più o meno grossi rispetto alla mia vita precedente, che non erano pochi. Misi la mano automaticamente sul ventre, dove due vite preziose stavano crescendo forti e sane. Alcuni cambiamenti erano positivi, altri molto meno.
    Questo per dire che, pur avendo il ricordo della freddezza che Persephone aveva sempre dimostrato nei miei confronti, la Guerriera che avevo davanti mostrava un cambiamento scioccante, tanto da farmi dubitare che si trattasse della stessa persona.
    Era vestita interamente di nero, con abiti che comunicavano aggressività e provocazione. Il suo portamento era superbo e arrogante. I suoi occhi contenevano irritazione, rimprovero, indignazione. Le sue labbra tinte di nero mostravano una piega dura. Messe una a fianco dell'altra, sembravamo la rappresentazione personificata della luce e dell'oscurità, per via degli abiti bianchi che amavo indossare.
    ”Ti do il benvenuto sulla Luna, Guerriera di Plutone!”
    ”...e Regina degli Inferi, oltreché Signora del Tempo, se non ti dispiace, Imperatrice!”
    Sgranai gli occhi, confusa. Il suo atteggiamento era così discorde da quello che mi aspettavo che non prometteva nulla di buono. Mi sentii impreparata, quasi reagii mettendomi sulla difensiva, davanti a tanta impudenza, ma ingoiai una risposta a tono con la sua. Avevo fatto preparare un piccolo rinfresco per accoglierla: sul tavolino di cristallo erano messe in bella disposizione un vassoio con piccoli pasticcini, accanto alla teiera e le tazze di un servizio raffinato e prezioso, ricordo della mia amata madre.
    Sorrisi accondiscendente, ignorando quindi la sua provocazione.
    ”Desideri accomodarti e prendere una tazza di tè con me, mentre chiacchieriamo?”
    ”Mi hai convocata qui per chiacchierare? Io comando il tempo, ma questo non vuole dire che sprecarlo mi sia indifferente!”
    Sbattei le palpebre, sempre più frastornata, e Persephone sorrise con una punta di soddisfazione perversa.
    ”Veniamo al dunque...”
    ”Non lo sto chiedendo per me, ma per l'impero. Ho assolutamente bisogno di poter tornare indietro nel tempo, di sei anni, secondo il nostro calendario...”
    Un tempo che equivaleva a sei mesi sulla Terra, ma questo lo avrei tenuto per me.
    Persephone mi fissò in maniera penetrante, mi sentii quasi nuda, sotto il suo sguardo, e questo ancora una volta mi fece tremare. Ma non volevo concederle di fare il suo gioco, quindi sporsi in avanti il mento con decisione.
    ”E perché proprio sei anni lunari?”
    Strinsi le labbra per non rispondere, e questo fu uno sbaglio perché la convinse che le volessi davvero nascondere qualcosa. Dopo qualche secondo, aggiunse minacciosa: ”Cosa è successo? Detesto utilizzare i miei poteri se non sono informata sulle motivazioni”
    Sospirai sconfitta: ”Sei anni fa... mia sorella Pandia e altre... Guerriere hanno raggiunto la Terra...”
    ”… infrangendo il trattato di pace tra Eterni e Devianti? Sfidando l'ira di Nyx? Come possono essere state così stupide? Selene, non sai tenere a bada i tuoi sudditi?”
    Strinsi i pugni. La sua arroganza era inconcepibile! Come osava parlarmi con questo tono, muovermi tali rimproveri? Non era lei stessa un suddito imperiale? Non avrebbe anche lei dovuto rispettare il mio potere e il mio ruolo? Stornai lo sguardo dal suo, per recuperare il controllo dei miei sentimenti brucianti.
    Con un immenso sforzo di volontà mi calmai.
    ”Mi aiuterai o no?” Sibilai. La stavo quasi supplicando, ma il mio unico pensiero era il motivo per cui lo facevo: per il mio Impero. Persephone mi fissò con derisione.
    ”Sai cosa accade ogni volta che modifico l'elemento di cui sono padrona? Si creano delle fratture. Il tempo non è fluido come si crede. Una volta disturbato non ritorna al suo posto originale. È più come... “
    Alzò la mano, mettendo tra me e lei la tazza che stava reggendo. Poi la lasciò cadere a terra. La delicata tazza di mia madre si frantumò in mille pezzi, il liquido bollente schizzò sul pavimento, sulla tovaglia, sull'orlo del mio vestito candido.
    Non riuscii ad impedire che le mie labbra tremassero per lo choc.
    ”Questo accade, Selene. Il tempo si frantuma, e non si può più ricomporre in maniera perfetta, ma solo imprecisa, disunita. Lo riesci ad immaginare?”
    Persephone calcò con intenzione l'ultima domanda. Il mio respiro si fermò, la mia gola sembrava serrata tanto da non riuscire neanche a far passare l'aria vitale. Avevo la spiacevole e netta impressione che lei conoscesse fatti che non avrebbe dovuto sapere, in quanto appartenenti all'universo di cui lei non aveva fatto parte.
    E comunque, aveva ragione, anche se mi costava infinitamente ammetterlo. Quando avevo obbligato l'altra Persephone a rimediare alla strage di Devianti Negati alla Trinity, la mia decisione aveva creato una frattura che aveva liberato Nyx, con tutto quello che ne era conseguito. Vedermi messa sotto il naso questa responsabilità, questo rimorso che molto spesso mi teneva sveglia la notte, era peggio che se mi avesse schiaffeggiata.
    Gli occhi di Persephone non mi abbandonavano. Sembravano nutrirsi della mia difficoltà.
    ”No, Imperatrice, per quanto il tuo cuore sia sincero e disposto al sacrificio, non posso esaudire la tua richiesta”
    Le parole pronunciate ne sottintendevano altre. Il suo rivolgersi a me con il mio ruolo era quasi una celia, detto da lei. Sottintendevano una critica al mio agire, includevano un giudizio impietoso nei miei confronti.
    La guerriera si alzò, torreggiò su di me e sulle mie debolezze.
    ”Lascia stare la Terra, non è di tua competenza. Il tuo dovere è di tenere unito e al sicuro il tuo popolo. Richiama le tue amiche... se non vuoi pentirtene!”
    Si mosse così all'improvviso che non riuscii a reagire, neppure a concepire una reazione. Si piegò su di me e mi sfiorò le labbra con le sue. Udii il suo sorriso compiaciuto, ma non riuscii ad incrociare il suo sguardo. Rimasi immobile, incapace di sfogare in qualche modo l'indignazione per l'ultimo affronto che si concesse, prima di scomparire così come era apparsa.
     
    Top
    .
  8.     +3   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Love GDR

    Group
    Cristina
    Posts
    16,697
    Reputation
    +1,392
    Location
    Mandalore

    Status
    :Cerere:
    ”A me sembrano che l'hanno presa bene!”
    Le parole di Iuventas arrivarono improvvise a rompere il silenzio innaturale che si era creato nella stanza. Di fatto dopo le preziose informazioni di Partenope dopo ciò che aveva scoperto la reazione era stato un gioco di sguardo preoccupato e teso. Poi gli Imperatori, il Gran Maestro ed il Generale dei Moon Knight così come erano arrivati se ne erano andati. Senza dire niente.
    Io e le altre eravamo rimasti a fissarli, in attesa di ulteriori ordini o indicazione, ma nulla. Al che avevamo fissato la porta genuflesse almeno fin quando Iuventas non se ne era uscita con quella frase sorridente e fuori luogo come sempre causando il mio totale e completo rimprovero silenzioso.
    ”Che c'è? Che ho detto!?” chiese come sempre incapace di rendersi conto di ogni cosa, mentre Vesta e Partenope non poterono non trattenere un sorriso. Io dal canto mio ero già sul punto di dirle qualcosa, quando l'arrivo di Phobos attirò la nostra attenzione. Planò nella stanza e nel mentre prese la sua caratteristica forma umana parlando a tutte quattro.
    ”Su Giove c'è bisogno di voi! Horus è già andata ad avvisare il Generale!” disse concitata avvicinandosi al suo Campione per tornare nella sua caratteristica forma di corvo ed appollaiarsi sulla spalla di Iuventas che, improvvisamente seria, annuiva alla valanga di informazioni che telepaticamente le stavano arrivando dal proprio Compagno Alato.
    "Allora? Che c'è?" chiesi spazientita, mentre la nostra compagna aveva già aperto un portale dallo specchio presente nella stanza e passandoci attraverso ci portò tutti su Giove, dove il triumvirato ci aspettava.
    ”La Cacciatrice ha colpito ancora, questa volta i depositi d'oro del pianeta!”
    ”Ed è terribile! Dipendiamo da essi! Sono necessari per costruire i nostri palazzi, sono l'unico materiale resistente ai gas tossici e corrosivi dell'atmosfera!” ci disse uno dei sacerdoti preoccupato e spaventato. Era chiaro che senza Nike fossero persi ed avevano bisogno del nostro aiuto.
    "E' il terzo attacco in tre mesi e tutti sembrano sempre ben mirati verso ciò che di più importante c'è su un pianeta. L'oro per Giove, la Sacra Fonte per Mercurio o i sacri testi del Kamasutra per Venere..." osservai ben ricordando l'affronto di tale gesto. Era un sacrilegio, un atto profano e recuperare quei testi era ancora una responsabilità bruciante sulle mie spalle. Senza contare Partenope che si trovava a dover fronteggiare la mancanza della fonte che su Mercurio permetteva alle donne del pianeta di restare incinte.
    ”Ci è già sfuggita due volte, evitiamo che ce ne sia una terza!” disse mia sorella con quella grinta di cui andavo fiera, tanto che guardandola solo lei riuscì a strapparmi un sincero e sentito sorriso complice.
    "Sapete dov'è ora?" chiesi rivolgendomi ad uno dei sacerdoti, come sempre non c'era nè gentilezza nè delicatezza nel mio tono.
    ”E' ancora nei depositi d'oro... possiamo indicarvi come accedervi...” assentì guardando Iuventas. Avute le informazioni aprì il portale e mandò Phobos in perlustrazione colei che con un messaggio mentale al suo Campione le diede l'ok per farci passare tutte. Lo facemmo sull'attenti trovandoci in una stanza dai soffitti così alti da non vederne la fine e così larghe che l'oro che vi era contenuto sembrava perdersi nelle stesse. Apparentamene eravamo sole, ma eravamo sull'attenti pronte a non farci sfuggire nessun particolare quando l'arrivo inatteso di alcune frecce ci colse impreparate. Ognuna di essa ci colpì ferendoci e facendoci distrarre abbastanza da permettere alla Cacciatrice di attaccarci, ma io ero decisamente più furba di lei ed alzando una mano la bloccai. Tuttavia rimasi sconcertata a constatare che il mio potere non ebbe effetto perchè poco dopo si liberò. Al che mia sorella intervenne nel tentativo di teletrasportare l'arco della Cacciatrice dalle sue mani alla proprie, ma anche lei fallì. Ci guardammo confuse.
    Partenope cercò di risolvere la situazione, provvisoriamente, facendo calare una fitta nebbia così da fuggire e nasconderci dietro una grande carico d'oro con l'effetto collaterale che lei si trasformò in sirena.
    Odiai tutto ciò. Odiavo nascondermi. Odiavo trovarmi in difficoltà, ma ciò che odiai ancora di più fu la voce che sentì arrivarmi alle orecchie.
    ”Che fate vi nascondete? Siete proprio patetiche! Sopratutto voi Cerere e Vesta, le sorelle meraviglie, le stronze che mi hanno ucciso!”
     
    Top
    .
  9.     +3   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    282
    Reputation
    +658

    Status
    :Vesta:
    "E' il terzo attacco in tre mesi e tutti sembrano sempre ben mirati verso ciò che di più importante c'è su un pianeta. L'oro per Giove, la Sacra Fonte per Mercurio o i sacri testi del Kamasutra per Venere..."
    Tre mesi. Non poteva essere una semplice coincidenza, vero? Le Guerriere maggiori erano da poco tempo in più in incognito nel Regno dei Devianti, a mettere a rischio la pace tra i nostri due Imperi.
    Senza le titolari ufficiali a regnare sui loro pianeti, chi era stato nominato per sostituirle non era altrettanto efficace, e la notizia della loro assenza si era alla fine sparsa. Ecco perché questa fantomatica Cacciatrice aveva colpito già così tante volte, impunita e ogni volta più spavalda della precedente.
    Condividevo le preoccupazioni degli imperatori sulla grave disubbidienza delle Guerriere, ancora più pericolosa tenendo conto del fatto che con loro si trovava anche la sorella dell'imperatrice, Pandia.
    Molto spesso, per la vicinanza e la confidenza e il mio ruolo quasi di guardia del corpo di Selene la avevo vista stanca, preoccupata fino a perdere la concentrazione e il sonno per le potenziali conseguenze del loro egoismo. Rischiare tutto questo per degli umani, anche se erano i loro compagni, era da irresponsabili. Non comprendevo neanche Aphrodite, per quanto sapessi che con il suo compagno, Altair, aveva avuto l'imprinting, tanto importante per ogni venusiano. Non lo comprendevo. Non comprendevo qualcosa che non avevo mai sperimentato? Poteva essere. Non lo comprendevo e lo criticavo per paura e invidia di non poterlo sperimentare mai? Poteva essere anche quello: non esistevano prove a riguardo, ma forse solo i venusiani puri lo potevano avere, e quindi non di certo una mezzosangue come me.
    Ormai mi importava davvero molto poco. Non ero più la ragazzina che cercava in ogni modo di essere ammessa in un mondo che la rifiutava. Alla fine, lo avevo fatto io. Dopo quella maledetta missione sul pianeta Terra, in cui avevo fallito miseramente, tutto era cambiato per me. La cicatrice al fianco era stata uno dei motivi principali della mia decisione, ma così era successo: avevo deciso di allontanarmi da Venere e dalla sua cultura per me tossica. Avevo chiesto agli imperatori di potermi rendere utile sulla Luna, e avevo profuso ogni mia energia per avere la loro approvazione e fiducia, fino a diventare quasi indispensabile per le missioni più delicate che mi affidavano. A loro dovevo tantissimo per quello che mi era stato dato. Guardavo a Selene come se fosse l'esempio da seguire, e amavo ancora di più la figura dell'imperatore, così aristocratico, raffinato, affascinante.
    Il mio rapporto con Cerere non era cambiato, continuavamo ad essere indispensabili una per l'altra, il nostro affiatamento in missione era sempre tra i migliori che avevo con chiunque, e lei mi sosteneva e mi appoggiava anche quando non condivideva appieno le mie decisioni, come nel caso di ripudiare la mia patria. A lei, solo a lei, avevo parlato della mia cicatrice, perché non potevo pensare che non ne fosse a conoscenza. Ma solo di quello. Di ogni altro incontro che avevo fatto in quel frangente non dissi una parola, non so perché.
    ”Ci è già sfuggita due volte, evitiamo che ce ne sia una terza!”
    La sala immensa mi faceva sentire minuscola, ma offriva un buon campo di battaglia, quindi presi il mio posto a fianco a Cerere, come ero solita fare, e ci muovemmo in sincronia, senza neanche doverci accordare, per stanare la nostra preda.
    I colpi arrivarono repentini, e una freccia trapassò il mio braccio. Quasi un graffio, per delle Guerriere addestrate come eravamo noi. La estrassi immediatamente e mi curai, non lasciando alcun segno della ferita se non la pelle lievemente sporca di sangue. Se avessi potuto fare lo stesso durante quella maledetta missione, forse la mia vita sarebbe stata diversa... il rimpianto e la collera attraversarono come un fulmine il mio cuore, ma l'attimo dopo ero di nuovo concentrata sullo scontro.
    Cerere utilizzò i suoi poteri sull'avversaria e lo stesso feci io, ma entrambe fallimmo. Ero impressionata per la potenza che stavamo affrontando, e curiosa di conoscere l'identità della ladra, ma quando questa parlò, rimasi pietrificata dalla sorpresa: Atalanta!
    ”Che fate vi nascondete? Siete proprio patetiche! Sopratutto voi Cerere e Vesta, le sorelle meraviglie, le stronze che mi hanno ucciso!”
    Era come diceva lei. Io e Cerere l'avevamo uccisa tantissimi secoli fa, su ordine e capriccio di Aphrodite, la quale si era infatuata dello sposo di quella poveretta. Avevamo eliminato la sua rivale, e nonostante fossimo allora davvero molto giovani, non ci era stato difficile avere la meglio su una semplice abitante di Mercurio.
    Era stranissimo che fosse davvero lei, era morta! Forse si trattava di un'impostora che aveva assunto il suo nome?
    Aveva però commesso uno sbaglio: la sua voce ci permise di individuarla nonostante la fitta nebbia creata da Partenope, ed io sollevai con i miei poteri diversi lingotti di metallo, che andarono a colpirla come se fossero grandine. Avrei potuto continuare ancora, i miei poteri nel corso dei secoli si erano amplificati, potenziati, non come... maledizione, dovevo rimanere concentrata!
    Ci avvicinammo prudentemente alla sagoma gigantesca riversa per terra. In effetti, quello che vedevo della Cacciatrice corrispondeva esattamente ai ricordi che possedevo di Atalanta, indossava perfino la stessa armatura sul corpo pesante e muscoloso.
    Guardai mia sorella, stupita e incredula come me. Bastò quell'attimo di disattenzione che la donna si rialzò velocemente, afferrò i lingotti che aveva vicino e sé e ci bersagliò: la forza con cui li scagliava era impressionante, quando questi impattavano si frantumavano e scagliavano scintille e schegge metalliche in ogni direzione.
    La attaccammo tutte insieme, cercando nell'unione della nostra forza la possibilità di contrastarla a livello fisico, dato che i nostri poteri incomprensibilmente avevano fallito.
    La afferrai per un braccio, mentre Cerere le bloccava l'altro e Juventas le era salita sul collo e cercava di strangolarla.
    Quei pochi secondi in cui riuscii a tenerla ferma la guardai in viso, da vicino, e con grande orrore mi resi conto che si trattava davvero di quella Atalanta, e non di qualche essere soprannaturale che si faceva passare per lei.
    La Cacciatrice raccolse le forze scrollandosi di dosso Juventas e nel contempo mosse le braccia facendomi scontrare duramente con Cerere. Mollammo entrambe la presa. Finimmo a terra, stordite, impossibilitate a reagire al suo attacco successivo.
    Sentii dei passi arrivare di corsa, e pregai che fossero i rinforzi.
     
    Top
    .
  10.     +3   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Annarita
    Posts
    279
    Reputation
    +667

    Status
    :Thot:
    Il viaggio in navicella mi sembrò troppo lungo, ma Iuventas era già su Giove con le Guerriere e le notizie che Phobos stava inviando ad Horus non erano delle più confortanti.
    “Avrebbero potuto attendere e poi partire tutti assieme!” sbottai irritato, la responsabilità di quanto stava accadendo mi gravava addosso come un macigno.
    Avevo radunato un’unità di assalto dei Moon Knights, ordinando un equipaggiamento pesante. Il nemico era straordinariamente forte, un fantasma a quanto risultava dalle informazioni che Horus mi riferiva a smozzichi e bocconi. Fermai i miei passi frenetici solo per fissare il volto indecifrabile del mio Compagno Alato. Evitava il mio sguardo, come sempre… e questa cosa mi faceva più male di quanto potessi immaginare. All’inizio avevo tentato di non pensarci, mi dicevo che la sensazione di disagio sarebbe passata, che questo punteruolo tra le costole era solo un fastidio inconsulto, inconsistente. Nella mia vita passata – che a quanto pare ricordavo solo io – non ci conoscevamo neppure! Qui, invece, avevamo un trascorso strano, a tratti burrascoso. Erano ricordi che non riuscivo in alcun modo a conciliare e questo mi irritava non poco. Col passare dei mesi però, il disagio si era trasformato in qualcos’altro: irriverenza, menefreghismo, perseveranza. Non riuscivo a recitare la parte del Thot che Horus conosceva, non ero affatto quel bamboccio che l’aveva trattata per anni come un animale da compagnia, salvo poi rendersi conto che donna meravigliosa fosse quando ormai era troppo tardi! Tardi per lui…! Davvero aveva creduto che fosse “più saggio” tornare su Marte, ricoprire il ruolo di potere che gli spettava e seppellire qualsiasi cosa avesse provato per lei?! Era pura follia… se solo non mi fossi risvegliato qui, adesso, in questa realtà, forse sarebbe stato tutto diverso. La morte di Cormac aveva generato un vuoto immenso che aveva ingoiato qualsiasi futuro anche solo immaginato… Che fregatura!
    Ok, mi sentivo abbastanza bipolare a fare questi ragionamenti, ma non ero assolutamente in grado di vestire quei panni che rischiavano di soffocarmi.
    L’atteggiamento di Horus nei confronti del conte di Marte, com’era comprensibile, non era cambiato. Al contrario, sembrava irritata dal mio cambio di rotta. Non la biasimavo. Ma come avrei potuto spiegarle tutto questo garbuglio di emozioni e ricordi che affollavano cuore e mente?
    Mi sedetti al mio posto, al suo fianco. Mi sbirciò di sottecchi, quasi temesse qualche altro “approccio non autorizzato”, come il gesto istintivo compiuto fuori dalla Sala in cui si era riunito il Circolo Silente.
    “Tranquilla, non ti tocco e non ti sorrido e non ti bacio… Puoi tornare a respirare…” Il mio tono ironico voleva farla ridere, ciò nonostante mi rispose – di nuovo – con uno sguardo che voleva urlare indifferenza, ma che sprigionava solo un’infinita delusione.
    Mi passai una mano tra i capelli e costrinsi la mia dannata bocca a serrarsi. Dovevo rassegnarmi a questo rapporto inconcepibile?
    Fortunatamente i miei pensieri burrascosi furono interrotti da una voce metallica che annunciava l’imminente arrivo sul pianeta Giove. Il viaggio era durato appena dieci minuti… con ogni evidenza era stato il tempo nella mia testa ad essersi dilatato.
    Presi un respiro profondo e mi costrinsi a tornare lucido. Avevo dei soldati da guidare e una missione da portare a termine. Non erano ammessi errori. Su questo, a quanto pareva non ero affatto cambiato.
    […]
    Avevo predisposto tutti i miei uomini: circondavano il deposito, pronti a fare irruzione dalle due entrate opportunamente aperte dai Sacerdoti. Avremmo attaccato in forze, ma sarei stato io ad avvicinare Atalanta e immobilizzarla con un cavo d’acciaio che si modellava all’oggetto a cui si avvolgeva, applicando nel contempo una forza inibente su ogni tipo di potere o abilità fuori dal comune. Se neppure le Guerriere erano riuscite a sottometterla, allora solo questa strategia avrebbe potuto portare qualche frutto. L’ordine era stato dato: il nemico doveva essere neutralizzato e catturato, non ucciso.
    Avevamo un disperato bisogno di informazioni e non potevamo rinunciare a una così ghiotta opportunità.
    Horus era accanto a me, pronta a entrare in azione, nella sua splendida tenuta da Guerriera su cui il nero e l’oro danzavano formando un contrasto abbacinante. Distolsi lo sguardo, nel timore che la mia vista ne ricevesse dei danni, o così mi obbligai a credere.
    Dovevo restare concentrato.
    Cinque.
    Quattro.
    Tre.
    Due.
    Uno.
    Go!
    La nostra irruzione fu da manuale. I miei Moon Knights lanciarono lacrimogeni e crearono una confusione programmata che disorientò il nostro obiettivo, permettendomi di avvicinarmi senza ostacoli. Ciò che mi si parò dinnanzi però non era quanto mi ero aspettato di vedere: quella non era una donna, ma sembrava un energumeno con l’armatura!
    Il momento di sorpresa fu sciolto da una gomitata di Horus che mi fissava con apprensione. Dovevo agire prima che l’effetto sorpresa svanisse. Afferrai la corda-inibente e la feci roteare imitando un perfetto nativo della tribù Mohawk (le lunghe chiacchierate con Connor in trincea mi avevano lasciato una cultura non indifferente che adesso mi tornava estremamente utile!). La tizia era impazzita, tirava frecce alla cieca e una ci sibilò accanto, ma non mi lasciai distrarre. Quando la trappola scattò, l’urlo di Atalanta fu raccapricciante: non doveva essere piacevole percepire l’acciaio incandescente sulla pelle, acciaio che iniziò subito a succhiarle ogni energia.
    Quando si accasciò sul lastricato, il fumo si era dissolto, i Moon Knights ci circondavano e le Guerriere ci guardavano sollevate.
    Tutto è bene quel che finisce bene… ecco una frase cara a Bayek de Siwa.
    Un sorriso malinconico incurvò le mie labbra: nessuno poteva capire cosa mi passava per la testa in questo preciso istante; nessuno poteva immaginare le scene di guerra che affollavano sogni e anima; nessuno avrebbe potuto conoscere davvero questo nuovo Thot che moriva dalla voglia di tornare indietro nel tempo. Laddove poteva essere davvero se stesso...
    […]
    Atalanta si trovava nella sua cella, si muoveva come un leone in gabbia e di fatto lo era. All’improvviso una voce irruppe nello spazio attorno a lei.
    “Hai fallito!”
    “Mi dispiace, ti prego, dammi un'altra chance... No, ti prego, non farlo!” Le suppliche si persero nelle sue urla raccapriccianti.
    Quando le guardie, richiamate dal baccano, raggiunsero la prigioniera non riuscirono a capire cosa fosse accaduto, di una sola cosa erano certe: Atalanta era morta.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 30/3/2020, 10:28
     
    Top
    .
  11.     +4   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member
    ...

    Group
    Roberta
    Posts
    117
    Reputation
    +313

    Status
    :Iuventas:
    Il dolore fu accecante. Ero andata a sbattere proprio contro una parete monumentale. E potei percepire distintamente le vertebre della mia colonna vertebrale scricchiolare in modo raccapricciante. Se fossi stata un essere umano, forse, mi sarei già spezzata in due, ma per fortuna potevo vantare la tempra degli Eterni, razza superiore e dotata di poteri straordinari. Ma perché mai le nostre capacità parevano svanire nel nulla di fronte a quel nemico tanto potente? Eravamo in vantaggio numerico, ma quella sorta di energumeno corazzato sembrava un toro inferocito e a nulla erano valsi i nostri attacchi. Neppure organizzando un assalto congiunto con Cerere e Vesta eravamo state in grado di immobilizzarla. Ci aveva scrollato di dosso come se fossimo state delle mosche fastidiose. La rabbia andò a sostituire il momentaneo stordimento dovuto all’impatto, e stavo per rialzarmi come un meccanismo a molla, per tornare all’attacco, ma il rumore di passi in avvicinamento, molti passi in avvicinamento portarono la mia mente a una intuizione benedetta: Mio fratello, il Generale dei Moon Knights era arrivato in nostro soccorso. Sapevo che aveva ricevuto il mio messaggio e pensai che avesse scelto il momento migliore per intervenire. Io e le mie amiche avevamo combattuto strenuamente contro Atlanta senza ottenere alcun risultato. Un po’ di aiuto ci avrebbe fatto solo comodo.
    Ero distante dalla battaglia in atto e mi sistemai meglio appoggiata contro la parete per gustarmi la scena. Vedere Toth in azione, in perfetta sincronia con il suo compagno alato Horus era sempre uno spettacolo. Ero certa avrebbero avuto la meglio. “Non hai più scampo, pazza scatenata” pensai soddisfatta.
    Osservare lo scontro da lontano mi aiutò a riflettere in maniera più lucida.
    Come era possibile che Atlanta fosse qui con noi? Era stata lei ad attuare i furti precedenti: i Sacri Testi su Venere e le Sacre Fonti di Mercurio. Ma lei doveva essere morta! Cerere e Vesta l’avevano eliminata molto tempo fa e invece era tornata più feroce di prima e decisamente più incazzata per il torto subito. Lo aveva dimostrato durante il combattimento.
    Con grande ardore e precisione tecnica, mio fratello era riuscito ad imprigionarla e attraverso un inibitore erano riusciti a tenerla a freno. Finalmente!
    […]
    Era necessario che la prigioniera venisse interrogata. Era di vitale importanza ricavare delle informazioni su di lei e sulla sua presenza nel nostro Sistema. Atlanta rediviva che razziava gli elementi più sacri ed inviolabili dei pianeti a cui appartenevamo era qualcosa di molto bizzarro, e avrei aggiunto anche inquietante. Era evidente che lei, “da sola” non avesse alcun interesse se non la mera vendetta nei confronti di Cerere e Vesta che erano state la causa della sua stessa fine, dunque a che pro, recarsi di pianeta in pianeta a scatenare il panico? Ero certa che dietro a tutto questo ci fosse qualcosa di molto più grande, più grande della stessa Atlanta e di tutte noi. Era proprio quello che volevo scoprire. Mi ero offerta volontaria per interrogarla e mi trovavo proprio sull’uscio della sua cella, quando usando i miei poteri, mutai il mio corpo con le sembianze di Cerere. Contavo di sfruttare il loro pessimo rapporto pregresso per far perdere le staffe ad Atlanta e costringerla a commettere qualche passo falso.
    Entrai nel minuscolo spazio, che pareva ancora più piccolo, viste le sue notevoli dimensioni. Atlanta si trovava incatenata per i polsi e per le caviglie e ancorata alla parete di pietra dietro di lei. Quando mi udì entrare sollevò la testa e un incendio si dipinse nelle sue iridi.
    Probabilmente avrebbe guardato con lo stesso odio anche me, ma i lineamenti di Cerere avevano di certo gettato benzina sul fuoco del suo rancore. Mi mossi lenta, avvicinandomi, ma non troppo. Era strano vestire i panni della mia amica venusiana. Era sinuosa ed elegante, molto più alta di me; mi intrigava osservare gli altri dalla sua prospettiva. Anche io era magra e atletica, ma ero più bassa e il mio corpo era… asciutto, “marziano” avrei detto.
    “Eccoti qui… in catene, proprio il posto che ti spetta!” iniziai adattandomi al tono di voce sibilante di Cerere. Era identico… “Anzi, no… tu dovresti essere morta! Stecchita! Come sei tornata di nuovo tra noi?” chiesi ironica e anche un po’ stizzita.
    La reazione della prigioniera fu repentina, si sporse in avanti con fare minaccioso e se non fosse stata bloccata dai legacci d’acciaio, probabilmente avrei fatto la fine di una polpetta, pensai inorridita.
    “Sei stata tu a spedirmi a miglior vita… non te lo ricordi più?” rispose lei con la sua voce cavernosa, quasi provenisse dall’Oltretomba.
    “In effetti me lo ricordo davvero troppo bene, per questo sono ancora più curiosa di sapere perché stai ancora in mezzo ai piedi e creare scompiglio nel nostro Sistema!”
    “Non ti dirò nulla, venusiana! Non ti darò questa soddisfazione!” La sua volontà era granitica.
    Iniziavo a pensare che l’idea di farla parlare guidata dalla collera non fosse poi così buona… si era trincerata dietro un muro e non aveva nessuna intenzione di liberarsene.
    Decisi allora di cambiare strategia.
    “Fai come ti pare!” dissi seccata e me ne andai.
    Uscii e rientrai come se fosse la prima volta, con le mie reali sembianze. Non volevo che capisse che le avevo mentito fino a poco prima, probabilmente si sarebbe adirata ancora di più. Avrei tentato di nuovo, anche se le mie speranze di ricavarne qualcosa di buono, iniziavano ad affievolirsi.
    “Hey, hey… ma che baccano qui dentro!” esordii ironica. “Come pensavo Cerere non gode molto della tua simpatia. Le avevo detto che sarebbe stato inutile venire qui” recitai il mio teatrino e mi piazzai dinnanzi a lei, sempre a distanza di sicurezza. Mi sedetti sul pavimento con le ginocchia sotto al mento e la schiena appoggiata alle sbarre della cella, che davano sull’esterno.
    Il mio abito lungo color smeraldo stava strisciando sulle lastre di pietra umida, ma non me ne curai, i miei occhi erano fissi su Atlanta.
    “Ascoltami bene” iniziai con un tono conciliante. “È chiaro che tu hai delle informazioni di cui noi necessitiamo. Dobbiamo sapere, come hai fatto a tornare in vita? Perché hai iniziato a vagare di pianeta in pianeta a sottrarre ciò che è sacro per noi? Stai forse seguendo degli ordini?” buttai lì l’ultima domanda con noncuranza, come se non avessi detto nulla di importante.
    All’improvviso gli occhi della prigioniera si sgranarono e si fissarono nei miei. Avevo forse colto nel segno? Decisi di approfittare del momento e incalzarla.
    “Di chi si tratta, Atlanta? Chi ti ha dato una seconda chance? Per chi stai lavorando?” la subissai ulteriormente.
    Lei indurì i lineamenti del volto e serrò le labbra come se avesse avuto, per un solo attimo, la tentazione di riversarmi addosso tutto ciò che sapeva, ma non per velleità di buona samaritana, al contrario, solo per dar sfoggio di forza. Era chiaro che avrebbe voluto vantarsi di chi o cosa vi era dietro o sopra di lei, ma si era fermata, ahimè in tempo! Dopodiché voltò il capo di lato e si chiuse di nuovo nel suo mutismo, che avevo sperato invano di poter perforare. Non era più intenzionata a parlare.
    “Va bene… per ora ti lascio in pace, ma tornerò. E sono certa che prima o poi, qualcosa mi dirai” le dissi sorridendo. Sapevo che, in un’altra occasione, attirandola nella trappola del suo stesso orgoglio, sarei riuscita a tirargli fuori la verità, se non tutta, almeno un pezzetto, che per noi sarebbe stato enorme. Ma adesso, purtroppo, non era il momento giusto.
    […]
    Mi trovavo nel laboratorio con Partenope. Le avevo appena portato un campione epiteliale di Atlanta, prelevato con lesta maestria, proprio poco prima di andare via dalla cella della prigioniera.
    La mia amica stava facendo le dovute analisi, mentre io, che avevo il cervello in fiamme, davo sfogo alle mie frustrazioni. Come al solito non ero in grado di starmene buona e zitta, ma dovevo riversare sugli altri le mie riflessioni.
    “Sono convinta che ci sia qualcos’altro dietro, qualcosa di molto grosso e difficile da comprendere! È sicuro che segue degli ordini, ma di chi? Chi ha deciso di riportarla in vita e di servirsene per rubare i nostri oggetti sacri? Vogliono attirare la nostra attenzione? Ma chi? Mi sto inventando tutto? Alla fine lei non ha detto una sola parola, a parte imprecare contro “le sembianze di Cerere”. Ma forse è tutto vero, il mio istinto non fallisce m…” Il mio sproloquio fu interrotto da uno sbuffo esasperato di Partenope in contemporanea con due soffi d’ali molto familiari. Phobos, il mio fedele compagno alato, varcò l’uscio aperto della sala accompagnata da Horus, subito dopo ripresero le sembianze umane. Ancor prima che la trasformazione si concludesse, Phobos mi aveva già comunicato telepaticamente la ferale notizia.
    Rimasi pietrificata, con la bocca spalancata per la sorpresa e Partenope non poté non notare la mia reazione.
    “Cosa è successo?” chiese allarmata. Era davvero raro vedermi mortalmente seria.
    Horus rispose al mio posto: “Atlanta è stata trovata nella sua cella… senza vita!”


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 30/3/2020, 10:28
     
    Top
    .
  12.     +2   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Love GDR

    Group
    Cristina
    Posts
    16,697
    Reputation
    +1,392
    Location
    Mandalore

    Status
    :Partenope:
    “Ne hai ancora per molto? Quando vieni a casa?” la voce supplicante di Cloe mi arrivò alle orecchie quando, dopo aver chiesto a Iuventas di aprire una comunicazione con Mercurio Cloe dall'altra parte dello specchio mi guardava con sguardo supplicante. Era ormai tardi e da quando anche Athena era dovuta partire lei stava diventando sempre più insofferente alla solitudine.
    "Il tempo di concludere questa ricerca e ti giuro che arrivo prima che tu vada a dormire..." la rincuorai. Mi piaceva essere la sorella maggiore. Era un sensazione strana a cui mi ci ero abituata con il tempo e a cui adesso non sapevo fare a meno.
    Lei in tutta risposta mise le mani sui fianchi e con aria di sfida mi disse
    “Giurin Giuretto?”
    "Giurin Giuretto!" ripetei ridacchiando prima di vedere la sua figura dissolversi e lo specchio tornare a riflettere la mia immagine.
    Dietro di me Iuventas che mi guardava preoccupata, era raro vederla così.
    “Dovresti fare promesse che sai di poter mantenere!” mi rimbeccò facendomi sorridere. Da quando era diventata la Cerere della situazione?
    "Non è che sei entrata troppo nel ruolo?" la presi in giro riferendomi alla sua muta di poco prima, mentre mi porgeva un campione epiteliale di Atalanta che provvedetti immediatamente ad analizzare.
    Iuventas ridacchiò ma stranamente era tesa e così mentre io iniziai il mio lavoro lei si mise a camminare avanti ed indietro alle mie spalle iniziando a fare le sue elucubrazioni ad alta voce.
    Sono convinta che ci sia qualcos'altro dietro, qualcosa di molto grosso e difficile da comprendere! È sicuro che segue degli ordini, ma di chi? Chi ha deciso di riportarla in vita e di servirsene per rubare i nostri oggetti sacri? Vogliono attirare la nostra attenzione? Ma chi? Mi sto inventando tutto? Alla fine lei non ha detto una sola parola, a parte imprecare contro “le sembianze di Cerere”. Ma forse è tutto vero, il mio istinto non fallisce m…”
    Fu allora che io sbuffai esasperata, come pensava che sarei riuscita a lavorare con lei che parlava come se non ci fosse un domani? L'avrei ripresa se non fosse che l'arrivo prima di Phobos e poi con Horus, ci interruppe. Le loro notizie erano catastrofiche!
    Ero ancora con la bocca mezza aperta confusa e scossa da quello che ero appena venuta a sapere quando il "bip" familiare del macchinario che stava usando mi costrinse a tornare lucida.
    "Wow ha fatto in fretta..." constatai ad alta voce colpita.
    “Che cosa?” mi chiese Horus interessata. Era chiaro che qualsiasi cosa avrei scoperto sarebbe corsa a comunicarlo al Generale Toth che di conseguenza lo avrebbe riportato agli Imperatori.
    "Iuventas è riuscita a portarmi un campione epiteliale di Atalanta e... avete detto che è morta giusto? Ma come?" chiesi. Era chiaro che ero in cerca di risposte prima di formulare la mia conclusione.
    “Non lo sappiamo, ma... di sicuro di lei non è rimasto nulla... nessun cadavere è stato ritrovato nella cella!” ecco la risposta che cercavo. Ma mentre il mio sguardo si accendeva interessato, quello delle atre tre era puntato su di me come a volermi incitare a parlare. Odiavano il pathos!
    "Avete presente le scorze ritrovate? Ho ragione di pensare che siano una sorta di muta, ma che in questo caso fanno le anime quando tornano in vita..."
    “Anime? Quelle anime? No... non può esserlo Hades è troppo geloso delle sue anime, il suo potere dipende da lui!”
    “Allora dobbiamo scoprire quanto prima chi c'è dietro a tutto questo!”
     
    Top
    .
11 replies since 8/2/2020, 14:43   215 views
  Share  
.