Present Day #2020: Abstergo

Season 5

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    Le mie gionate erano scandite ritmicamente dal susseguirsi preciso di attività che scandite con rigore militare rendevano la mia vita tutto tranne che dinamica, qualcosa di cui tuttavia non mi lamentavo.
    Mi piaceva che le cose fossero precise. Schematizzate. E soprattutto ben chiare. Nere o Bianche. Senza tonalità di grigio che confondevano la mente.
    Ecco dunque che le mie mattinate iniziavano molto preso con una lunga corsa di jogging, poi andavo a scuola dove rimanevo circa fino al primo pomeriggio, tornata a casa pranzavo, facevo i compito e poi mi sottoponevo alle rigide sessione di addestramento a cui ero solita prendere parte. Una volta finiti i miei doveri passavo il resto del tempo al fianco della mia famiglia per apprendere sempre più le dinamiche politiche e diplomatiche, emozionandomi quando mi davano dei compiti o delle missioni.
    Quel pomeriggio nel dettaglio stavo assistendo ad un soporifero briefing da parte di alcuni scienziati del Reich. Mia madre pensava che fosse importante che le mie conoscenze fossero rivolte a tutto, ma io come mio padre preferivo l'azione. All'ennesimo sbadiglio alzai le mani in segno di resa ed uscendo dalla stanza, sgranchendomi le gambe quanto il collo anchilosato, incrociai la mia strada con Connor. Era un cadetto, diligente ed orgoglioso di provenire da una famiglia di Devianti. Potevamo considerarci amici visto che andavamo anche a scuola insieme. Entrambi all'ultimo anno.
    "Ehi Connor come mai da queste parti?" gli chiesi curiosa. Le braccia incrociate al petto ed un sorriso solare sul volto.
    Lui si grattò la testa come se non fosse certo se potesse darmi o meno quell'informazione.
    "Ehm, in realtà cercavo tuo padre. All'Abstergo c'è stata una rissa e mi hanno mandato ai piani alti per avvisarlo..." ora ero io quella incuriosita.
    All'Abstergo le risse erano all'ordine del giorno perchè quella doveva essere riportata?
    Corrucciai lo sguardo, non nascondendo la mia voglia di saperne di più.
    "Moira non posso è inutile che mi guardi così! Mi hanno appena preso, così la mia carriera finisce prima che inizii!"
    "Se te lo sei dimenticato sono la figlia del tuo capo, dunque sputa il rospo! E poi sono sicura che mio padre abbia cose ben più importanti a cui pensare che di una rissa tra reietti!" gli feci notare. Lui sembrò soppesare le mie parole e concordare che avevano senso.
    "Si tratta dei Grigi e degli Originali pare che abbiamo ingaggiato una guerra. Il mio superiore voleva che avvisassi i piani alti perchè teme che dietro di ciò si nascondano dei piani di fuga..."
    Soppesai le sue parole passandomi una mano sul mento.
    "Chi sono i nomi illustri coinvolti nella rissa?"
    "O'Brien, Kenway e Frye!"
    Ridacchiai alzando gli occhi al cielo, avevo perso il conto di quante volte l'ultimo era finito in isolamento o"rieducazione" per aver creato scompiglio.
    "Fa portare tutti in "rieducazione", separati. Falli interrogare e non farli uscire da lì fin tanto almeno uno di loro non parli o al contrario se non sono più in grado di farlo!" aggiunsi con una nota ironica. Connor assentì e fece per andarsene, ma io lo fermai toccandogli il braccio.
    "Anzi sai che ti dico a Frye ci penso io!"
    "Sei sicura?" mi chiese lui preoccupato.
    "Oh sì non ti preoccupare, abbiamo un conto in sospeso!" esclamai pregustando il momento.
    Avevo perso il conto delle volte che mi ero trovata a "rieducarlo" vuoi perchè mio padre l'aveva scelto come "cavia" per la mia educazione ed addestramento, vuoi che spesso mi faceva così saltare i nervi durante i nostri "incontri" che era un piacere scambiare "due chiacchiere" con lui una volta ogni tanto.
     
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    Quando ripresi i sensi non c’era un solo muscolo che non mi doleva, ma quelli erano dolori che conoscevo bene: i postumi di una sana scazzottata tra amici (più o meno!). Tuttavia, conoscevo bene anche il posto in cui sapevo sarei stato portato quando la guardia dal volto butterato – che io avevo soprannominato “Manganello facile” per la sua ovvia predilezione – aveva fatto calare con forza la sua arma sulla mia schiena. Amava farlo, tanto quanto amava farlo sul sottoscritto: parliamoci chiaro, non riscuotevo molta simpatia tra i “tutori della legge”. Ero una vera spina nel fianco per loro ed io adoravo dargli filo da torcere, fino a quando non ricorrevano al teaser… a quel punto bye bye mondo!
    E la storia si ripeteva. Non sapevo quante volte ero stato qui, in questo cubicolo di pochi metri quadrati degno dei peggiori film dell’orrore. Del genere Saw l’Enigmista per intenderci. Le pareti erano perfettamente lisce e bianche, i neon erano tanto forti da sembrare lame conficcate nei bulbi oculari, al centro della stanza drasticamente vuota c’ero io, seduto su una sedia di ferro ricoperta di cavi elettrici, legato per i polsi e le caviglie da spesse catene d’acciaio che tagliavano la pelle. Poi più nulla… in apparenza, oh, tranne due telecamere che coprivano la superficie della stanza senza punti ciechi.
    Tirai un po’ i legacci ma sapevo cosa sarebbe accaduto ancor prima di farlo. L’acciaio si strinse dolorosamente attorno alle ossa costringendomi a serrare la mascella… altro punto debole. La piccoletta ninja mi aveva rifilato un calcio rotante proprio lì! Ispirai ed espirai per contenere le reazioni naturali del mio corpo, in questo sì che me la cavavo bene.
    Per il resto... avevo fatto una scommessa con me stesso su chi sarebbe a breve entrato dalla porta invisibile. Non avevo molti dubbi in realtà, ma era divertente cercare di prevedere le mosse del mio avversario. Aveva sicuramente notato il mio risveglio, perciò non avrei dovuto attendere ancora molto!
    Neppure questa volta fui smentito e… avevo vinto la scommessa: Moira Winkler varcò la soglia e un sorriso furbo si disegnò immediatamente sulla mia bocca malandata. Oh, adesso sì che iniziava il vero divertimento. Ciò che era successo con i Grigi poteva definirsi una bazzecola in confronto a quanto sarebbe accaduto di lì a poco!
    La prima volta che avevo fatto “da cavia” per la piccola Winkler c’era stato anche suo padre, il Führer in persona. Ricordavo ancora ogni strumento che aveva usato e la lentezza adoperata per mostrare alla figlia il modo corretto. Dovevo però ammettere che lei aveva imparato in fretta, tanto che la seconda volta era arrivata da sola… e così la successiva e quella dopo ancora.
    Ci avevo messo del tempo per riprendermi dopo la seduta con il Kaiser, ma poi tutto era cambiato e non certo perché Moira fosse di buon cuore o ci andasse giù meno pesante. Eppure, chissà perché, quando mi si presentava l’occasione di un’epocale insubordinazione non me la lasciavo mai sfuggire… forse, e sottolineo forse, volevo ritrovarmi proprio qui, con lei.
    Probabilmente, c’era qualcosa di malato in tutto questo. Anzi, con certezza ciò che mi legava alla stronzetta era qualcosa di malato ma… chi ha mai detto che io ero sano di mente?
    “Oh, la Kaiserina mi fa l’onore di una sua visita, chissà perché non sono affatto sorpreso!” Iniziai subito a punzecchiarla, sfidandola con lo sguardo e un sorriso sghembo. Al diavolo se sentivo già dolore in ogni centimetro della faccia, ma non potevo esimermi dal fare la mia parte.
    “E tu non ti smentisci mai, Frye! Dici la verità, lo fai perché in fondo ti piace stare in mia compagnia!” mi rispose con tono falsamente conciliante, proprio quello che adoravo ascoltare nei nostri ormai famigerati “battibecchi”, potevo chiamarli così, vero?
    “In realtà, lo faccio SOLO perché spero che verrai a trovarmi, altrimenti che gusto ci sarebbe…” Non restai indietro, neppure quando iniziò a volteggiare lenta intorno alla sedia e con un comando vocale aprì uno sportello nella parete. Uno sportello ormai molto familiare, che conteneva una scaffale zeppo di strumenti davvero variegati… e non certo utili per fare un barbecue, sempre se non si teneva conto della mia carne come portata principale, s’intende.
    “Qual è il tuo desiderio di oggi? Mi sento particolarmente generoso…” Questo era un altro gioco che nel tempo era nato tra noi. Ogni volta che “mi faceva compagnia” esprimeva un desiderio – che mai aveva a che fare con fiori, cioccolatini e bracciali – ed io tentavo di esaudirlo. Se non ci riuscivo arrivava la punizione, nei rarissimi casi di successo venivo rilasciato meno pesto e molto prima rispetto agli standard. E anche qui, avevo il terrore di ammettere il perché i miei fallimenti fossero maggiori rispetto alle vittorie… ma non m’importava elucubrare su questi dettagli. Non adesso.
    Di una cosa ero certo, non era mai riuscita a estorcermi una sola informazione e questo “dettaglio” non sarebbe mai cambiato, nonostante tutto. Chissà che cosa ne pensava Moira al riguardo, ma di sicuro lo avrei scoperto molto presto, il gioco stava per iniziare!
     
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    Jacob Frye era l'essere più sgradevole, indomabile ed irritante che esistesse sulla faccia della Terra e non perchè era un Ibrido o un Assassino, ma proprio perchè lui era a dir poco insopportabile. Le altre due cose tendevano a renderlo ai miei occhi solo ancor più ripugnante.
    “Qual è il tuo desiderio di oggi? Mi sento particolarmente generoso…” alla sua domanda poggiai un dito sul mento, quasi come una bambina emozionata il giorno del suo compleanno. Ed il mio sorriso avrebbe potuto realmente apparire gioioso e dolce se non fosse che il contesto lo rendeva a dir poco inquietante.
    "Non sei bravo ad esaudire i desideri di una donna... non vorrei incappare nell'ennesima delusione!" ammisi con un finto broncio destinato a sfotterlo dove era più debole: la sua virilità. Avevo scoperto che sminuirla rendeva più di qualsiasi altra tortura fisica, seppur anch'esse le trovavo in egual modo appaganti.
    Gli diedi le spalle allontanandomi di pochi passi, mentre lo sentì muoversi e tirare le cinghie forse nel vano tentativo di liberarsi ed aggredirmi, dopo essere stato punto così sul vivo. Ridacchiai tra me e me piuttosto soddisfatta.
    "Sai a differenza di quello che non mi dici a voce nei nostri numerosi incontri, il tuo linguaggio non verbale è davvero molto loquace!" esclamai lenta e cadenzata, prima di voltarmi di colpo e lanciare il bisturi che avevo in mano dritto tra le sue gambe a meno di un centimetro dal suo caro ed attivo amichetto, che tuttavia non toccai. Ma quanto era stato bello il brivido che aveva attraversato i suoi occhi?
    "Sto imparando che ci sono altri modi per ferirti che non sia necessariamente l'elettroshock, ad esempio, anche se mi diverte molto..." ammisi prima di raggiungerlo ed abbassandomi staccare il bisturi dalla sedia in cui si era conficcato e così facendo sfiorare il suo interno coscia con il dorso della mia mano.
    Tuttavia non indietreggiai, e con la lama presi ad accarezzargli il volto, scendendo pericolosamente sulla giugulare pulsante. Bastava che lo girassi di pochissimi gradi e la lama lo avrebbe dissanguato in un batter d'occhio.
    "C'è una guerra per il territorio in atto tra voi e i Grigi, ma credo sia più di questo... sia più una lotta a chi ha il piano migliore, per evadere forse?" chiesi senza farlo davvero perchè so che non mi avrebbe detto nulla seppur i miei occhi incatenati ai suoi stavano scavando a fondo.
    "Che poi, come se evadere fosse possibile!" conclusi scoppiandogli a ridere in faccia prima di sollevarmi ed allontanarmi nuovamente. Decisi per qualcosa di nuovo per lui e così avvicinandomi lo presi per i capelli tirandogli la testa all'indietro e con un cenno del capo presto due uomini ci raggiunsero. Uno gli mise un cappuccio in testa e l'altro iniziò a gettargli dell'acqua addosso. La sensazione che si andava a creare era quella dell'annegamento e lo percepivo dal suo annaspare e dal suo divincolarsi.
    "Cosa? Mh? Non ho capito..." lo presi in giro avvicinando l'orecchio al suo viso, ancora coperto dal cappuccio ma in un attimo di tregua perchè la guardia aveva smesso di versare l'acqua.
    "Perdonami pensavo che stavi dicendo qualcosa..." ironizzai alzandomi e dando ordine alla guardia di continuare. Lo feci fin quando non lo sentì ad un passo dalla morte, al che mi fermai. Mio padre mi aveva istruito molto bene.
    "Dai ad un uomo un assaggio della morte e sarà tuo" era soave ripetermi. Sorrisi e contro ogni protesta delle guardie li costrinsi a lasciarmi sola con il prigioniero.
    Jacob era esausto, alla limite. Ma non per quello lo slegai. Lo feci e allontanandomi lo osservai con le braccia conserte.
    Quanto ci avrebbe messo a reagire? Ci sarebbe riuscito? Quanto e come me l'avrebbe fatta pagare? Era ora di scoprirlo.
     
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    “Respira Jake, respira, non mollare…” mi ripetevo mentalmente mentre a grandi boccate inspiravo aria, aria, tantissima aria. Un tremore diffuso colpì muscoli e organi a causa della forte mancanza di ossigeno. Questa volta, la stronzetta ci era andata giù davvero pesante. Quando si era fatto tutto buio per un istante, avevo creduto di non farcela, che fosse arrivata la mia fine… terribile come epilogo in realtà! Fatto fuori da una sadica ragazzina, che addirittura mi aveva fatto slegare, ordinando agli altri aguzzini di lasciarci soli.
    Per diversi minuti non ebbi la forza neppure di parlare, ma la voce fu la prima cosa che ritrovai mentre davo al corpo il tempo di riacquistare lucidità.
    “Ammettilo, Kaiserina, godi un mondo a farmi del male anche se sai che da me non ricaverai mai un ragno dal buco…” Le parole uscirono fuori gracchianti, come se fossero corrose da acido puro. Tossii ma non smisi di dire la mia. “Lo sai, non sono un romantico, ma non mi aspettavo certo un trattamento così incivile!” Tempo, avevo bisogno di tempo. Attaccarla era fuori discussione, mi sarei ritrovato con la gola tagliata in meno di un attimo e non solo perché Moira era una Deviante pura. Avrebbe potuto farmi a pezzi con la sola forza del pensiero se solo lo avesse voluto, il punto infatti era che… non lo voleva. E poi, be’, suo padre era un altro ottimo deterrente a un’eventuale reazione da parte mia, per non parlare poi degli scagnozzi dietro la porta invisibile. Di certo non ci avrebbero pensato su un solo secondo prima di spezzarmi le ossa una a una. Non ci tenevo proprio a fare quella fine, i miei polmoni chiedevano già abbastanza pietà in questo momento… Perciò mi alzai, piano, barcollante, un dolore sordo diffuso in tutto il corpo. Mi avvicinai a Moira, gli occhi fissi nei suoi, le mani alzate in segno di non belligeranza: il mio intento era un altro. Volevo capire fino a che punto avrei potuto spingermi senza soccombere. Sapevo quanto amava giocare, ma sapevo anche che c’era un limite implicito che non potevo superare. L’idea di scoprire quel limite mi stuzzicava da settimane. Fui a pochi passi da lei, poi a pochi centimetri, poi consumai pure quelli. I nostri corpi si sfioravano e pareva che Moira non avesse alcuna intenzione di allontanarsi nonostante dietro avesse proprio una delle pareti. Avvicinai il mio viso al suo, virando subito verso l’orecchio.
    “Non ho la forza né la voglia di combattere, tantomeno di cantare su fantomatici piani di fuga…” sussurrai piano, percependo un brivido inatteso provenire dalla Deviante. Così lasciai che il mio torace toccasse il suo, un passo dopo l’altro, fino a farli combaciare perfettamente. Moira adesso era addossata al muro, io incombevo su di lei, i respiri tanto vicini da fondersi in uno solo. Posai una mano aperta sul suo collo scoperto, desideravo constatare la velocità dei suoi battiti: sembravano impazziti, ma non sapevo se per la collera o per qualche altra emozione meno distruttiva. Stavo giocando col fuoco, anzi no, con un incendio di proporzioni bibliche ma non m’importava. All’improvviso, ciò che volevo era solo conoscere la dead line oltre la quale la sua voglia di giocare si esauriva. La mia era cresciuta in maniera esponenziale e l’adrenalina mi fece dimenticare persino il dolore.
    Le accarezzai la pelle del collo e poi della clavicola, con la netta sensazione di star toccando uno scorpione pronto a inocularmi il suo veleno, ma non avevo paura. Perché no? Perché rischiavo così tanto quando ero con lei? Tra noi c’era sempre questa lama a doppio filo che ci eccitava e minacciava allo stesso tempo. Ovvio che quello in reale pericolo ero solo io! E questo avrebbe fatto arretrare qualunque uomo sano di mente, ma ancora una volta mi resi conto che questa definizione non si addiceva per nulla a me e al mio disastroso carattere.
    E allora, visto che stavo osando tanto, perché non andare oltre? Strinsi il suo collo e facendo una certa pressione la costrinsi ad alzare il volto verso il mio.
    “Dimmi la verità, adesso vorresti uccidermi? Stai solo aspettando il momento buono per farmi a pezzi? Cosa vuoi davvero da me?” Una valanga di domande mi uscì dalla gola, tutte tanto spinose da assomigliare a un dannato roseto, ma io ero fatto così: in una rosa mi eccitavano più le spine che i petali. Le prime erano insidiose, inaccessibili, dolorose, rappresentavano una sfida, mentre i secondi si abbandonavano a te con la loro morbidezza senza alcuna remora. E Moira era proprio come un roseto da cui però si potevano cogliere fiori bellissimi… e io volevo quei dannati fiori!
     
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    Rimasi impassibile osservano l'Ibrido e chiedendomi quanto ci avrebbe messo a reagire. Dopotutto era una sorta di esperimento quello anche per testare fino a che punto erano resistenti. Quanto ci voleva prima di spezzarli?
    Si alzò e seppur barcollando mantenne il suo sguardo fermo e deciso. Osò avvicinarsi, a rimanere pochi passi da me mentre osservandolo mi chiesi quanto avrebbe osato oltre. Mi arrivò così vicino che i nostri corpi si sfiorassero, mentre senza accorgermene via via mi stava stringendo contro la parte.
    Al suo avvicinarsi al mio viso quasi arrossì seppur mantenendo la mia aplomb e la mia fermezza.
    “Non ho la forza né la voglia di combattere, tanto meno di cantare su fantomatici piani di fuga…” mi sussurrò piano. Il suo però avanzare e stringermi il corpo addosso non me lo aspettavo. La verità è che io potevo essere brava nel torturare, combattere o uccidere, ma non avevo mai dato un bacio ad un ragazzo e dunque situazioni del genere mi mettevano a disagio e mi imbarazzavano. Ma ovvio non gli avrei mai dato la soddisfazione di dimostrarglielo!
    La sua carezza mi fece annaspare mentre tutto intorno a noi iniziò a tremare leggermente, ero collegata visceralmente con la terra ed in quel momento pareva che la stessa stesse mettendo a nudo le mie vere sensazioni.
    Alla sua mano sul collo alzai di riflesso la mia per indicare alle guardie di non intervenire, mentre tenendo il punto lo fissai dritto nelle iridi scure.
    “Dimmi la verità, adesso vorresti uccidermi? Stai solo aspettando il momento buono per farmi a pezzi? Cosa vuoi davvero da me?”
    Annaspai leggermente per la stretta sul collo ma non rifuggì dal suo sguardo addirittura ghignando pur di non mostrarmi tesa, impacciata o in difficoltà di fronte a lui.
    "Ucciderti? E far cessare tutto il divertimento?" chiesi quasi dispiaciuta dalle sue affermazioni, mentre appoggiando la mia mano sulla sua lentamente staccarla dal mio collo. Dopotutto io ero forte, ma anche lui, tuttavia in questo momento non era al suo massimo e dunque non era così difficile contrastarlo.
    "Non è mai stata mia intenzione ucciderti" aggiunsi in un modo che non avrei dovuto. Fu un micro secondo ma non vi fu ironia, superbia o cattiveria in quelle parole anzi forse c'era quasi delusione. Come se il suo pensiero mi avesse ferito.
    Quando me ne resi conto cercai di riprendere in mano la situazione, stringevo ancora la sua mano nella mia. L'avevo allontanata dal mio collo, ma non l'avevo lasciata e così con un gesto deciso e gliela tirai dietro la schiena immobilizzandolo. Ora era lui con il torace contro la parete, dove prima c'era la mia schiena.
     
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    La parete non era fredda come me l’aspettavo. Al contrario, mi risultò addirittura calda, forse perché ero io ad essere un pezzo di ghiaccio dopo i litri di acqua gelata ingurgitata. Non era bastata l’adrenalina e l’eccitazione del momento vissuto con Moira per riportare la mia temperatura alla normalità. Presi un respiro profondo prima di voltarmi di scatto, con ogni probabilità sorprendendo la mia avversaria, e ricambiarle il favore. A differenza che io non le stavo torcendo il braccio, la schiacciai “solamente” con il mio corpo contro il muro. Le mie mani aperte accanto al suo viso, il respiro tanto affannato da avere l’impressione di aver corso per ore.
    “Oggi mi hai quasi ucciso, immagino tu conoscessi alla perfezione il mio fisico e fino a quando avrebbe retto… Le parlai ancora una volta tanto vicino da trasformare le parole in un semplice sussurro. “Allora, se non vuoi farmi fuori e sai anche che non avrai mai informazioni dal sottoscritto, cosa ti spinge a venire qui… a fallire ogni dannata volta?” Con le dita accarezzai le sue spalle, poi le braccia e infine le intrecciai alle sue. La sentivo tremare e l’idea che il mio atteggiamento la imbarazzasse mi sfiorò per un fugace attimo. Tuttavia, non potevo esserne sicuro, poteva essere l’ennesima strategia per cogliermi impreparato proprio come poco prima. Però… però… però… non riuscivo a fermarmi. Le diedi un bacio leggero nell’incavo del collo e attesi che mi disintegrasse con un movimento degli occhi. Ma non accadde. Per minuti interminabili restammo in quella posizione, la mia bocca sulla sua pelle chiara. Era una Deviante e forse per questo la sua temperatura pareva esser salita alle stelle. Doveva essere anche sua la causa del leggero tremore che sentivo sotto i piedi: anche la terra si ribellava a ciò che stavo facendo, oppure erano solo le sue emozioni che si manifestavano? Io intanto riprendevo fiato, lasciavo il tempo al mio cuore di non scoppiare per lo stress assurdo a cui lo stavo sottoponendo.
    Ero un folle, forse anche per questo decisi che volevo ancora di più. Con le nostre mani intrecciate la feci staccare dalla parete e la avvolsi tra le braccia, lasciando che si appoggiasse a me.
    “Mi odierai più per tutte le domande che ti sto facendo che per il semplice fatto di essere un Assassino sotto la tua custodia… però non riesco a farne a meno, sembra che la conversazione tra noi non sia poi così fiacca, non credi? Perché mi illudevo che ciò che stavamo facendo fosse addirittura normale? Avevo dimenticato i nostri ruoli e la sfida e il gioco e il semplice fatto che Moira Winkler era una torturatrice professionista che mi aveva quasi ucciso… quasi… in più di un’occasione, ma non ne aveva mai avuto intenzione. Che pazzia.
     
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    Mi sentivo bloccata. Imprigionata. Immobilizzata. Eppure non lo ero. Ero libera di scostarmi, avevo la forza di farlo. Di attaccarlo e metterlo KO ed invece rimasi immobile come un'idiota incapace di parlare, reagire o molto più semplicemente rispondere.
    Feci dunque l'unica cosa che potevo tentare di fare, scostarmi ed andarmene, ma non lo feci con abbastanza convinzione e decisione perchè di nuovo fui con la schiena contro la parete. Le braccia bloccate per i polsi contro il muro e senza che me ne rendessi conto la sua bocca sulla mia.
    Non era dolce. Non era gentile. Non era delicata.
    Fu invasiva. Fu audace. Tanto che percepì la sua lingua sbattere sui miei denti nel tentativo di superare le mie difese, di chi di fatto più che respingerlo non sapeva minimamente che fare.
    Alla fine ci riuscì e la sua lingua invase la mia bocca, giocando con la mia. Prendendola per mano ed iniziando una danza sempre più vorace e folle. Le sue mani, scesero a stringermi la vita stretta, mentre le mie si persero tra i suoi capelli spettinati e bagnati.
    I corpi aderivano e rispondevano agli stimoli, mentre il bacio ci tolse tutto l'ossigeno che avevamo in corpo. C'era urgenza e voglia di andar oltre, ma per fortuna la necessità di respirare ci fece allontanare quel tanto che diede a me la prontezza di schiaffeggiarlo così forte da fargli voltare il capo dalla parte opposta.
    Paonazza e livida misi le mie mani sul suo dorso nudo e lo spinsi all'indietro così forte da farlo ricadere seduto sulla sedia dove poco prima lo stavo torturando. Lo guardavo con odio e disprezzo eppure ero così calda ed eccitata da non poterlo nascondere. La mia pelle candida e delicata era divenuta rossa come quella di un peperone.
    "Te la farò pagare per questo affronto! Contaci!" sibilai con voce tremante non sapevo se di rabbia o di eccitazione, prima di sbattere forte la mano sopra la porta e costringere così le guardie a venire e portarlo via. Lieta che non avessero assistito a tutto ciò.
    "Tenetelo in isolamento senza cibo e con un solo bicchiere d'acqua al giorno, vediamo se al galletto passa la voglia di alzare la testa!" dissi tra i denti prima di lanciargli un ultimo sguardo prima di andar via.
     
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