Ophelia & Leopold Origins

Earth Prime

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    Cristina
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    :Ophelia:
    Fare l'amore con Leopold fu un'emozione che andò oltre all'immaginabile. Avevo avuto uomini nella mia vita e a ben vedere forse apparentemente più virili di lui, ma era solo sciocca e mera apparenza. Erano state storie nate e finite in un batter d'occhio, mentre Leopold mi aveva affascinato e sedotto inizialmente con la sua mente, la sua intelligenza ed astuzia. Dopo di che si era insinuato in me come un serpente e mi aveva fatto saggiare il sapore acre ma piacevole del suo veleno a cui ora ero dipendente. Era fuoco e passione, perchè mai ero stata amata in quel modo. C'era attenzione da parte sua, ma c'era anche possessione come se ogni bacio o carezza fosse un marchio sulla mia pelle.
    Da quel giorno non perdemmo tempo ed immediatamente iniziammo a tessere la nostra tela quella che avrebbe visto Leopold tagliare i ponti con il suo passato in maniera definitiva.
    Quella mattina nello specifico ero in una delle piazze principali della città, nel dettaglio quella di fronte all'alto grattacielo dove lavoravo. Mi ero fermata lì con Leopold per bere il caffè che avevamo comprato per strada prima di entrare al lavoro e dopo una risata ed un bacio lui mi anticipò mentre io gli promisi che lo avrei raggiunto poco dopo.
    Mi avvicinai ad uno dei cestini per buttare i due contenitori ormai vuoti quando percepì di essere osservata ed alzando lo sguardo notai due occhi fissarmi nascosti nell'ombra del vicolo. Senza paura sorpassai il cestino e gli andai incontro vedendo quella alzare le mani e puntarmi una pistola contro. Il suo sguardo era ricolmo d'odio.
    "Jemma..." mormorai a mo di saluto. Le mani nel trench chiaro. Lei si irrigidì probabilmente non si aspettava che la conoscessi.
    “Non osare chiamarmi per nome!”
    Lo disse a denti stretti, mentre dal canto mio io ridacchiai divertita.
    "Peccato... è un bel nome!" la presi in giro.
    "Leopold mi ha detto quanto puoi essere isterica, non si sbagliava" proseguì facendo un ulteriore passo verso di lei per nulla spaventata dal suo puntarmi con la pistola addosso.
    “Non osare metterlo in mezzo! Lui non c’era nulla con questo… Perché lui ha solo bisogno di vedere le cose dalla giusta prospettiva e tutto gli sarebbe più chiaro…”
    "La giusta prospettiva? E quale sarebbe mh? Quella in cui lo costringete ad ignorare la sua natura? A sopprimerla? Quella in cui lo gettate nella fossa del leone fregandovene di cosa avrebbe comportato per lui? Questa prospettiva?" la incalzai ormai così vicino che la canna della pistola premeva sul mio petto.
    “TACI! SEI SOLO UNA LURIDA DEVIANTE... una che ha usato i suoi mezzucci per confondere la mente a Leopold, ma io so chi sei realmente! Lui non sceglierà mai te... VOI... Leopold è mio... Leopold è un fiero Ribelle!”
    "Mmm... ci sto... scopriamolo!"
    Ironizzai accettando la sua sfida e prima che se ne rendesse conto scostai la mano con la sua pistola, riuscendo a disarmarla ed usare la stessa per colpirla in capo.
    Dovevo ammettere che quell'incontro fortuito avrebbe reso il piano mio e di Leopold perfetto. Tirai fuori dalla mia tasca un foglietto di carta con la calligrafia di Alistair e lo misi nella tasca della giacca di Jemma. Lo avevo preso dal rapporto che aveva scritt per denunciare Leopold come colui che aveva dato le nostre posizioni ai Ribelli facendo fallire ogni nostro attacco. Io avevo il rapporto e da quel che sapeva, essendo la sua assistente, dovevo consegnarlo alla Gestapo. Avevo strappato un pezzo che avrebbe invece fatto sembrare che quelle poche parole erano un messaggio di Alistair ai ribelli circa le mosse del Reich.
    Dopo di che chiamai la sicurezza e feci prendere Jemma facendola portare dentro. Era un pezzo importante, dunque si sarebbe fatto avanti quanto meno il Fuhrer. Ora era tutto nelle mani di Leopold. Avrebbe avuto la freddezza di vendere lei e suo padre al Fuhrer? Farlo gli avrebbe dato la libertà e la gloria. Potevo dubitare e forse chiunque altra lo avrebbe fatto al mio posto, ma non io. Io avevo visto l'Uomo nascosto dentro di lui, un Uomo che amavo con tutta me stessa, un Uomo che non avrebbe avuto più paura di nulla.
     
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    :Oliver:
    ”...ed è lui che ha sabotato tutti i nostri sforzi per liberarci dei ribelli”
    Mi alzai in silenzio dalla mia sedia. Tenni gli occhi fissi sulla vista oltre le vetrate, su quello skyline grigio che mi attirava e mi inorridiva come tutte le volte che cercavo un punto dove lasciar vagare i miei pensieri. A passo misurato e deciso aggirai la scrivania, oltrepassai i due che erano in piedi davanti a questa e Adrian, in piedi anche lui ma discosto, con le spalle alle finestre.
    Da fuori sembravo calmissimo, ma dentro di me la rabbia e il malcontento si stavano agitando come demoni infernali.
    Il dottor Alistair Morgan era stato accusato dai suoi più stretti collaboratori di azioni sovversive e sleali ai danni del Reich. Gli sforzi e le ricerche di mesi e mesi per sottomettere e annichilire l'esistenza di gruppi, composti sia da semplici esseri umani sia da devianti negati, che creavano scompiglio nei nostri ranghi e danni ai nostri apparati, erano stati compromessi da una spia interna.
    Non era quello il vero danno: nella mia strategia più ampia la persecuzione dei ribelli era un'attività collaterale, utile solo a compattare e direzionare gli sforzi della nostra polizia militare verso un obiettivo tangibile. Era come dare al cane un osso con cui giocare.
    Il vero danno che una spia poteva fare era alla ricerca che segretamente il capo degli scienziati stava seguendo da diversi mesi, seppur con risultati scarsi o nulli: il Ciclo Omega. Se fosse davvero stato un traditore, quanta sicurezza c'era che tutti gli sforzi possibili fossero concentrati su questo progetto primario? Quanto probabilità c'era che anche questo non fosse stato indebolito e compromesso?
    Mi girai per tornare alla scrivania; nel mentre, cercai lo sguardo di Adrian. Il suo volto era pietrificato dalla tensione, perché anche lui era a conoscenza del progetto più importante che avevamo, anche se era appena alla sua fase embrionale.
    ”Avete prove a sostegno delle vostre accuse?”
    La mia richiesta era stata prevista, per questo non mi stupii della cartellina che Morgan Junior mi posò sollecito davanti. La aprii: conteneva foto di una donna, alcuni fogli di un rapporto di arresto con un lettera trovata tra i beni del soggetto. Riconobbi l'elegante calligrafia con facilità, lessi le parole che dimostravano la rivelazione di informazioni segrete.
    Rimasi impassibile. Quello che inchiodava lo scienziato ai suoi misfatti poteva essere compromettente, oppure completamente inutile. Adrian non si mosse di un palmo, non venne a controllare il contenuto: già lo aveva studiato. Era normale, se consideravo che uno dei due accusatori fosse proprio sua figlia, la brillante dottoressa McKay.
    Spostai lo sguardo da quei pochi fogli al giovane uomo. Il suo volto era liscio, privo di ogni emozione, freddo e impenetrabile. Entrai nei suoi occhi, e cominciai a sondare la sua mente.
    Non leggevo nel pensiero, ma riuscivo a scoprire la parte più oscura dell'anima di ognuno. Quella che tormentava i sogni la notte, quella che opprimeva i momenti di veglia. Le paure più feroci, più oscure, più incontrollabili.
    Un padre violento, sadico, mostruoso, che incombeva tuttora sul figlio vessato e umiliato in ogni modo possibile.
    Un sentimento prezioso minacciato da un segreto inconfessabile, la paura non ancora sopita di perderlo e di perdere nel contempo l'unica cosa bella mai posseduta.
    La paura di essere scoperto in un gioco rischioso messo in atto per trovarsi libero.

    Potevo usare diversi gradi nell'utilizzare il mio potere. Potevo sfiorare la mente, in maniera impercettibile, tanto che la mia vittima ne fosse inconsapevole. Potevo usare gradi sempre maggiori di pressione sui pensieri. Potevo uccidere o far impazzire. Era solo una mia scelta.
    Fino a quel momento, avevo usato i guanti sul giovane Morgan. Aumentai la pressione. Vidi il suo viso sbiancare notevolmente, ma non un sentimento increspò i suoi lineamenti, non una tensione si aggiunse al suo corpo.
    Avevo scoperto il gioco pericoloso che voleva nascondere. Ma avevo capito qualcosa di molto più utile. Avevo percepito la sua intelligenza acuta, la sua ferrea volontà e altre qualità interessanti che potevano essere utili per i miei scopi.
    Quale era la verità? Che il dottor Morgan aveva fallito troppe volte nelle ricerche per me vitali sul Ciclo Omega, e già da diverso tempo stavo valutando di sostituirlo. Il problema sarebbe stato il posto lasciato vuoto nientemeno che dal responsabile del progetto, e non era accettabile che si creasse uno blocco in quell'attività.
    Forse avevo trovato la soluzione.
    Mi sporsi in avanti, appoggiando le mani intrecciate sul piano di legno. La mia voce era controllata come sempre, ma conteneva un avvertimento:
    Dottor Morgan, non accetto che un traditore possa ad annidarsi tra le nostre fila. Occupatevene... e siate certo che mi ricorderò della vostra lealtà, quando sarà il momento di scegliere il nuovo responsabile del laboratorio”
    Adrian attese che sua figlia e Morgan uscissero dal mio ufficio, per domandarmi, il dubbio nella voce:
    ”Possiamo fidarci? Siamo certi che sia Alistair la talpa che stiamo cercando?”
    Risi brevemente, senza gioia, con sarcasmo.
    ”Adrian, l'unica certezza che abbiamo è che la talpa non sia lui per niente...”


    Edited by Illiana - 11/4/2020, 20:31
     
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    Annarita
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    :Leopold:
    Il cuore batteva talmente forte che quasi bucava la gabbia toracica. Il respiro era affannoso e speravo di non cadere in una crisi di panico: conoscevo bene i sintomi, era il mondo in cui vivevo da quando avevo cinque anni, forse meno. Solo che… solo che adesso era tutto diverso. Era ormai un anno che non vivevo questa condizione, da quando Ophelia era entrata nella mia vita.
    Tuttavia, l’incontro col Führer aveva distrutto la mia maschera di cera, sciogliendola senza nessuno sforzo. Era stato subdolo, la sua forza era entrata dentro di me e aveva scavato in fondo, troppo in fondo. Ero riuscito a mantenere la calma di fronte a lui, ma una volta rimasto solo, l'orrore mi aveva fatto visita e il terrore si era affacciato come non faceva da tempo. Lui sapeva. Lui sapeva ma non mi aveva smascherato! Perché? Attendeva un momento migliore per farmi fuori? Magari il suo desiderio era di dare soddisfazione ad Alistair Morgan, portando sotto il suo naso il traditore! Ma allora perché ordinarmi di toglierlo di mezzo? Non ci capivo nulla!
    Mi ero rifugiato nel mio laboratorio, a quell'ora totalmente deserto. Rannicchiato in un angolo, le mani tra i capelli corti, tentavo di riprendere possesso delle mie facoltà. Non potevo tornare indietro, non volevo farlo! Adesso avevo un'occasione di dimostrare la mia lealtà e dovevo correre ogni rischio possibile affinché ciò si realizzasse. Lasciai che il battito cardiaco e il respiro si regolarizzassero, poi fissai un punto dritto di fronte a me e focalizzai i miei obiettivi, fu cosi che la determinazione riprese possesso di ogni cellula e l'”invasione” appena subita divenne un monito da tenere presente e non più fonte di dubbi. Mi alzai in piedi e strinsi le dita in pugni ferrei, pronto a fare quel che dovevo per voltare definitivamente pagina.
    […]
    Quando entrai nella sala interrogatori non ero pronto a vedere la scena che mi si parò innanzi, ma non per questo mi lasciai destabilizzare. Morgan senior mi fissava con un odio che conoscevo molto bene, anche se era striato da una sfumatura di paura che non gli avevo mai visto nelle iridi troppo simili alle mie. I capelli sempre perfettamente in ordine, adesso erano smossi da continui gesti di stizza; la camicia sempre inamidata era pregna di sudore freddo; il viso sempre ben rasato mostrava i segni di una barba di almeno tre giorni. Tanto era il tempo che era trascorso da quando aveva ricevuto l'accusa di Alto Tradimento. Contrariamente alla prassi che lo voleva giustiziato per direttissima, avevo chiesto che fosse tenuto in vita e chiuso in quella stanza insonorizzata in cui tutte le telecamere erano state opportunamente disattivate. Avevo chiesto tre giorni, ma non perché avessi bisogno di trovare il coraggio di procedere, al contrario, desideravo che restasse “in solitudine” per qualche tempo, in modo che potesse riflettere. Ero certo che non avrei sortito nessun pentimento, ma di sicuro avrei aumentato lo stato di terrore in cui si trovava. E questo poteva essere abbastanza, anche se non mi ripagava degli anni di violenze subite era di certo meglio che una morte subitanea e indolore. Non se la meritava. Era strano doverlo ammettere, ma speravo di provare un po' di soddisfazione, mi ero immaginato a ghignare per il piacere di vederlo finalmente sopraffatto e inerme, e invece? Non provavo nulla. Com'era possibile? Ricordare gli orrori che mi aveva fatto patire non aiutava a smuovere quei sentimenti che parevano congelati nel petto. Per questo avevo posto fine all'attesa e alla tortura psicologica. Lui non avrebbe imparato nulla ed io ne avrei ricavato anche di meno. Era quindi giunto il momento.
    Lo fissavo negli occhi mentre montavo un silenziatore modificato sulla mia Luger P08 e fu allora che Alistair Morgan capì che cosa ero venuto a fare.
    “Brutto bastardo, è così era questo il tuo scopo! Lo ammetto, tu e quella stronza della McKay avete creato un piano davvero ben congegnato. Immagino che ti aspetti dei complimenti, o addirittura un'ammissione di colpa per come ti ho trattato in tutti questi anni. Ma sai che non accadrà, vero? Se sei diventato ciò che sei è tutto merito mio, se fosse stato per quella cagna di tua madre adesso staresti guardando le farfalle come un dannato frocio! Ehi, figlio di puttana, mi stai ascoltando?!” Continuavo a guardarlo come se di fronte avessi un estraneo e non stesse parlando in termini immondi della mia Ophelia, di mia madre, della mia infanzia. No, avevo la sensazione di stare guardando un film e le sue provocazioni scivolavano sulla superficie del mio essere come acqua di fonte. Anche se mi stava riversando addosso immondizia, la stessa sostanza di cui era fatta la sua anima.
    “Vedo che hai scelto con cura le tue ultime parole, caro genitore. Spero che dove andrai esista un inferno in grado di farti pagare di rimando tutto lo schifo che hai seminato durante la tua miserabile esistenza…” dissi a voce ben udibile e fu il primo momento in cui Morgan senior mi fissò solo con terrore, non vi era altro e questo mi stupì. Piegai il capo da un lato, mentre alzavo la canna della pistola verso la sua testa. Credeva forse che mi avrebbe fatto arrabbiare? Che avrei voluto farlo soffrire ancora, rimandando così la sua esecuzione? Beh, di certo aveva fatto male i suoi conti.
    Abbassai le palpebre per qualche istante, mentre le suppliche di mio padre e lo sferragliare agitato delle catene che lo tenevano prigioniero andavano via via facendosi più ovattati. Non esisteva più nulla se non la “mia svolta”, io sì che la meritavo e non me la sarei fatta sfuggire.
    Riaprii di scatto le palpebre, mirai e sparai. Un perfetto cerchio nero fumo era comparso sulla fronte di colui che era stato il mio aguzzino. Un attimo ancora e il suo corpo si afflosciò come un sacco vuoto sul tavolo metallico.
    Non vedevo il sangue, né il cadavere, ma solo una vittoria. E… non sarebbe stata l'unica: qualcun altro aspettava la mia visita e non era carino farsi attendere!
     
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