Present Day #2020: Abstergo

Season 5

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    Roberta
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    L'acqua era ormai tiepida. In quella fogna di prigione, l'acqua calda era un'utopia. Quanto sognavo una doccia vera, lunga, rilassante e… bollente! Invece, da quando eravamo rinchiusi, eravamo costretti a lavarci in aree addette in comune, in tempi limitati e quando erano in stato di allarme, anche sorvegliati.
    Da un po' di tempo a questa parte, avevo preso l’abitudine di dirigermi alle docce tra le ultime delle detenute in fila. Avevo notato, grazie al mio ottimo spirito di osservazione, che coloro che si lavavano nell'ultimo turno, erano meno controllati. Le guardie erano ormai stanche e distratte e spesso e volentieri si allontanavano dal loro posto per sbrigare altre mansioni, salvo poi tornare, per chiudere i locali, quando tutte le celle erano ormai sbarrate e i prigionieri nei loro letti, a luci spente.
    Avevo calcolato che questo tempo era ragionevole per il mio scopo. Un'oretta scarsa era più che sufficiente – anche se ne avrei voluto molto di più - per poter incontrare una persona davvero importante.
    Ero in ansia. Il cuore batteva forte e il respiro era un po' affannato.
    Ormai, il nostro era in rito, ma ogni volta, prima di scorgerla dietro le piastrelle immacolate, ero preda di un silente panico che mi serpeggiava sotto pelle.
    Finii di sciacquarmi e con mani tremanti mi asciugai al meglio. Volevo essere pronta per quando fosse arrivata. Sapevo che anche lei usava l'ultimo turno di docce e che si sarebbe attardata più delle altre – era il nostro accordo. Per non dare nell’occhio, avevamo optato per usare box distanti e avevamo fatto di tutto per non far capire a chi ci circondava che ci conoscevamo, o ancora peggio, che ci potesse essere una relazione tra noi.
    Con scatti nervosi mi stavo tamponando i capelli umidi con un asciugamano e quando due esili braccia mi circondarono la vita nuda, un brivido mi percorse per intero.
    Fosse stato qualcun altro, sarebbe finito al tappeto in un batter d’occhio, ma il suo profumo l'aveva preceduta e mi aveva avvisata del suo arrivo. Mi voltai e la guardai intensamente.
    Mi assicurai per l’ennesima volta – stavo diventando decisamente paranoica – che fossimo sole, senza occhi indiscreti a spiarci e poi la baciai, avvolgendo le sue guance con le mie mani. Era più alta di me, ma mi agevolò raggiungendomi e ricambiando il contatto.
    L'asciugamano ormai era ai miei piedi, ma nessun pudore mi colse. Non con lei, non quando mi era così vicina. Pensavo solo alle sue labbra morbide, e al suo respiro ritmico e concitato. Mi fecero dimenticare il luogo in cui ci trovavamo e la condizione misera in cui eravamo costrette a vivere il nostro amore, come clandestine, come fuggiasche, avide di baci voraci, ladre di caldi abbracci.
    Mi staccai da lei solo per ammirare i suoi splendidi occhi blu mare e senza volerlo rabbrividii.
    Yelena indossava un accappatoio corto che davano in dotazione.
    Ne aveva portato uno anche per me, che al contrario, avevo con me solo un piccolo asciugamano.
    Mi avvolse col il panno di spugna.
    “Tieni, copriti, o ti prenderà un accidente”
    E mi sorrise con dolcezza.
    Quando ero preda di questi “attacchi di passione”, come li chiamava lei, non badavo a nulla, c'eravamo solo noi, insieme.
    Mi abbracciò forte e mi sfregò le braccia con i palmi per scaldarmi.
    L'amavo, per il suo carattere buono e combattivo al tempo stesso, per il suo animo altruista e per la sua ineguagliabile forza di volontà. L'avevo amata fin dal primo momento in cui l'avevo incontrata.
    A quel tempo, Yulia mi aveva trovata e mi aveva convinta a far parte dei Grigi per contrastare le nostre famiglie che erano parte di un sistema corrotto a servizio dei Devianti.
    Ricordo ancora quella sera in cui sono arrivata alla casa “ritrovo" in cui ci eravamo rifugiati.
    Mi aveva presentato questa ragazza eterea, dai capelli color miele, la pelle rosea, lo sguardo battagliero e dolce – un controsenso in essere – come sua sorella: Yelena Orelov. Non appena ho stretto la sua mano, mi sono resa conto che mi aveva rapito il cuore.
    Ho fatto di tutto per conquistarla, nel tempo a venire. Non era stato semplice per me approcciarmi a lei, che non condivideva i miei “pensieri in fatto di sentimenti", ma non mi sono data per vinta. Dopo parecchi tentativi, le ho fatto capire che avrei potuto donarle qualcosa di davvero speciale: tutto il mio cuore e il mio affetto.
    Lei mi aveva accettata e da quel momento eravamo diventate una cosa sola, una squadra infallibile contro tutti, contro i pregiudizi e le difficoltà.
    Chiuse in questa prigione soffrivamo più che mai il non poterci vivere liberamente, ma sapendo di proteggerci l'una l'altra, ci accontentavamo di brevi momenti celati e fugaci.
    Erano sempre più brevi e rari, soprattutto nell'ultimo periodo, in cui molti eventi si stavano rincorrendo e che erano sfuggiti al nostro controllo semmai l’avessimo avuto.
    Sembrava che Liam, il nostro leader, avesse tutto ben chiaro in mente, un piano infallibile che ci avrebbe permesso di fuggire da quella fogna, ma dopo la sera del fight club, pareva che tutto fosse precipitato in un baratro senza fine e senza via d'uscita. Forse era stato tutto un miraggio. Ma quale crudele burattinaio si divertiva a giocare con le vite di noi poveri illusi? Ero confusa e stanca. Maledettamente stanca di arrancare, di sperare, di sognare un pizzico di libertà.
    La certezza era divenuta flebile e il bisogno d'aria sempre più pressante. Non avevo ben compreso cosa era accaduto, ma ero ben intenzionata a scoprirlo e a questo scopo mi avrebbe aiutato Yelena e chissà, magari anche Yulia. Eravamo tutti sulla stessa barca, quella dei Grigi, uniti per un ideale e per un credo. Una barca che però stava naufragando miseramente, stava andando alla deriva e noi non potevamo fare altro che vederla allontanarsi inesorabilmente.
    “Come stai?” le chiesi sfiorandole una guancia. Ci sedemmo su una panca in legno in un angolo distante dall'entrata. Così avremmo avuto il tempo di anticipare le mosse di un’eventuale guardia.
    “Sto bene… e tu? Sei dimagrita e ti ho vista a mensa. Non tocchi quasi cibo” mi chiese con una nota di rimprovero nella voce.
    Sorrisi di sbieco. “Non è che il cibo della mensa sia degno di essere chiamato tale! risposi ironica.
    Il suo spirito di osservazione acutissimo mi stupiva ogni volta. Era da sempre una sua caratteristica peculiare. Non le sfuggiva nulla e, quando si trattava di me, ancora meno. Avevo tentato di nasconderglielo per non crearle preoccupazioni, ma avevo fallito.
    “Sai che non puoi nascondermi nulla… ti leggo dentro” mi disse con uno sguardo così intenso da farmi tremare.
    Solo lei era in grado di farmi sciogliere. Mi consentiva di levare la mia maschera di aggressività e mostrarmi per ciò che ero veramente. Con gli altri ero costretta a fingere. Lo avevo imparato a fare fin da bambina in famiglia e poi era diventata una necessità e infine anche un’abitudine. Al suo cospetto, però mi sentivo nuda, inerme, totalmente vera.
    Aveva ragione, erano giorni che mangiavo poco o nulla. Sentivo una sorta di repulsione che non mi consentiva di ingerire nulla di solido. Forse, una forma inconscia di rifiuto per quella maledetta condizione di prigionia. Mi costringevo a mandar giù qualcosa solo per tenermi in forze, ma con grandissima fatica.
    Lei mi lesse nella mente ancora una volta.
    “Devi essere forte e sana per quando usciremo da qui” pronunciando questa frase, però, guardò in basso. Una ruga di preoccupazione le solcava la fronte. “Sì, perché usciremo da qui, vero?” mi chiese con tono tremante.
    Afferrai la sua mano e la strinsi con forza. Volevo trasmetterle tutto il mio calore e la mia sicurezza, anche se ero la prima a non averne.
    “Certo che ce la faremo. E se non sarà Liam a darci la libertà, ce la prenderemo noi, in un modo o in un altro…” dissi con tono fermo e convinto. Il mio sguardo era fiammeggiante. Una furia cieca mi avvolse. Non potevamo restare con le mani in mano, in attesa che qualcuno venisse a salvarci. Eravamo padroni del nostro destino e del nostro futuro.
    Mostrai alla mia Yelena tutta la mia decisione, ma dentro tremavo di rabbia e di terrore. Non avremmo finito i nostri giorni in quella topaia e in mano a pazzi maniaci. Di questo ne ero certa. Il come non lo conoscevo ancora, ma avremmo trovato senz'altro una soluzione per venirne fuori.
     
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    Ero stanca di tutto.
    Di questa prigione, dell’assenza di libertà, dei segreti e delle macchinazioni.
    Ogni scelta che ho fatto mi ha portata qui. Se quel maledetto giorno avessi scelto di rimanere a casa, restare con i miei genitori, non sarei finita in questa situazione.
    Ma a quale prezzo?
    Avrei abbandonato mia sorella, non avrei mai incontrato Lin, non avrei trovato un obiettivo da perseguire con tutta me stessa.
    Preferivo considerarmi orfana ed essere qui piuttosto che fare l’ipocrita e rimanere nella mia bella gabbia dorata a guardare altri soffrire.
    Gli ultimi eventi però avevano fatto vacillare la mia convinzione nella causa.
    Ero davvero tanto stanca di seguire sempre persone in cui credevo, per poi scoprire che la mia fiducia era mal riposta.
    Si stava facendo tardi, le docce si erano sicuramente già svuotate.
    Aspettavo questi momenti, ormai sempre più sporadici, come se dovessi riemergere dall’acqua, come se dovessi respirare a pieni polmoni. Stare lontana da lei, vederla in lontananza -per di più mentre stava male- era come un’apnea infinita, che man mano diventava sempre più dolorosa ed asfissiante.
    Entrai negli spogliatoi femminili. Erano deserti, se non per lo scrosciare di una doccia, che immediatamente si era spenta.
    Mi avvicinai silenziosa a lei mentre, ancora nuda, si stava asciugando frettolosamente i lunghi capelli neri. L’abbracciai dolcemente da dietro. Si voltò verso di me e mi baciò.
    Avevo notato l’attimo di -eccessiva- prudenza mentre scrutava la porta alle mie spalle prima di prendere le mie labbra con le sue.
    Questo suo modo di fare scattoso, teso e sempre allerta era sintomo di ansia e stress.
    Conoscendola non riusciva a rilassarsi nemmeno mentre dormiva.
    Quanto mi faceva male vederla in questo modo. Odiavo sempre di più questo posto.
    Quel bacio mi fece dimenticare tutto per un momento infinito, in cui volevo davvero perdermi per sempre. Volevo perdermi in lei, nel suo sapore, nel suo profumo, nel suo respiro, nella morbidezza del suo corpo, nel suo sguardo.
    Ero sempre stata una sognatrice, con gli occhi sempre puntati alle nuvole ed alle stelle. Avevo sempre sognato di potermi sentire così con qualcuno, sentirmi in tutto e per tutto Yelena.
    Quando tutto stava crollando -la mia vita, la mia famiglia, le mie ambizioni- era arrivata lei come un toro inferocito, che con la sua forza ed il suo impeto mia aveva travolto in qualcosa di fantastico.
    Persino in questa situazione da film horror, lei era l’unica che riusciva a farmi stare meglio, a farmi dimenticare, anzi, a rendere sopportabile il dolore e le condizioni in cui sopravvivevamo -questo non poteva proprio essere definito vivere.
    Le misi addosso un accappatoio e la scaldai. Stava tremando e la testona non se n’era accorta.
    Si atteggiava da dura, impassibile, fredda, ma in realtà era la persona più passionale e dolce che conoscessi. Era un vulcano di emozioni che fin troppo spesso rimaneva sopito… ma non con me, e questo mi rendeva felice come poche cose e persone sapevano fare. Quando era sé stessa, spoglia di quell’armatura che si era costruita, era una gioia per gli occhi e lo spirito.
    Ringraziavo mentalmente mia sorella per averla portata sulla mia strada.
    Iniziammo a parlare, entrambe sempre pronte a scattare nel caso fosse arrivato qualcuno, però sicuramente più rilassate del solito.
    “Non è che il cibo della mensa sia degno di essere chiamato tale!” esclamò sarcastica alla mia “ramanzina”.
    Risi, perché era vero. Da quanto non mangiavo un pasto decente?
    “Sai che non puoi nascondermi nulla… ti leggo dentro. Devi essere forte e sana per quando usciremo da qui.” Iniziai la seconda frase spensierata, per poi finirla pensierosa e preoccupata.
    Ce l’avremmo davvero fatta a scappare? Tutti insieme? E dopo cosa sarebbe successo?
    Dopo gli ultimi avvenimenti avevo sempre più dubbi a riguardo.
    “Certo che ce la faremo. E se non sarà Liam a darci la libertà, ce la prenderemo noi, in un modo o in un altro...” disse convinta e determinata. Ogni volta che l’insicurezza mi attanagliava, lei riusciva sempre a spazzarla via.
    “Ma come? Prima c’era Liam che ci guidava, poi dopo il fight club tutto è cambiato. Lui si è isolato, sembra quasi impazzito. Noi Grigi ci siamo persi, smembrati. Dopo quella sera non riesco più a credere negli ideali che ci ha propinato Liam. Mi sento usata, manipolata, e per cosa? Per mandare un Assassino in infermeria in fin di vita ed altri due al livello 2? che senso aveva tutto ciò? Non ci ha mai spiegato niente, e dal comportamento strano di Yulia penso proprio che abbia tenuto all’oscuro persino lei. Anche mia sorella si sente in colpa ed è arrabbiata, è palese.”
    “Come fai a dirlo?” mi chiese curiosa.
    “La vedo strana, distante, in primis da Liam. È scostante nei suoi confronti, sembra quasi non si parlino più. Per di più ogni notte, dopo quella sera, è andata in infermeria. Guarda caso finché il maggiore degli Auditore non è stato dimesso.” le vomitai tutto d’un fiato i dubbi e le intuizioni che mi attanagliavano da giorni.
     
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    “Ma come? Prima c’era Liam che ci guidava, poi dopo il fight club tutto è cambiato. Lui si è isolato, sembra quasi impazzito. Noi Grigi ci siamo persi, smembrati. Dopo quella sera non riesco più a credere negli ideali che ci ha propinato Liam. Mi sento usata, manipolata, e per cosa? Per mandare un Assassino in infermeria in fin di vita ed altri due al livello 2? che senso aveva tutto ciò? Non ci ha mai spiegato niente, e dal comportamento strano di Yulia penso proprio che abbia tenuto all’oscuro persino lei. Anche mia sorella si sente in colpa ed è arrabbiata, è palese.”
    “Come fai a dirlo?” le chiesi con la fronte corrucciata dal dubbio.
    “La vedo strana, distante, in primis da Liam. È scostante nei suoi confronti, sembra quasi non si parlino più. Per di più ogni notte, dopo quella sera, è andata in infermeria. Guarda caso finché il maggiore degli Auditore non è stato dimesso.”
    La preoccupazione nella sua voce era palpabile. Avrei voluto stringerla così forte da spremere fuori tutta l’angoscia che provava, e avrei goduto del suo corpo caldo allo stesso tempo. Scossi il capo e mi costrinsi a concentrarmi sulle importanti informazioni che aveva rivelato.
    Liam era da sempre stato il nostro leader, ma prima di questo era il migliore amico di Yulia e grazie a lei, ci eravamo tutti affidati a lui e alla sua causa. Solo che adesso non avevamo più molto chiaro quale fosse il suo credo, il suo reale obiettivo.
    Al fight club tutto era degenerato ed ero perfettamente d’accordo con Yelena, quando diceva che Liam aveva superato ogni limite con gli Originali. Tutti noi Grigi eravamo dalla sua parte e avevamo agito per la causa, fin quando si era trattato di raggiungere i nostri scopi, o meglio il nostro unico scopo: uscire da questa trappola mortale. I nostri metodi potevano essere apparsi anche estremi in svariate occasioni, ma mai, e sottolineo mai, avevamo ferito o aggredito in maniera gratuita e senza alcun motivo.
    Eravamo certi che attirando gli Originali al livello 2, Liam avesse tutta l’intenzione di convincerli a mettersi da parte o a collaborare finalmente alle nostre condizioni per perseguire il nostro obiettivo comune e invece... era stato versato sangue invano, senza alcuna utilità. Ezio e Altair erano finiti al livello 2, un luogo oscuro e spaventoso. Nessuno di noi sapeva cosa facessero davvero là sotto; e Federico Auditore era stato in fin di vita, ora salvo per puro miracolo.
    Strinsi ancora più forte le mani della mia Yelena, riflettevo frenetica sulle sue parole. Ci eravamo trovate altre volte a discutere di quella faccenda, ma non avevamo mai avuto degli elementi veri e consistenti su cui fare ipotesi.
    “Hai ragione, è probabile che Liam abbia perso la bussola. Anche io ho notato quanto sia distante e soprattutto freddo, proprio in un momento come questo, in cui saremmo dovuti essere uniti e compatti. Eravamo a un punto cruciale del nostro piano per fuggire, ma adesso non ne sappiamo più nulla da svariati giorni… Hai provato a parlare con Yulia, dopo che hai notato il suo strano comportamento?” chiesi speranzosa, lei era l’unica che avrebbe potuto fare da ponte con Liam e portare il nostro messaggio di confusione e sfiducia. Ma O’Brien sarebbe stato disposto a parlare? Mille dubbi mi assalirono prepotenti.
    ”Te l’ho detto, nell’ultimo periodo anche lei è stata lontana e distratta. Non ho avuto ancora modo di chiederle nulla, ho preferito osservarla il più possibile per cercare di capire! Non ne ho ricavato molto, però…” Percepivo un nodo stretto nella sua gola che le impediva di parlare con naturalezza.
    “Va bene così, non ti preoccupare!” tentai di consolarla per quanto possibile. Sapevo quanto fosse stretto il loro rapporto di sorelle e immaginavo il dolore di Yelena nel rimanere ingabbiata nell’incertezza. Io avevo provato cosa significava avere una sorella maggiore che pensava a te, che ti sosteneva e ti proteggeva. Era stato per poco tempo, ma ancora mi portavo dentro quella sensazione di calore e conforto. Non l’avrei mai dimenticata, era marchiata nel mio cuore.
    Serrai la mascella e sentii i denti scricchiolare. Ero totalmente impotente, avrei voluto affrontare io stessa Yulia e farle sapere quanta sofferenza stava causando alla mia Yelena. Quel suo strano comportamento mi aveva stupita sopra ogni cosa, proprio perché era sempre stata molto protettiva nei confronti della sorella, a volte anche oppressiva. Ci teneva molto a lei e non capivo… forse… che stesse agendo così proprio per… proteggerla? Le mie elucubrazioni stavano seguendo un corso molto strano e contorto.
    “Come fai a essere certa che quando si assentava la notte, si recava proprio in infermeria?” le chiesi curiosa. Era una deduzione parecchio interessante, soprattutto perché connessa con il Mentore Auditore.
    “Al suo ritorno, sentivo sempre un odore di disinfettante, quello tipico degli ospedali. Era forte e opprimente. Credo passasse tutto il tempo lì. E poi…” rifletté per un secondo e poi continuò: “ora che ci penso, la sua fuga coincideva sempre con il cambio turno delle guardie notturne e so che alla stessa ora, avviene il cambio turno anche in infermeria per medici e infermieri. Non può essere una coincidenza…” concluse convinta.
    “Potrebbe essere… è il momento in cui i nuovi turnisti sono più indaffarati per mettersi in pari con le scartoffie dei precedenti. C’è il passaggio di consegne.” Tutto aveva un senso.
    “Esatto!” Una nuova luce si accese nel suo sguardo. Forse eravamo arrivate a una conclusione utile per saperne di più, anche se ancora molte domande ci frullavano in testa.
    “Perché avrebbe dovuto andare a trovare Auditore? Senso di colpa? E poi, perché proprio nello stesso periodo si è allontanata ancora di più da Liam?” ragionavo dando voce ai miei dubbi…
    “Non credo che Liam abbia fatto molto per mantenere intatta la fiducia che aveva in lui. È stato il primo a deragliare, prendendo un’altra via. Ci ha escluse e soprattutto ha escluso mia sorella! Non credo glielo perdonerà facilmente…” Yelena parlava con cognizione di causa, conosceva molto bene Yulia e io non avevo alcun motivo per dissentire, tutt’altro.
    “Se lei fosse stata a conoscenza delle reali intenzioni di Liam, l’avrebbe sicuramente fermato. Non gli avrebbe permesso di mettere su la trappola al fight club. Né tanto meno avrebbe partecipato per far cadere gli Originali nella rete, attirandoli fin lì.”
    “Di questo ne sono certa!” intervenne concitata. “Anche io ero lì, l’ho vista parlare e agire. Ti posso garantire che non ne sapeva nulla.” La difese a spada tratta, ma io non avevo bisogno delle sue rassicurazioni, anche io avevo imparato a conoscere Yulia e sapevo che agiva sempre per il bene di tutti. Avevo la sensazione che stesse architettando qualcosa per tirarci fuori da questo enorme casino, ma in che modo?
    Poi, Yelena spostò lo sguardo verso il basso. Si sentiva in colpa per aver contribuito al subdolo piano di Liam, e molte persone adesso rischiavano la vita.
    La abbracciai per come potei, lei, che anche da seduta mi superava in altezza, si fece piccola piccola per entrare perfettamente tra le mie braccia e approfittare del mio calore. Si appoggiò col volto al mio petto.
    “Non hai nulla di cui rimproverarti… sei stata presa in giro, come tua sorella, come me! Pensavi di agire nel giusto e invece sei stata manipolata. Non sei tu la colpevole!” ribadii con forza.
    “Continuo a ripetermelo razionalmente, ma non riesco a fare a meno di pensare alle conseguenze scaturite dalle nostre azioni. Non sappiamo che fine hanno fatto gli Originali al Livello 2 e Auditore è quasi morto! Non abbiamo alcun controllo su tutto ciò e questo mi fa arrabbiare da morire. Lo odio!” Parlava a denti stretti.
    “Lo so. Sei una persona fantastica, ti sobbarchi le colpe di tutti come se fossero tue, e ti amo da impazzire per il tuo altruismo. Devi essere forte, come lo sei sempre stata e sono certa che potremo uscirne, insieme! Abbiamo un’ultima chance!” Lei si scostò di poco per guardami in volto con i suoi occhi grandi ed espressivi. “Devi parlare con tua sorella. Devi cercare di capire qualcosa di più, magari organizza un incontro tra noi, così potremo finalmente farle tutte le domande che ci ossessionano. Non risolveremo nulla restando a rimuginarci su. Dobbiamo parlare con lei. È l’unica che può illuminarci su questa situazione surreale.” Le feci un occhiolino complice. Sapevo che l’avrei fatta sorridere!
    “Lo farò!” e finalmente mi regalò il suo magico sorriso.
    Non resistetti oltre e la baciai. Era a così poca distanza che mi bastò sporgermi un po’, le presi il viso tra le mani e la ancorai alle mie labbra. Le sue sapevano di fragola e di vaniglia. Era fresca e bollente allo stesso tempo, o forse ero io che mi stavo sciogliendo senza rendermene conto?
    Yelena si staccò all’improvviso e si guardò alle spalle, verso la porta d’ingresso.
    “Potrebbe arrivare qualcuno…” disse quasi senza fiato. Il nostro bacio era stato intenso, molto intenso.
    Guardai l’orologio a parete sopra le nostre teste e stimai che avremmo avuto ancora un po’ di tempo. Sarebbe stata una pazzia, ma non ero più in grado di contenere la voglia che avevo di lei e del suo corpo morbido. Mi sentivo alla stregua di una tossica in crisi di astinenza, ma la segregazione e il vedersi poco non mi aiutavano a tenere a freno la mia passione.
    La feci sedere di nuovo composta sulla panca e mi misi a cavalcioni su di lei, mentre teneva appoggiata la schiena al muro.
    “Non temere… manca ancora un po’. Chi entra non ci può vedere, non subito almeno. Staremo attente.” e iniziai a baciarla dietro l’orecchio e sul collo. Percepii un mugolio di piacere da parte sua, ma non era tranquilla. Chi lo sarebbe stato in quella situazione di pura follia?
    Poco a poco e sotto l’incantesimo delle mie carezze, parve rilassarsi e ricambiò i miei baci e il mio calore…
    Non avevamo tempo da perdere. Dovevamo sfruttare ogni singolo attimo che avevamo a disposizione per toccarci, per respirarci, per viverci. Percepivo il suo bisogno, tanto forte quanto il mio e non ci saremmo tirate indietro. Noi, insieme, prima di tutto. Stare insieme era più importante anche del rischio di essere scoperte.
     
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    “Devi parlare con tua sorella. Devi cercare di capire qualcosa di più, magari organizza un incontro tra noi, così potremo finalmente farle tutte le domande che ci ossessionano. Non risolveremo nulla restando a rimuginarci su. Dobbiamo parlare con lei. È l’unica che può illuminarci su questa situazione surreale.”
    Finalmente, dopo tanto tempo, sentivo di avere una direzione in cui andare, un piano da attuare, un obiettivo.
    Liam aveva completamente sbandato uscendo fuori strada, non rendendoci partecipi dei suoi piani. Ormai avevo il dubbio sempre più concreto che tutto quello che avevamo fatto fin’ora, che tutte le sue pianificazioni avessero uno scopo diverso dal nostro. Noi volevamo scappare, lui cosa voleva fare? Avevo il timore che senza accorgercene ci avesse usati sin dall’inizio.
    Ora però c’era una luce infondo al tunnel, ovvero mia sorella.
    Lei non si era data per vinta, ne ero certa. La conoscevo come le mie tasche, stava architettando qualcosa, ed ero sicura c’entrasse anche Auditore.
    Sorrisi raggiante e leggevo soddisfazione e determinazione negli occhi della mia Lin.
    Saremmo arrivate al nocciolo di tutta questa storia, ne ero certa.
    Mi baciò e solo in quel momento mi resi conto di quanto ne avessi bisogno, però scattai, allontanandomi un po’ da lei con riluttanza e guardando verso l’entrata.
    “Potrebbe arrivare qualcuno…” ora ero io la paranoica.
    Lei per tutta risposta si mise cavalcioni su di me, spiazzandomi completamente e riottenendo la mia completa attenzione.
    “Non temere… manca ancora un po’. Chi entra non ci può vedere, non subito almeno. Staremo attente.” mi sussurrò a fior di labbra, iniziando a baciarmi prima dietro l’orecchio per poi scendere verso il collo.
    Quanto lo adoravo! E lei lo sapeva, eccome se lo sapeva, perché ottenne esattamente l’effetto che ero sicura sperasse.
    Mi lasciai andare, mi buttai a capofitto in quello che poteva sembrare un sogno visto quante volte l’avevo vissuto durante il sonno.
    Invece era vero, la sua pelle morbida lo era, i suoi capelli setosi ed ancora bagnati, gli accappatoi che frusciavano a terra, i baci e le carezze ben poco caste che ci stavamo scambiando, i respiri profondi ma affannati.
    L’autocontrollo che mi imponevo e la paura costante che mi accompagnava in questo luogo maledetto erano scomparse magicamente grazie alla mia amata streghetta. Finalmente, dopo non sapevo quanto tempo, eravamo di nuovo vive, libere.

    Stavo tornando in cella e ancora ero fra le nuvole.
    Sognavo ad occhi aperti, rivivendo i momenti, le sensazioni, l’amore, la pace ed il piacere appena vissuti.
    Purtroppo era stata una bolla che era scoppiata fin troppo presto, ma almeno ci aveva consentito di stare un po’ assieme, riscoprirci e riviverci.
    Mentre ero ancora immersa in una beatitudine che mi rendeva ubriaca, entrai nel nostra camera fatta di sbarre e trovai mia sorella sdraiata sulla sua brandina, persa in chissà quali pensieri. A volte volevo proprio entrare nella sua testa per vedere cosa avrei trovato.
    Questo mi riportò alla realtà.
    Avevo un compito da svolgere e questo era il momento giusto per farlo.
    “Ciao Yulia...dovrei parlarti...” le dissi decisa, ancora sulla soglia della cella.
    “Vieni… dimmi pure!” mi rispose, sedendosi di scatto sul materasso. Sembrava nervosa…
    Mi avvicinai a lei e, respirando più profondamente del solito, parlai.
    “Cosa sta succedendo?” le chiesi risoluta.
    “A cosa ti riferisci?”
    La guardai storto. “Pensi davvero che sia così stupida? Sai perfettamente a cosa mi riferisco e sappi che non ti salverai da questa conversazione”.
    Mia sorella mi guardò rassegnata.
    “Cosa vuoi sapere? Non è così semplice!” mi disse con aria stanca.
    “La lista è lunga… cos’è successo con Liam? Tu devi sapere cosa si è messo in testa. Ci ha abbandonato per prendere un’altra strada? Mi sembra giusto che lo sappiamo. E poi.. cosa c’entri con Federico Auditore? Non credere che non me ne sia accorta… Cosa hai in mente di fare? Perché so che stai pianificando qualc...”
    “Non credo che sia il posto ed il momento migliore per parlarne adesso. E una volta che saprai tu, è giusto che sia presente anche Lin.” mi interruppe mia sorella con decisione. “Fatevi trovare insieme all’uscita ovest del cortile. Lì potremo discuterne con calma… e ti prometto che vi spiegherò ogni cosa!”
     
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    Roberta
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    :Yulia:
    Mi trovavo in fila per la mensa, con il vassoio in mano e la testa tra le nuvole. Quell’ultimo periodo era diventato un inferno. Tutte le certezze, che con grande fatica, mi ero costruita erano andate in fumo, scardinate dagli atteggiamenti scostanti di Liam e dalla conoscenza che avevo fatto con un certo Assassino.
    Fino a pochi giorni fa, avrei potuto giurare al mondo intero e urlare ai quattro venti la mia fedeltà alla causa dei Grigi, alla causa di Liam O’Brian, ma adesso… tutto era cambiato.
    La sera prima, Yelena si era fatta avanti e mi aveva riversato addosso tutte le sue preoccupazioni e dubbi. Ero consapevole di star tirando troppo la corda nel non rivelare nulla sugli ultimi sviluppi a mia sorella e Lin, ma neppure io ero certa di ciò che stava succedendo e quindi temevo di creare ulteriori incertezze anche nelle loro teste. La mia mente era già un crogiolo di assurde rivelazioni e stavo affrontando una presa di coscienza molto dolorosa, stavo assistendo all’eclissi di un rapporto che avevo considerato vitale e che adesso si era sgretolato tra le mie mani. “Liam…” pensai amareggiata.
    Yelena mi conosceva fin troppo bene e aveva notato tutti i miei pensieri, ma anche i miei spostamenti, per quanto fossi stata accorta a celarli. Eravamo cresciute insieme e avevamo il dono di poterci quasi leggere nella mente. Avrei voluto proteggerla, come volevo fare con Lin, ma era giunto il momento di spiegare ogni cosa. Almeno ciò di cui anche io ero a conoscenza. Se poi, fossero rimaste piene di incertezze, tanto quanto me, ognuna di loro, avrebbe dovuto affrontarli e gestirli a modo proprio. Io gli sarei stata accanto, porgendo il mio supporto, sempre e comunque. Non mi sarei allontanata da loro, come aveva fatto qualcun altro…
    Conoscevo il segreto più intimo di colui che consideravo il mio migliore amico, era a corto di tempo e se non fossimo usciti al più presto da questa prigione, lui avrebbe rischiato grosso, e i Devianti avrebbero scoperto la sua vera natura. Una catastrofe, ecco cosa sarebbe stata! Sapevo quindi, che a volte, questa sua pregnante necessità, lo portava ad agire fuori dagli schermi, a superare dei limiti, che come Grigi, come Assassini, avevamo giurato di non valicare mai. Eppure, ero sempre stata comprensiva e lo avevo giustificato con ogni mezzo, fino a che era stato impossibile coprire le sue malefatte, quando tutto ciò era stato fatto a danno di “innocenti”. Ok, gli Originali non erano stinchi di santi, tutt’altro, ma la sorte che gli era toccata, soprattutto a Ezio e Altair, non era lontanamente paragonabile alle colpe commesse. Era stato tutto un gioco di manipolazione, e ancora non ero riuscita a comprenderne il motivo.
    Purtroppo, Ezio e Altair non erano ancora tornati dal Livello 2 per raccontarci di più, per farci sapere se avessero capito o meno lo scopo di Liam e forse, non l’avrebbero più potuto fare… Il senso di colpa era pressante e mi scorticava il petto, ma avevo tenuto duro. Per fortuna, il fratello maggiore di Ezio, Federico, era riuscito a sopravvivere alle crudeli percosse subite e avevamo imparato a “comunicare”, non senza difficoltà, ma c’era qualcosa in quello scapestrato impertinente che, da un lato, mi ammaliava e mi faceva ammutolire come un pesce lesso, e dall’altro mi spingeva a reagire e a contrastare il suo fare scanzonato.
    Poi però lo guardavo, tante volte da lontano, e tutto quello che pensavo scompariva nel nulla, ero come stregata dal suo sorriso, dal suo modo di parlare. Dovevo davvero autoimpormi di rimanere concentrata, perché qualsiasi cosa facessi, riusciva sempre a distogliermi dai miei intenti. Tutta colpa di Federico Auditore, ovvio!
    All’improvviso, sentii un alito caldo vicino all’orecchio e un corpo massiccio incombere alle mie spalle con una leggera pressione. Il suo profumo mi stuzzicò le narici e la sua voce profonda attraversò il mio udito per giungere diretto all’anima.
    “Hey, biondina… Mi cercavi?” Di nuovo quel soprannome, che da irritante e molesto, aveva iniziato ad essermi “simpatico”. Sì, in effetti, un paio d’ore prima avevo intercettato Evie Frye e le avevo chiesto di portare a Federico il mio messaggio. Non ero ancora molto pratica ad approcciarmi con gli Originali, non in assenza del Mentore Auditore, ma Evie, nonostante i trascorsi burrascosi, non mi squadrava più con sguardo indagatore, credendomi una spia. Per gli altri, ero certa che ancora qualcuno nutrisse dei dubbi sul mio conto e non potevo dargli torto. Io, fino a quel momento ero stata il braccio destro di Liam, e quando vedevano me, vedevano lui. Con un po’ di pazienza, avrei fatto comprendere a tutti che facevano un grosso sbaglio a paragonarmi a lui. Ormai le nostre strade si erano separate inesorabilmente…
    Contenni un brivido nascosto. “Ti cercavo Auditore… ti devo parlare.” dissi sottovoce. Non volevo che le persone vicine a noi udissero le mie parole, anche se lui stava rischiando davvero troppo a rimanere così “attaccato” a me. Lo faceva ogni volta, cercava il contatto fisico e visivo non appena poteva. Io mi fingevo infastidita per non creare situazioni imbarazzanti, ma sotto sotto mi sentivo lusingata. Mai nessuno mi aveva trattata in questo modo. E pensare che eravamo rinchiusi in una prigione, sotto costante sorveglianza e controllati a vista con delle telecamere. Mi domandavo spesso cosa avrebbe fatto se fossimo stati fuori, liberi come il vento di vivere questo strano rapporto che stava nascendo tra noi.
    “Prendi da mangiare, posa il vassoio al tavolo e poi vieni al solito posto…” disse in un soffio e poi si sollevò dal mio collo, riprendendo a fare la fila, come se niente fosse e lasciando me senza fiato.
    […]
    Quindici minuti dopo eravamo chiusi in un ripostiglio usato per tenere il materiale degli addetti alle pulizie. Spesso e volentieri usavano noi per svolgere queste mansioni, quando avevano bisogno di “darci una lezione”, quindi conoscevo perfettamente il codice per sbloccare la porta.
    Era un luogo angusto e semi buio, pieno zeppo di cianfrusaglie, ma non ci importava.
    Federico mi fu addosso, mi fece quasi sbattere contro la parete dello stanzino e iniziò a baciarmi il collo, dietro l’orecchio e mi strinse per i fianchi. Io repressi un dannatissimo gemito di piacere e lo respinsi poggiandogli i palmi sul petto.
    “Aspetta… devo parlarti sul serio. Non era una scusa!” tentai di dire tra un bacio e un morso sulle labbra. Era stato un enorme sacrificio staccarmi da lui, quasi mi mancò l’aria.
    Lui mi guardò attraverso le ciglia lunghissime e folte, poi un sorriso sghembo fece capolino sul suo volto.
    “Sapevo che c’era la fregatura, pensavo mi avessi cercato per stare con me, perché non riuscivi a vivermi lontana e invece…” fingeva un tono lamentoso, ma era divertito. Adorava queste schermaglie.
    “Non ti sopravvalutare… tesoro, non sei insostituibile!” Non avevo resistito a stare al suo gioco, non volevo dargliela vinta ogni volta. Anche io adoravo contraddirlo, sempre!
    “Tu, invece, mi sottovaluti, biondina. Non hai idea di cosa sono in grado di fare, se solo me lo permettessi…” rise.
    “Shhh” lo ammonii. “Ci sentiranno…” risi anche io sottovoce. “Adesso smettila, non mi distrarre! Ho una vaga idea di cosa tu sia capace, ma non è il caso di approfondire in questo momento!” gli dissi non tanto convinta, ma sufficientemente sicura per farlo desistere. Almeno così speravo.
    “Va bene, ti concedo una tregua, ma sarò io a decidere fin quando rispettarla. Avanti, spara!”
    Eccolo, ero riuscita a carpire la sua attenzione.
    “Si tratta di mia sorella e di Lin. Vogliono saperne di più su tutta questa storia assurda che stiamo vivendo. Non gli ho raccontato nulla degli eventi dopo il fight club e mi aspettavo che prima o poi, sarebbero venute da me a chiedere spiegazioni, ed io… non posso più tirarmi indietro. Devono conoscere la situazione!”
    Avevo parlato con decisione, ma avevo percepito una lieve nota stonata nella mia voce. Non amavo tirare fuori quell’argomento, sapevo bene che Federico odiava parlare di quanto era accaduto. Era come aprire il vaso di Pandora delle sue emozioni. E infatti, come previsto, gliele stavo rivedendo tutte stampate in volto. Collera, dolore, senso di colpa e di impotenza, tutti lì a spingere, per tentare di sopraffarlo, di tirarlo giù in un baratro.
    Avevo imparato a conoscerlo e sapevo che quando faceva il gradasso con me e sorrideva e scherzava, era solo la maschera del vero se stesso che aveva indossato in questi ultimi giorni, per far fronte al suo decadimento interiore. Ostentava sicurezza e sfrontatezza d’innanzi a tutti, ma sapevo che dentro era spezzato, perché era preoccupato per il fratello, perché temeva che non l’avrebbe più rivisto insieme ad Altair. Era qualcosa che non riusciva ad accettare e allora si vestiva con una corazza di ironia e sarcasmo.
    Gli presi il volto fra le mani e lo guardai intensamente.
    “So che fa male, Federico… Capisco come ti senti, ma vedrai che troveremo un modo per farli uscire dal Livello 2. Hai detto che le compagne dei tuoi amici stanno organizzando un piano per tirarvi fuori, magari hanno saputo qualcosa di più. Si saranno mosse anche per Ezio e Altair. Ne sono certa.” Tentavo in tutti i modi di non farlo cadere nell’abisso dell’incertezza.
    Federico non rispose subito, ma poi tornò in sé, ben comprendendo la mia richiesta. Capii che non voleva soffermarsi su quell’argomento.
    “Cosa hai intenzione di fare con Yelena e Lin? Tua sorella mi sembra ok, ma della ragazzina con i capelli strani non mi fido molto. Ci è andata giù pesante con noi Originali! Ti crederà?” chiese dubbioso.
    “Tranquillo, Lin ha solo una grandissima sete di conoscenza. Vuole capire in che guaio ci siamo cacciate tutte andando dietro alle parole di O’Brien!” Avevo usato a proposito un tono inespressivo per parlare di Liam, ogni volta che lo nominavo, Federico perdeva le staffe.
    “In effetti, quel bastardo ha fatto un mare di cazzate, non ci vuole molto a capirlo!” parlò tagliente.
    “Dovremo dirglielo?! Dovremo spiegargli ogni cosa. Glielo dobbiamo!”
    “Dovremo? Glielo dobbiamo? Perché parli al plurale? È il tuo gruppo…” Non gli consentii di tirarsi indietro.
    “Eh no, caro Mentore, tu sarai al mio fianco e insieme gli diremo tutto!”
    Lo sentii sbuffare mentre gli davo un casto bacio sulla guancia e poi, lui mi sovrastò e mi abbracciò, per dimostrarmi che aveva deciso di porre fine alla tregua.
    […]
    Poco dopo ci trovavamo all’uscita ovest del cortile. Il luogo in cui avevo dato appuntamento a Lin e mia sorella.
    Avremmo dovuto affrontare un discorso molto importante e volevo ci prendessimo il tempo necessario per parlare in tutta calma. Anche le guardie scarseggiavano perché quasi nessuno frequentava quell’ala del cortile.
    Poco dopo, vidi arrivare Yelena e Lin a passo deciso, e strinsi la mano di Federico per avvisarlo. Poi, quando feci per lasciarla, lui non me lo permise. Non voleva nascondere alle due ragazze, il rapporto che ci legava. Il mio imbarazzo era cocente e mi obbligai a rimanere lucida e determinata. Nulla cambiava… avrei comunque dovuto parlargliene prima o poi.
    Lin arrivò un passo prima di Yelena e mi squadrò da capo a piedi e così fece poco dopo anche mia sorella, soffermandosi su Federico e… sulle nostre dita intrecciate.
    Non mi sfuggì lo sguardo di fuoco di Lin e quello di disapprovazione di mia sorella, ma non ero lì per giustificarmi di nulla. Avevo voluto quell’incontro solo per metterle a parte degli ultimi eventi.
    “Non sei sola…” iniziò Yelena a disagio. “Avrei dovuto immaginarlo!”
    “Immaginavi bene… lui è parte integrante di tutti i fatti. È giusto che sia qui!”
    “Credo sia diventato parte integrante anche di qualcos’altro!” buttò lì Lin, con apparente non curanza. Non voleva essere velenosa, ma era intenzionata a manifestare la sua disapprovazione.
    “Questi non sono affari vostri.” le dissi secca, mostrando le nostre mani legate. Ciò che era nato tra me e Federico andava oltre gli eventi e non mi sentivo in colpa per questo.
    “Non credo sia così, se stare con ‘lui’, ha influito sul tuo giudizio, come potremmo fidarci di te?” chiese mia sorella.
    Quella frase mi ferì molto, ma non lo diedi a vedere, mantenendo la mia espressione di ghiaccio. Me lo aspettavo che non l’avrebbero presa bene. Per noi, fino a poco tempo fa, gli Originali erano il nemico ed adesso tutto era cambiato. Non le biasimavo, ma non gli avrei consentito quell’atteggiamento.
    “Allora, io vi dico solo una cosa e non ho intenzione di andare oltre, poi decidete voi, se credermi o meno. Ciò che è successo tra me e Federico non ha nulla a che vedere con quanto accaduto ‘prima’, è una cosa strana nata da pochissimo e vi posso assicurare che non ha inciso sul mio modo di vedere le cose, perché mi sembra di avervi dimostrato che sono perfettamente in grado di pensare con la mia testa e prendere le mie decisioni! Vi può bastare la mia parola? Altrimenti, non ha alcun senso restare qui a parlare, se c’è il rischio che mettiate in dubbio ciò che vi dirò. D'altronde, mi avete chiesto voi di saperne di più, o sbaglio?!” Ero stata severa e caustica. Ero certa che avrebbero recepito il messaggio.
    Yelena mi guardò con occhi lucenti e Lin mi regalò uno dei suoi sorrisini furbi.
    “Ero certa che non ti eri fatta abbindolare da uno di loro…” disse guardandomi sicura. Mi aveva messa alla prova e… l’avevo superata. Avevo sempre pensato che Lin fosse un po’ matta, però quella ragazzina mi piaceva davvero un sacco. Non avevo dubbi sulla fedeltà di mia sorella, ma anche per la lealtà di Lin, ci avrei messo la mano sul fuoco. Erano due ribelli che si divertivano a creare problemi, ma alla fine avevo sempre potuto fare affidamento su di loro.
    “Adesso possiamo iniziare? Abbiamo parecchie cose di cui discutere!”
     
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    Voglio essere una macchia colorata in mezzo al grigiume della realtà

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    :Federico:
    Avevo il serio timore che a breve sarei impazzito.
    La prigionia, Altair ed Ezio al Livello 2 che speravo ancora vivi. Il solo dubbio che non lo fossero mi stava uccidendo e stava alimentando la mia rabbia in modo spaventoso.
    Non ero mai stato un tipo troppo tendente alla collera o al rancore -nella misura giusta-, solo se mi facevi un torto di proporzioni colossali potevi finire sulla mia lista nera.
    Al momento, insieme ai Pazzi ed ai Borgia, anche quello stronzo di O’Brian si era unito al club. Avrei tanto voluto fargli fare la stessa fine dei già sopra citati.
    Per fortuna che avevo i miei compagni, altrimenti la vendetta mi avrebbe logorato.
    Per fortuna che c’era Yulia, un barlume di gioia e speranza in questa fogna dimenticata dal mondo.
    Non sapevo cosa mi avesse fatto, sapevo solo che rischiava seriamente di diventare come l’ossigeno, come lo zucchero nel caffè amaro, l’acqua per i pesci: necessaria, insostituibile.
    Nei giorni seguenti a quel bacio nelle docce ne erano seguiti molti altri, accompagnati da carezze ed attenzioni ben poco caste nei primi nascondigli che ci capitavano a tiro.
    Era il mio angolo di paradiso in quell’abisso d’inferno.
    Ci eravamo avvicinati molto e la fiducia sembrava aver preso il sopravvento nel nostro rapporto, iniziato in modo decisamente catastrofico.. Avevamo parlato tanto degli argomenti più disparati: dalla nostra vita ai nostri gusti, dalle cose più serie a quelle più frivole.
    Era tremendamente bello parlare, ridere e scherzare con lei -comunque mai mi sarei aspettato di flirtare persino in prigione, mio fratello mi avrebbe preso sicuramente per i fondelli. Speravo tanto che potesse farlo.
    Compresi meglio quel che la legava a O’Brian e ancora di più mi chiesi come cazzo era possibile che quello stronzo si fosse comportato così. Per i Grigi lui era una guida, era l’equivalente di un Mentore. Quindi, come cazzo si era permesso di comportarsi così con i suoi compagni? Ero già incazzato di mio con lui, ma se avessi saputo solo questo l’avrei disprezzato lo stesso. Prendere la speranza di altri che credono fermamente in te, sfruttarla e poi buttarla nel cesso quando non ti serve più. Solo la peggiore feccia faceva così.
    Per sua -e forse anche mia e della mia sanità mentale- fortuna non lo incontrai più da quella notte fatidica.
    Il peso di quel che era successo al fight club però aveva influenzato un po’ tutti, ovviamente anche i suoi stessi compagni.
    Per questo io e Yulia ci trovavamo al punto di ritrovo accordato con sua sorella.
    Lei e la sua ragazza, quella tipetta scontrosa, volevano delle risposte e beh, le avrebbero ottenute.
    Yulia era un fascio di nervi, lo sentivo e vedevo, soprattutto quando avevo deciso di palesare la nostra relazione. Perchè sì, per me lo era e come, se avessi potuto l’avrei urlato a tutti. In tutta la mia vita -che tanto corta non era stata- non mi era mai capitato di trovare una persona come lei, di provare sentimenti e sensazioni così forti e travolgenti.
    Non sapevo cosa ne pensasse lei, me lo avrebbe detto in seguito con una bella strigliata, ne ero certo. La mia decisione era decisamente egoistica, me ne rendevo conto, l’avrei messa ulteriormente in difficoltà, ma dopotutto dovevamo anche giustificare in qualche modo la mia presenza, no? Speravo solo che le due ragazze l’avrebbero capito.
    Come ci videro mano nella mano i loro sguardi diventarono di fuoco. Ok, non approvavano, era evidente.
    Yulia avrebbe dovuto reggere un assedio decisamente insidioso, speravo solo di essere in grado di aiutarla in qualche modo.
    “Non sei sola… avrei dovuto immaginarlo.”
    “Immaginavi bene… lui è parte integrante di tutti i fatti. È giusto che sia qui!” esclamò Yulia determinata alla sorella.
    “Credo sia diventato parte integrante anche di qualcos’altro.”
    Ok, la nanetta stava iniziando a rischiare grosso. Se non fossimo stati in questo contesto, non rivolgendosi a Yulia e davanti ad una birra magari avrei riso alla battuta -molto probabile-, ma ora mi stava facendo solamente innervosire. Dovetti attingere a tutto il mio autocontrollo -che ormai stava iniziando a scarseggiare dentro questa maledetta prigione- per non intervenire.
    “Questi non sono affari vostri.” rispose secca Yulia.
    “Non credo sia così, se stare con ‘lui’ ha influito sul tuo giudizio, come potremmo fidarci di te?” disse Yelena velenosa. Perchè quello erano le sue parole, veleno. Sapevo cosa volesse dire avere dei fratelli, sapevo cosa comportasse essere il maggiore. Le tue scelte, i tuoi comportamenti in un modo o nell’altro devono ispirare, devono essere d’esempio per i fratelli minori. Ti sobbarchi di responsabilità, di dolore, pur di mandare avanti le cose, a maggior ragione se non ci sono più i genitori che lo fanno per te. Tante volte, una vita fa, avevo discusso con Claudia o Ezio -con lui ovviamente capitava anche ora- per il modo diverso in cui vedevamo le cose, ma mai, MAI avevamo dubitato l’uno dell’altra. Litigavamo? Eccome. Avevo fatto a manate con Ezio? Avoglia, ormai avevo perso persino il conto! Ma abbiamo sempre avuto fiducia nell’altro, altrimenti ora non saremmo qui.
    Quindi sì, quelle parole erano veleno e sapevo che, anche se non lo dava a vedere, Yulia era ferita ed amareggiata.
    Avrei voluto sbottare, tanto, ma era lei che doveva parlare, che doveva guardarla negli occhi e fronteggiarla a testa alta, come infatti fece. L’ammutolì con la sua determinazione e la sua serietà.
    La loro reazione però mi stupì molto.
    Era stata tutta una finta… una cazzo di finta per metterla alla prova?!
    Dovevo ammettere che le avevo decisamente sottovalutate. Le ragazze avevano del potenziale.
    “Adesso possiamo iniziare? Abbiamo parecchie cose di cui discutere!”
    “In più non abbiamo molto tempo.” parlai per la prima volta, incitandole a chiedere.
    Fu Yelena a porre la prima domanda.
    “Andiamo con ordine… il fight club che senso aveva?”
    “Era una trappola per gli Originali. Dovevano andare laggiù, non so perché, ma a quanto pare per Liam era fondamentale per la riuscita del suo piano.” rispose Yulia, mentre mi stringeva appena la mano. Sapeva quanto il solo ripensare a quella notte mi facesse male.
    “Sicuramente non voleva sporcarsi le mani ed ha mandato persone che era abbastanza certo avrebbero potuto portare a termine il suo obiettivo, qualunque esso sia.” dissi riflessivo. Ci avevo ragionato così tanto, sia con Yulia che da solo, ma ancora non ero riuscito a darmi una spiegazione.
    “Sai qual è questo fantomatico piano? Inizialmente lo scopo doveva essere la fuga, ma è abbastanza palese che in realtà non è così. Non ha alcun senso mandare laggiù gli Originali per fuggire.” disse Lin alquanto infastidita.
    “Esatto! A questo punto era molto più sensato allearci con loro” Yelena mi guardò “piuttosto che far loro la guerra. Più cervelli ragionano meglio insieme ed unire le forze è sempre meglio che fare da sé.” continuò concitata e confusa.
    “Purtroppo non lo so. Dopo il fight club l’ho affrontato di petto, ma non mi ha detto praticamente niente. L’unica cosa che ho capito è che non possiamo più fare affidamento su di lui. Per quanto lo riguarda, i Grigi è come se si fossero sciolti, e per quanto riguarda me non so quanto effettivamente abbia senso portarli avanti. Tanto le uniche rimaste siamo noi tre, anche Emir e Morrigan si sono allontanati.”
    “Quindi cosa dovremmo fare? Rassegnarci ed aspettare che il cielo ci aiuti?”
    “Più o meno.” dissi ghignando.
    Le due mi guardarono come se fossi scemo.
    “Noi ‘Originali’ abbiamo un piano per uscire. Le compagne di alcuni di noi stanno lavorando ormai da più di un anno ad un modo per tirarci fuori da qui. Non dovrebbe mancare molto alla libertà.”
    “Come è semplicemente possibile una cosa del genere?” chiese dubbiosa la mora.
    Il suo scetticismo era più che giustificato.
    “Diciamo che loro hanno delle capacità molto... particolari. Se volete un temine di paragone, noi comuni mortali le definiremmo maghe, streghe, come vi pare insomma.”


    Edited by SliteMoon - 4/1/2021, 19:16
     
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5 replies since 22/11/2020, 20:15   111 views
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