Present Day #2021: Encelado

Season 6

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    :Artemide:
    Il buio fitto della foresta le passava accanto, mentre stretta nell'abbraccio di -ai suoi occhi da bambina- appariva come un gigante buono. La Guerriera di Vesta aveva perso il sennò e l'Oscuro Signore dall'Armatura scintillante teneva lei e la sua gemellina prigioniere. Artemide ed Ecate erano piccole, ma non troppo da non comprendere che quello era un vero e proprio atto di guerra non solo contro l'Impero, ma la Galassia intera.
    Da quando erano state rapite oggettivamente non era stato fatto del male loro, ma non era bello star lontano da casa e segregate senza un motivo. Ancor più quando nelle ultime ore avevano udito rumori sinistri provenire dalla foresta nella quale erano celate.
    Spiando dalla piccola finestra del rifugio in cui erano costrette, un incanto impediva loro di uscire da lì, avevano notato losche figure oscure muoversi. Parlavano una lingua simile al gioviano. Parevano fuggire, ricercate da qualcuno, al punto che quando essi li trovarono iniziarono una battaglia. Essa fu davvero propizia per le piccole perché negli attacchi del loro scontrarsi, alcuni colpi andarono a segno nel luogo ove erano tenute... esplodendo.
    La piccola Artemide non seppe da quel momento a quello in cui era stretta tra le braccia di di un uomo sconosciuta cosa era successo nel mentre, ma ricordava che guardandolo aveva iniziato a temere per la sorella. Urlò di voler tornare indietro, di salvarla, ma lui non l'ascoltava. Correva senza che lei potesse sapere se era una persona di cui fidarsi o meno, seppur il suo istinto le diceva di sì.
    Tacque stringendosi a lui, mentre silenzioso la figura misteriosa la tenne al riparo dagli attacchi di quelli che lui definì prigionieri che era stato chiamato a recuperare. Tuttavia la sua azione si era incrociata con una dell'Impero, segretissima, relativa al salvataggio delle Principesse rapite. Non disse mai che lui era tra coloro che aveva trovato una delle due, aveva tenuto la piccola al sicuro e poi l'aveva indirizzata ai soccorritori per essere riportata a casa ed Artemide non venne mai meno a quel segreto.
    Solo una volta al sicuro aveva confidato ad Ecate, che le aveva raccontato che risvegliandosi da sola aveva iniziato a vagare per il bosco fintanto non era stata ritrovata da chi i loro genitori avevano mandato per salvarle, ciò che ad Artemide era successo. Ecate lo aveva definito il Guardiano della gemella e la stessa da allora avevo custodito quel significato dentro di sé, non mancando di sognarlo quasi ogni notte forse nella speranza un giorno di rincontrarlo.
    Aveva idealizzato molto di lui, al punto di essersi probabilmente innamorata di quel sogno.
    Quello forse era anche uno dei motivi per cui, seppur assai popolare, non c'era nessun ragazzo che riusciva a raggiungere il suo cuore. Certo si divertiva a lasciarli fare, forse anche illuderli, ma poi alla fine li lasciava sempre con un pugno di mosche in mano. E quell'atteggiamento, unito al suo essere sempre e costantemente saccente oltre che altezzosa, era il motivo principale con cui si scontrava quotidianamente con sua sorella.
    Fu proprio lei che piombando nella stanza che condividevano, senza nemmeno bussare, se ne uscì con un: "Devi smetterla!"
    "Di fare cosa esattamente?" chiese senza nemmeno alzare lo sguardo dallo specchio che teneva in mano e con il quale si stava rimirando. Adorava essere sempre perfetta.
    "Di fare così!" esclamò Ecate spazientita indicando Artemide con fare nervoso.
    "Non c'era bisogno di umiliare Emily in quel modo! Forse ha sbagliato è vero, ma..."
    "Sbagliato?" chiese la gemella algida alzando un sopracciglio in modo stizzito.
    "E' una debole sentimentalista! Ed io l'ho solo messa al suo posto! Sono una Dathomir e sono fiera di ciò, ma cosa ben più importante sono la Principessa della Luna e lei chi è esattamente? Nessuno! Invece di piagnucolare avrebbe dovuto tenermi testa, prendendomi le responsabilità dei suoi errori! E quello che ci viene insegnato dal primo giorno che siamo qui, ma è chiaro che tu soffra della sindrome "della salvatrice"!"
    Era così che lei definivo il suo cercare sempre e comunque di aiutare tutti, anche a costo di cedere alla sua parte più emozionale e sentimentale. I Dathomir non che non l'avessero, ma la freddezza era ciò che permetteva loro di rimanere oggettivi, mentre il rigore era ciò che li rendeva forti. Questo tuttavia Ecate, spesso, pareva dimenticarlo.
    Le due non erano dunque solo il giorno e la notte nell'apparenza, ma anche nel carattere. Artemide aveva capelli più chiari, simile al miele ed occhi marroni sì, ma di un nocciola chiaro.
    Era alta quanto Ecate e longilinea e snella come lei, ma molto meno formosa. Non che la gemella lo fosse molto, ma aveva quanto meno delle forme ai fianchi ed al seno, mentre Artemide era molto più dritta. Anche il viso era meno pieno di quello della sorella e più spigoloso, risultando così più austera e decisamente altezzosa.
    Anche nell'apparire era assai diverse. Ecate indossava tinte scure, femminili ed eleganti, mentre Artemide amava una varietà più ampia di colori e la sua femminilità era più aggressiva e seducente.
    Il make up di Ecate era poi forte, ma sottolineava semplicemente labbra e sguardo, mentre quello di Artemide era sempre studiato per stupire ed ammaliare.
    Le due gemelle si affrontarono come praticamente facevano dal primo giorno in cui erano nate ed avrebbero continuato se non fosse che una loro compagna di corso piombò nella loro stanza frenandosi appena capì di essere in pieno ad un conflitto.
    "Ambasciatore non porta pena!" esordì a mani alte "La Grande Madre Theia mi ha mandato per chiedervi di andare immediatamente alla Grotta dei Cristalli Kyber, è stata segnalata una violazione del perimetro e desidera che venga fatto immediatamente rapporto!"
    Le due gemelle misero immediatamente da parte i loro conflitti e con un gesto della mano si era immediatamente cambiate per indossare quello che meglio rappresentava un abbigliamento da battaglia. La magia non aveva permesso loro un cambio look immediato di vestiario, ma anche di make up ed acconciatura. Infatti come capitava ad ogni Dathomir che venisse chiamata in azione la "divisa" tipica erano di solito degli stretti pantaloni di pelle nera, un ed una blusa che per forma delle maniche e colori, oltre che rifinitura, indicava perfettamente la Tribù Dathomir di appartenenza. Anche i capelli erano acconciati diversamente in base a ciò: Ecate sfoggiava un composto e rigido ponytail, mentre Artemide aveva una pratica milkmaid braid.
    Con la loro solo volontà sparirono in un intreccio di fumo blu e viola che ricomparve poco distante dalla grotta ove le due, dopo essere sicure di essere al coperto, si misero ad osservare il movimento poco lontano.
    Da dietro la roccia su cui erano, sopra il crinale di una collina, notarono immediatamente un'astronave parcheggiata -non ne riconobbero la foggia pensando dunque che appartenesse a qualche mercenario indipendente- mentre una figura a braccia conserte pareva stare immobile a fissare l'entrata della grotta.
    "Cosa sta facendo?"
    "Non lo so... sembra aspettare, ma non so cosa... i Cristalli è impossibile portarli fuori dalla grotta o meglio è possibile, ma dubito che queste persone ne conoscano i modi e tanto meno ne abbiano le capacità!"
    Le due osservavano la scena assolutamente confuse, ma ancor più quando la figura di spalle -voltandosi- mostrò di essere... "Nike!"
    "Ehm... come è possibile? Non può essere!"
    Poco dopo dalla grotta uscì un uomo che non avevano mai visto. Di pelle scura, giovane, con dreadlocks e l'apparenza ovvia di un mercenario pronto a tutto. Scambiò qualche parola con Nike, mentre dall'astronave uscì niente di meno che Athena.
    Purtroppo il gruppo era troppo lontano per capire cosa si dicevano, ma quando videro l'uomo passare alla Guerriera di Mercurio una sotto specie di pennarello capirono immediatamente non solo di cosa si trattasse, ma anche come avevano effettuato il furto.
    Probabilmente avevano "disegnato" all'interno dell'astronave e su una parete della grotta una "porta" ed essa si era aperta permettendo il passaggio diretto, bastava cancellare anche un solo punto del "pennarello" sulla superficie ed il passaggio si chiudeva.
    "E' una tecnologia rara e costosa, come ne sono venuti in possesso?"
    Le due gemelle quando erano in missione erano un corpo solo, ogni eventuale problema o conflitto tra loro riuscivano subito a metterlo da parte.
    "E' Athena... sono certa che in laboratorio deve averne uno, ma... non lo userebbe mai per questo e non lo darebbe mai via per permettere una cosa del genere!"
    "Non è compito nostro questo e lo sai. Chi è stato e perché hanno preso questi Cristalli non ci tange, dobbiamo fare rapporto!"
    "E' una condanna a morte certa!"
    "Ecate è il nostro compito, se sono innocenti sicuramente potranno dimostrarlo!"
    La ragazza fece per ribattere, la sola idea che Artemide usasse la parola se, le faceva perdere il controllo. Davvero dubitava? Ma dall'altra parte sapeva che non poteva fare altrimenti e così seppur era molto combattuta, nuovamente il fumo che le caratterizzava, le avvolse ed intrecciandosi le portò al cospetto della Triade delle Grandi Madri per far rapporto.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 27/9/2021, 20:40
     
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    :Iuventas:
    Quando la Guerriera di Mercurio e di Giove furono convocate da niente di meno che le Sorelle Anziane delle Dathomir, qualcosa scattò immediatamente nelle ragazze, quanto in Selene. Conosceva la Congrega e conosceva sua madre, non era certa una visita di cortesia quella richiesta è per questo si sentì di suggerire alle due amiche di recarsi lì, non da sole.
    Iuventas, che stava portando avanti il suo training con Nike per affinare alcune tecniche, venne arruolata. Era con lei, quando questa aveva raggiunto la missiva ed essendo l'unica presente, tutte le altre Guerriere per ragioni diverse erano assente, non si tirò indietro da tale compito.
    Anche se non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, l'Orlo di Saturno non era il suo Sistema preferito e le terre delle Sorelle della Notte le davano i brividi. Certo erano lande desolate molto simili ai paesaggi di Marte, ma invece di sabbia dorata c'era una terra nera come la pece. Il caldo era simile, ma se sul pianeta rosso era caratterizzato da dei soli perenni ed un'umidità quasi assente, lì era umido. Il cielo era sempre coperto da nubi neri dietro il quale vi era una perenne luna rossa. Insomma era tetro e per niente confortevole!
    Le tre partirono, in alta uniforme, a bordo di due Y-Wing, sia perché questo permetteva a Nike e Iuventas di volare insieme e sia perché era un’astronave che in caso di bisogno permetteva di difendersi, ma in egual misura non era considerato tra gli aerei da caccia più pericolosi e questo Athena credeva sarebbe stato un punto a loro favore. Insomma non era il caso di presentarsi lì armate fino ai denti, dovevano mostrarsi amichevoli e collaborative.
    Su Encelado vi era la Scuola ed il Tempio maggiore, ove vennero scortate una volta scese dai loro caccia, da un gruppo di Dathomir tra cui spuntavano anche Ecate ed Artemide. Iuventas le fissò di soppiatto e mentre la seconda sembrava indifferente alla situazione, la prima rifuggì dal suo sguardo decisamente a disagio.
    Il Tempio maggiore era completamente nero, se fosse stata architettura terrestre si poteva dire che ricordava il gotico fiammeggiante, con tre alte guglie che si stagliavano così alte da fendere le densi nubi nere.
    Una volta dentro percossero un lunghissimo corridoio colonnato, il soffitto era almeno di 6 metri, e l'atmosfera era solenne. Giunte di fronte ad una gran porta a battente, questa si aprì da sola mostrando tre piattaforme galleggiante ove al di sopra vi erano tre magnifiche donne. Esse emanavano una luce naturale: dagli occhi, dalla pelle, dai capelli ed erano tutte vestite in modo diverso. Theia al centro indossava un lungo abito austero colore blu inteso, le spalline erano fini e sulle spalle dei drappeggi le davano un aspetto regale. Alla sua sinistra Frigga aveva un abito di velluto verde, lungo anch'esso e con maniche a campana che celavano le mani giunte ed infine a destra Nefti con un abito lungo, ma asimmetrico che lasciava fianchi e spalle nude nonostante le maniche di volant lunghe.
    In silenzio osservarono le tre, ma solo Nike ed Athena avanzarono, mentre Iuventas venne fermata da Artemide. Lei sarebbe rimasta con loro ad osservare e nulla più.
    "Liete di avervi qui Guerriere"
    "Non saremmo mai venute meno alla vostra convocazione Grandi Madri!"
    Rispose solenne Athena a Frigga. Avevano deciso, durante il viaggio, che sarebbe stata lei a portare avanti la discussione.
    "Avremmo preferito non fosse per un evento funesto, ma è così! Siete ritenute colpevoli di essere entrate nei nostri territori senza permesso ed aver profanato la nostra Grotta di Cristalli Kyber!"
    Nefti aveva un modo di fare meno materno di Frigga ed infatti si era scaldata abbastanza velocemente nel proferire quella frase. Nike stringeva i pugni lungo i fianchi resistente alla tentazione di rispondere e così Iuventas, mentre Athena interveniva prontamente, ma pacatamente.
    "Questo non è possibile. Grande Madre Theia, voi sapete che non oseremo mai tanto!"
    Theia doveva mantenersi oggettiva, anche se soggettivamente aveva visto crescere quelle ragazze e si fidava ciecamente di loro.
    "Avete una spiegazione dunque?"
    "Ovvio che ce l'abbiamo!" rispose Nike agitata, ma Athena la fulminò con lo sguardo alzando una mano come a volerla incitare a calmarsi.
    "Abbiamo motivo di credere che per qualche strano motivo ci siano delle nostre Doppelganger in giro. Non sappiamo se sono muta forma, illusioni o altro... ma questo potrebbe spiegare l'accaduto..."
    "In effetti si comportavano in modo strano ed anche il modo in cui erano vestite... e la navicella!? Anche quella, senza araldi o simboli che..."
    "Allieva Ecate chi le ha detto che poteva parlare?"
    Presa dall'impeto la giovane si era fatta avanti per avvallare ciò che la Guerriera di Mercurio stava dicendo, mentre Artemide alzava gli occhi al cielo e Nefti si innervosiva.
    La Principessa, dopo essere stata ripresa fece un passio indietro. Porse le sue scuse e sorrise di sottecchi a Iuventas che apprezzò assai il suo gesto.
    "Propongo un'indagine..."
    "Un'indagine!? Son colpevoli, devono pagare!"
    "Sorella Nefti, io concordo con Frigga. Ma per rendere il tutto puramente oggettivo terremo in custodia le Guerriere di Mercurio e Giove, queste ci accompagneranno personalmente alle Grotte, mentre la Guerriera di Juno insieme ad una delle nostre allieve andrà alla Grotta... se da essa usciranno in tre, comprese le loro Doppelgangere, sapremo che avrete detto il vero... altrimenti pagherete per i vostri crimini!"
    Theia come sempre aveva trovato la perfetta soluzione che Athena accettò immediatamente a nome suo e di Nike, prima che questa potesse dire qualcosa, ma mentre Ecate faceva già per proporsi Frigga l'anticipo: "Artemide accompagnerai tu la Guerriera"
    "Come desiderate Grande Madre" rispose questa piegando il capo in modo rispettoso, mentre Ecate per l'ennesima volta sospirava sconsolata. Non smetteva di non farne una giusta e se andava avanti così non si sarebbe sorpresa se un giorno o l'altro sarebbe stata espulsa...

    Per Iuventas il dover andare in missione con Artemide non risultò una lieta novella, lei si ricordava le due gemelle ancora bambine e seppur da sempre il loro carattere era tanto diverso quanto il loro aspetto, le aveva fatto strano doversi confrontare con loro. Sapeva che lì il tempo passava in modo del tutto particolare, loro non erano via da così tanto eppure avevano vissuti interi anni di vita e di fatto così era stato.
    Con il favore dell'essere accompagnata da una Dathomir entrarono da un'entrata laterale, in quanto quella principale era ancora presieduta dalla Nike Doppelganger e la loro astronave posta al fianco di essa. Infatti dopo ciò che le gemelle avevano visto, il gruppo si era preso una piccola pausa per poi ricominciare con l'estrazione. Altre due Dathomir le avevano sostituite ed adesso le stesse, dalla cima dell'altura, accoglievano con un inchino pieno di riverenza le Grandi Madri che giunsero in compagnia delle loro "ospiti".
    Nel mentre le due giovani camminavano nella grotta, che si rivelò essere un dedalo di percorsi e diramazioni. Artemide si muoveva con sicurezza e dunque Iuventas la seguiva senza fiatare, seppur si guardava intorno estasiata. I Cristalli Kyber erano conosciuti in tutta la Galassia eppure nessuno poteva dire di averne mai visto uno dal vivo, i Dathomir li custodivano come reliquie in quanto credevano che essi avessero la capacità di convogliare la Forza Cosmica e dunque nessuno a parte loro avrebbe saputo maneggiarli.
    "Fammi capire come mai se per voi sono così importanti non li usate?"
    A quella domanda Artemide, che camminava di fronte alla Guerriera dai capelli verdi alzò gli occhi al cielo annoiata, prima di rispondere: "Perché non ne abbiamo bisogno..."
    "E dunque li collezionate qui? Ehm non capisco... a cosa serve avere qualcosa di tanto importante e poi fargli prendere polvere?"

    "Bè forse perché non siamo come i marziani che qualsiasi cosa è buona per combattere... non necessitiamo di strumenti!"
    "Senti carina, io ti ho cambiato il pannolino non so quante volte, dunque abbassa la cresta! Incredibile la preferivo da mocciosa!"
    Prima Iuventas si era fatti avanti minacciosa con tono infastidito e poi aveva mugugnato tra sé e sé alquanto indispettita, ma prima che altro le due si potessero dire velocemente Artemide prese per il braccio la compagna e la fece nascondere insieme a lei dietro una possente stalagmiti. Si posò un dito di fronte al volto, per indicarle di fare silenzio, e poi con una mano le indicò il mercenario poco lontano da loro che era intento a tagliare cristalli con un laser.
    A quella vista Artemide sembrò provare dolore per tanta violenza, un Cristallo era un essere vivente ed era lui che decideva di concedersi, prenderlo con la forza era un atto vile e terribile.
    Le due osservarono la scena pronte ad agire, ma fu la strana sensazione di avere qualcuno alle spalle, che fece lentamente voltare le giovani, che... prima si guardarono e poi una volta voltate del tutto non fecero in tempo a reagire con un fulmine le colpì così forte da farle volare poco lontane. Si trovarono così nella stanza principale della grotta, ove il ragazzo era intento a rubare cristalli, ed erano a terra doloranti e scosse... nel vero senso dalla parola. La Guerriera di Giove le stava infatti guardando e fu avendola così vicino che entrambe compresero subito che non poteva trattarsi di Nike, perché sì le assomigliava nell'aspetto, ma non certo nel portamento né nel modo di essere. In quel momento Iuventas sentì enormemente la mancanza di Phobos, la sua Compagna che sempre le guardava le spalle e l'aiutava, ma avevano concordato entrambe che non fosse una buona idea che le seguisse. Le Dathomir parevano essere allergiche ai Koronosiani e la cosa era buffa, ma in un certo senso era così. Infatti non mancò di attirare la sua attenzione e quella di Artemide il fatto che quest'ultima iniziò a starnutire in modo alquanto deciso è continuo, tanto da farle immediatamente voltare e comprendere in un batti baleno la natura dell'uomo alle loro spalle e la cosa le confuse. I Koronosiani maschi erano remissivi e non lasciavano mai i loro pianeta, non sapevano combattere ed era impossibile che uno di loro potesse essere un mercenario!
    Tuttavia non ci fu altro tempo per riflettere, perché nuovi raggi elettrici le colpirono e se non fosse stato per Iuventas che deviò il colpo, utilizzando la sua possibilità di aprire passaggi attraverso le superficie riflettenti, sarebbero state già cotte!
    Tuttavia il colpo deviato uscì dal portale aperto sulla parete e colpì il soffitto facendo franare alcune stalattiti che erano potenziali proiettili su tutti loro. Le ragazze rotolarono l'una all'opposto dell'altro, mentre anche i loro nemici ruzzolarono a terra nel tentativo di mettersi in salvo.
    Il caos causò in Artemide un violento flashback dell'esplosione della casa in cui era tenuta prigioniera da bambina ed il rumore della frana la paralizzò, andò completamente in tilt come non era solito che le accadesse, ma fu un attacco di panico in piena regola, mentre in affanno e disperata cercava di proteggersi dalla caduta di cristalli e stalattiti.
    In tutto quel trambusto i loro nemici sembrava volessero attraversare la porta che li avrebbe condotti sull'astronave per poi chiudere il passaggio e fuggire, senza importare loro di lasciare le due a morirci dentro. Iuventas dovette pensare in fretta e mentre strisciava accanto ad Artemide la scosse forte per le spalle, schiaffeggiandola pur di farla reagire.
    "Artemide! Artemide! ARTEMIDE! Artemide guardami... puoi teletrasportarti fuori?"
    "S-Sì"
    "Allora fallo!"
    "Ma tu...?"
    "Non ti preoccupare di me, fallo e fai rapporto alle Grandi Madri! Vai!"
    In quel frangente, per quanto la Principessa di Luna ostentasse sicurezza e sfacciataggine, mostrò invece tutta la sua gioventù e fragilità, mentre Iuventas prendeva in mano la situazione e velocemente decideva che fare. Quando il fumo viola avvolse la giovane, lei non ci pensò due volte a correre dentro il passaggio per inseguire i mercenari e ce la fece per un soffio essendo anche abbastanza brava a cambiare aspetto tant'è che quando i due si volsero, percependo qualcun altro dietro di loro, non si trovarono una delle due giovani come si aspettavano ma: "Bellona!?"

    Chiesero i due in coro, mentre Iuventas assentiva. Cercò di essere naturale, mentre tentava di essere attenta abbastanza per cogliere indizi. Aveva preso l'aspetto di sua sorella, ma la chiamavano con un altro nome. Lo avrebbe tenuto a mente, era assai interessante come cosa!
    "Cosa ci fai qui? Ti ha mandato l'Alfiere"
    "Forse pensava che ne avevate bisogno!"
    Rispose piccata, ma rimanendo vaga. Alfiere... interessante, se credevano che l'avevano mandata voleva dire che aveva un potere tale da poterla far apparire dal nulla? Solo le Dathomir possedevano tale capacità, che le fosse anche questo Alfiere?
    "Bè adesso non c'è tempo da perdere! Minerva metti in moto e portaci via da qui!"
    Urlò la Guerriera di Giove, mentre il ragazzo le passava accanto fissandola curioso e probabilmente poco sicuro della sua reale identità.
    "Cosa ti ha detto precisamente l'Alfiere? Lui pensa che abbiamo abbastanza cristalli?"
    Chiesi come se stesse facendo tranquillamente conversazione, mentre la navicella decollava. Le altre due Guerriere erano nella cabina di pilotaggio e lei le fissava indifferente.
    "Sì... mi ha detto che possono bastare... lo sai come è fatto no? Vuole sempre avere tutto sotto controllo!"
    Killmonger allora sorrise, gli era bastato un piccolo tranello e lei ci era caduta con tutte le scarpe ed infatti quando si alzò e la fissò negli occhi lei ebbe un sussulto. Era vicinissimo e la guardava in modo... ecco... avrebbe potuto definire seducente, ma proprio mentre lei per un attimo si lasciava offuscare da ciò lui la colpì violentemente facendole perdere i sensi e fu allora, quando cadde tra le sue braccia, che lei prese il suo verso aspetto.
    "Oh piccola, lei sarà molto felice di vederti..." ghignò poi lui tra sé e sé.

    Artemide apparve in cima alla collina affannata e ferita, Ecate le corse incontro preoccupata sostenendola e riconoscendo nel suo sguardo la paura. Sapeva che per qualche motivo lei soffriva ancora del loro incidente avuto da bambina ed infatti grandi rumori o eventi simili, come il crollo di una parte della grotta, doveva avergli causato un attacco di panico. Artemide non voleva che ne facesse parola con nessuno, ma temeva sempre che non avesse affrontato la cosa un giorno le sarebbe venuto in un momento in cui nessuno avrebbe potuta aiutarla...
    "Stai bene?" le sussurrò e la gemella capendo a cosa si riferisse la rassicurò assentendo piano.
    "Cosa è successo? Abbiamo visto quello che è successo!" chiese Frigga preoccupata soccorrendo Artemide o per lo meno assicurandosi che fosse tutta intera.
    "Abbiamo visto il crollo e l'astronave fuggire!" le fece eco in modo molto meno ansioso Nefti.
    "E Iuventas? Dov'è?" si era aggiunta anche Nike che si sentiva responsabile, era pur sempre la sua protetta.
    "Ecate aveva ragione..." sussurrò Artemide sentendosi in colpa per non averle creduto o peggio, come faceva sempre, per non averla sostenuta.
    "Nella grotta siamo state attaccate alle spalle dalla sua Doppelganger..." disse indicando Nike e le Grandi Madri erano state testimoni che mai la Guerriera di Giove si era allontanata, era impossibile che accadesse.
    "Iuventas ci ha salvate deviando un colpo, ma questo ha fatto crollare la grotta... p-poi... n-noi..." spiegare il resto voleva dire mettersi in una posizione scomoda, dunque arrancò al meglio "Cristalli e stalattiti ci colpivano come proiettili, eravamo lontane e lei invece di correre con me, affinché teletrasportassi entrambe fuori, è corsa dalla parte opposta e si è buttata nel passaggio aperto dai mercenari... Mi dispiace... avrei dovuto aiutarla io..."
    "Shhh non ti preoccupare... dovrei portarla in infermeria..." disse Ecate, mentre le Grandi Madri davano il loro benestare e lei spariva in una nuvola blu. Nel mentre Nike imprecò e poi voltandosi verso il cielo pensò a Iuventas ed al suo essere avventata.
    "Cosa diavolo lei è venuto in mente!"
    "Tra sua sorella e la sua Maestra, la ponderatezza non è proprio una qualità che le avete insegnato" sussurrò Athena poggiando una mano sulla spalla dell'amica.
    "La troveremo e la riporteremo a casa..."
    "Ci spiace molto per come sono andate le cose, siete libere..." concluse Theia con un lieve sorriso, solo Athena però saluto e congedò lei e le altre Dathomir che sparirono una ad una in nube di fumo. Nike era troppo arrabbiata e preoccupata e cosa peggiore doveva tornare a casa e dirlo ad Ares.
     
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    Ecate non aveva voluto lasciare per un attimo il fianco di Artemide, seppur le ferite non erano gravi ci teneva a stare in sua compagnia ed anzi non vedeva l'ora che la Guaritrice che la stava medicando se ne andasse per star sola con lei.
    "Avresti dovuto rimanere con le Grandi Madri e le Guerriere, non c'era bisogno che venissi..." esordì immediatamente la gemella dai capelli più chiari, quando volta da sole si rivolse con fare risoluto alla sorella.
    "Invece ce ne era... è stato un attacco di panico vero?"
    "Shhh" disse velocemente Artemide facendo un gesto brusco che la fece mugugnare di dolore, mentre Ecate seduta al suo fianco scuoteva il capo.
    L'infermeria della scuola era un'ampia stanza di pietra con possenti colonne ai quattro lati ed un soffitto con volta a botta. Era spoglio e freddo, ma riscaldato da un ampio focolare al centro della stanza. Era più una palla di fuoco magica che galleggiava a mezz'aria fungendo anche da luce che emanava calore senza però rischiare a nessuno di bruciarsi. Il suo colore variava dal rosso all'arancio e quando diveniva azzurro era un segno per le Guaritrici di sapere che qualche paziente necessitava del loro aiuto.
    "Ferma... che così ti fai male!" disse Ecate aiutando Artemide a sistemarsi, mentre la rimproverava con lo sguardo.
    "Dai riposa... io rimango qui..."
    "Non è niente davvero..."
    "Allora non ti cambierà nulla se mi siede qua accanto e ti faccio compagnia!"
    La ragazza dai lunghi capelli neri alzò un sopracciglio, mentre l'altra sbuffava e si sdraiava. Quando ci si mettevano una sapeva essere più testarda dell'altra, ma la verità è che effettivamente Artemide adesso voleva solo sprofondare nel sonno e non sapere né sentire più nulla. Aveva bisogno di calmarsi e di tornare lucida ed il fatto che quello che le avevano dato le stava provocando sonnolenza non le dispiaceva.
    Dal canto suo Ecate rimase al suo fianco, fin quando senza accorgersene anche lei si addormentò sulla sedia ed infatti fu così che la nonna la trovò quando raggiungendo le nipoti poggiò una mano sulla sua spalla. La giovane mugugnò qualcosa e poi aprì un occhio assonnata per accorgersi subito dopo che si trattava di Theia. Quella le sorrise bonaria e dopo aver lanciato un veloce sguardo anche ad Artemide, che dormiva serena, si allontanò come a far segno ad Ecate di seguirla.
    Nel lungo e desolato corridoio davanti alla porta dell'infermeria, le due donne si ergevano una di fronte all'altra. Ecate era alta quando lei e Theia appariva sempre così eterea e giovane che ad un sguardo esterno avrebbero potuto apparire come sorelle.
    "Come sta?" chiese con fare materno e sinceramente preoccupata.
    "Oh solo qualche escoriazione e graffi superficiali... una costola incrinata e la caviglia ha preso una storta..." rispose di getto l'allieva massaggiandosi il collo dolorante. Addormentarsi con il volto appoggiato sulla mano non era stata una bella idea ed adesso la cervicale la stava facendo impazzire!
    "Come sta?" domandò nuovamente la Grande Madre ed Ecate capì che non poteva eludere una seconda volta la sua domanda.
    "È stato un attacco di panico... lei non sa che te ne ho parlato, mi ha promesso che non lo avrei mai detto a nessuno!" si giustificò immediatamente perché si sentiva in colpa.
    "Ed allora perché me lo stai dicendo?"
    "Perché è mia sorella, è la mia famiglia e mi preoccupo per lei! Le ho detto più e più volte di dirlo a qualcuno, a te... di farsi aiutare, ma la conosci no? Nonna e se le accadesse quando non c'è nessuno ad aiutarla?"
    Non avrebbe dovuto parlare in quel modo con lei, lì i loro legami di parentela non esistevano, ma sarà stata la stanchezza e la preoccupazione, ma in quel momento ad Ecate delle regole non le importava un fico secco!
    "Credo che tu abbia ragione, la rimanderò a casa dai vostri genitori... una Dathomir non può permettersi che la paura la paralizzi!"
    "No no no no!" si affrettò a dire l'allieva. Lei non voleva quello, non voleva che venisse espulsa, Artemide ne sarebbe morta e poi l'avrebbe odiata a morte, ma Theia sembrava decisa tanto che alzò un sopracciglio quando la nipote la fermò trattenendola per un polso.
    "Ti prego no... insomma non è necessario... posso stare io con lei... puoi mandarmi sempre in missione con lei... io... io la posso aiutare!"
    "Vedi Ecate è questo il problema. Artemide ha la freddezza di una Dathomir, ma è debole di fronte alla capacità di fare la cosa giusta anche se si tratta sacrificare sé stessa o seguire il suo istinto. Tu al contrario lo fai fin troppo veracemente e se da una parte ti rende indomita, dall'altra ti fa sopraffare dai sentimenti. Forse dovrei espellere entrambe..."
    Ecate si fece piccola piccola, ritirò le mani e vide la nonna algida e severa darle le spalle facendo per andarsene, ma sembrava che la sentenza non era finita perché dopo pochi passi si fermò e si voltò a guardarla "La verità è che vi completate ed INSIEME siete delle ottime Dathomir. Prenditi cura di lei ed aiutala, non potrò nascondere a lungo il suo problema alle altre Sorelle Anziane..." e senza aggiungere altro si voltò e se ne andò.
    La ragazza rimase interdetta, non c'era ciò che si aspettava di sentirsi dire, ma dall'altra si sentiva ancora più motivata. Era tutto ciò che la differenziava dalla sorella a renderla sua complementare perfetta. Questo però voleva dire che aveva una responsabilità importante: la loro permanenza lì ed il proseguo del loro percorso da Dathomir dipendeva da lei e dalla capacità che avrebbe avuto di aiutare realmente Artemide ad affrontare le sue paure.
     
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    Annarita
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    :Shay:
    Non era la prima volta di Shay Cormac su Encelado, eppure, ogni volta restava senza fiato. Non certo per le bellezze naturali del pianeta, questo era ovvio. Il reale motivo dell’agitazione che lo animava era la perfetta somiglianza con l’Encelado della sua dimensione. Era dunque impossibile fermare i ricordi di tempi lontani che minacciavano un equilibrio faticosamente raggiunto. Le emozioni erano nemiche dei Jedi, ma una caratteristica peculiare di ogni essere vivente… per essere un vero Jedi, lui aveva dovuto dominare le emozioni, relegandole a un ruolo minore affinché non interferissero in maniera negativa sulle sue scelte, da cui – fin troppo spesso – dipendevano altre vite. Ciò nonostante, non poteva “spegnerle”, questo avrebbe significato perdere l’empatia, necessaria per entrare in contatto con la Forza. Insomma, un vero busillis che viaggiava sul filo di un rasoio molto affilato, con il quale lui si era ferito di continuo anche se ne era uscito sempre vincitore.
    Camminava spedito lungo corridoi conosciuti, ai lati lunghe file di colonne come uniche testimoni di quella visita segreta. Il cappuccio era calato sul viso, mentre il lungo mantello scuro celava la figura snella del Mastro. Nessuno doveva sapere della sua presenza, ecco il motivo per cui era stato convocato in orario notturno, quando il Tempio era praticamente vuoto. Arrivò alle porte della Grande Sala, le quali si aprirono in apparenza “da sole”, ma lui sapeva che non era così. Dall’altra parte, le tre Dathomir più potenti di quella dimensione lo stavano attendendo. Fece il suo ingresso, si tolse il cappuccio e fece un leggero inchino in segno di deferenza. C’era un motivo se non aveva portato con sé la sua padawàn in un consesso così austero… Élise sarebbe stata capace di scatenare la loro ira in un solo istante. Sorrise, ma solo nella sua mente, immaginando le battutine che quella sconsiderata avrebbe potuto lanciare, sottolineando il ghigno di una in particolare: Nefti era oggettivamente arcigna, mentre Theia e Frigga erano più… malleabili, di certo il dialogo era il loro punto forte, al contrario della prima.
    Shay si costrinse a concentrarsi, la convocazione era stata urgente, perciò qualcosa di grave era accaduto. Nel tempo, aveva avuto modo di capire che poche cose erano in grado di allarmare questa potente stirpe di streghe, ma ce n’era solo una che le accumunava a lui: i cristalli kyber. Quando il Maestro aveva dato il via all’addestramento di nuovi Jedi nella nuova dimensione, era andato alla ricerca dei cristalli kyber poiché rappresentavano la prova fondamentale che permetteva a un padawàn di diventare Cavaliere. Era rimasto entusiasta del fatto che Encelado esisteva anche lì, ma non era un pianeta abbandonato purtroppo, perciò, era dovuto venire a patti con le loro abitanti: le Dathomir. Non era stato facile, fin da subito si erano dimostrate gelosissime di quel patrimonio apparentemente inutilizzato, poi lui aveva dato prova della sua conoscenza della Forza, gli aveva raccontato del suo Ordine e dell’uso che ne avrebbe fatto: puro e onesto. Così, alla fine, avevano ceduto permettendo ai suoi adepti di recarvisi una volta all’anno (terrestre) per compiere la famosa prova di passaggio.
    Le sue intuizioni non furono disattese. Le vibrazioni che percepiva nell’aria della Grande Sala erano elettriche, mentre le nuvole galleggianti che tenevano sospese dal pavimento le tre Madri parevano fluttuare frenetiche quasi a dimostrare l’agitazione di coloro che le calpestavano.
    ”Grazie per esssere venuto, Maestro Cormac, ci scusiamo per l’urgenza della convocazione ma si tratta di una reale emergenza!”
    ”È ovvio che si tratta di un’emergenza, Theia, altrimenti per quale ragione avremmo mandato a chiamare un estraneo?!”
    ”Un po’ di cortesia, Nefti, il Maestro è nostro gradito ospite!”
    Shay ascoltò le tre streghe battibeccare tra loro, ma in maniera fin troppo umana rispetto a quanto era abituato, allora si rese conto che il loro turbamento era grande e reale.
    ”Nessun problema, Grandi Madri, sono venuto il prima possibile. Piuttosto, cos’è successo di tanto grave?”
    Così, le streghe raccontarono per filo e per segno una storia che fu in grado di colpire e sconvolgere il Maestro: i cristalli kyber erano stati rubati! Due dei colpevoli sembravano avere le sembianze di due Guerriere molto conosciute, ma che erano state completamente scagionate: si trattava di loro doppelgänger. L’idea che potessero venire da un’altra dimensione si fece sempre più pressante, ma non la espresse sul momento, perché se si fosse rivelata vera tutte le carte sarebbero tornate a mischiarsi. Shay temeva che provenissero dalla sua dimensione di origine, laddove il potere dei cristalli era molto conosciuto e tantissimi avevano provato a sfruttarlo. Aveva bisogno di occhi e orecchie di sua fiducia sul posto.
    ”Grandi Madri, è necessario che alcuni Jedi vengano qui per proteggere la grotta. Dovremmo unire le forze, non solo per rendere il nostro sforzo più proficuo, ma soprattutto, perché dobbiamo dimostrare che nulla di così prezioso può essere impunemente sottratto.” Il Maestro parlò con voce calma, ma una nota battagliera fece capolino, mentre gli ingranaggi della sua mente continuavano il loro vorticoso movimento. Tutto questo gli ricordava pericolosamente quanto era accaduto su Prospero, quando – insieme a dei Mandaloriani – avevano lottato contro figure oscure, provenienti da un altro posto… provenienti da “casa sua”! Doveva esserci di sicuro un collegamento. La pergamena con la Profezia. I cristalli kyber. Le doppelgänger. Cosa stava succedendo? Chi stava muovendo tanto abilmente i fili di un Piano architettato in ogni dettaglio?
    ”Questo è impossibile! Nessuno oserà violare ulteriormente le nostre terre!” La risposta di Nefti non si fece attendere e Shay non ne fu sorpreso, ma non reagì, sapeva che non era il suo compito, perciò si limitò a osservare le altre Streghe, le mani sempre giunte di fronte a sé, l’espressione neutrale.
    ”Maestro Cormac, il nostro pianeta è rimasto inviolato per tempi immemori, abbiamo sempre nascosto la presenza dei cristalli, intuendo il loro infinito potere. Adesso, però, sembra che qualcuno ne sia venuto a conoscenza… ma non sappiamo di chi si tratti, non possiamo permettere che la cosa si ripeta!” Frigga aveva interpretato – come spesso accadeva – il pensiero della sorella Nefti, utilizzando parole più concilianti, ma il timore era il medesimo. Shay ne era consapevole, tanto quanto lo era del fatto che avrebbe dovuto scegliere le sue prossime parole con estrema cura. Perciò, decise di rivolgersi a Theia, l’unica che non si era ancora espressa a voce alta, come se attendesse una sua replica prima di farlo.
    ”La mia gente conosce bene i cristalli, li ha utilizzati per millenni come catalizzatori della Forza che permea tutto il Creato, dando vita a un Ordine di Cavalieri con lo scopo di proteggere la pace e i più deboli. La nostra presenza non vuole affatto essere una invasione, ma un supporto. Se dovessero riprovarci, troverebbero noi e, forse, potremmo capire chi sono… Come potete notare è un beneficio condiviso, tutti noi vogliamo scoprire cosa hanno in mente i ladri!” Il Maestro aveva espresso il suo pensiero con voce intensa e vibrante, ma rimanendo perfettamente immobile, con lo sguardo fisso in quello di Theia: l’ultima parola, di fatto, spettava a lei. Così, attese di ascoltare il verdetto!
    ”Ciò che dite è sacrosanto, Maestro Cormac, voi conoscete molto più di noi la materia trattata e non è facile che queste affermazioni escano dalla mia bocca. Le Dathomir conoscono tutto di questa dimensione e di diverse altre, ma di fatto, della vostra ci sono alcune cose che ci sfuggono… Per questa ragione, permetterò ai vostri uomini di presidiare la grotta…” Alzò la mano con fare perentorio, impedendo a Nefti di intervenire. Non aveva ancora finito. ”Per contro, ho da chiedervi in cambio un favore.” Shay la vide fare un cenno, ma non riuscì a capire verso chi… o cosa. Era perplesso, ma rimase silenzioso, la pazienza era una delle sue virtù e l’aveva sempre ripagato, in ogni circostanza. Non fu smentito neppure questa volta.
    Da una porticina minuscola, laterale, praticamente invisibile, venne introdotta una ragazza nella Grande Sala. Una strana vibrazione gli provocò un brivido lungo la schiena, c’era dell’oscurità in lei, molto intensa… ma c’era anche qualcos’altro: un barlume di luce. Cormac fissò la giovane con attenzione: i capelli biondi cadevano in morbide onde sulle spalle, ma contrastavano nettamente con le vesti attillate, interamente di pelle nera; i suoi occhi erano chiari, ma brillavano di una luce strana, un misto di paura e… sfida; teneva i pugni stretti lungo i fianchi, rigidi come se fossero pronti a difendersi. Era un’anima in trappola e a lui toccava…
    “Lei è Moira, una nostra sorella. Tuttavia, prima di iniziare il percorso di apprendimento qui al Tempio, dovrà essere iniziata alla Luce. Ha sempre vissuto nell’oscurità, non conosce altre strade e fino a quando non troverà un equilibrio tra i due mondi non potrà diventare una di noi a pieno titolo. L’equilibrio è il punto di partenza e sono certa che voi, Maestro, saprete indicarle la via più giusta da perseguire per… raggiungerci.”
    …iniziarla alla Luce! Theia gli aveva teso un bel tranello! Non avrebbe di certo potuto rifiutare a quel punto, anche se non credeva l’avrebbe fatto in ogni caso. Quel nome gli era familiare, non si chiamava così anche la figlia del Führer? Moira Winkler, il soggetto che Mandaloriani avevano seguito e poi liberato, tutto ciò aveva a che fare con la profezia! E no, non poteva essere l’ennesima coincidenza… lui non ci credeva più.
    ”La prenderò come allieva, Grande Madre, e farò del mio meglio per mostrarle la via della Luce.” Shay aveva parlato con solennità, portando il pugno al petto e facendo un lieve inchino. I patti erano stati stretti, adesso bisognava metterli in pratica e… sospettava che non sarebbe stato affatto facile.
     
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    :Yelena:
    La certezza più grande che aveva Yelena era che si sentiva, ogni giorno che passava, sul bordo del baratro. Era difficile per lei capire ed accettare che nulla di ciò che aveva contraddistinto la sua vita era stato di fatto una sua scelta. Sapeva che la sua fuga da casa, quando era poco più che una bambina, era stato il modo di Yulia di metterla al sicuro circa gli affari loschi e pericolosi dei loro genitori... Assassini venduti ai Templari, ma forse era stato proprio perchè aveva lasciato che tutto diventasse normale e che ogni sacrificio fosse accettabile che ad oggi poteva dire di non aver più il controllo della sua vita.
    Prima il vivere con Liam e i Grigi, sottostando ad idee che lei non aveva scelto, ma tra cui era cresciuta per la scelta di Yulia di unirsi a loro, poi l'essere trascinata -sempre da lei- a Montereggioni senza poter avere il diritto di parola se seguire o meno quella strada dopo la fuga dall'Abstergo ed ora che lù si trovava dover affrontare il fatto che venisse dato per scontato che lei avrebbe abbracciato il Credo... addirittura avevano già scelto un Mentore per lei, ma sarebbe stato metterle l'amorevole Evie Frye -non che avesse niente contro di lei- alle calcagne che le avrebbe fatto cambiare idea.
    La testa le scoppiava e la recente discussione con Lin non le era stata d'aiuto, ammirava la sua decisione, il suo sapere che fare ed il suo entusiasmo a cercare la sua storia e le sue radici, ma avevano così tanto parlato di questo suo desiderio e possibile viaggio sui passi dei suoi avi che... aveva dato per scontato che lo avrebbero fatto insieme ed invece? Le aveva detto che doveva farlo da sola, che questo non significava lasciarsi o che non l'amasse, che sarebbe tornata presto... ma tutto quello era stato invece la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
    Per l'ennesima volta si era sentita nell'impossibilità di scegliere il da farsi ed il fatto che Yulia fosse d'accordo la faceva innervosire ancora di più! Non aveva due anni, perchè nessuno le permetteva di fare le sue scelte? Non voleva essere un'Assassina, non voleva vivere a Montereggioni, voleva andare via... perché non poteva? Ma ogni parola era vana perchè sembrava sempre che gli eventi avessero la capacità di remarle contro e farla apparire immatura o ancora peggio capricciosa.
    Sostenere quella discussione era stato troppo per lei e così con il favore della notte era sgusciata fuori dal suo letto e fuori dalla cittadella, poteva non voler seguire le impronte degli Assassini, ma ne aveva sempre e comunque le abilità. Riuscì ad eludere il giro di pattugliamento serale, scalò le mura e trovò come scenderle dal lato opposto. Aveva studiato più e più volte la cinta proprio per quella eventualità, tuttavia non voleva fuggire... solo respirare. Fuori. Lontano da tutti e tutto.
    Non le importava se era sicuro o se non lo fosse, voleva solo starsene un po' in beata solitudine senza che nessuno la sgridasse o peggio la cercasse.
    La rotonda "La Colonna" distava solo 650 metri a piedi e considerando che era uno crocevia vi erano due o tre locande sempre aperte, ove avrebbe potuto bere un sorso di birra e per un attimo sentirsi una ragazza normale con potere di decisione su sè stessa e la sua vita.
    Il fatto che fuggisse lì ogni tanto, soprattutto a notte tarda, era stato il modo migliore per Selina Birch di imparare le sue abitudini ed al momento opportuno approcciarla ed era certa che il momento fosse quella notte.
    Quando la giovane entrò nel locale la osservò da lontano, aspetto che si sedesse al bancone come sempre, che ordinasse ed iniziasse a sorseggiare sola e pensierosa e poi... Selina si alzò dal suo tavolo ed avvicinandosi al bar poggiò il suo boccale vuoto indicando per favore che venisse riempito. Nell'attesa si sedette anche a Yelena alla quale si approcciò.
    "Anche tu una delusione d'amore?" chiese sconfortata, lo sguardo ed il volto di chi stava affrontando una pena d'amore.
    "Ehm... cosa? Io... non proprio..."
    "Ti direi fortunata, ma... non mi sembri esserlo!"
    Selina ringraziò con lo sguardo il barista quando le portò il suo boccale pieno, ma invece di allontanarsi lo bevve sconsolata.
    "E tu? Delusione d'amore?"
    Selina sospirò, alzò gli occhi al cielo e disse: "Cosa penseresti se ti dicessi che lavoro con il mio ex fidanzato, ci dovevamo sposare, ma alla fine lui ha sposato un'altra ed anche se l'ha lasciata pare non vedermi? Insomma ci siamo lasciati solo perchè pensava che io fossi morta... storia lunga..." tagliò corto sventolando una mano a mezz'aria "... ma se non fosse successo tutto quel casino insomma... eravamo pazzi uno dell'altra, infatti lui non l'ha mai amata la sua ex moglie e... Oh mio Dio scusami eccomi che ricomincio a parlare a macchinetta!"
    Si scusò Selina imbarazzata, lo sguardo basso che affogò nell'ennesimo sorso di birra. Yelena però la guardò realmente colpita e dispiaciuta, era brutto dirlo, ma sentire qualcuno che stava peggio di lei, la faceva sentir meglio.
    "Ehi tranquilla, tutti abbiamo bisogno di sfogarci con qualcuno e fidati lo so. Ogni volta che tento di farlo io l'unica cosa che sanno fare è iniziare con paternali che mi fanno sentire solo peggio. Io mi dico se delle persone dicono che tengono a te, tengono anche ai tuoi desideri giusti? Sono interessati a sapere cosa pensi e come ti senti o sbaglio?"
    "Oh no verissimo!" concordò Selina.
    "Ho un bellissimo rapporto con mia sorella e la mia ragazza, ma da quando siamo arrivate a Montereggioni mi sembrano diverse... La prima è sempre appiccicata al suo odioso fidanzato e l'altra si è fissata di seguire un percorso spirituale o quel che è al punto di dimenticare tutto ciò che ci siamo sempre dette... Con loro ho condiviso la vita, ma adesso sembrano prese da altro al punto di non essere più interessate alla mia opinione!"
    Selina l'ascoltava interessata ed infine alzando il boccale propose un brindisi: "Alle Cassandre sedotte ed abbandonate!"
    Yelena rise e fece tintinnare il suo boccale con quello della donna, chiacchierarono ancora un po' del più e del meno, ma fu quando erano fuori pronte a salutarsi e prendere due strade diverse che Selina aspettò che la ragazza si voltasse per abbassarsi e far comparire tra le sue mani il Cristallo Kyber che aveva lasciato sulla sua navicella. Lo teleportò tra le sue mani ed alzandosi picchiettò sulla spalla di Yelena.
    "Ehm scusa... ti è caduto questo..." disse porgendoglielo, ma la giovane sembrava alquanto stranita. Aveva con lei una piccola borsa, era vero, ma era certo di non averlo mai visto.
    "No non è mio!"
    "Ma l'ho visto cadere dalla tua borsa... forse te lo ha messo qualcuno dentro alla locanda, non lo so... tieni ecco!"
    Glielo lasciò in mano e f mentre lo stava facendo che le parve per un attimo che lo stesso divenisse ghiacciato, mentre Yelena lo prese e lo guardò confusa.
    "Io non so cosa sia, ma forse è entropia questa non credi? Magari ti aiuterà a trovare la tua strada!"
    Selina le fece l'occhiolino e si incamminò dalla parte opposta a quella della giovane, aveva fatto ciò che le era stato chiesto. Non aveva posto domande a Jordan su cosa quell'oggetto fosse o a cosa servisse, lui l'aveva incaricata personalmente di trovare Yelena Orelov e consegnarglielo e lei lo aveva fatto. Missione compiuta.
     
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    :Iuventas:
    Ciò che Iuventas ricordava, una volta sveglia, era stato quello di essersi ritrovata all'interna di una cella. Si era immediatamente maledetta certa di essersi ingannata e come sempre aver fatto il passo più lungo della gamba. Non si era data per vinta e dunque subito si era data da fare per usare le sue capacità e i suoi poteri per fuggire, aveva scoperto ben presto che nulla funzionava. Cosa ben peggiore era stato, lentamente con il passare delle ore... o erano giorni? Di perdere la condizione del tempo.
    La prigione in cui era tenuta non era poi così diversa da tante altre: quadrata, tre metri per tre, fredda, umida, buia... Era fatta di pietra viva, il pavimento era terra battuta ed all'interno vi era solo un giaciglio fatto di paglia secca. Le sbarre di metallo le davano la prospettiva di un lungo corridoio con altre celle, vuote, ed una fine che non riusciva a scorgere nell'oscurità dando così l'impressione fosse infinito.
    Sempre al momento giusto, quando iniziava ad avere fame, compariva il ragazzo dalla pelle scura che l'aveva scoperta ed imprigionata con un vassoio sul quale c'era sempre -per qualche strano motivo- esattamente ciò di cui aveva voglia.
    Non aveva mai scambiato una parola con lui, ma quel giorno quando entrando nella cella le lasciò il vassoio a terra, non riuscì a trattenersi: "Come diavolo fai a sapere sempre cosa vorrei mangiare? Oltretutto perdonami, ma dubito che tu sia così bravo!"
    Lui ridacchiò e senza riaprire la porta della cella si poggiò al muro guardandola. Lo odiava. Lui ed il suo maledetto sguardo magnetico ed il ghigno sexy. Sembrava che lo faceva apposta per sbeffeggiarla, quasi desiderasse che lei gli morisse dietro.
    "E tu perché non hai ancora tentato di aggredirmi almeno una volta per rubarmi le chiavi e fuggire?" alla sua domanda si stava preparando a rispondere piccata e sicura, ma si rese conto di non avere una risposta.
    La sua domanda era logica ed in effetti perché non ci aveva ancora provato? Interdetta si portò una mano sulla bocca abbassando lo sguardo ed iniziandolo a farlo vagare, indagatore, intorno a lei.
    "Da quanto tempo sono qui?"
    "Non lo so, dimmelo tu..."
    "Smettila di rispondermi con domande!"
    Esclamò lei nervosa, prima di fissare il cibo nel vassoio. In altre circostanze lo avrebbe rifiutato, ma oggettivamente lo mangiava sempre in modo spontaneo e solo adesso se ne rendeva conto.
    Fu soffermandosi sulla complessità del piatto, sul fatto che fosse una specialità di Marte e cosa ben più grave -una volta assaggiato- che sapesse esattamente come quello che le preparava sua madre. Fece cadere la forchetta spaventata e balzando in piedi raggiunse le sbarre stringendole tra le mani. Si concentrò per cercare di osservare i dettagli del posto o comprendere dalla poca luce di alcune finestre che orario del giorno fosse, ma era come se la sua mente -anche volendo- non riuscisse a farlo. I pensieri arrivavano e poi andavano via. Tutto era nebuloso. Confuso.
    Si girò di scattò verso l'uomo, gli occhi spalancati dal terrore...
    "Non può essere... non puoi avermi portato qui..."
    Disse a denti stretti, la voce le tremava e non era da lei. Cercò di mantenere il suo solito controllo e facciata decisa e provocatorio, ma la paura era troppa.
    Lui si dette una piccola spinta con le mani, le aveva dietro la schiena a mo’ di cuscinetto tra il suo corpo e la parete, e si sospinse verso di lei. Alcuni dreadlocks si mossero, mentre lui con un sorriso mellifluo la fissava.
    "I pensieri sono sfuggenti vero? Non riesci a concentrati su nulla, i poteri non funzionano e non hai più la minima idea se sei qui da un giorno o da un anno..." mentre lui pronunciava quella parole Iuventas sentiva ogni sua paura diventare reale. Le mani erano ancora strette intorno alle sbarre, quando lui avvicinandosi le spostò una ciocca di capelli dal viso e lei sorprendentemente, ed assolutamente in modo insensato, non si mosse.
    "La cosa divertente è che più tempo passerà e più la situazione peggiorerà... verrai completamente assorbita da questa Dimensione iniziando a credere che sia la realtà..."
    Fu allora che Iuventas scosse velocemente il capo, scostandosi da lui, facendo dei veloci passi indietro andando a sbattere contro la parete contro la quale scivolò finendo a terra.
    Dal canto suo lo sconosciuto si inginocchiò di fronte a lei fissandola, non si poteva certo dire che pareva dispiaciuto, ma curioso sì.
    "La verità è che mi piace e fidati a me non piace nessuno... Ma tu sei scaltra, intelligente, combattiva e qualcosa mi dice che proprio come me non ti dai mai per vinta... La Dimensione Oscura fa perdere il senno, ma tu sei tosta abbastanza per dominarla... io ci conto!" a quel punto le fece l'occhiolino e sorridendo sornione si alzò, aprì la cella, uscì, la richiuse e fischiettando si allontanò fin tanto non scomparve nell'oscurità.
    A quel punto Iuventas non sapeva più cosa pensare. La Dimensione Oscura era impossibile da raggiungere e se ancora non era impazzita del tutto l'unico modo reale in cui questo poteva accadere è che avessero usato il Monolite Nero... se così era quel Koronosiano lavorava con chi lo aveva e non era una bella notizia... E poi non c'era via d'uscita da lì! I poteri non funzionavano, il tempo non esisteva e lui aveva ragione a lungo andare chiunque sarebbe impazzito... Come l'avrebbero trovata? Non sarebbe mai accaduto!
    Questo la mandò ancora più in panico, mentre le sue ultime parole le rimbombarono in testa. Ma chi diavolo si credeva di essere quel tizio? Lo odiava ed odiava ancor più di essere soggiogata a quel posto al punto di non trovare la forza di affrontarlo, di aggredirlo e di scoprire come un Koronosiano era finito a fare quello che faceva... poi a peggiore la cosa e confonderla maggiormente c'era il suo strano modo di approcciarsi a lei, uno che le faceva venire le farfalle nello stomaco e per questo era ancora più nauseata! Se non avesse trovato, ed in fretta, un modo per lasciare la Dimensione Oscura, qualsiasi cosa le sarebbe successa sarebbe stata peggio di morire perché lentamente non sarebbe più stata sé stessa!
     
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5 replies since 26/9/2021, 17:14   50 views
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