Settore Industriale

Abregado-Rae

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +2   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Love GDR

    Group
    Cristina
    Posts
    16,698
    Reputation
    +1,392
    Location
    Mandalore

    Status
    :Kara:
    Passare del tempo nel Sistema Abregado, non era certo qualcosa che facevo con piacere. Dopotutto si trattava di un sistema prettamente industriale ove tutti i pianeti erano collegati uno all'altro a questi fine, ma era proprio per via dei suoi numerosi cantiere che il Triumvirato aveva preso la decisione di lavorare in questo luogo al primo dei grandi progetti del Primo Ordine.
    Dopo la morte dell'Imperatore Palpatine e del suo apprendista, Darth Vadere, l'unità dell'Impero andò in frantumi. Sconfitti e senza una guida si erano fatti avanti tre degli esponenti delle 4 nobili famiglie Sith purosangue, che durante l'Impero avevano sì servito, ma rimanendo nell'ombra.
    Questi avevano preso il nome di Triumvirato e reclutavano chi reputavano all'altezza del loro progetto: il Primo Ordine. Questo si ispirava ai principi del governo dell'Impero, ma metteva al centro la purezza dei principi Sith che a loro dire l'Imperatore Palpatine, per la sete di potere personale, aveva perso di vista.
    Eravamo agli albori di una nuova era, ma la strada era ancora lunga e tutta in salita. Io e Barriss, inviate per tale missione, eravamo Inquisitrici e dunque molto lontani dai nostri compiti classici. Sapevo tutto della Forza, degli Jedi, dei loro stili di combattimento e su come riconoscerli per ucciderli e plagiarli al Lato Oscuro, per il resto le altre mansioni mi andavano strette. Tuttavia il Primo Ordine era ancora lungi da vantare un numeroso esercito, ma se i cloni erano ancora tutto recuperabili -tra i molti sopravvissuti qua e là- lo stesso non si poteva dire di generali, guide ed altri alti gradi. Per questo noi Inquisitrici, chi di noi era rimasta, considerata preparata, capace e leale... si trovava a svolgere missioni al di fuori del proprio ruolo.
    Nel dettaglio io e Barris eravamo state mandate a supervisionare il cantiere ove era in costruzione la Malevolence. Camuffata come una piccola nave di trasporto, era in realtà dotata di un cannone ad impulsi ioni capace di formare un campo elettrico in grado di mettere fuori uso generatori di altre navi o strutture a terra.
    L'obbiettivo era che, in caso di successo, ne venissero costruite altre allo scopo di boicottare specifici obbiettivi della Nuova Repubblica per indebolirli.
    Il cantiere incaricato aveva ricevuto una copiosa somma di crediti per non rivelare la natura della nave in costruzione e se i patti non sarebbero stati mantenuti io e Barris eravamo pronte a fare il nostro dovere.
    Ormai erano circa 3 mesi che sostavamo in quell'odioso sistema, con il solo desiderio di vedere la nave finita, testarla e finalmente consegnarla per potercene andare da lì il prima possibile.
    «Giuro che se mi devo svegliare un altro giorno in questo maleodorante sistema, potrei impazzire…» esclamai nervosa, mentre con Barriss sorvegliavano, come ogni giorno, il cantiere presso cui si stava realizzando la Malevolence. Non eravamo esposte in bella vista, chiunque si sarebbe posto domande sulla presenza di due Inquisitrice ed attirare attenzioni non richieste non era nei nostri piani.
    «Sorridi Kara, oggi finalmente potremo testare la nave… Oh no, perdonami, tu non sorridi mai!»
    Nemmeno voltai il capo dal lato di Barriss a fronte della sua battuta, mentre con il binocolo lei scrutava l’orizzonte ed io acutivo i sensi.
    Respirai profondamente cercando di calmare il battito cardiaco, mi ero svegliata da poco e da altrettanto poco tempo avevo preso le mie pillole. Non andavo fiera della mia debolezza, ma Lord King, come il Triumvirato, era a conoscenza di come il Lato Oscuro fosse potente in me, ma in egual misura come attaccava violentemente il mio sistema immunitario. Per tenere a bada ciò il potente Zugurik mi aveva preparato un composto che teneva a bada la “malattia” permettendomi così di svolgere al meglio le mie funzioni, seppur più ne attingevo e più la mia salute peggiorava.
    Stavo ancora aspettando che dunque facesse il suo effetto, facendomi sentire al 100%, quando piegando il collo da un lato all’altro, per allungarmi un po’ i muscoli del collo e delle spalle dissi: «Sorrido se ne vale la pena Barriss e poi mi pareva che non trovassi la mia compagnia così noiosa…»
    «Nient’affatto, io il tuo lato divertente sotto tutti quegli strati di ghiaccio riesco sempre a vederlo!»
    Un mezzo sorriso mi si disegnò sul viso, ma prima che si allargasse totalmente in uno di essi, con la coda dell’occhio mi parve di scorgere qualcosa. In realtà compresi che non era realmente che stavo vedendo qualcosa, ma più che altro lo sentivo.
    Mi voltai decisa verso Barriss, non avevamo bisogno di parlare, con un semplice sguardo ci eravamo capite… percepivamo uno Jedi a chilometri di distanza.
    «La sua puzza arriva fino a qui!» esclamò la mia compagnia, mentre osservava meglio con il binocolo da una parte all’altra nell’ampia area commerciale sottostante a noi che eravamo su una piattaforma di atterraggio e decollo navi da carico ormai dismessa.
    «Non può essere lontano… vibra troppo forte la sua presenza…»
    «Trovato!»
    Barriss mi passò il binocolo e notai un uomo intento a spiare proprio all’interno del cantiere della Malevolence per poi allontanarsi furtivo.
    «Credi sia stato mandato dalla Nuova Repubblica?» mi chiese la mia compagna, mentre le porgevo nuovamente il binocolo.
    «Non credo… ma è uno Jedi in ogni caso vorrà fare l’eroe. Che dire, almeno quest’ultimo giorno in quest’odioso pianeta sarà interessante… è da tanto che non andavo a caccia!»
    «A chi lo dici!»
    Senza perderci in ulteriori convenevoli, entrambe lasciammo la nostra postazione con un obbiettivo ben preciso: trovare il Jedi e fermarlo ad ogni costo. Che fosse per un eventuale fuga di informazioni o meno, noi eravamo state addestrate a quello. Trovare ed uccidere Jedi era semplicemente nel nostro DNA.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 7/3/2022, 18:20
     
    Top
    .
  2.     +2   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member
    ...

    Group
    Roberta
    Posts
    118
    Reputation
    +315

    Status
    :Barriss:
    L’adrenalina e la tensione della battaglia erano le mie più fidate compagne, poi c’era lei: Kara, che nel bene e nel male mi aveva accolta e accettata nonostante fossi una ragazza sperduta e piena di collera. Grazie a lei, adesso, ero ciò che volevo essere; grazie a lei mi ero liberata da un fardello molto più grande di me, che mi teneva ancorata a delle convinzioni e a delle regole che non sentivo mie. False, convenienti, buoniste.
    Fianco a fianco ci lanciammo all’inseguimento del Jedi. Prendemmo due strade diverse per accerchiarlo e coglierlo di sorpresa.
    Era necessario attirarlo fuori dall’hangar. Non avevamo intenzione di allertare gli studiosi, né tanto meno rallentare i lavori in corso. Ci saremmo occupati di questo “intoppo”, passando del tutto inosservate.
    Kara giunse per prima in posizione e appena fuori uno degli ingressi dell’hangar – proprio alle spalle del nemico - produsse un rumore per attirare il Jedi nella trappola “esterna”. Io vidi tutto dalla mia posizione sopraelevata e quando fui certa che il curioso aveva abboccato, mi precipitai fuori a dare man forte alla mia amica.
    Al mio arrivo, notai che il combattimento aveva avuto inizio senza indugi.
    Kara aveva afferrato per il collo l’uomo e stava tentando di immobilizzarlo. Questi non si fece cogliere impreparato e si liberò dalla morsa con un'abile rotazione del corpo, poi usò un campo di forza per allontanare la nemica.
    Vidi Kara volare all’indietro, ma notai qualcosa di strano: se lei fosse stata nel pieno delle sue forze, avrebbe sfruttato l’onda d’urto per volteggiare e tornare in equilibrio sui suoi piedi. Glielo avevo visto fare un milione di volte. Invece, atterrò malamente su un fianco e si teneva la testa tra le mani.
    Compresi all’istante che le medicine che aveva preso poco prima non avevano fatto il loro pieno effetto e lei stava subendo dei danni collaterali.
    Scattai in suo soccorso. Il Jedi mi voltava le spalle e non mi aveva ancora notata. Ai suoi occhi, Kara era in difficoltà ed era giunto il momento di attaccare ancora.
    Non glielo consentii. Sfoderai la mia spada laser e attirai la sua attenzione con il tipico rumore roboante.
    Atterrai su di lui che, con un movimento fulmineo, aveva estratto la sua lama e aveva impattato con la mia, in perfetta sincronia.
    Le spade incrociate e occhi negli occhi…
    Un’espressione familiare, troppo seria, troppo malinconica, una piccola cicatrice sul sopracciglio destro e allora ne fui certa… Shay Trust era il mio nemico.
    Solo dopo riconobbi anche la sua energia e la Forza che lo caratterizzava. Restai per un attimo attonita, ma non arretrai di un passo. Solo i miei occhi tradivano lo stupore del momento.
    Io avevo il capo coperto, come la tradizione della mia razza imponeva e avevo il tessuto sollevato fin sopra il naso. Ma i tatuaggi e il colore della mia pelle non potevano passare inosservati per chi sapeva…
    “Barriss... sei tu…” disse senza abbassare la guardia e continuando a contrastare la mia lama con la sua. Non era una domanda… mi aveva riconosciuta. E allora un’infinita collera mi avvolse, come se la sua voce avesse acceso una miccia che stava per portare a un incendio.
    Urlai con quanto fiato avevo in gola e spinsi per allontanarlo. Ci riuscii… continuavo a osservarlo intensamente, lui era all’erta e teneva d’occhio anche Kara, che ancora sembrava stordita.
    In fin dei conti, anche io dovevo riprendermi dall’impatto e respirai a fondo…

    “Il freddo era intenso e il dolore alla testa tanto forte da voler urlare, strapparmi il velo e i capelli e la pelle.
    Percepisco delle presenze accanto a me, dei suoni ovattati, perché anche le mie orecchie stridono. Provo ad aprire gli occhi ma non ci riesco e la sofferenza aumenta ad ogni tentativo. Mi stringo in un abbraccio ossessivo, mentre sono sdraiata a terra. Ricordo dove mi trovo ma tutto il resto è sfocato, senza senso… voglio solo che il dolore finisca e il gelo non mi seghi più le carni.
    Sento delle voci indistinte. Dicono che non ci vorrà molto, che ce l’ho quasi fatta, ma intorno a noi è il caos.
    Riconosco il tocco gentile di Ashoka, e il timbro basso di Shay. Non sono sola. Pensavo che mi avrebbero lasciato andare, che mi avrebbero trattato come carne da macello e invece, loro sono qui accanto a me. Sono certa che hanno infranto ogni regola per esserci, per non abbandonarmi e io voglio riprendermi, voglio non rendere vano il loro sacrificio. Forse ho trovato degli alleati, forse hanno capito con chi abbiamo davvero a che fare.
    Improvvisamente, il dolore inizia a diminuire e ciò mi consente di sollevare le palpebre. Il cervello si riconnette alla realtà, quasi libero dalla morsa del virus; sento che sta morendo, che mi sta abbandonando. Trovo dinnanzi a me i miei amici. Sono felici e l’entusiasmo trabocca da ogni poro.
    Dobbiamo andare, forse faranno saltare in aria la nave, non c’è più tempo. Shay è perentorio.
    Non sono ancora in grado di camminare, ma non devo farlo da sola, loro mi sollevano e mi sostengono da sotto le braccia. Andiamo via, verso la salvezza, verso il calore, verso la libertà…

    “Non posso credere che stiate facendo sul serio… dopo tutto quello che hanno fatto, che mi hanno fatto, voi non dite nulla?!” La rabbia fa parte di me e mi corrode da dentro.
    Shay mi osserva con il suo sguardo eternamente malinconico, ma non parla. È deciso sulla sua scelta. Ashoka tenta di farmi ragionare: “Barris, riflettici su, gli eventi, le decisioni da prendere non sono sempre facili. Non dovresti essere tanto categorica… aspetta…”
    Ma come potrei?
    Hanno deciso di restare dalla loro parte e di tacere. Non riesco a far sì che mi capiscano.
    Gli Jedi sono esseri subdoli e buonisti. Non sarei più su questo mondo se i miei amici non mi avessero salvata in tempo… i miei amici.
    “Persino voi avete infranto gli ordini diretti e avete fatto di testa vostra, perché dentro di voi sapevate che era sbagliato quello che stavano facendo. Non avete permesso che mi sacrificassero. Perché adesso vi rimangiare tutto?! Perché non continuate sulla via della coerenza? Anche voi siete fatti della loro stessa pasta. L’ho capito! Forse avete ceduto a un impeto di pietà nei miei confronti, ma magari approvavate il loro operato…” Parlo, parlo, parlo e sfogo la mia collera, mentre gesticolo e gli vomito addosso accuse pesanti. Non ce la faccio neppure più a guardarli negli occhi. Mi sento delusa e tradita.
    Non hanno il fegato di dire ciò che pensano davvero, di opporsi alle regole.
    Non li sopporto.
    Mi fermo dallo sbraitare, li osservò: Shay non abbassa lo sguardo, ma continua a non risponde. Vorrei tanto sapere cosa pensa dietro la sua corazza intransigente, ma sono troppo adirata per chiedere, troppo presa dalla foga per elemosinare una sua risposta. Ashoka ha il capo chino e le mani intrecciate. È amareggiata e rassegnata allo stesso tempo.
    Decido di andarmene e voltargli le spalle. Giuro a me stessa che non avrei mai più aperto l’argomento con loro.
    Mi sarei fatta giustizia a modo mio e avrei chiuso una volta per tutte questa storia.


    Non potevo credere ai miei occhi… non pensavo l’avrei rincontrato dopo aver lasciato l’Ordine, dopo aver messo una pietra sopra la nostra amicizia e dopo la distruzione degli Jedi. Eppure era lì e io dovetti fare i conti con una vecchia ira repressa, che tentava di riaffiorare e di nuovo posizionarsi in mezzo al mio petto.
    “Sei diventata un’Inquisitrice…” Altra non-domanda, faceva sempre così. Pontificava, non chiedeva.
    “E allora? La cosa ti sorprende?” La mia voce era carica di asprezza.
    Pareva avesse abbassato la guardia, per un momento, stupito da una simile verità.
    Non mi sarei persa in chiacchiere. Lui avrebbe avuto la stessa sorte di tutti gli altri Jedi finiti sotto la mia lama. Non mi importava che fosse stato mio amico. Mi aveva tradito aveva proseguito come se nulla fosse.
    Armai di nuovo la mia spada e lo attaccai con forza e precisione. Lui schivò il mio attacco e si avvicinò a Kara. Lo notai mentre la osservava intensamente, ma non era intenzionato ad attaccarla, anche se lei non era ancora pronta a difendersi.
    “Kara, testarda! Perché diavolo ti sei impelagata in questa battaglia se non eri ancora pronta?!
    Non diedi tempo a Shay di contrattaccare, ma si difese dai tutti i miei affondi. Era molto veloce e non sembrava affannato o stanco. Sentivo la Forza scorrere in lui con grande impeto, però, per me era la stessa identica cosa.
    Non ero più la ragazzina inerme, che non poteva ribellarsi apertamente. Adesso avevo tutte le carte in regola per riprendermi la mia rivincita.
    Non gli davo tregua e notai subito che lui continuava solo a parare o schivare.
    “Perché non attacchi eh? Sei sempre il solito codardo!”
    “Non approvavi i metodi dell’Ordine, li consideravi crudeli, ma non hai perso tempo a venderti al Lato Oscuro. Ti fa stare bene uccidere i tuoi simili?” voleva destabilizzarmi, ma non glielo avrei concesso. Conoscevo bene i loro trucchi.
    “Mi dispiace deluderti, ma io non sono come voi… non più! Almeno i Sith non si nascondono dietro paraventi di Giusto e di Bene. So chi sono loro e ho accettato di incanalare la mia Forza in una causa che posso gestire. Per me chiara e diretta.”
    Non avevo remore e non avevo dubbi. Tra gli Inquisitori avevo trovato una famiglia.
    “Non fanno altro che manipolare il tuo cuore, usando la tua collera, per sfruttare il tuo immenso potere.”
    Ci muovevamo in perfetta sincronia ed equilibrio.
    “Non è più il momento dei proseliti, Jedi. Forse avresti dovuto tentare di essere più convincente prima che ci separassimo per sempre!” Ero furiosa… mi lasciai distrarre per un attimo e mi sentii sbalzare via da un campo di forza.
    Caddi in equilibrio vicino a Kara. Si era ripresa completamente e stava sincerandosi del mio stato.
    “Stai bene?” mi chiese.
    “Tutto a posto. E tu, la prossima volta, evita di fare l’eroina testarda e resta in seconda linea…” La ripresi, preoccupata. Lei aveva capito benissimo a cosa mi stavo riferendo.
    Non attesi che Shay potesse avvicinarsi oltre e mi lanciai di nuovo all’attacco. Fino ad ora avevamo solo giocato. Un affondo incrociato di due Inquisitrici in contemporanea gli sarebbe stato del tutto fatale. Era giunto il momento di fare sul serio.
     
    Top
    .
  3.     +2   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Annarita
    Posts
    279
    Reputation
    +667

    Status
    :Shay:
    Non me lo sarei mai aspettato. Mai, avrei pensato che un giorno mi sarei trovato di fronte Barris, la mia amica Barris, nei panni di una Inquisitrice. La rabbia con cui aveva rotto ogni rapporto col sottoscritto, ma non solo, era lì, mal sopita, bruciante come non mai. E la scaricò tutta addosso a me.
    Non ebbi problemi a schivare i suoi colpi fisici, sapevo bene come ritorcere quei sentimenti incontrollati contro il mio avversario senza farmi neppure sfiorare. Ma c’erano troppi dettagli che attentavano alla mia calma, alla mia razionalità. L’altra Inquisitrice… il suo volto… Non poteva essere.
    Non riuscivo a distogliere l’attenzione dall’altra, mentre Barris attaccava e attaccava, nel tentativo di farmi arretrare… le avevo parlato, ma le mie sillabe non avevano sortito alcun effetto, come acqua sull’olio erano scivolate via per perdersi nell’abisso del suo rancore.
    E io? Cosa provavo? Non era il momento giusto per analizzare i miei sentimenti, eppure, la tentazione era prepotente. Anni prima, quando io e la sorella padawàn Ashoka Tano avevamo salvato la vita a Barris non immaginavo che il nostro rapporto di profonda amicizia sarebbe evaporato così in fretta. Ashoka era sempre stata un tipino tutto pepe e divertente, l’unica – con la sua irriverenza – capace di strapparmi un sorriso. Barris al contrario, non era una gran chiacchierona – proprio come me – ma insieme alla sua amica erano un duo unico, molto affiatato, capace di rimanere a parlare per ore fino a quando le palpebre non chiedevano pietà per la stanchezza. Io ero un terzo componente arrivato un po’ per caso, una sorta di ago della bilancia che ammansiva Ahoka nei momenti di maggior esuberanza e spronava Barris ad aprirsi di più al mondo quando tendeva a rimuginare in se stessa. In un certo senso, avevo avuto un legame intenso con entrambe, quasi di simbiosi, come se in ognuna di loro riconoscessi una parte di me stesso e grazie a loro fossi riuscito a comprendermi meglio.
    Tuttavia, uno shock più grande si era presentato alla mia mente, colpendomi al pari di uno scudiscio! Cosa diamine ci faceva una Inquisitrice con gli stessi lineamenti di Kayra? È vero, i capelli erano diversi così come l’espressione, ma il suo viso era identico a quello della mia padawàn… o almeno di colei che consideravo tale. Una giovane senza un passato, in cerca di quello stesso passato.
    Niente, non avevo alcun parametro per trarre conclusioni, né avrei potuto semplicemente chiedere informazioni visto che – durante le mie placide elucubrazioni – le mie due avversarie si erano rimesse in piedi ed erano pronte a farmi fuori.
    Ebbi quasi la tentazione di sorridere di fronte al paradosso in cui ero precipitato: da un lato la mia ex migliore amica che mi odiava a morte, dall’altro una Inquisitrice con la stessa faccia dell’unico essere a cui tenevo al mondo… entrambe ben intenzionate a togliermi di mezzo.
    Presi un respiro profondo e mi concentrai solo sulla battaglia. Non avevo altra scelta, almeno per il momento. La mia spada laser fendette l’aria, cozzando e creando scintille con le loro. La furia che mettevano in ogni affondo era micidiale, tanto che più di una volta rischiai di perdere la presa sulla mia elsa per il contraccolpo. Dovevo trovare una soluzione… e in fretta anche. Potevo quasi sentire le parole rimbrottanti di Kayra nelle mie orecchie: “Te l’avevo detto che non saresti dovuto andar da solo…!”
    Durante lo scontro, ci eravamo inevitabilmente spostati nella zona di carico e scarico di centinaia di container. Con ogni probabilità, lo scopo delle due donne era quello di allontanarmi dall’hangar che stavo tenendo sotto controllo al momento del loro attacco. Avevo intuito cosa stessero facendo lì dentro e non mi stupiva il fatto che ci fossero dei Sith così in alto in grado a protezione del progetto segreto.
    L’unico lato positivo di tutta quella faccenda era che, portandomi in una zona con tanti punti ciechi, mi avevano servito sul piatto d’argento una possibilità di fuga.
    E fu allora che misi in atto il mio piano, elaborato in pochi secondi e più suicida che mai!
    Lasciai che la spada laser di Barris si abbattesse di striscio sulla mia spalla. Non so perché, ma avevo la sensazione che il solo fatto di colpirmi avrebbe bloccato per qualche attimo la mia avversaria. In realtà non desideravo conoscere la ragione, se per lo sgomento o per il trionfo, ma si verificò. In quel singolo istante di esitazione, in cui fu di conseguenza coinvolta anche la sua compagna, mi volatilizzai aumentando la vibrazione delle molecole di Forza che mi scorrevano in corpo. Lo sforzo fu immenso e il dolore della ferita non aiutò molto. Infatti, riuscii ad allontanarmi solo di pochi metri e poi… beh, poi mi misi a correre come se avessi l’Oscurità incarnata alle calcagna ed ero certo di non essere poi così distante dalla realtà.
    Sentivo il sangue scorrere lungo il braccio e di sicuro stavo lasciando una bella scia scarlatta dietro di me, ma non mi illudevo che le Inquisitrici avessero bisogno di quelle tracce per scovarmi. Loro potevano “sentirmi”. Così, iniziai a cambiare spesso percorso nel labirinto di container in cui ero finito, cercavo di disorientarle, con la bruttissima sensazione di star procedendo in direzione opposta a dove avevo nascosto la mia nave. Che disdetta!
    Cercai di restare calmo, di riflettere il più lucidamente possibile e poi… poi feci quello che facevo sempre quando la situazione sembrava disperata. Quello che avevo fatto quando le macerie del Tempio mi erano crollate addosso. Mi affidai alla Forza.
    Così, quasi come se l’Universo avesse deciso di darmi una risposta “forte e chiara”, all’ennesima svolta dell’ennesimo container, andai a sbattere dritto dritto contro qualcosa. O meglio, qualcuno. E non fu piacevole. No, avevo la sensazione di essermi scontrato con un muro di acciaio… e anche questa volta, non mi ero allontanato molto dalla realtà. Iniziavo a scocciarmi di avere sempre ragione!
    Un individuo di fronte a me, che sembrava un Mandaloriano dall’armatura, mi puntava con il suo bluster ed era pronto a fare fuoco… Qualcuno al suo fianco, una voce femminile ma che non fui in grado di ricondurre a nessun corpo, perché interamente celato dall’energumeno di fronte a me, disse delle parole che mi gelarono il sangue: “Boba, fallo fuori, presto! Dobbiamo andare, tra due minuti salterà tutto in aria!”
    O santi Numi! In che guaio ero andato a infilarmi? La Forza sapeva essere ironica a volte. Eppure, se aveva messo questi due sulla mia strada, dovevano necessariamente essere il mio passaporto per la salvezza, perciò decisi di trattarli come tali.
    “Fermo, non sparare!” alzai il braccio non ferito in segno di pace, ma non utilizzai i miei poteri per levargli l’arma dalle dita. Volevo la loro fiducia, anche se parziale, non la loro paura. “Ovunque stiate andando – ed è ovvio che state scappando come me – portatemi con voi, non ve ne pentirete!” Li fissai intensamente. La donna fece capolino, coperta anche lei da uno strano casco, aveva fretta… fretta di liberarsi del peso che stavo rappresentando.
    “Non possiamo permettercelo! Boba!”
    Intanto, potevo percepire altre forze nemiche in avvicinamento… non c’erano solo le Inquisitrici sulle mie tracce, ma anche i tizi a cui i miei prescelti salvatori stavano facendo qualche rappresaglia.
    “Stanno arrivando, i miei e i vostri nemici. Non voglio farvi del male…” Un flash mi colpì, occhi e mente, costringendomi a interrompere la mia arringa, una sensazione terribile mi contorse le viscere. Una premonizione, anche se troppo ravvicinata. Un solo secondo dopo, una raffica di proiettili di una mitragliatrice di grosso calibro partì alle mie spalle e io non ebbi altra scelta. Ero ancora in ginocchio, dopo lo scontro con l’armatura mandaloriana, mi voltai sul mio stesso baricentro e alzai entrambe le braccia. Il dolore alla spalla fu lancinante e rischiai quasi di perdere la concentrazione. Strinsi forte i denti attorno al labbro inferiore e mi costrinsi a restare immobile. Creai così un campo di forza attorno a me e ai due subito dietro di me, che non avevano ancora avuto il tempo di realizzare ciò che stava accadendo. I proiettili che avrebbero dovuto crivellarci a morte furono rimandati indietro con la stessa intensità, creando scompiglio tra le fila avversarie. Speravo che anche le Inquisitrici stessero avendo diversi problemi con cui districarsi, primo fra tutti la necessità di non farsi riconoscere dai nuovi venuti!
    Ciò nonostante, non rimasi lì a constatare i danni. Mi voltai verso l’uomo dall’armatura mandaloriana e la donna dall’energico caratterino, ben conscio che gli istanti erano a dir poco contati.
    “Allora? Fate strada verso la vostra nave o preferite rimetterci le penne?”
    La donna scosse il capo rassegnata, forse percependo nel linguaggio del corpo del suo compagno di avventure, quale sarebbe stata la sua risposta. “Va bene, andiamo!” Il suo sbuffo successivo me ne diede la prova. Erano una strana coppia quei due. Che incontri assurdi avevo fatto nell’ultima mezz’ora… ma ci sarebbe stato tempo per le riflessioni, adesso era arrivato davvero il momento di… correre!


    Edited by KillerCreed - 4/3/2022, 20:25
     
    Top
    .
  4.     +2   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Love GDR

    Group
    Cristina
    Posts
    16,698
    Reputation
    +1,392
    Location
    Mandalore

    Status
    :Boba:
    Diventare Daimyo di Mos Espa era un obbiettivo raggiunto che credevo mi avrebbe donato decisamente molta più soddisfazione di quanto in realtà provassi. Non è che non apprezzassi o non ero lieto di aver reso l'insediamento sicuro, donando così ai suoi abitanti serenità e tranquillità, molto semplicemente era che proprio ciò a me invece rendeva inquieto.
    Sarà che fin da bambino avevo vissuto di avventure, più necessarie che cercate. Ero fomentato dall'ira e dalla frustrazione di aver perso mio padre e la voglia di vendetta mi aveva oggettivamente dato uno scopo che più era difficile da realizzare e più oggettivamente mi donava quel fuoco necessario per andare avanti. Poi era arrivato il lavoro come Cacciatore di Taglie, gli incarichi per l'Impero, fino alla mia apparente dipartita e la mia successiva rinascita con i Tusken. Vendicare loro era stata l'ennesima sfida che aveva fatto ardere il mio sangue, come poter finalmente prendere il posto di Jabba The Hutt. Ciò che cercavo era la realizzazione per finalmente poi riposare e vivere una vita senza più conflitti, risentimenti e vendette, ma di fatto ogni volta che mi trovavo nella situazione in cui questo si realizzava cercavo un nuovo motivo per combattere, per essere sempre in movimento e trovare un ennesimo obbiettivo da realizzare.
    Era forse la ricerca costante di qualcosa che nemmeno io sapevo cosa fosse, o forse sì: casa. Se non avessi mai avuto la necessità di vivere una vita come quella che avevo vissuto, probabilmente non avrei mai lasciato il fianco di mio padre apprendendo da lui tutto sui Protettori e le sue radici Mandaloriane. Forse avrei seguito la Via, forse sarei diventato come lui... sicuramente lo avrei fatto avendo sempre un luogo da chiamare casa al suo fianco. Lo stesso era stato per il tempo passato con i Tusken, ma pareva che ogni volta che raggiungevo il vero ed unico obbiettivo per cui mi sarei forse fermato, alla fine era sempre l'unico che mi sfuggiva per le mani costringendomi a rimettermi in movimento.
    Camminavo sovrappensiero perso in questi pensieri. Non era raro vedermi taciturno, non per Fennec. Anche lei non era una chiacchierona, ma poteva diventarlo a fronte dei miei pensieri, gli stessi che ampiamente mi aveva dimostrato non condividere.
    “Spero tu non stia rimuginando di nuovo sull'idea di abbandonare Mos Espa...” sospirò senza nemmeno voltarsi verso di me.
    Ci muovevamo distrattamente tra i banchi del mercato del porto, stavamo aspettando di vedere i Pyke, seguirli verso i container e scoprire quali di essi contenevano La Spezia. Da quel Sistema partiva la Rotta Commerciale di Rimma, la stessa che avrebbe portato La Spezia in ogni angolo della Galassia. Con Fennec avevamo concordato che se volevamo assestare un vero duro colpo al Sindacato dovevamo distruggere il problema alla radice. Avevamo liberato Tatooine da tale commercio, ma non mi bastava. Era l'ennesima sfida, l'ennesima vendetta, ma una volta consumata cosa mi sarebbe rimasto? Cosa avrei fatto?
    Ignorai Fennec fingendo interesse per dei strani futti di una bancarella, prima di alzare lo sguardo e rimanere stranamente colpito da un manifesto che ritraeva una giovane ragazza. Una taglia sostanziosa era riportata sotto il suo viso angelico, mi bastò spostare lo sguardo per vedere un manifesto simile di fianco a quello che avevo appena scorto. Gli occhi da sotto il casco saettavano l'uno dall'altro con interesse. Stesso volto, ma committenti diversi: Nuova Repubblica e.… qualcuno di misterioso, ma sicuramente molto ricco per poter offrire tali cifre.
    Fennec sembrò notare il mio interesse, dopo aver ignorato la sua domanda e quasi mi parve vederla alzare gli occhi al cielo, prima di rivolgere il suo capo coperto dal casco verso di me.
    “Che interesse dovremmo mai avere nel cercare una Sith? Certo la paga è buona, ma... sei un Daimyo e la stessa cifra possiamo farla in poco tempo con i tributi...”
    “Ma non sarebbe altrettanto eccitante no?” chiesi con il mio solito tano calmo ma velato di un certo spirito.
    “Non capisco perché ti faccia così ribrezzo un po' di calma e soldi facili...” borbottò lei. Sapevo che nonostante il nostro discorso era momentaneamente rimandato, e lei avrebbe avuto ancora ampiamente avuto da ridire, mi avrebbe seguito anche in quell'avventura.
    Appena notammo i Pyke mi affrettai a strappare i due piccoli manifesti malconci e dopo essermi malamente cacciati nell'armatura mi affrettai a seguire la mia compagna. Lei si sarebbe mossa furtiva da sopra i container, io avrei seguito i Pyke via terra.
    La missione filò liscia come l'avevamo programmata, ma un imprevisto era sempre dietro l'angolo e si manifestò con la presenza di quel... Jedi? Ne esistevano ancora? E davvero ci aveva appena aiutato? Non mi fidavo di loro, ma in quel momento non mi dispiaceva avere un po' di quella loro stregoneria dalla mia, visto e considerato che era la stessa che ci stava permettendo di raggiungere la Slave I e decollare.
    “Devi smetterla di raccogliere qualsiasi randagio troviamo!" sbottò Fennec togliendosi il casco e mettendosi alla guida, mentre io facevo lo stesso e sorridevo sornione senza risponderle.
    Da fuori ci stavano ancora sparando addosso, mentre lo Jedi avanzava la richiesta di poter mandare un messaggio attraverso il nostro centro di comunicazione della nave. Gli detti il permesso, mentre al fianco di Fennec pilotavo per andarcene il prima di lì e con meno danni possibili.
    "Portaci a casa Fennec, poi decideremo che farcene del nostro ospite..." sussurrai alla donna al mio fianco, mentre il Jedi era ben distante da noi alle nostre spalle.


    ᴄᴏɴᴛɪɴᴜᴀ ǫᴜɪ: 𝐒𝐩𝐚𝐳𝐢𝐨



    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 16/10/2022, 20:43
     
    Top
    .
3 replies since 13/2/2022, 18:39   97 views
  Share  
.