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Ithor

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    Roberta
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    Destinazione Ithor. Missione: riportare a casa due amici di vecchia data della Ribellione. Un medico e un'infermiera che ci avevano aiutato a curare Amylin e Jyn. Non era prudente avvalersi dei corridoi ufficiali come ospedali o dottori della Nuova Repubblica. Avrebbero fatto troppe domande per un evento che sarebbe stato meglio tenere segreto.
    Amylin se l'era cavata con poco, grazie proprio a Jyn, che aveva messo a rischio la sua vita per salvarla.
    Per fortuna, anche lei era sulla via del recupero e non avevamo più bisogno dell’assistenza medica. Avevano fatto un enorme lavoro e gli ero davvero molto grata.
    Avevo approfittato di quella breve missione ufficiosa per portare con me Jacen.
    Non avevamo molto tempo per stare insieme, ma facevo del mio meglio per ritagliarmi momenti preziosi che, sapevo, sarebbe stato difficile recuperare.
    Era tutta la mia vita ed ero ben intenzionata a dargli il meglio che potevo. Si trovava al mio fianco ed era molto eccitato per la nostra uscita fuori programma.
    Non smetteva un attimo di parlare, menzionando una lista di tutte le cose che avrebbe voluto fare una volta giunti a destinazione. La parlantina spiccata l’aveva presa da me. Suo padre era un tipo più riflessivo e taciturno. Ogni volta che lo guardavo, il volto e gli occhi di Kanan si disegnavano nella mia mente e una forte malinconia mi avvolgeva.
    Perdevo il senso dello spazio e del tempo, mi immergevo in un vortice di ricordi e di emozioni tanto fitte da opprimermi il petto.
    “Mamma, tutto ok? Hai di nuovo gli occhi tristi?”
    Di colpo, distolsi lo sguardo dal panorama dell’iperspazio e lo fissai su mio figlio. Lui sapeva sempre cosa pensavo e cosa provavo. La Forza scorreva forte in lui, così mi aveva detto Luke, e anche io potevo percepirlo dai suoi atteggiamenti, dalle sue abilità. Sembrava più grande dell’età che aveva e la sua espressione era identica a quella Kanan, nonostante fosse ancora così piccolo.
    “Va tutto bene, amore. Solo un po’ di malinconia, ma è già passata! Tutto merito tuo!” Risposi con un sorriso smagliante e accarezzandogli i capelli.
    Non gli avevo mai mentito.
    Era a conoscenza di ogni dettaglio del nostro passato e di quello che era accaduto a suo padre. Doveva essere fiero e orgoglioso di essere chi era.
    Sebbene io avessi sempre mostrato il mio lato forte e temerario, lui conosceva anche i miei momenti di debolezza, unicamente legati alla perdita e alla mancanza del mio unico e grande Amore.
    Osservare la sua gioia e intraprendenza era la cura al mio dolore. Era la stella che illuminava le mie giornate, anche quando credevo che l’oscurità potesse dominare.
    “Sono certo che starai bene, mamma. So che papà ti manca, ma devi sapere che lui è sempre qui con noi. Io lo sento. Vorrei potessi farlo anche tu.”
    Nessuna nuvola oscurava il suo sguardo e un leggero sorriso illuminava tutto intorno.
    “Anche io lo vorrei tanto, ma va bene anche così. Sono felice che tu possa percepire papà. È giusto così. gli accarezzai una guancia.
    “Stai tranquillo, io sto bene e oggi ci divertiremo un sacco. Porteremo a destinazione i nostri passeggeri e poi saremo solo io e te. Ok?”
    Lui annuì entusiasta, riprese a parlare di un sacco di cose e la sua voce fu come un balsamo per il mio cuore ricoperto di cicatrici.

    Dopo aver accompagnato alle proprie case i nostri amici, ci dirigemmo nel centro della città. Sapevo che avevano allestito un parco giochi in occasione di una festa locale.
    Avevamo fatto un patto con Jacen: giochi e dolci, solo per oggi.
    Domani sarei potuta tornare ad essere la madre protettiva e intransigente di sempre.
    C’era una ressa pazzesca e camminare senza inciampare era arduo.
    Jacen non lasciarmi la mano, intesi? È facile perdersi con tutta questa calca. Sentivo l’ansia iniziare a serpeggiarmi sotto pelle. Era tipico di me. Odiavo non avere tutto sotto controllo e il solo dubbio che potesse accadere qualcosa di imprevisto mi metteva in agitazione.
    Ci eravamo messi in fila per acquistare dei dolcetti, non si riusciva a vedere neppure lo stand che li vendeva.
    Scalpitavo. Avrei voluto fuggire via da lì, ma mi ammonii: non dovevo sempre esagerare.
    “Jacen, è meglio spostarci da qui. Troviamo un posticino meno affollato e saliamo su qualche giostra. Nel frattempo che tu fai un giro, ti prendo qualcosa da ma…” Non feci in tempo a finire la frase, che un gruppo di persone ci franò addosso.
    La mia mano si strappò con violenza da quella di Jacen e rimasi incastrata sotto un paio di corpi. Dovevano essere ubriachi o non so cosa. Sbiascicavano le parole e ridevano a crepapelle.
    “Jacen mi senti? Dove sei? Non ti allontanare. Sto arrivando…” urlai, imponendomi di non entrare nel panico, tentai di liberarmi da quei pesi molesti.

    Jacen si alzò da terra un po’ stordito. Un gran polverone impediva la visuale e non aveva idea di dove si trovasse. Troppa gente si accalcava davanti a lui e non riusciva a individuare sua madre. Non era preoccupato. Sapeva che l’avrebbe rivista, piuttosto era in pensiero per lei. Avrebbe dato di matto se non l’avesse trovato subito.
    Si stava scrollando dalla polvere, quando un ragazzino più alto gli andò addosso e lo spinse con forza. Aveva tra le mani un bambino più piccolo che piangeva disperato, supplicava di essere lasciato in pace.
    Jacen, che non sopportava i prepotenti, non ci pensò due volte. Si intromise.
    “Hey, sei sordo? Ha detto di lasciarlo andare!” disse, scoccando uno sguardo di sfida.
    “E chi saresti, nanerottolo? Non ti impicciare, sennò troverai guai anche tu!” Una risata perfida gli attraversò le corde vocali.
    “Secondo me hai tu voglia di guai. Lascialo stare!”
    Allora il giovane strattonò il piccolo e lo lanciò poco distante. Il bimbo, nonostante il dolore per la caduta, si rialzò zoppicante e fuggì a gambe levate.
    Jacen tirò un sospiro di sollievo. Almeno il bambino si era messo in salvo. Adesso doveva capire come tirarsi fuori da quell’impiccio.
    Il suo avversario, fece spavaldamente segno ad altri tre amici di avvicinarsi e circondarono Jacen.
    “Siete troppo vigliacchi per battervi uno per volta? Grandi e grossi come siete…” Era spacciato. Cercava di far leva sul loro orgoglio per battersi equamente, ma era evidente che non ne avessero, perché piano piano stavano stringendo il cerchio su di lui. Non poteva usare i suoi poteri. Era un apprendista Jedi. Avrebbe potuto metterli KO facilmente, ma gli era stato proibito usare la Forza in pubblico. Non lo avrebbe mai fatto. Non voleva mettere in pericolo quello che rimaneva dell’Ordine e che faticosamente si stava rimettendo in piedi.
    “Qualcosa non va… questo scontro mi sembra alquanto sleale… Non vi pare?” Una voce tonante sopraggiunse alle spalle di Jacen. “Perché non andate a fare un giro?Non è male qui…” Era chiaro che il consiglio che aveva appena dato, non era tale, ma un chiaro monito a sparire. E i bulletti non persero tempo e fuggirono rapidi. L’aspetto dell’uomo era fin troppo inquietante per rischiare oltre.

    Appena riuscii a liberarmi da quella massa umana informe, mi misi alla ricerca di Jacen. Non poteva essersi allontanato troppo.
    Razionalmente sapevo che era in grado di cavarsela, ma immaginarlo anche solo potenzialmente in pericolo, mi agitava in un modo che faticavo a controllare. Dovevo trovarlo.
    Avvistai la sua singolare capigliatura verde oltre la folla e mi affrettai a raggiungerlo. Era in compagnia di uno strano figuro.
    “Jacen! Ti ho trovato. E lei chi sarebbe? Si allontani subito da mio figlio.” gli parlai con astio, spostando malamente la mano che teneva appoggiata sulla sua spalla.
    Aveva un bizzarro turbante che andava a coprire anche il volto. Solo gli occhi erano visibili e mi trasmisero una sensazione di allarme, ma allo stesso tempo, non di pericolo imminente.
    “Aspetta mamma, non è come pe…” Lo sconosciuto approfittò di un minuscolo attimo di disattenzione per fuggire via. Si dileguò felino in mezzo alla folla. Il mio primo istinto fu quello di seguirlo, ma la mano di Jacen stretta nella mia mi convinse a desistere. Feci uno sforzo enorme a lasciarlo andare. Avrei voluto sapere molto di più su di lui. “Mi ha salvato mamma, non voleva aggredirmi!” la sua voce mi riportò alla realtà.
    “Salvato? Che cosa stavi combinando? Ti ho detto mille volte di essere prudente…”
    “Ehm…veramente un bambino aveva bisogno di aiuto e… mi sono messo in mezzo. Ma loro erano troppi… e allora quel signore mi ha aiutato.”
    Facevo bene a preoccuparmi, perché lui era riflessivo di carattere, ma di fronte alle ingiustizie, non riusciva a trattenersi. E finiva sempre per rischiare grosso.
    “Non avevo dubbi che ti saresti messo in mezzo. Ma per una volta, puoi pensare anche ai rischi? So che vuoi aiutare chi ne ha bisogno e questo ti fa onore, ma sei ancora un bambino e i pericoli sono tanti. Adesso andiamo a casa… è meglio così per oggi.” lo guardai con intensità. Lui annuì triste. Ero certa che avesse compreso il senso delle mie parole e sperai le avrebbe messe anche in pratica.
    Non potevo neppure paventare l’eventualità di perderlo. Già vivevo con un cuore a metà, Kanan lo aveva portato con sé. Ma se anche Jacen mi avesse lasciato, sarei morta insieme a lui, perché senza cuore non si può vivere.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 25/3/2024, 20:10
     
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