Flashback #3: Mars

Season 1

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  1. Alexandra Duval
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    Tornare a casa. Il mio viaggio era iniziato così. Un viaggio che mi stava cambiando più di quanto avrei mai immaginato. Persino il pensiero di tornare su Nettuno, rivedere la mia casa, la mia gente, era cambiato dal giorno in cui avevo abbandonato per sempre la Luna.
    Vivere sulla Luna mi aveva cambiata più di quanto avessi immaginato. Un tempo vedevo solamente il bene nelle persone ora non più. Ora l’unica cosa che vedevo era qualcuno che volevo calpestare.
    Noi non abbiamo bisogno di nessuno. Noi diventeremo potenti.
    Si il potere. Era questo che desideravo. Ero stanca di essere l’eterna seconda. Ero stanca di vedere il posto che mi spettava venirmi sottratto da persone che non lo meritavano. Era successo troppe volte. Troppe volte mi avevano messo da parte preferendo un’altra ragazza. Ora la cosa mi aveva davvero stancata e l’ultimo affronto subito su Mercurio aveva solamente peggiorato il mio già pessimo umore.
    Non dobbiamo avere pietà per nessuno. Nessuno ci merita.
    Ormai quelle parole le sentivo costantemente, proprio come sentivo il mio lato oscuro avere la meglio. Ogni giorno diventava sempre più difficile poterlo gestire, e francamente non mi andava nemmeno di nascondere ciò che mi avevano spinta ad essere.
    Ormai non ero più la ragazza ingenua partita da Nettuno alla ricerca di un’opportunità. Ora io volevo solamente quel potere che più di una volta mi era stato negato. Prima sulla Luna e dopo su Mercurio. Persino lì erano stata messa da parte per permettere alla figlia dei sovrani di entrare nell’Accademia Sailor. Avevo subito un nuovo affronto. Ancora una volta, ma presto tutto questo sarebbe finito.
    Noi diventeremo potenti.
    Ma nonostante tutto, non volevo arrendermi, volevo il mio posto tra le Sailor. Lo meritavo più di tante altre ragazze ed ora avevo quella forza che mi avrebbe aiutato a raggiungere il mio obbiettivo.
    Noi diventeremo potenti.
    «Si quando sentiranno pronunciare il nostro nome tutti tremeranno» - mormorammo per un attimo camminando per una stradina quasi deserta. Finalmente su Marte potevo avere quel po’ di pace di cui avevo bisogno. Ancora pochi giorni ed avrei potuto continuare il mio viaggio verso casa.
    Un viaggio che stava diventando troppo lungo.
    Stavo pensando proprio al mio pianeta, quando sentii una voce menzionare una prova alle quali su Marte venivano sottoposte le aspiranti Sailor, tra cui, guarda un po’ il caso la figlia dei regnanti. Questa volta non mi sarei fatta scrupoli. Avrei battuto tutte quelle nullità e così facendo avrei ottenuto un posto tra le Sailor, ma nel farlo dovevo prima di tutto scoprire in cosa consisteva tale prova. Una cosa da nulla, dovevo solamente drizzare le orecchie ed ascoltare le baggianate che dicevano e con un po’ di fortuna avrei ottenuto l’informazione che cercavo.


    Edited by Señora Acero¸ - 1/9/2017, 12:04
     
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    Finalmente il giorno che tanto avevo atteso era arrivato. La prova per diventare Sailor si sarebbe svolta a breve e io avevo tutta l’intenzione di superarla. Avrei surclassato tutte le altre aspiranti.
    Sarei diventata una Sailor.
    Da che mondo è mondo, c’era sempre stata una Sailor in ogni generazione della mia famiglia, l’ultima delle quali mia madre. Io non avrei fatto eccezione, non avrei interrotto quella che ormai era una tradizione.
    Fin da piccola il mio sogno era stato quello di essere una Guerriera, esattamente come mia madre: potente, coraggiosa, fiera e fonte d’orgoglio per il mio popolo. Per questo mi ero allenata sempre e duramente, arrivando a fine giornata stanca ed esausta, ma contenta per tutti i progressi fatti. Avevo imparato ad usare l’arco e la balestra, a combattere corpo a corpo e con la spada, a padroneggiare il mio potere in poco tempo, perfezionandomi sempre di più, unicamente per quel momento.
    Più determinata che mai me ne stavo lì, in mezzo alle mie avversarie, ad ascoltare in cosa consisteva la prova che avremmo dovuto affrontare.
    A quanto pareva erano scomparse delle navicelle nei pressi di uno dei satelliti del mio pianeta, Phobos, ed il nostro compito era quello di ritrovarle e scoprire l’artefice di quel mistero.
    Quella prova però non era altro che una scrematura delle allieve, perché chi falliva la missione sarebbe stata espulsa dall’Accademia.
    Io non avrei fallito. Avrei risolto il caso. La perdita non la consideravo minimamente. Rifiutavo categoricamente l’idea.
    Io Ares, figlia di Zeus e Hera, non conoscevo la sconfitta, solamente la vittoria.
    Sin dalla mia nascita avevo sempre vinto, che fosse stato in combattimento o in gioco, sempre grazie alle mie capacità e non alla mia posizione sociale.
    Non avrei permesso a nessuno di battermi.
    Una volta chiamate, una dopo l’altra, ci augurarono buona fortuna e ci inviarono incontro al nostro destino.
    Percepivo una grande energia fra le presenti, a qualcuna che non ricordavo fosse un'allieva. Avevo scoperto si chiamasse Eris e la sua determinazione era pari alla mia, qualcosa che mi colpì oltre ogni misura. Ero forse superba, ma non avevo considerato nessuna delle altre al mio livello e convinta quanto me, ma lei... lei era diversa. Era lei la mia rivale, lo capii dallo sguardo che ci scambiammo.
    Mi dispiaceva per lei: avrebbe perso.
    Tornai a concentrarmi sulla donna che diede il via alla competizione e senza pensarci oltre mi ci buttai a capo fitto.
    La sfida finalmente aveva inizio.
     
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  3. Alexandra Duval
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    Ero cresciuta sapendo che da qualche parte i miei genitori, o meglio quei due esseri indefiniti e privi di scrupoli, vivevano una vita felice con quella che ritenevano la loro o i loro figli perfetti. Proprio così, un paio d’ore dopo la mia nascita ero stata abbandonata. Secondo le credenze di questo stupido pianeta l’essere imperfetti significava non meritare di vivere, io però ero sfuggita a quel destino ed ero cresciuta amata da una giovane coppia di Nettuno. Nettuno aveva visto i miei primi passi ed ascoltato la mia prima parola. Io ero un’abitante di Nettuno, non avevo niente a che fare con Marte.
    Marte ci ha rifiutate, ma noi piegheremo questo mondo ai nostri voleri.
    Questo pianeta cesserà di essere ciò che è, e con lui i suoi abitanti, per diventare ciò che noi desideriamo.
    Hera assaggerà il sapore della sconfitta e con lei Zeus.
    Noi vinceremo la prova ed entreremo a far parte delle Sailor.

    In quel momento ero determinata a dimostrare tutto il mio valore. Ero stanca di vedere quanto la gente mi vedesse per quel granello di sabbia che non ero. Io ero una montagna e presto, molto presto l’avrei dimostrato. Eppure c’era una persona in mezzo a tutte quelle nullità che attirava la mia attenzione. Non perché avessimo in qualche modo dei geni in comune, ma per la sua miserabile vita. Lei era cresciuta su questo molto ed era stata costretta ad accettare le regole che guidavano questi poveri essere. Io invece ero stata salvata da tutto questo, ma non per questo mi sentivo grata, verso coloro che mi avevano ripudiata. Sarebbe stata la loro figlia a pagare per le loro colpe e strano a dirsi, provavo quasi della co … no io non provavo niente. Io ho smesso di provare qualunque tipo di sentimento per il genere umano.
    *Noi non proviamo compassione. Provare pietà e da deboli. *
    Avere dei sentimenti significa, lasciare che ci feriscano. Io non volevo che questo accadesse ancora, troppe volte ero stata calpestata. Troppe volte mi era stata preferita questa o quella persona. Ora volevo essere io a fare il bello ed il cattivo tempo e se nel farlo dovevo calpestare la figlia delle persone che avevano contribuito a rendermi ciò che sono ora, l’avrei fatto senza rimpianti.
    Umiliarla sarebbe stata la mia vendetta. Dimostrare a coloro che mi avevano ripudiata, che la loro perfetta figlia, non era ciò che loro volevano sarebbe stata la mia vittoria.
    Ora però dovevo trovare chi rubava le astronavi, prima di chiunque altro. Lei sola poteva arrivare alla soluzione dell’enigma e nel farlo non si sarebbe fermata per nessuno ed anzi era prontissima a calpestare chiunque si fosse mezzo in mezzo tra lei e la soluzione della prova.
    *Non ci fermeremo finché non avremo scoperto cosa sta succedendo.*
    Già, noi, ma una parte di me, ormai era persa per sempre. Non ero più io. Guardandomi indietro vedevo una persona diversa da quella che aveva lasciato la Luna pochi mesi prima ed ero felice, ma al tempo stesso ero spaventata, da ciò che stato diventando.
    Io non volevo fare del male a nessuno.
    Io volevo vedere l’umiliazione nello sguardo di Ares.
    Io non volevo che nessuno soffrisse come avevo sofferto io.
    Io volevo percepire il dolore per la sconfitta.
    Io volevo vincere. Io dovevo vincere e per farlo ero disposta a tutto ed ora avevo il potere necessario per arrivare alla soluzione dell’enigma prima di chiunque altro.
    Già pregustavo il momento in cui finalmente sarei stata ammessa tra le Sailor. Non volevo nient’altro, se non quel posto che mi sfuggiva di mano, nell’instante in cui pensavo di poter finalmente essere felice almeno per una volta.
    Ottenuto il segnale di inizio della prova non ci pensai su due volte e voltate le spalle alle altre concorrenti mi avviai verso il mio destino di vittoria.
    Salire su una navicella diretta proprio verso uno dei satelliti naturali di Nettuno, fu quasi una passeggiata. Certo dovevo restare nascosta fino a quando la navetta non avesse raggiunto Phobos, ma a parte questo non avevo niente da temere.
    C’era solamente una cosa che non capivo. Quel’era quel capitano tanto stupido da voler sacrificare la propria nave, per aiutare delle ragazzine che a conti fatti potevano tranquillamente fallire la loro prova. Lui avrebbe perso la sua nave nelle migliori delle ipotesi, e naturalmente la vita. Marte era un pianeta che proprio non avrei mai compreso, ed ero grata per non essere cresciuta qui.
    Intanto il viaggio proseguiva senza problemi e persino intrufolarmi tra i passeggeri fu una passeggiata. Avevo quasi la sensazione che nessuno mi vedesse e dovevo ammettere che la sensazione mi piaceva. Ero libera di vedere ed ascoltare tutto ciò che desideravo, quanto agli altri, erano troppo occupati per notare una ragazzina solitaria.
    Ancora poche ore e sarei arrivata su Phobos. Poche ore e questo stupido gioco sarebbe finito.
    Poche ore ed avrei giustamente ottenuto quel posto che meritavo. Si poche ore e la mia vita sarebbe cambiata.


     
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    Iniziata la prova non persi tempo.
    Salii immediatamente sulla navicella diretta su Phobos. Ci dissero che il viaggio sarebbe durato poche ore.
    A me sembrò un tempo infinito.
    Ero impaziente.
    Volevo arrivare subito su quel satellite e risolvere il caso. Pregustavo l'adrenalina che provavo ogni volta che mi ritrovavo davanti a qualche mistero. Da sempre l'occulto e i segreti mi affascinavano.
    Con la mente ero già laggiù, pronta alla vittoria.
    Mi vedevo tornare a casa trionfante, acclamata e apprezzata dal mio popolo, i miei genitori che mi guardano con sguardo fiero, orgogliosi di me. Poi mi vedevo sempre più potente, una paladina della giustizia: una Sailor, anzi la Sailor, la migliore fra tutte.
    Una turbolenza mi fece risvegliare dai miei sogni di gloria.
    Che cosa? È passata solo mezz'ora?! Maledizione! Ma quanto ci vuole ancora!?
    Se avessi potuto avrei spinto io stessa la navicella pur di arrivare più in fretta.
    Non dovevo pensarci, altrimenti sarei impazzita. Mi concentrai quindi sull'esterno, sulla galassia. Il nero assoluto era ipnotico, sembrava in grado di inghiottire in un attimo la nostra navicella. Era come una tela a sfondo nero, imbrattata da un'infinità di colori e luci.
    Le stelle brillavano nel buio, rischiarando l'atmosfera cupa e solenne dell'universo e i rispettivi pianeti.
    Era uno spettacolo straordinario.
    Mi chiedevo sempre come potesse un ambiente così ostile alla vita ospitarla, come potesse essere colorato ma oscuro allo stesso tempo.
    Spostai lo sguardo e vidi allontanarsi pian piano Marte, il mio pianeta, un'enorme sfera rossa. Manifestava esso stesso la potenza e la forza dei suoi abitanti.

    Dopo quella che sembrò un'eternità, finalmente arrivammo su Phobos.
    Come previsto era un luogo deserto e silenzioso. Non c'era vegetazione, solo le rocce e i crateri davano movimento al panorama altrimenti monotono.
    Le altre ragazze si aggregarono a gruppetti.
    Che idiote. L'unico modo per vincere è lavorare da soli.
    E così feci. Mi isolai, mi allontanai dalla mandria di ragazzine impaurite e iniziai ad indagare. Non ci misi molto a trovare una navicella abbandonata in mezzo al nulla.
    Mi incuriosì, e salii a bordo. Chissà, avrei potuto trovare un indizio o incontrare qualcuno a cui fare qualche domanda.
    Invece, man mano che mi addentravo in quel colosso di metallo, un dubbio si concretizzava sempre di più nella mia mente.
    E se questa fosse una delle navicelle da rubare?.
    Se il mio istinto aveva ragione, qualla navicella sarebbe scomparsa a breve.
    Una persona normale sarebbe immediatamente uscita, ma io non ero mai stata normale. Il brivido e l'adrenalina mi piacevano.
    Decisi di rimanere là sopra, così avrei potuto scoprire chi c'era dietro a questi furti.
     
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3 replies since 8/5/2017, 22:53   128 views
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