Nanda Parbat: Ezio's Bedroom

Season 1

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    Il sacco da allenamento oscillava leggermente, quasi in modo accusatorio. Su di esso mi ero sfogato più del solito, tanto che lo avevo lacerato lungo una cucitura fino a far uscire l'imbottitura, ma io non avevo ancora ripreso la mia calma.
    Solitamente, una sessione sfiancante di boxe mi rimetteva in pace con il mondo, però questa volta non era servita a molto.
    Non che fosse strano, dato la confusione e la rabbia che provavo da quando avevo lasciato la cripta sotto al Pantheon.

    Ci era mancato davvero poco che mi scontrassi con Athena, anche se riconoscevo che sarebbe stata la cosa peggiore da fare. Il Frammento di Cristallo mi aveva manipolato facilmente la mente, se non fosse intervenuta Claudia era improbabile che avremmo lasciato quel luogo indenni.

    Lucidamente, non avevo mai pensato che le mie abilità, pur affinate con cura e dedizione, o quelle di qualsiasi degli altri Anziani, fossero sufficienti per fronteggiare una qualsiasi delle guerriere.
    Se nei tempi antichi erano state viste come dee, un fondo di verità in questo c'era: loro ci erano superiori. A meno di non trovare il modo di prevalere con l'astuzia, in un scontro uno a uno avrebbero vinto abbastanza facilmente.

    Ecco uno dei motivi che costituivano le mie riserve nei loro confronti. Le guerriere erano nostre alleate, anche perché saremmo stati degli stolti ad avercele come nemiche, ma non facevamo parte dello stesso organismo, eravamo due entità diverse, e come tali agivamo, ragionavamo e ci muovevamo.

    Eppure, sapevo con tutto me stesso che il rapporto non doveva essere di subordinazione nei loro confronti. Anche perché se era capitato di agire senza tenerle al corrente, era pur sempre vero che anche loro avevano fatto lo stesso.
    La vera identità del fidanzato di Ares era stata taciuta a Selene per poter scoprire di più di quel gioco sporco, ed avere il tempo di creare una trappola affinché il templare cadesse in mano nostra.

    Nell'intimità involontaria che si era creata tra me e Athena, ero riuscito a carpire un'informazione che ci era stata tenuta nascosta: le guerriere avevano scoperto e recuperato diverso tempo prima uno dei Frutti dell'Eden. Cosa aspettavano a condividere con noi il ritrovamento? Il loro silenzio significava solo una cosa, ai miei occhi: anche Selene aveva dei segreti nei nostri confronti, quindi che non venisse a lamentarsi dei nostri.
    E comunque, quella spiacevole esperienza aveva lasciato delle conseguenze su tutti noi, per quanto non ero così sicuro che fossero positive per gli Assassini. Sospirai. Beh, dobbiamo fare in modo di usarle a nostro vantaggio
    Ne avevo già parlato con Altair appena rientrato a Nanda Parbat, questa informazione era un'arma che lui poteva utilizzare durante l'incontro con Selene. Incontro che, ne ero certo, sarebbe stato abbastanza difficoltoso.

    Mi stavo sfasciando le mani dai bendaggi quando qualcuno bussò lievemente alla porta ed entrò.
    Avevo dato il permesso a Claudia di rientrare al nostro Covo per poter parlare senza che si trovassero orecchie indiscrete in giro: per quanto lei non avesse mai rinunciato a far parte della Confraternita, la sua assenza prolungata richiedeva dei chiarimenti, non fosse altro che sulle sue intenzioni future.
    Mi fece piacere rivederla così presto, nonostante questo il sorriso che le rivolsi fu forzato.


    Edited by Señora Acero¸ - 21/9/2017, 15:54
     
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    :Claudia:
    Non sapevo quanto tempo fosse passato da quando ero arrivata davanti alla porta della sua camera da letto. Secondi? Minuti? Ore? Riuscivo solo a sentire la sua rabbia nei colpi che dava al sacco di allenamento all'interno della stanza, fino a quando sentì distintamente una delle cuciture lacerarsi. L'unico rumore che proveniva da quella parte della struttura, proveniva dalla camera cui ero di fronte.
    Dopo essere uscita dalla cripta sotto il Pantheon, ero ritornata alla confraternita ben sapendo che ci sarebbe voluto tempo prima di riconquistare completamente la fiducia dei miei confratelli. Tempo in cui non sarebbero mancati scontri con mio fratello. Non avevo ancora avuto modo di parlare con Ezio da quando eravamo tornati per cui avevo avuto modo di pensare bene a cosa avrei dovuto dirgli.
    Nella mia mente si affollavano una miriade di pensieri a cui non sapevo dar voce, avrei potuto tacere la mia mente, smettere di pensare... Ma non mi sembrava giusto. Sentivo che l'anima di mio fratello era tormentata quanto la sua mente e la mia. Ciò non toglieva che se la situazione sarebbe degenerata non avrei esitato ad usare le mie abilità.
    Quando il rumore cessò aspettai un altro paio di minuti e bussai lievemente alla porta. *toc, toc, toc* tre tocchi sarebbero bastati. Nessuno rispose, non una voce a dirmi di entrare, così entrai piano socchiudendo la porta e richiudendola alle mia spalle.
    Rivedere il volto di Ezio così presto mi sembrò quasi un sogno, come uno dei tanti che facevo quando ero ancora lontana... Una volta raccontai un sogno a Jacob, l'ultima volta che gli parlai, e lui mi disse che era il desiderio di tornare a casa seppur mi aveva assicurato che, se mai avessi voluto tornare, ero e sarei sempre stata una Discendente.
    Sul volto di mio fratello vedevo il piacere di rivedermi, ma notai con amarezza che il sorriso che mi rivolse era forzato e ciò mi spinse a parlare.
    "Ciao fratello"
    La voce era calma e pacata, mentre avvicinandomi con cautela gli rivolgevo un sorriso.
    Non lo chiamai per nome perché non serviva. In quel momento non eravamo due Assassini. Due confratelli. Due alleati. In quel momento eravamo solo un fratello e una sorella che dovevano chiarirsi.
    Mi avvicinai di più a lui e allungai una mano per sfiorare la sua guancia, ma a mezz'aria spostai la traiettoria e mi tolsi un ciuffo di capelli dal viso mettendolo dietro l'orecchio.
    Ezio mi osservava, ma sentivo che il suo sguardo non andava solo al mio volto, ma anche alla mia mente e questo mi fece chiedere a me stessa se avessi perso del tutto la sua fiducia.
    Non volevo litigare, ma sapevo che andavamo incontro ad uno scontro non di poco conto e per questo cercai di non pensare molto all'ultima volta in cui parlai con lui, supplicandolo di far tornare in vita e guarire l'amore della mia vita...


    Edited by Señora Acero¸ - 26/9/2017, 11:52
     
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    Il gesto di Claudia, di togliersi i capelli dal viso, così civettuolo e così familiare, portò troppi ricordi a galla.
    Ricordi che mi fecero rivedere di punto in bianco il mio atteggiamento.
    Se inizialmente avrei voluto rimanere freddo e distante, pretendendo chiarezza nelle sue intenzioni, comportandomi prima di tutto da Mentore e poi da fratello, per quel senso del dovere così spiccato che possedevo, ora qualcosa di imprevisto si mosse dentro di me.
    Una tenerezza che pensavo dimenticata, sepolta sotto strati di incomprensioni e rancori.

    Claudia era la mia sorella minore, e la mia storia aveva coinciso con la sua in gran parte degli episodi dolorosi della nostra vita. Eravamo passati attraverso i dolori delle stesse perdite, della morte dei nostri cari e amati.
    Molte volte era stato scomodo ascoltare le sue opinioni, troppo spesso troppo vicine a verità dolorose, molte altre invece era stato duro sopportare i suoi capricci e le sue bizze.
    Ma lei era sangue del mio sangue. Con lei potevo essere veramente me stesso, lasciare per un secondo da parte la mia maschera di uomo capace e determinato, la mia maschera di leader.
    Non potevo continuare a combattere contro tutto e tutti, avevo bisogno di un porto sicuro dove rifugiarmi di tanto in tanto, di una persona fidata alla quale rivolgermi per ottenere consigli e punti di vista diversi dai miei.
    Soprattutto, avevo bisogno di ritrovare quel calore umano che solo una famiglia può darti.

    Ricambiavo il suo sguardo, sapevo che lei era a conoscenza dei miei sentimenti non tanto per i poteri che aveva dimostrato di possedere, a Roma, quanto per il fatto che ci conoscevamo a vicenda troppo bene per poter dissimulare i nostri reali pensieri.
    O meglio, lei mi conosceva... io cosa potevo dire di lei?
    Quanto il tempo che aveva trascorso lontano dalla Confraternita l'aveva cambiata?
    Cosa aveva fatto, in quegli anni lunghissimi in cui avevo cominciato a temere che fosse morta?

    Feci un passo avanti senza preavviso per avvicinarmi a lei e la abbracciai, cingendole le spalle con le braccia. La avevo colta di sorpresa, e questo causò una piccola contrazione involontaria in un angolo delle mie labbra.
    Le posai un lieve bacio sui capelli, poi portai la mia guancia vicino alla sua, per sussurrarle all'orecchio.
    “Mi sei mancata... e lo sai bene. Dovrei rimproverarti per il dolore che mi ha arrecato il tuo comportamento, ma non ho voglia di litigare con te, non oggi”
    La strinsi ancora qualche momento, prima di lasciarla andare.
     
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    :Claudia:
    Qualcosa nello sguardo di Ezio cambiò e riuscivo quasi a sentire la sua testa esplodere nel chiedersi che cosa avevo fatto in questi anni, e cosa poteva dire di conoscere ancora di sua sorella... Senza preavviso Ezio fece un passo avanti e mi abbracciò cingendomi le spalle. Mi aveva colta di sorpresa e questo mi fece bloccare all'istante Ezio... pensai con dolcezza a tutte le volte che avrei ucciso chiunque avesse abbracciato in quel modo e sentivo il suo ghigno compiaciuto nel avermi presa alla sprovvista. Gli cinsi la vita e poggiai la testa sul suo petto rabbrividendo leggermente quando sentii il suo respiro freddo nel mio orecchio "Mi sei mancata... e lo sai bene. Dovrei rimproverarti per il dolore che mi ha arrecato il tuo comportamento, ma no ho voglia di litigare con te, non oggi" Non mi lasciò andare e mi strinse ancora qualche secondo, secondi in rimasi a sentire il suo profumo... odorava di tempo, di cose perse, di casa...

    Quando mi lasciò lo guardai negli occhi parlai quasi in un sussurro "Mi sei mancato anche tu... ma ti prego di capirmi, dovevo andarmene... So bene quanto dolore ti ho arrecato, lo stesso dolore ha afflitto anche me per molti anni"
    Il giorno che ero andata via, senza salutare mio fratello, gridandogli contro parole colme di odio, rammarico e tristezza per il mio amato marito, mi era girata dando le spalle a tutto ciò che avevo considerato parte della mia vita per tanti anni ché avevo perso il conto. L'ultima frase che avevo rivolto ad Ezio non era una frase che pensavo avrei mai detto, tanto meno guardandolo negli occhi. Il giorno in cui Jacob mi parlò dei Discendenti decisi che avrei iniziato una nuova vita e quando capii che dovevo tornare Jacob mi aveva lasciata andare senza troppi se e senza troppi ma...
    Ma adesso, di fronte mio fratello, sentivo tutto il peso di quei giorni lontani da lui, sentivo tutto il peso del tradimento che ci eravamo fatti l'un l'altra,
    tutto il peso dei ricordi e tutto il peso del dolore infertoci a vicenda.

    "Vuoi delle spiegazioni e lo comprendo, ma dovrai anche dirmi cosa è cambiato qui... Riesco a vedere nei tuoi occhi rabbia e delusione e sento che non è tutto risentimento nei miei confronti... Ti prego di dirmi, Ezio, cosa assilla e tormenta la tua anima?" parlai quasi implorandolo di dirmi cosa lo stava prosciugando e misi una mano sul suo petto guardandolo negli occhi. Senza aspettare una sua risposa parlai ancora, questa volta le parole uscirono dalle mie labbra in modo esplicativo, senza fronzoli "Ti prometto sul mio onore di Assassina e-... " 'Discendente Fermai la frase a mezz'aria rendendomi conto di quel che stavo per dire, ma non era ancora il momento per cui continuai "Ti prometto sul mio onore di Assassina che ti racconterò tutto, o quasi, risponderò alle domande che mi farei, se hanno una risposta..." Sempre se a quel che mi avrebbe chiesto sarebbe stato saggio rispondere.

    In quel momento, mentre aspettavo che Ezio rispondesse, mi chiesi come mai non fosse nel suo ufficio e cosa stava succedendo all'interno della Confraternita ora che avevano "rubato" dalle mani di Athena il frammento giallo. Sapevo di essermi persa molte cose ma ciò che più mi preoccupava era come avrebbero preso il mio rientro gli altri... e per altri intendevo in modo particolare due persone: Altair ed Arno... sapevo che Altair sarebbe stato più di mano ben ferma e questo avrebbe portato ad un litigio tra lui ed Ezio... una situazione davvero imbarazzante... iniziavo a pensare di aver scelto il momento meno opportuno per tornare...

    Guardai Ezio e mossi qualche passo nella stanza sedendomi su un piccolo divanetto a tre passi da lui e quasi invitandolo a sedersi accanto a me posai una mano al mio fianco indicando il posto vuoto.
    Lui era tutta la mia famiglia, il mio fratello maggiore e come tale non volevo abbandonarlo, non più almeno... glielo dovevo... me lo doveva...


    Edited by Señora Acero¸ - 4/10/2017, 11:32
     
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    "Ti prometto sul mio onore di Assassina e... " Un'esitazione, la colsi con facilità. E...
    Feci una smorfia. Cos'altro pesava sul suo onore? Mi domandai quali altri impegni avesse preso e con chi...
    Conosci Claudia, quante volte ti ha sorpreso con i suoi colpi di testa, come quando decise di gestire il bordello a Roma? Cosa ti aspettavi da lei, che sarebbe andata a rifugiarsi in qualche posto sperduto a ricamare o a leggere romanzi d'amore?
    "Ti prometto sul mio onore di Assassina che ti racconterò tutto, o quasi, risponderò alle domande che mi farai, se hanno una risposta..."
    Mi tolsi la canottiera bagnata di sudore con fastidio, gettandola in un angolo della stanza. Lentamente, mi sedetti sul bordo del letto, i gomiti sulle ginocchia, le mani unite, con le dita che puntavano il pavimento, lo sguardo fisso nella medesima direzione.
    Riflettevo.
    Claudia voleva sapere quale era la situazione attuale nella Confraternita: cosa potevo dirle di concreto, e quanto potevo permettermi di ammettere quella che sentivo come la sconfitta più bruciante che avevo mai dovuto affrontare? Già il solo pensiero bastava a farmi montare dentro quella rabbia che avevo sperato di aver mitigato e imbrigliato dopo gli anni passati a rincorrere ostinatamente la vendetta, ma con cui invece continuavo a dover fare i conti sempre più spesso, negli ultimi tempi. Il mio unico successo era sul controllo delle mie azioni, ma non dei miei sentimenti.

    La verità era che da troppo tempo avvertivo come uno svilimento, un assottigliamento dei valori e dei princìpi che avevano motivato e sorretto intere generazioni di Assassini.
    Sentivo come se il nostro Credo si fosse ridotto a una ripetizione meccanica: le parole erano diventate litanie, le litanie stavano perdendo il significato. Non per me sicuramente, ma troppo spesso mi ero ritrovato a parlare con altri Assassini, avevo visto nelle loro espressioni, nei loro atteggiamenti un'arroganza che non avrebbe dovuto esistere tra di noi.
    Dove stava andando la Fratellanza? Quale dovere avevamo mancato io e Altair, per evitare che tutto questo accadesse? Forse ci eravamo convinti di essere migliori di altri, e la nostra guida era stata accecata da queste convinzioni. I nostri diverbi ci avevano fatto distogliere l'attenzione da qualcosa che, invece, era molto più importante...

    La notizia più grave era stata quella del Cristallo d'Argento, sparito dal luogo segreto e protetto in cui era rimasto per secoli.
    Dotato di una propria volontà, si era allontanato dai suoi protettori, gli Assassini. Forse richiamato da altre urgenze o forse aveva ritenuto che quello non fosse più un posto adatto a lui...
    Ci stiamo smarrendo? I nostri rituali sono diventati vuoti ed inutili?
    Forse avrei dovuto farmi indietro, accettare di non essere più all'altezza di un ruolo a cui avevo dedicato ogni respiro, ogni pensiero della mia vita.

    Presi una lunga sorsata d'aria mentre tornavo al presente. Queste riflessioni stavano diventando il mio veleno quotidiano, ma le accantonai con forza. Alzai lo sguardo su mia sorella, la trovai che mi osservava quieta.
    “Claudia, perché sei tornata?”
    Il mio tono era pacato, anche se in cuor mio la stavo implorando, perché quella era una prova che avrebbe dovuto superare, per poter essere riammessa nei ranghi degli Assassini...
    “Ho bisogno di sapere, prima di ogni altra cosa, con quale intenzioni hai deciso di tornare indietro. Lo immaginerai, ma per concederti di entrare a Nanda Parbat ho dovuto garantire personalmente per te, con Altair...” Sorrisi debolmente.
    “Anche se sei mia sorella, devo trattarti come qualunque altro Assassino, l'unico trattamento di riguardo che ho potuto concederti è stato questo, di parlare con te da solo, invece che davanti a tutti gli altri Anziani...”


    Edited by Illiana - 17/10/2017, 07:53
     
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    :Claudia:
    La sua esitazione era giunta alle orecchie del fratello... certo Ezio non era stupido affatto ma se voleva sapere qualcosa doveva aspettare il momento giusto nel discorso e io dovevo tenere un po' a freno la lingua...
    In fondo cosa si aspettava? Mi conosceva bene, non sarei mai andata a rintanarmi in un angolo sperduto nel nulla a ricamare, leggere romanzi d'amore e piangere lacrime su un fazzoletto di stoffa bianco con le iniziali ricamate. NO. Non era da me, e lui lo sapeva.
    Volevo sapere la situazione della confraternita e lui voleva sapere cosa avevo fatto... volevamo entrambi qualcosa l'uno dall'altra... il sunto della nostra vita: io che voglio qualcosa da lui e lui che vuole qualcosa da me... ma nessuno dei due nega l'amore sconfinato che proviamo per l'altro.

    Lo osservai in ogni piccolo movimento togliersi la maglia bagnata di sudore e gettarla in un angolo, sedersi sul letto nella sua solita posizione da ''sto pensando ammazzo il primo che mi disturba'' e non mi mossi dal punto in cui ero. Ezio era fermo immobile in quella posizione lo sguardo fisso e la voglia di leggergli nella mente per seguire il filo logico dei suoi pensieri mi invase la testa e quasi fui tentata di farlo davvero...
    **La verità è che da troppo tempo avverto come uno svilimento, un assottigliamento dei valori e dei princìpi che avevano motivato e sorretto intere generazioni di Assassini. Sento come se il nostro Credo si fosse ridotto a una ripetizione meccanica**
    Senza volerlo davvero, come fosse un istinto primordiale che non ero riuscita a sopprimere, le parole di Ezio entrarono anche nella mia mente e di getto come erano arrivate, così chiusi di nuovo la mia mente. Non potevo fare questo a mio fratello. I suoi pensieri dovevano rimanere tali, suoi e basta. Se avrebbe voluto davvero dirmi qualcosa lo avrebbe fatto. Non portavamo segreti tra di noi Ma sta zitta sei tu la prima a nascondergli Jacob La mia vocina interiore si fece viva e la misi subito a tacere Vero... Ma non posso dirgli proprio tutto... è per il suo bene

    Per fortuna Ezio prese una lunga boccata d'aria e questo mi scosse dai miei di pensieri e tornai a guardarlo tranquilla nel mentre che i suoi occhi incrociavano i miei. "Claudia, perché sei tornata?" il suo tono pacato mi strinse il cuore e continuavo a guardarlo senza proferire parola convinta che la sua richiesta non era finita... e infatti la sua voce tornò a riempirmi le orecchie. Sorrisi al suo sorriso e appena ebbe finito mossi qualche passo nella sua direzione e lo raggiunsi al bordo del letto, non mi sedetti di fianco a lui, volevo guardarlo negli occhi ma non volevo rimanere in piedi... il peso di quagli anni lontana si sarebbero fatti sentire nelle mie parole e non sarei mai potuta restare in piedi.
    Mi inginocchiai davanti a lui e guardandolo negli occhi gli presi il viso tra le mani, non potei fare a meno di guardarlo con dolcezza quando chiuse gli occhi per un momento sentendo il mio tocco. Parlai quando riaprì gli occhi, fino a quel momento non aveva proferito e il mio tono adesso era calmo.
    "Ti ringrazio per questo. Non vorrei essere trattata diversamente, ma apprezzo davvero tanto di poter parlare da sola con te, in privato."
    Se quella era una prova, dovevo impegnarmi.
    "Sono tornata, Ezio, è questo che conta. Ma se non ti basta, se non vi basta, allora lasciami continuare. Sono tornata come Assassina Ezio, sono dalla parte della confraternita ma... adesso so quale è il mio posto. Ascoltami... è questo che è cambiato. Prima non avevo piena coscienza di chi ero e di chi volevo effettivamente essere. Ma ho conosciuto persone, lontano da qui, che mi hanno aiutato in questo cammino, aiuto che tu non potervi darmi fratello mio... e non te ne faccio una colpa, anzi " Il dolore negli occhi di Ezio si fece leggermente evidente ma continuai "C'è tanto per cui e contro cui combattere, e con ogni fibra del mio corpo voglio difendere le cose in cui credo, come la Fratellanza, come te. So molte cose, adesso, cose che prima non sapevo. E so fare più cose, cose che tornano utili di tanto in tanto. Ecco con che intenzioni sono tornata, di restare."

    Solo a quel punto tolsi le mie mani dal suo volto e me le posai in grembo "Ezio... so che dovrò dirti dove sono stata in questo lungo tempo, e ho davvero tante cose da spiegarti... ma ti prego di non dire proprio tutto, se non niente, agli Anziani... " Non volevo dirgli che avevo letto il suo pensiero... "L'aria qui dentro è carica di tensione e sono certa che nell'ultimo periodo non corre buon sangue qui alla Confraternita. Erro?"
    I miei occhi non si scollavano dai suoi e il mio tono, nell'ultima richiesta, era quasi implorante...
    Dire tutto quello che avevo vissuto in questi anno a mio fratello era un conto, ma dirlo agli Anziano ne era un altro. Se in passato mi fidavo di tutti, adesso erano pochi quelli di cui mi fidavo e non sapevo se Altair era uno di quelli...
    Ezio. Di lui potevo fidarmi bendata e legata appesa ad un filo sul baratro di una rupe, ed ero sicura che per lui era lo stesso. Solo che non voleva ancora ammetterlo, non prima di aver sentito il mio racconto, ma adesso aveva il diritto di parlare.
     
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    Ecco. Lo aveva fatto di nuovo. Come era sua abitudine, d'altronde. Conoscevo troppo bene questo suo modo di fare, di cercare di manipolare le persone con le sue moine. In fondo, ognuno combatte per la sopravvivenza con le armi che ha a disposizione, e le donne hanno quelle della dolcezza e dell'amabilità.
    Io c'ero quasi cascato. Tanta era la gioia di averla ritrovata che avevo abbassato la guardia con lei. Se fosse stato solo per quello, mi sarei divertito a prenderla un po' in giro, ma qualcos'altro nel suo discorso mi aveva ferito profondamente.

    Mi alzai di scatto, volendo mettere una distanza fisica tra di noi, e la guardai duramente dall'alto in basso, lei ancora in ginocchio.
    “Vuoi dirmi che non sapevi chi eri? Che hai dovuto sparire anni per capirlo? Te lo ricorderò io...” Mi piegai per avvicinare il viso al suo, scandendo bene le parole: “...sei una Auditore!”
    Le girai la schiena, per non darle a vedere il dolore nella mia espressione. Mi avvicinai ad una delle cose che avevano più valore per me: l'antica spada da Assassino, appesa alla parete. Ormai non la usavo più da molti anni, sarebbe stata bene in un museo, ma io avevo voluto averla lì, sempre sotto i miei occhi, per ricordare chi ero e perché avevo scelto quella strada.
    La sganciai dai supporti, con reverenza. Aveva sopra un lieve strato di polvere, e quel particolare insignificante mi riempì di tristezza. La mia mano si adattò perfettamente all'elsa, come se fosse stata un suo prolungamento.

    Chinai la testa. Quella spada mi ricordava l'uomo che l'aveva usata prima di me, nostro padre, Giovanni Auditore. Mi rammentava soprattutto che non sarebbe stata destinata a me, ma a mio fratello maggiore Federico.
    La perdita dei miei famigliari era una ferita ancora aperta, nonostante il tempo passato, e la sofferenza che provavo per aver perduto Federico era quella più penosa.

    Claudia non era sicuramente affezionata a lui nello stesso modo in cui lo ero stato io, ma nelle sue parole si avvertiva come un volersi estraniare da quello che era il mio primo punto di riferimento, in termini di lealtà: la nostra famiglia. Essere un Auditore mi definiva più di essere un Assassino.
    Mossi il polso sovrappensiero, osservando la lama perfettamente lucida cogliere i riflessi della luce e farli scorrere lungo il filo. La ruotai velocemente, fendendo l'aria con un sibilo. Poi la rimisi sui ganci.

    Sapevo che Claudia avrebbe capito quanto stavo soffrendo, nonostante il mio tentativo di nasconderglielo. Lei poteva leggerlo anche nei miei movimenti, nella mia postura.
    Bene, che lo facesse.
    Un senso di disagio si fece più forte: per quanto fosse sempre stata brava a cogliere i pensieri delle altre persone, certe sue frasi riecheggiavano in maniera troppo perfetta i miei. Troppo. Questo non era naturale.

    Mi voltai a guardarla, lei nel frattempo si era alzata in piedi. La mia voce aveva riacquistato la calma.
    “So di non essere stato un fratello comprensivo con te, e di aver sbagliato nel volerti imporre la mia volontà. Ma tu non sei mai stata una sorella obbediente, e sono state troppe le volte in cui hai giocato con la tua incolumità e con quella di nostra madre, solo per fare di testa tua...”
    Il rancore per questo aspetto del nostro rapporto c'era ancora, inutile ignorarlo.
    “Mi dispiace di averti rinchiuso alla Villa con la scusa di amministrare le nostre proprietà, ma in qualità di capofamiglia avevo l'obbligo di proteggervi. Non mi pento delle mie decisioni, erano l'unica cosa sensata che una ragazza di buona famiglia come te avrebbe potuto fare nel XV secolo... se vogliamo escludere il convento, ovviamente”
    Quante volte me lo aveva rinfacciato? I nostri litigi furono sempre molto aspri, tanto che gli abitanti della nostra dimora si dileguavano immancabilmente alle prime avvisaglie dello scontro, anche mia madre e zio Mario. Al rientro a casa dopo mesi di missioni in giro per l'Italia mi sorprendevo ad essere nervoso al solo pensiero di incontrarla.
    Scossi la testa: “Però non venire a dirmi che non sai chi sei, perché insulti la memoria di nostro padre, e non è giusto. Tutto quello che puoi avere imparato o vissuto, non può cancellare le tue origini. Vuoi sapere chi siamo, prima di tutto? Noi siamo Auditore”
    Un pesante silenzio era sceso nella stanza. Le mie parole avevano colpito crudelmente Claudia, ma era necessario. Avrei accettato che rinnegasse il Credo, lo avevo messo in conto, dopo la sua sparizione. Ma mai doveva dimenticarsi della sua nascita, del suo lignaggio.

    L'argomento era chiuso, quindi passai alla questione che più urgentemente andava chiarita.
    “Le parole che dici sono sibilline, sono vuote, e le promesse che fai non sono sufficienti. Inoltre mi vuoi vincolare a fare cose che non se potrò mantenere. Prima dimmi quello che hai da dirmi, poi sarò io a decidere se e con chi ne parlerò”
    La guardai dritta negli occhi, non volevo assolutamente che fraintendesse i miei sentimenti. Aggiunsi le ultime parole con tristezza: "Claudia, non mi basta che tu sia tornata"
     
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    Ezio era visibilmente colpito, si alzò di scatto e mi guardò duramente, ero ancora in ginocchio perciò sembrò possente ai miei occhi, come quando mi sgridava da bambina e quando si avvicinò a me per far valere il nostro cognome, per farmi capire che lo avevo ferito dentro, nell'intimo, più dell'orgoglio io restai ferma e indurii la mascella. Quando si allontanò parlai altrettanto duramente alzandomi a mia volta. No caro fratellino, quello non era un discorso a tu per tu. "No Ezio. Dopo la morte di... Dopo la morte di Tu-Sai-Chi, dopo che mi avete negato di poter far rivivere mio marito, dopo che avevoo perso la famiglia che mi ero creata non sapevo più chi ero! Sono sempre stata un Auditore, Ezio, e non l'ho mai dimenticato, ma cercavo altro! Non avrei mai voluto abbandonare e rifiutare il buon nome di nostro padre, non pensare questo! Dovevo andare via perché accanto a te non sarei riuscita ad elaborare l'ennesimo lutto Ezio!"
    Feci una pausa, la mia voce era dura, veloce, ma non era rotta da quelle lacrime che avrei tanto voluto piangere ancora una volta "Sono un Auditore,
    un Assassino e questo non è mai cambiato nella mia vita, ma si è aggiunto altro!"


    Lo osservai prendere una delle spade dal muro, non mi ci volle molto per riconoscerla come la spada che sarebbe dovuta appartenere a Federico, sapevo quanto Ezio gli era legato, io, d'altro canto, ero più legata ad Ezio che a Federico, ma questo dovrebbe essere normale no?
    Potevo leggere nei suoi movimenti, nella sua postura che soffriva, non mi serviva leggergli la mente per vederlo, faceva male anche a me, ma non avevo mai pensato che quel confronto fosse stato facile. Neanche quando Jacob mi convinse che dovevo tornare, neanche quando parlai per l'ultima volta con Sofia, ella stessa mi disse che avrei sofferto nel far soffrire Ezio dicendogli la verità, ma non potevo tenerlo all'oscuro.

    "Non volevo fare di testa mia, Ezio. Ero giovane, incosciente quasi, non sapevo cosa combinavi quando stavi via mesi interi e quando tornavi la tua presenza e il tuo controllo su di me erano troppo pressanti e dovevo disubbidirti per principio. Ti avrei ucciso io stessa se mi avresti mandato in convento, fratello!" Anche se adesso non lo avrei mai fatto, Ezio sapeva che all'epoca ne sarei stata più che capace... l'astio tra di noi su questo argomento era vivo come sempre e gli avevo rinfacciato innumerevoli volte il fatto di avermi rinchiuso in quella maledetta Villa per anni, e quando tornava i litigi incandescenti non mancavano mai, tanto che chiunque si trovasse nelle vicinanze preferiva andarsene via, il più lontano possibile alle prime avvisaglie dello scontro, nostra madre e nostro zio non erano da meno.

    Quando tornava alla Villa, quando venivo a conoscenza del giorno esatto in cui sarebbe tornato, ero impaziente, tremavo sulla sedia in attesa, in pensiero... mille domande affollavano la mia mente in quei momenti e aspettavo ansiosa di contare i graffi, le ferite e le cicatrici sul suo corpo, ansiosa di scoprire se ne avrei trovate di nuove, ansiosa di vedere se aesse ancora tutti gli arti al posto giusto... ma questo lui non lo sapeva, non glielo avevo mai detto... Quando tornava, quando lo guardavo dalla finestra più alta e stretta, quella della mia camera, quando lo vedevo intero, vivo, sano, scendevo le scale di corsa e gli andavo in contro ma non gli parlavo mai con molto affetto, non lasciavo mai a vedere ciò che provavo e gli facevo sempre presente il fatto che mi aveva segregata in quella Villa a portare stupidi conti.

    Le sue parole tornarono a colpirmi duramente e un silenzio pesante scese nella camera, parlai piano, quasi sottovoce e con lo sguardo un po' più al di sotto dei suoi occhi. "So chi siamo prima di tutto Ezio, l'ho sempre saputo! Non vorrei mai infangare la memoria di nostro padre, bada bene!"
    Quando trovai Jacob e i Discendenti avevo appena perso un'altra famiglia, non credevo più a mio fratello e il peso del mio nome era l'unica cosa che mi spingeva a continuare la mia ricerca in una nuova famiglia a cui confidare il credo del mio cognome e con la quale accrescerlo.

    Ma per Ezio l'argomento era chiuso e parlò ancora passando a questioni più di rilievo, non voleva ancora credermi del tutto, prima voleva ascoltarmi, poi avrebbe deciso... le ultime parole che mi rivolse mi fecero più male delle precedenti ma sapevo che prima o poi me le avrebbe rivolte "Claudia, non mi basta che tu sia tornata"
    Lo guardi negli occhi ricambiando il suo sguardo triste e mi avvicinai leggermente attenta a non sfiorarlo "Ezio..."
    Come avrei cominciato il mio racconto? Come avrei cominciato a dirgli tutto? Chiusi gli occhi un secondo e iniziai dal principio...

    "Quando mi negaste la fonte di Lazzaro presi le mie cose, andai nella città più vicina, salii sul primo treno e andai lontano... non so bene in che città mi fermai, so solo che era il capolinea. Vagai a piedi cercando una dimora per la notte ma non mi accorsi che camminando avevo varcato il confine della città stessa e mi trovavo in un campo verde immenso... camminai per tutta la notte e viaggiai innumerevoli volte finché... finché non trovai quello che stavo cercando"
    La mia voce si interruppe e lasciò spazio ad un sorriso triste che illuminò il mio volto
    "Ero arrivata in Russia e conobbi qualcuno che mi rivelò una parte della sua vita e mi offrì di farne parte. Accettai e da lì iniziarono molti altri eventi e molti altri viaggi che mi hanno portata ad aggiungere un altro nome accanto a quello di Assassina."
    Guardai mio fratello che non si era perso nulla di ciò che avevo enunciato fino a quel momento
    "Questa persona era il capo di una confraternita come questa, Ezio, come questa. I Discendenti."
    Il petto mi si gonfiò e pronunciai l'ultima frase con un punta di orgoglio "Sono una Auditore, un'Assassina, una Discendente! Ed è proprio essere una discendente che mi ha reso abilità di cui tu ignori la natura, abilità che hanno aiutato anche te quando eravamo di fronte al frammento giallo.

    Feci una pausa lasciando che Ezio elaborasse quelle parole non potevo certo dirgli tutto così di getto... aveva il diritto di parlare...



    Edited by DoughterOfAthena - 18/10/2017, 21:25
     
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    "Claudia, non mi basta che tu sia tornata"
    La sua reazione composta alla mia frase mi lasciò sorpreso: la Claudia che conoscevo si sarebbe accesa in un batter di ciglia, offesa ed indignata che la sua semplice presenza non venisse considerata una benedizione ultraterrena dalle persone che ne beneficiavano.
    Invece, accettò le mie rimostranze come se le ritenesse giuste e scontate, e vidi che finalmente si stava decidendo ad iniziare i chiarimenti.
    Parlò della sua fuga, appena dopo l'ultimo nostro scontro furioso nei pressi della fonte di Lazzaro.

    Mi ero accorto immediatamente della sua partenza, ma avevo preferito lasciarle dello spazio per riflettere. Quando poi cominciai a sospettare che la sua assenza non era una cosa che si sarebbe risolta in poco tempo, le tracce erano ormai vecchie di alcuni giorni. Ricostruii facilmente i suoi primi spostamenti, poi persi ogni notizia di lei.
    Quando le settimane divennero mesi, e poi anni, accettai che se ne era andata in maniera definitiva.

    La mia prima reazione fu una rabbia e una delusione che quasi mi tolsero le parole di bocca. Diverse volte Altair provò a parlarmi, per tentare almeno di vagliare con me ogni eventualità, anche le più remote.
    Ma per me era diventato un argomento tabù, quello di mia sorella.
    In cuor mio la accusavo soprattutto di avermi voltato le spalle, di avermi lasciato solo a combattere contro quei nemici che lei per prima aveva tanto insistito per affrontare, tanto che alla fine la sua richiesta di entrare a far parte della Confraternita degli Assassini Italiani era stata accettata.
    E poi, davanti al rifiuto nell'assecondare una richiesta assurda e pericolosa, di far rivivere suo marito, aveva pensato solo a sé stessa. Ero profondamente deluso dal suo aperto egoismo. Non pretendevo da lei lo stesso sacrificio che avevo compiuto io, rinunciando ad altri affetti stretti dopo la morte di Cristina...
    Suo marito sarebbe comunque invecchiato e morto a suo tempo. Noi eravamo destinati a rimanere, ad affrontare il dolore di non invecchiare.

    Poi, poco alla volta, gli eventi della vita mi avevano portato a sentire sempre di più la sua mancanza. La furia cocente si era pian piano spenta, ed avevo ricominciato a cercare le sue tracce.
    Nonostante l'amarezza che continuavo a provare, tentai innumerevoli volte di rintracciarla ma, invariabilmente, arrivati ai confini europei, ogni missione di ricerca tornava indietro senza aver scoperto nulla di utile.

    Avevo incrociato le braccia e la stavo ascoltando attentamente, mentre il mio cervello lavorava velocemente alla ricerca di informazioni: non avevo mai avuto notizie di questa associazione. Ed ecco la conferma, dalle sue stesse parole: era arrivata in Russia, dove la presenza di una rete di Assassini era a quei tempi quasi nulla.

    La decisione e la fierezza con cui pronunciò l'ultima frase fece intravvedere l'alterigia che aveva sempre sfoggiato nei rapporti con le altre persone.
    "Sono una Auditore, un'Assassina, una Discendente! Ed è proprio essere una discendente che mi ha reso abilità di cui tu ignori la natura, abilità che hanno aiutato anche te quando eravamo di fronte al frammento giallo”
    Nel frattempo, avevo continuato a elaborare teorie: quale erano gli scopi che si celavano dietro a questo gruppo di persone? Perché non eravamo mai entrati in contatto con loro? Si sarebbero schierati dalla nostra parte o da quella dei Templari? Il fatto che Claudia, che ormai era chiaramente una di loro, fosse tornata da noi cosa significava? Da chi era stata mandata?

    Aggrottai le sopracciglia: “Una discendente? Cosa vuole dire?”
    Avrei voluto farle una ridda infinita di domande, tutte quelle che mi premevano dietro la fronte da quando ci eravamo ritrovati a Roma, ma mi imposi la pazienza e feci un cenno a mia sorella, invitandola a continuare il suo racconto.
     
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    Ero rimasta assorta nei miei pensieri per qualche secondo interminabile, ma dovevo pensare bene a come spiegare a mio fratello cosa, o meglio chi, erano i Discendenti.
    Ezio mi aveva ascoltata con molta attenzione, aveva incrociato le braccia e non mi aveva interrotta neanche una volta. Nella sua espressione finale però, si vedevano una flotta di domande interminabili che affollavano la sua mente...
    A cosa stava pensando? Cosa sembravo ai suoi occhi? Una pazza? Malata? In disperata ricerca di approvazione? Fallita?
    Cosa?! Dovevo saperlo, e la curiosità mi stava logorando da dentro... non avrei voluto davvero, ma la voglia di sapere a che cosa pensasse prevalse su di me e per un solo istante colsi due parole del suo filo di pensieri 'Stata mandata'.
    Mi bloccai a guardarlo negli occhi e la sua domanda mi giunse come una fitta in petto...
    La paura mi pervase, possibile che il mio unico fratello pensasse che ero stata mandata per rivoltare da dentro la nostra Confraternita? No. Impossibile. Dovevo parlare. Ora.
    Ma la voce mi si bloccò in gola, non potevo crederci... feci un respiro profondo per non impazzire, chiusi la mia mente e parlai molto chiaramente.

    "I Discenti sono una Confraternita. Li incontrai in Russia dopo aver incrociato sui miei passi la Trinità. Quando scoprì cosa fosse la Trinità, cominciai una crociata contro di loro, lo so che da sola non potevo fare molto, ma qualcosa andava fatto. Peggio dei Templari, e se mai un giorno queste due Fraternità dovessero unirsi... l'unica scelta per noi sarebbe quella di unirci ai Discendenti."
    Feci una brevissima pausa per dare il tempo ad Ezio di intendere che i Discendenti erano dalla parte dei ''buoni''.
    "I Discendenti, o popolo del Profeta, seguono gli insegnamenti del loro Profeta..." Perso da tempo per colpa tua. Dillo. Dillo se ne hai il coraggio. "Il loro Profeta... Possiedono abilità superiori a quelle degli Assassini, possiedono il controllo mentale, la capacità di utilizzare a pieno il cervello umano, e di controllare il cervello altrui."

    Volevo dirgli altro ma sapevo che non avrebbe tanto accettato... ma se doveva di nuovo fidarsi di me... tanto valeva rischiare.
    "C'è altro. Il capo dei Discendenti, tale Jacob, mi ha rivelato segreti arcani di cui noi non eravamo a conoscenza prima... So cose, Ezio, per cui vale la pena morire. Inoltre, Jacob... mi aiutò molto in quel periodo... lui... mi aiutò a combattere contro la Trinità e tutti i Discendenti mi aiutarono a risolvere una delle ultime missioni a cui presi parte prima di ritornare da te."
    Guardai mio fratello negli occhi avvicinandomi finalmente a lui di qualche passo, cercavo di trasmettergli con lo sguardo cosa era diventato Jacob per me...
    "Con le abilità superiori che mi sono state insegnate, riesco a leggere la mente, a manipolarla, a esaudirla... ad infliggerla, imbottigliarla, se voglio.
    Loro non sono nostri nemici Ezio. I nostri nemici sono altri, sono là fuori, sono attorno a noi e sono potenti. E noi dobbiamo stare attenti."


    Ezio continuava a guardarmi e io sostenni il suo sguardo senza muovere un solo muscolo.
    "Li incontrai quando stavo combattendo contro la Trinità, stavo cercando una cosa, e loro mi aiutarono davvero. In particolare il loro capo, lui mi convinse a tornare da te."

    Il mio racconto non era finito e melo si leggeva in faccia, ero sicura. D'altronde avevo tante cose da dire e poche parole da usare... le parole perdono il loro significato quando smettono di essere ascoltate Dovevo raccontargli bene della Sorgente, di come avevo scoperto che Jacob era il Profeta?
    Oppure dovevo aspettare? Mi decisi e pensai che per avere altri dettagli, Ezio avrebbe dovuto rivolgermi le domande precise. Gli avrei voluto raccontare della Sorgente, ma spettava a lui chiedere ulteriori informazioni. Voleva sapere? Gli bastava questo?
    Una cosa era certa, la mia prova non era terminata.
    "Conosco i nostri nemici, li ho già affrontati una volta e li affronterei un miliardo di volte ancora pur di proteggere quelle piccole grandi cose che valgono la pena di proteggere."
    Adesso la mia voce era risoluta
    "Sono tornata. Non sono stata mandata da nessuno. Non sono una spia. Sono una sorella, un'amica. Sono tornata per offrire a chi di dovere il castigo che merita. Sono tornata perché volevo, sono tornata perché ho bisogno di te. Sono tornata perché tu hai bisogno di me, sono tornata per vendicare una morte, per vendicare tutto quello in cui credo. Sono tornata perché sono nata Assassina e morirò da tale e da Discendente. Questa è la mia natura adesso."

    Nei miei occhi si accese un fuoco di passione che sicuramente doveva far capire a quella testa quadra di Ezio che volevo rimanere, che volevo il posto che mi spettava al suo fianco. Che ero disposta a tutto pur di ottenerlo.
    Le mie mani si chiusero in un pugno stretto, dritta lì di fronte a lui, lo sguardo fiero di chi sa cosa vuole e sa come ottenerlo. Mi erano state insegnate tante cose, ma possedevo la risoluzione che aveva avuto dalla mia nascita o meglio da quando ero diventata abbastanza grande da impormi agli altri.
    Jacob era stato un amore durato troppo poco, ed era finito anche un po' per colpa mia. Lui era finito. Non potevo permettere che Ezio facesse la stessa fine. L'adrenalina nel mio corpo scorreva ad una velocità entusiasmante e fremevo dal desiderio di iniziare ancora la mia vita.
    Adesso potevo lottare per lui, per Ezio, adesso ero abbastanza forte per farlo.

    Adesso ero Claudia Auditore, Assassina, Discendente, sorella. E nessuno mai avrebbe potuto più cambiare questo.
     
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    Annuii lentamente, lo sguardo penetrante che a molti aveva sempre ricordato quello di un'aquila.
    “Ti credo, Claudia. Credo nella tua buona fede e nel tuo sincero impegno nel voler continuare a combattere per la giustizia e la difesa dei deboli”

    Le mie stesse parole riuscirono a togliermi un peso dal cuore, uno dei molti che fino a quel momento lo stava opprimendo. Lo tolsero anche da quello di Claudia, il cui sguardo si illuminò.
    Mi resi conto quanto anche lei, come me, aveva temuto il nostro confronto. Anche lei mi amava quanto la amavo io, nonostante i modi scontrosi con cui mi aveva trattato d'abitudine, ed entrambi sentivamo il bisogno di essere di nuovo uno vicino all'altra, non fosse altro che per affrontare nuovi, minacciosi capitoli della nostra vita.

    “Sono convinto che il nostro Credo abbia ancora un posto nel tuo cuore, e ti prometto che mi adopererò affinché questo venga compreso e accettato anche dagli altri Assassini"
    Il suo racconto aveva ancora molti misteri da svelare, ma il suo accenno ad altri nemici, molto più potenti e temibili dei nostri storici avversari, mi aveva preoccupato molto. Il tono di Claudia mentre ne parlava era reverente, ed io volevo saperne sicuramente di più.
    Il sudore si era freddato sulla mia pelle, e un brivido mi attraversò la schiena.
    “Quanto la minaccia di queste persone che si fanno chiamare Trinità è imminente? Stanno pensando di attaccarci? Ho bisogno di più informazioni se dobbiamo prepararci ad affrontarli, e sicuramente la tua saggezza e la conoscenza che hai acquisito potranno esserci molto d'aiuto”
    Il mio istinto di stratega aveva preso il sopravvento, e continuai: “E' fondamentale che Altair venga a sapere subito di questo nuovo pericolo, ma devi spiegarmi il perché temi che qualcuno nella Confraternita possa tradirci"

    Non volevo sopraffarla con troppi interrogativi, avevo bisogno che si focalizzasse sui miei dubbi più importanti.
    Era per questo motivo che decisi di non porle subito altre domande a proposito del Profeta, anche se ero molto curioso di sapere di più su questo Jacob: un'inflessione impercettibile nel suo tono mi aveva fatto capire che poteva esserci qualcosa che lei mi stava nascondendo.

    Anche nei momenti più cruciali, ogni tanto faceva capolino quella parte del mio carattere più ironico.
    Feci schioccare la lingua, mentre un ghigno complice si disegnava sul mio viso: “Per quanta riguarda i tuoi nuovi poteri, sappi che se mi accorgerò che sei entrata ancora...” sottolineai con enfasi la parola “...nella mia testa, puoi star sicura che ti torcerò con le mie stesse mani il tuo collo delicato, mia cara sorella!”
    Tono scherzoso o no, ero sicuro che l'avvertimento fosse arrivato al destinatario.
     
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