Nanda Parbat: Secret's Bedroom

Season 3

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    :Ares:
    Grazie allo specchietto che l'Imperatore mi aveva donato giungere sulla Terra fu estremamente facile e veloce, tanto che arrivando in prossimità di una delle "porte" nascoste di Nanda Parbat la superai trovandomi immediatamente nella cittadella che nascondeva il Covo Madre degli Assassini. Ero nella mia veste ufficiale da marziana ed ad accogliermi ci fu Aphrodite che abbracciai forte. Non la vedevo dal matrimonio, ma era chiaro che le facesse bene, fu lei stessa a portarmi di gran carriera di Altair decisa a non anticiparmi nulla, seppur assicurandomi che non mi avevano richiamato lì per nulla.
    "Non ti avrei mai fatta chiamare se non fosse stato imporante, ma lo è..." esordì lui dopo un veloce scambio di convenevoli. Gli specchietti ci permettevano anche di comunicare ed era stato così che la mia sorella mi aveva chiamato.
    "Lo spero, non so se tua moglie te lo ha detto, ma abbiamo un po' di problemi lassù..." gli risposi a tono, ma comunque in modo gioivale e gentile. Inutile dire che l'ansia mi stava uccidendo.
    "Tuttavia Aphrodite conosceva il compagno alato di mio padre, se lei dice che è lo stesso... deve essere così, ma mi chiedo come? Come è possibile?"
    Altair alzò le spalle ed aprì le braccia, non prima di spiegarmi con chi lo avessero trovato.
    "Non se se... mia moglie ti abbia parlato di ciò che ho fatto..." iniziò cauto, quasi sottovoce.
    "Che hai risvegliato il primo Assassino? Quello che ha dato origine a tutto questo? Sì bè... qualcosa mi ha accennato..." mormorai sarcastica, osavo solo immaginare quanti guai gli avrebbe portato, seppur comprendevo le sue ragioni. Per ora nessuno tranne lui ed Aphrodite lo sapevano, ma ben presto quando l'acqua del pozzo avrebbe fatto effetto e la sua carne putrefatta sarebbe tornata viva... bè sarebbe stato un problema che avrebbero dovuto affrontare perchè quello avrebbe cambiato per sempre gli assetti di leadership all'interno della Confraternita.
    "Immagino però non ti abbia detto che è egiziano... epoca tolemaica per la precisione..." a quella informazione divenne rigida. Era risaputo che la civiltà egizia era nata grazie ai superstiti della mia famiglia e li ricordavo come i migliori anni che avevo vissuto su quel pianeta perchè i più simili su Marte.
    "Il compagno alato di mio padre era con lui?"
    Altair semplicemente assentì con il capo mentre un senso di vuoto mi riempì lo stomaco. Doveva essere davvero valoroso se lo aveva scelto come Campione seppur il suo essere stato fondatore di una confraternita come quella era già un indizio del suo enorme valore.
    "Devo vederlo!" esclamai impaziente seguendo a grandi passi Altair mentre mi conduceva in un'ala nascosta di quel luogo, una che nè io e dubitavo chiunque altro conoscesse, una creata con l'incanto probabilmente grazie ad alcune conoscenze di Aprhodite, perchè vi accedemmo superando un muro di mattoni.
    Ero così presa dal voler giungere a destinazione che non mi accorsi del nervosismo di Altair al mio fianco, fin quando non parlò.
    "Credo che Aphrodite voglia essere con voi in questo momento..." camminava con le mani dietro la schiena, lo sguardo alto e fisso di fronte a lui ed il tono preoccupato.
    "L'appoggio di Venere ora come ora aiuterebbe seppur non sia un pianeta famoso per il suo esercito, ma cosa vuoi dirmi? Che Aphrodite non ha ancora scelto un nuovo Duca o Duchessa perchè NON vuole farlo?"
    Il suo silenzio valse più di mille parole, mentre assentiva combattuto.
    "Il legame che ora ci lega non prevede menzogne... lo sento, lo percepisco... credo nel suo desiderio e volere di starmi accanto, ma sento anche quanto non sia disposta a perdere il suo titolo..."
    "E' di fronte ad una scelta impossibile te lo concedo, ma è Aphrodite... sono certa che saprà che fare..." pronunciai quelle parole quando finalmente il passo di Altair si arrestò di fronte all'unica porta del lungo corridoio. Era di legno massiccio ed appena la spalancammo non ebbi quasi il tempo di capire cosa stava succedendo che il compagno alato di mio padre volò dal suo trespolo al mio braccio iniziando a strusciare il capo contro la mia guancia. Sentivo i suoi pensieri ed era commossa come me, tanto che iniziammo a piangere.
    Era stata la mia migliore amica, quella che sempre c'era stata da quando ero nata. Mi aveva protetta, amata e sempre aveva ascoltato i miei sfoghi. Era una sorella e la sua perdita mi aveva dilaniato al pari di quella dei miei genitori.
    "Senu! Senu sei tu! Senu!" mormorai concitata mentre ci accarezzavamo a vicenda, quel momento toccante venne interrotto solo da Altair che invitandomi nella stanza mi presentò l'uomo che nel letto giaceva.
    "Fisicamente si è ripreso, ma non si sveglia..."
    "Dopo Zeus credevo che nessun altro Campione sarebbe stato alla sua altezza e poi ho incontrato lui... Bayek di Siwa... Ares ha bisogno di te... tutti ne abbiamo... sei l'unica che può guidarlo fuori dal Campo dei Giunchi..." le parole di Senu mi misero in difficoltà. Avevo appena parlato di scelte impossibili ed io mi trovavo di fronte alla stessa situazione. La mia doveva essere una toccata e fuga, nella mia mente avrei recuperato Senu e sarei tornata su Marte, ma ora mi rendevo conto che fosse impossibile. Senu era viva e dopo aver scelto il suo Campione aveva vegliato tutti quegli anni su di lui certa del suo risveglio... era una fedeltà incomprensibile per gli umani che andava oltre al rapporto che loro avevano con gli umani.
    Mi sentivo in difficoltà perchè sapevo di non poter rinunciare...


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 21/12/2018, 18:29
     
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  2. Blackthorns
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    :Aphrodite:
    Non mi ero pentita della decisione presa, sarebbe stato senza dubbio scorretto affermarlo, perchè ne ero sicura in quel momento tanto come lo ero stata il giorno in cui l'avevo annunciata di fronte a Selene e le altre guerriere. Nessun ripensamento, nessuna indecisione. Eppure la situazione stava procedendo con maggiore lentezza di quanto avrei voluto, risultando in uno stallo che non mi piaceva affatto —— non mi ero illusa sarebbe stato semplice e del tutto rapido, trovare qualcuno in grado di governare degnamente Venere, ma neppure avevo immaginato sarebbe potuto essere un processo così insopportabilmente lungo e tortuoso. Stavo facendo tutto ciò che era in mio potere, da così lontano, tuttavia a volte avevo immancabilmente la sensazione, stringente e affatto piacevole, non fosse abbastanza. Mi tenevo di frequente in contatto con le ragazze, per non rimanere completamente isolata e all'oscuro di cosa stesse succedendo nell'Impero e speravo con tutto il mio cuore non mi stessi sbagliando, nel ritenerle in grado di affrontare i problemi senza di me, perchè anche Altair aveva bisogno del mio appoggio, probabilmente più che mai, a giudicare dagli sviluppi recenti e da ciò che essi avrebbero potuto comportare, per lui, per gli Assassini. Mi fidavo del suo giudizio e le scelte avventate, del resto, non erano mai state parte di lui, come faceva da testimone tutta la nostra storia, però non potevo fare a meno di essere preoccupata. Nessuno di noi due poteva sapere per certo cosa avrebbe comportato il ritorno alla vita di Bayek, ciò che era certo era il modo in cui avrebbe scosso irrimediabilmente la Confraternita dall'interno, spostandone l'asse e facendone traballare l'equilibrio.
    ( . . . ) « E' bello averti qui. » commentai, dopo qualche minuto passato interamente in silenzio, ad osservarla, all'interno della camera segreta che io e mio marito avevamo allestito per Bayek. « — mi mancate, lo sai. »
    Un'affermazione pura e semplice, la mia, non certo una domanda. La presenza di tutte loro era una mancanza che avvertivo in maniera forte, non dovevano dubitarne, nè pensare la mia fosse indifferenza verso di loro, o verso l'Impero. Dopo di che tornai silenziosa, ad osservarla in modo piuttosto riflessivo, sicuramente più pensieroso di chi ha soltanto momentaneamente esaurito le parole da dire. Bayek era ancora chiuso nel suo sonno, eppure la sua presenza riempiva la stanza in modo così evidente da farmi quasi sentire di troppo, come se fossi la spettatrice inattesa un momento privato —— e anche se non sapevo dire con esattezza a cosa fosse dovuta quella sensazione, ancora, non avevo dubbi c'entrasse con Ares, qualsiasi cosa fosse.
     
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    Quando la mia morte era giunta me ne ero andato come avrei sempre voluto: combattendo. Ricordavo ancora che l'ultima cosa che vidi era il sole caldo della mia terra baciare la mia pelle scura e ferita, mentre chiudendo gli occhi attendevo il momento in cui mi sarei riunito con i miei cari.
    Esattamente come sapevo che sarebbe successo mi trovai ad affrontare la pesatura dell'anima senza credere o sperare di riuscire davvero a superare tale prova eppure una volta nella Sala delle due Maat ogni mia paura sembrò cessare. Lì Anubis prese il mio cuore e lo posò su un piatto, mentre sull'altro la piuma rappresentazione di verità e giustizia.
    Fu Thot a prendere nota dell'esito della pesatura e mentre io cercavo nei loro sguardi la risposta poco dopo le grandi porte alle loro spalle si aprirono ed Osiride sul suo trono mi invitò a seguirlo per poi accedere grazie a lui al Campo dei Giunchi.
    Ricordavo ancora che la prima cosa che vidi fu Khemu che mi corse incontro e lì vivemmo insieme per l'eternità tra campo solcati da ruscelli ove vivemmo arando, seminando e mietendo. Sempre attendemmo l'arrivo di Aya, ma mai accade e capì che non fu perchè era divenuta Immortale, ma perchè non aveva superato la pesatura del cuore. Questo mi pesò, non avrei voluto mai che la vendetta la consumasse al punto di perdere la sua umanità, ma dal giorno che aveva deciso di lasciarmi, di non combattere per la nostra famiglia che capì di averla persa.
    Si era trasformata in Amunet, la più grande Assassina conosciuta, colei che aveva fondato sulla mia idea un movimento di giustizia e lealtà, ma alla fine la violenza ed il sangue aveva avuto la meglio sulla sua anima.
    Nei campo Aaru era impossibile capire quanto tempo passasse e siccome avevo ormai dato per scontato della mia eternità lì, rimasi molto colpito quando un giorno il grande Osiride venne a cercarmi.
    Le sue parole mi colpirono più di ogni altra cosa perchè il suo cercarmi era dovuta ad una forza che riconobbe come figlia di una popolazione loro alleata che chiamava Prima Civilizzazione e mi disse che tale forza mi stava richiamando. In un primo momento mi sentì scosso e spaventato da ciò, ma fu Khemu con grandi stupore a darmi forza e fiducia. Mi disse che se il mondo aveva ancora bisogno di me, io non dovevo e non potevo rinunciare alla chiamata che lui sarebbe stato lì, sempre lì ad attendermi ed ora ne ero certo. Ora sapevo che così sarebbe stato. Osiride mi poggiò una mano sulla spalla e mi assicurò che mio figlio e i Campi Aaru sarebbero stati sempre lì ad aspettarmi.
    Non era stato facile, ma pensai che se il grande Dio stesso era venuto a cercarmi per chiedermi di rispondere a tale chiamata e mio figlio stesso mi invitava ad accoglierla, allora io non potevo tirarmi indietro. Fu strano, perchè era un tornare alla vita senza che io sapessi come ciò sarebbe potuto essere possibile. Mi aspettai di ritrovarmi nella tomba in cui ero stato sepolto a combattere contro le bende ed invece la sensazioni che ebbi fu di libertà e calore. Il luogo però non lo riconoscevo, era una stanza semibuia. L'unica grande finestra presente era in vetro colorato e creava un disegno di una specie di "A" che però non riconoscevo come effige. Cercai di mettermi a sedere, ma non fu facile perchè non sapevo quanto tempo avevo passato "morto" e dunque da quanto il mio corpo fosse "fermo". I muscoli erano indolenziti, ma la cosa che mi colpì più era rivedere la mia pelle sana. C'erano su di esso le mie solite cicatrici, ma nulla delle ferite che mi avevano ucciso. La pelle era tesa e perfino i muscoli erano ancora ben delineati e sviluppati. Ero solo e vestito solo di un qualcosa che mi copriva le gambe che mi incuriosì, non avevo mai visto indumenti di quel tipo e di quel materiale, mentre il dorso era nudo.
    Ancora steso mi guardai intorno cercando di far mente locale, ma sopratutto chiedendomi CHI mi avesse richiamato e PERCHE', certo delle loro buone intenzioni per via delle parole di Osiride, ma anche un po' ansioso... quanto tempo era passato? Che mondo avrei trovato oltre quella finestra?
     
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    :Ares:
    Che razza di situazione...
    Ero tornata lì per prendere Senu e poi venire subito via, e invece mi ero ritrovata a fare da badante al suo nuovo Campione.
    Ero sì impaziente di tornare su Marte, ma stare lì, in sua compagnia dovevo ammettere che non mi dispiaceva. Quest'uomo, Bayek di Siwa, mi dava una strana sensazione, come di familiarità. Non ero a disagio, non mi sentivo come se fossi davanti a uno sconosciuto.
    Forse era per l'incredibile valore, al livello di mio padre, che aveva portato Senu a sceglierlo, o forse per il fatto che, per certi versi, appartenevamo entrambi allo stesso popolo -dopotutto la cultura egizia è figlia di quella marziana.
    Non sapevo perchè, ma più gli stavo vicino, più che mi sentivo per certi versi in sintonia con lui... ed era dai tempi in cui stavo con Shay che non mi sentivo in sintonia con qualcuno al di fuori delle mie sorelle.
    Wow Ares, ti senti in sintonia con un morto, incredibile!
    Ormai però erano passati giorni, forse una settimana se non di più -stando rinchiusa qui avevo perso la cognizione del tempo- e ancora nessun accenno a risvegliarsi.
    Decisi di uscire dalla camera per distrarmi un po', tutta quella situazione mi stava sfinendo -e poi io odiavo aspettare senza poter fare nulla, mi sentivo impotente.
    Lasciai Senu con lui, io andai a cercare Aphrodite, sperando che non fosse impegnata.
    Eh sì, ci mancava tremendamente, come noi mancavamo a lei.
    Volevo approfittare di quel periodo di nuovo sulla Terra per stare un po' con lei.
    Ero contenta. Finalmente dopo secoli passati a prendersi e lasciarsi quei due potevano stare insieme. Era raggiante, lo vedevo. Era anche ovviamente preoccupata per Venere e tutta questa situazione.
    Parliamoci chiaro, Altair aveva fatto una cazzata astronomica a risvegliare Bayek senza dire niente a nessuno, però in parte questa sua scelta la capivo. Per ritrovare sè stessi si deve tornare alle origini. Spesso le scelte che riteniamo giuste non sono per forza le più semplici e popolari da prendere, anzi, quasi sempre sono le più difficile, spaventose e meno condivise.

    (...)
    Per quale maledetto motivo mi era venuto in mente di andare da Aphrodite?! Lei era occupata, e fin qui non ci sono problemi, peccato che sulla via del ritorno avevo incrociato Shay.
    Ecco, questa scelta di Altair invece non la condividevo per niente.
    Quanto mi infastidiva! Me n'ero andata proprio per dimenticarmelo, non vederlo più, e invece me lo ritrovavo sempre tra i piedi.
    Mi faceva male vederlo. Come al solito una parte di me avrebbe voluto sgozzarlo seduta stante, l'altra riavvicinarsi. Ed ecco perchè mi incazzavo ancora di più! Per quale stramaledetto motivo volevo riavvicinarmi?! Mi aveva tradito, ferito, usata in ogni modo possibile ma io lo amavo ancora.
    Ma che razza di problemi ho?!
    Era con questi pensieri che rientrai nella stanza segreta, rimanendo però sconvolta.
    Bayek si era risvegliato. Era vivo e vegeto.
    Finalmente!
    Era seduto e si guardava attorno confuso, molto confuso, poi incrociò il mio sguardo e accadde qualcosa che mi lasciò non poco interdetta. La confusione venne sostituita dal terrore. Aveva paura di me... ma per quale motivo? Non gli avevo fatto nulla! Lo sguardo che aveva era lo stesso che vedevo ogni volta nelle mie vittime durante i combattimenti.
    "Bayek di Siwa, capisco la tua confusione, ma puoi stare tranquillo..." gli dissi facendo un passo verso di lui. Nulla di più sbagliato.
    Scattò in piedi e indietreggiò, sempre più spaventato.
    "Sekhmet..."
    Ah, mi ha preso per quella svalvolata di mia cugina... mi sa che ci vorrà un po'.
     
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    Fu più forte di me, la presenza di quella donna nella mia stanza mi fece balzare in piedi e successivamente inchinarmi al suo cospetto. Non dubitavo che se Osiride stesso fosse venuto a cercarmi, che proprio Sekhmet fosse stata colei che glielo avesse detto. La temuta e potente Dea della Guerra.
    "Siete stata Voi, mia Grande Dea, con il vostro potere immenso della guarigione a portarmi indietro?" chiesi con temuto rispetto ed il capo basso. Era risaputo che la sua violenza ed ira potessero essere distruttive e che dal suo respiro fosse nato il deserto.
    Figlia di Ra e sposa di Ptah era una dea solare, considerata patrona dei faraoni.
    "Te ne prego Bayek, alzati..." mi disse lei venendomi incontro e sorridendomi invitandomi a sedere con lei, sul giaciglio su cui poco prima ero. Rimasi ammaliato dalla perfezione delle sue gesta, riscoprendo che le statue non rendevano giustizia alla sua forza e bellezza.
    "Lascia che mi presenti. Sono Ares. Figlia di Zeus ed Hera. Nipote di Ra. Cugina di Sekhmet" mi disse lei usando parole decise, ma pronunciate con lentezza. Mi sorrise mentre io confuso piegavo il capo da un lato, sempre mantenendo lo sguardo basso. A nessun umano era concesso guardare negli occhi un Dio.
    "Ares? Mi sembra di aver udito questo nome... alcuni Romani hanno portato le loro divinità a noi, ma il Vostro nome era Marte..."
    "I Romani hanno sempre avuto questo brutto vizio..." esclamò lei quasi infastidita, ma non potendo fare a meno di sorridere "Tuttavia non hanno rinnegato le nostre origini. Sono una fiera figlia della nobile casata di Marte..."
    Sgranai gli occhi colpito, ma paradossalmente quelle rivelazioni ebbero un impatto minore su di me rispetto a tutti gli Assassini che finora avevano conosciuto. La mia religione e credenze mi portavano per forza maggiore ad essere di mentalità più aperta e dunque non vi era quel terrore o incredulità che invece Ares mille volte aveva visto in qualsiasi altro umano a cui aveva rivelato quelle stesse cose.
    "Sono su Marte dunque?" chiesi con ingenuità.
    "Oh no. Sei sul tuo Pianeta seppur... non lo siamo... è difficile spiegarlo, ma questo posto è a sè stante... però da cui puoi raggiungere qualsiasi parte del mondo... anche l'Egitto..." mi disse lei quasi con una voce di tristezza nella voce. Io non potevo saperlo, ma niente dell'Egitto che amavo e che ricordavo esisteva ormai. Paradossalmente se fossi stato davvero su Marte mi sarei più sentito a casa. Li tutto pareva immutato dall'epoca in cui avevo vissuto, quella che lei e la sua razza avevano creato proprio sul ricordo del loro mondo.
    Quella nostra conversazione tuttavia fu interrotta dall'arrivo rumoroso di un animale, che planandomi addosso e posandosi sul mio braccio riconobbi come Senu. Gli occhi mi si illuminavano mentre il suo becco si strusciava con il mio naso. C'era affetto e profonda ammirazione, la stessa che addirittura Ares poté leggere nella mente dell'aquila rimanendo commossa da un legame così forse. Uno che non vedeva dall'epoca di Senu e Zeus.
    "C-Come è possibile? S-Senu? S-Sei tu! Oh amica mia! Che bello rivederti!"
    "E' stata lei a chiamarmi..." mi disse Ares e solo in quel momento mi accorsi delle lacrime che le rigarono il viso. La voce rotta dall'emozione.
    "S-Senu era il Compagno Alato di mio padre..."
    "Il Faraone?" gli chiesi con rispetto, ma anche sincero desiderio di sapere. Lei ridacchiò, perchè seppur non era il termine esatto, era comunque il ruolo che ricopriva. Al suo assenso rimasi assai colpito.
    L'animale sacro del Faraone di Marte aveva scelto me?
    "D-Devi essere un uomo nobile Bayek di Siwa... se Senu ti ha scelto..."
    Guardai la mia fidata amica e poi per la prima volta mi voltai verso la Dea di fronte a me. Chissà se sarei stato punito per tanta avventatezza, ma il mio spirito compassionevole sapeva riconoscere il dolore della perdita. Lo stesso che leggevo nei suoi occhi. E così posandole una mano sulla guancia le asciugai una delle sue lacrime donandole il mio più gentile dei sorrisi.
     
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    :Ares:
    A quel contatto mi pietrificai.
    Non me l'aspettavo. Mi sorprese molto... e ne ero felice, perchè era difficile che qualcuno mi provocasse quella reazione.
    Anche da questo capii che Bayek di Siwa era speciale. Mi aveva trattata con rispetto e gentilezza non perchè ai suoi occhi, considerando la sua religione, ero una Dea, ma semplicemente perchè per lui era giusto farlo, quiunque io fossi.
    Quando mi guardò negli occhi provai una sensazione strana che non provavo da tempo, non ricordavo esattamente da quanto.
    Mi asciugò una lacrima, sorridendo gentile, come a volermi infondere coraggio. Sapeva cosa stavo provando, aveva riconosciuto il dolore dal mio sguardo.
    Senu volò sulla mia spalla, strusciando la testa contro la mia guancia. Quel gesto mi riportò alla mia infanzia, quando Senu era l'unica amica che avevo, quando, nei momenti bui, lei era sempre lì, pronta a consolarmi o a tirarmi su di morale.
    Tutta quella situazione, Senu, Bayek... sembrava di essere su Marte.
    "È molto affezionata a Voi."
    "Mi conosce da quando sono nata ed è sempre stata con me. È stata la mia migliore amica, praticamente una sorella." gli spiegai sorridendo.
    Bayek a un tratto si fece pensieroso, iniziando a guardarsi leggermente timoroso attorno.
    Forse era arrivato il momento in cui avrei iniziato a dargli qualche risposta.
    "Ehm, quindi, fatemi capire... siamo sulla Terra, ma allo stesso tempo non lo siamo, giusto?"
    "Esatto, più o meno. Innanzitutto siamo in un epoca diversa, circa 2000 anni dopo il periodo in cui sei vissuto tu..."
    Sgranò gli occhi, palesemente sconvolto. E come potrebbe non esserlo?
    "Ed in questo momento ci troviamo a Nanda Parbat, covo mondiale degli Assassini. È un luogo a sè stante, ma collegato con qualsiasi parte del mondo."
    "Assassini?"
    Quella sua perplessità mi lasciò interdetta. Come poteva non conoscere la Confraternita che lui stesso ha creato?
    "Ehm... sì. Hai creato tu la Confraternita... o almeno è quello che mi ha detto Altair..."
    "Ma di che state parlando? Io ero un Medjay."
    "Medjay?" quella confusa ora ero io.
    "Sì. Guerrieri valorosi che credevano fortemente nella giustizia, il cui obiettivo era portarla ovunque non ci fosse."
    Solo in quel momento realizzai. Lui aveva dato il via al movimento, ovviamente non aveva assistito all'evoluzione e alla nascita della Confraternita. Come avevo fatto a non capirlo subito?
    "Penso di aver capito ora."
    "Ehm... io invece no. Cos'è questa Confraternita, chi sono gli Assassini, e chi è Altair? Ma soprattutto, come ho fatto a tornare in vita e perchè?"
    Vederlo così disorientato mi faceva tenerezza. Capivo esattamente cosa significasse non avere certezze, ritrovarsi in una situazione e in un luogo completamente sconosciuti e diversi da quelli a cui si è abituati.
    "Capisco la tua confusione Bayek. Altair è colui che ti ha riportato in vita con l'uso di una fonte particolare, chiamata Pozzo di Lazzaro. Per quanto riguarda le altre tue domande penso che debba essere Altair stesso a darti le risposte." gli dissi sorridendo, prendendogli la mani e stringendola forte, tentando di infondergli lo stesso coraggio che lui stesso poco fa mi aveva dato.
     
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