Present Day #2019: Moon

Season 3

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    :Pandia:
    Ricordando i racconti di Selene fu come vedere per un momento un deja vù del passato dove delle Guerriere sconfitte e ferite nei corpi quanto nell'anima arrivavano sulla Terra a fronte della perdita dei loro pianeti. Insieme a loro un fiume di rifugiati, molti dei quali avevano deciso di rimanere sul pianeta che aveva dato una seconda vita. Ora toccava agli Assassini questo esodo con la promessa però che sarebbe stato solo qualcosa di momentaneo.
    La Confraternita seppur sconfitta era assai ampia, raccogliendo uomini e donne di tutto il mondo, e così fu dato alloggio loro sulla Luna quanto sugli altri pianeti del sistema interno.
    Selene si sentiva in dovere di tutto ciò perchè a prescindere dei dissapori che potevano esserci lei non dimenticava chi l'aveva assistita nel momento di maggior bisogno, chi le aveva dato una casa ed un rifugio non cacciandola come diversa, ma accogliendola. Eppure le sembrava di non far abbastanza, la vedevo nervosa ed agitata e a tratti mi chiedevo se fosse unicamente per la guerra in corso.
    Riorganizzarsi e mettere insieme un piano non sarebbe stato facile tuttavia quella situazione, seppur difficile e sfortunata, stava regalando qualcosa di positivo. Vedevo le Guerriere emozionate di poter aver finalmente i mariti nelle loro case, mostrare loro i propri pianeti e sperare un giorno, forse, di condividere una vita sulla Terra quanto su di essi.
    Connor era un fascio di nervi, sempre teso e scuro in volto più del solito, sicuramente per via di Atlas ed il padre, bloccato sulla Terra, ma anche per un pianeta in cui si sentiva un estraneo. Mercurio era un pianeta di intellettuali dalla pelle chiara e la pelle levigata che indubbiamente vedeva in un guerriero indigeno più uno schiavo a cui si fa portare l'ombrello che il consorte della marchesa.
    Bayek pareva invece faticare a contenere l'entusiasmo, certo era molto preoccupato per la Terra e lo si vedeva dal viso sinceramente triste, ma Marte gli aveva regalato un tuffo nel passato, ricordandogli fino alla commozione casa.
    Edward pareva a suo agio a Giove, avevo sentito dire che la vita sotterranea lo asfissiava, ma al contempo i velieri del pianeta lo emozionavo. Nike gliene aveva fatti costruire due, un Jackdaw per Giove ed uno per la Terra, convinta che sarebbe tornato a solcare i mari.
    Solo Aphrodite sembrava fare una certa resistenza convinta che Altair sarebbe stato meglio sulla Luna, mentre lui ci teneva poter condividere del tempo con lei nel suo pianeta natio.
    Io dal canto mio vivevo di emozione nel vedere Ezio camminare per i corridoi tanto che a volte la mia mente voleva lontana ed osservandolo mi dimenticavo della triste attuale situazione, ma andavo oltre. Lo immaginavo essere lì per me. Perchè tutti sapevano di noi e lui liberamente si muoveva per il palazzo come una figura importante. Un guerriero rispettato. Un nobile amato. L'uomo che tutte sognavano e che mi invidiavano.
    Immaginavo Selene ed Endymion accoglierlo in consiglio con me e Toth... immaginavo che tutto fosse perfetto. Stavo ancora con la mente tra le nuvole quando qualcuno mi prese per un braccio e mi strattonò. Non capì immediatamente chi fosse e perchè e reagì d'istinto con un colpo al petto per allontanare quella presenza, per liberarmi dalla sua presa... ma lui fu abbastanza forte da avvicinarsi di nuovo, farmi aderire con la schiena al muro e bloccare il mio corpo con il suo. Era Ezio. Sorrisi sentendomi sciocca e poi, come sempre, mi persi nei suoi occhi.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 1/11/2019, 20:58
     
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    :Thot:
    Il mio passo era “marziale”, così amava definirlo Iuventas e io non ero molto convinto se questo mi facesse piacere o meno. Le mie origini erano un tabù a cui cercavo di pensare il meno possibile, la mia nuova vita era tutto ciò che aveva senso adesso. Da anni ero ormai un essere nuovo, rigenerato, riportato a un’esistenza degna di essere chiamata tale dai miei Imperatori e per questa ragione mi ero trasformato in un perfetto e leale servitore… Mi ero addestrato, avevo gettato sudore e sangue, avevo asservito tutto me stesso alla causa ed… ero stato ricompensato. Avevo salvato una vita e me ne era stata donata una che mai sarei riuscito davvero a meritare. E ogni giorno, ogni ora, ogni minuto mi impegnavo affinché i miei Imperatori potessero considerarmi degno… degno di stare al loro fianco e non solo in veste di Generale dei Moon Knights e di guardia del corpo fidata. Scossi il capo con forza, non era il momento di lasciarsi prendere da questi pensieri. Dovevo restare lucido e concentrato. Una minaccia gravissima aveva sconvolto un pianeta a cui la mia Imperatrice teneva molto, perciò mi era stato affidato il compito di accogliere dei guerrieri venuti dalla Terra, affiliarli ai Moon Nights affinché potessero continuare ad addestrarsi, nel frattempo che si metteva a punto una strategia efficace per combattere il loro nemico. Già, il “loro” nemico. Non riuscivo bene a capire le dinamiche che si celavano dietro le scelte di Selene ed Endymion. La prima era prodiga e solerte nei confronti dei suoi alleati umani, il secondo invece pareva tollerarli solo in virtù dei sentimenti che provava per la sua regina. E, inizialmente, devo ammetterlo, non gli avevo dato tutti i torti. Tuttavia, avevo avuto modo di studiare gli Assassini – così si facevano chiamare questi guerrieri umani, caratterizzati tutti da una “divisa” bizzarra e delle armi davvero magnifiche – che si erano stanziati sulla Luna. Era una piccola parte in realtà, alcuni erano stati smistati sui pianeti delle altre Guerriere, altri erano periti sotto un terribile attacco avvenuto al loro campo base. In tutta onestà, non riuscivo a mantenere indifferenza o addirittura ostilità nei loro riguardi: erano valorosi combattenti, abilissimi, fedeli a un onorato Credo che serviva il bene… e questo era quanto mi serviva per portargli rispetto. Erano in difficoltà e noi li avremmo aiutati a risollevarsi.
    Solo uno tra tutti non ero riuscito a inquadrare ancora. Ezio Auditore era il suo nome. Era chiaro che fosse lui il “capo” del manipolo di Assassini presenti sulla Luna. Così come erano altrettanto chiare le sue nobili origini, benché non conoscessi le stirpi terrestri, il suo portamento fiero e a tratti altezzoso mi ricordava Endymion, anche se i due non potevano essere più diversi per mentalità e apparenza! Quell’associazione mi lasciava un po’ stranito, Ezio Auditore era… nobile tanto quanto io non lo ero.
    Nonostante ciò, non mi sarei mai aspettato di vedere la scena che si parò improvvisamente ai miei occhi: Ezio Auditore aveva strattonato Pandia – la mia forte, meravigliosa, bellissima Principessa – costringendola contro la parete di cristallo del corridoio. Era stato un gesto repentino, ma pareva addirittura studiato… abitudinario. Ingoiai un moto di rabbia che nacque direttamente dal petto e si fermò in gola trasformandosi in un ringhio sommesso. Non andai oltre, ero appena dietro l’angolo ma non svoltai. Appoggiai un pugno chiuso a una parete simile a quella dove adesso stava appoggiata la guancia di Pandia e tentai di respirare. Abbassai le palpebre e le rialzai più e più volte, nella speranza di scoprire che la stanchezza di quegli ultimi tempi mi stesse giocando brutti scherzi. Non era così. Il corpo di Ezio era premuto contro quello della Principessa e lei… lei non si stava ribellando. Se avessi anche solo udito un moto di fastidio provenire dalla sua dolce bocca, sarei intervenuto immediatamente e avrei fatto a pezzi quel bastardo con i miei artigli di acciaio. Invece… feci due passi indietro, i pugni stretti in morse ferree che rischiavano di farmi sanguinare i palmi.
    Pandia era molto ambita, moltissimi rampolli di famiglie nobili della Luna si contendevano la sua mano. Selene stava cercando di trovare un marito perfetto per lei e io… io tentavo di sopperire alla mia mancanza di illustri natali con il mio duro lavoro! Perché sì, ero innamorato della Principessa, fin da quando mi era stata affidata per il suo primo addestramento di Guerriera. Ci avevo messo del tempo per capirlo, convinto che non fossi capace di provare sentimenti simili. Ma avevo trovato in lei un’anima pura, tenace, sincera che mi aveva turbato e che continuava ancora oggi ad occupare la mia mente… e il mio cuore! Tuttavia, mai mi ero permesso di palesare le mie intenzioni, certo di non essere all’altezza dei damerini che l’Imperatrice continuava a presentarle! Ma un umano? Per quanto nobile potesse essere, sulla Luna era meno che niente! Come osava permettersi di corteggiarla? E in quel modo così… volgare? Era una Principessa, dannazione!
    I miei pensieri furibondi furono però interrotti dal mio secondo in comando, un Capitano mio fedelissimo, che comparve al mio fianco come se fosse un fantasma.
    “Mio Generale, sei stato convocato dagli Imperatori, si richiede la tua presenza su Marte…”
    Tornai lucido all’istante. Marte? Perché diamine dovevo andare lì?
    A quel punto, mi ero convinto che la giornata non sarebbe potuta andare peggio… o almeno lo speravo!
     
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    :Ezio:
    L'avevo sorpresa con la testa tra le nuvole, lo sguardo sognante. Amai la sua espressione dapprima allarmata, poi stupita nel riconoscermi. Il corridoio era vuoto, nessun segno di altre persone, quindi avevo deciso di arrischiarmi ad avvicinarla.
    Il mio mezzo sorriso sul viso, lo sguardo intenso e penetrante. Il suo respiro accelerò. Le sfiorai il viso con le dita, osservando i particolari perfetti della sua pelle, della curva della mandibola, della forma delle sue labbra. Ne disegnai i contorni con il pollice, scendendo al mento. Il mio cuore batteva furiosamente, tanto quanto il suo. Erano momenti rubati, dal sapore proibito e rischioso, e la tensione nei nostri corpi aumentava, complice il fatto che erano rari, se non inesistenti, quelli in cui potevamo stare da soli. Da quando ci eravamo rifugiati sulla Luna, sembrava che non esistesse un luogo in cui non ci fossero occhi e orecchie indiscrete. Forse era per quello che oggi avevo buttato al vento buona parte della mia precauzione.
    Cercavo di controllare il mio desiderio, la mia voglia di stringerla, ma ogni giorno che passava diventava più complicato. Mi abbassai per baciarla, mentre il suo profumo mi riempiva la mente. Le nostre bocche si sfiorarono.
    All'improvviso, girai di scatto la testa, in allarme. Mi staccai da Pandia bruscamente. Il corridoio continuava ad essere vuoto, però...
    Pandia non aveva capito, ma sussurrò preoccupata:”Che succede?”
    ”C'è qualcuno...” Sibilai.
    In silenzio, raggiunsi l'angolo dove il corridoio si intersecava con un altro. Anche quello deserto, se non che intravvidi per un istante la stoffa di un mantello che svaniva oltre un altro passaggio di quel palazzo labirintico.
    Digrignai i denti per la rabbia di essere stato così stupido. ”Maledizione...”
    (...)
    Le riunioni per pianificare una piano d'azione o per elaborare le informazioni raccolte sui nostri nemici erano molto frequenti, a cadenza quasi giornaliera; presenziavano sempre tutti i Mentori, gli Imperatori, la Principessa, e il Generale delle Guardie Lunari: la sua gravità e rigidità mi ricordavano molto quella degli automi, e non aiutava certo a migliorare il mio giudizio l'estrema e cieca lealtà che dimostrava nei confronti della coppia reale. Temevo tali manifestazioni di sudditanza, facilmente sconfinavano nell'idolatria e questo pericolo era uno dei più insidiosi per il libero arbitrio di un essere umano.
    Eppure i suoi interventi erano pertinenti, dimostrava intelligenza e lo faceva senza autocompiacimento, in maniera asciutta e precisa. Se avesse dimostrato un po' più di autonomia, non mi sarebbe dispiaciuto averlo al mio fianco in battaglia, o come alleato.
    Sembrava fatto di un pezzo unico di acciaio, tranne quando, nei momenti che precedevano o seguivano le nostre riunioni, si rivolgeva a Pandia. Sapevo che era l'istruttore delle Guerriere più giovani, ed era normale che in quel caso il suo atteggiamento fosse un po' più rilassato, ma avevo captato degli atteggiamenti poco chiari che mi avevano fatto sorgere dei dubbi.
    C'erano giornate in cui allenarsi era l'unico modo per far passare il tempo, ed era per questo che per noi Assassini era diventato un'abitudine ritrovarsi in una grande sala adibita a palestra, dove avevamo a disposizione attrezzi per fare attività fisica e armi per affinare le tecniche di combattimento di ogni tipo. La sala era frequentata anche dall'élite militare imperiale, ma i contatti con loro erano abbastanza freddi e sporadici.
    Avevo appena terminato il mio allenamento muscolare, e stavo scambiando due parole con Federico, mentre mi fasciavo le mani, prima di cominciare a lavorare sul sacco da boxe.
    In quel momento, entrò un gruppo di soldati, con le divise da allenamento. La cosa strana era che si disposero quasi a semicerchio, lasciando uno spazio libero in mezzo alla sala.
    Thot raggiunse il centro e fece un cenno d'invito nella mia direzione, senza parlare: avevamo disattivato i microtraduttori e la lingua lunare, per quanto vagamente simile al latino e alle lingue romanze, non ci era sufficientemente comprensibile per comunicare con gli abitanti di questo pianeta.
    Inarcai le sopracciglia: cosa significava? Perché mai doveva propormi una sfida? O forse mi sbagliavo, voleva solo allenarsi con qualcuno di diverso, per imparare nuove tecniche.
    Ero perplesso, ma ero anche il tipo di persona che non si tirava indietro davanti ad un cimento. Lasciai i guantoni a Federico: con solo le fasciature, avrei avuto le mani più libere. Raggiunsi il Generale al centro del ring improvvisato, mentre gli Assassini si disponevano a chiuderne il cerchio.
    (...)
    Quello che non poteva più chiamarsi un semplice confronto si stava protraendo da parecchi minuti. Anche se all'inizio i colpi dati erano leggeri, più appoggiati che altro, ben presto la forza con cui ce li scambiavamo aumentò.
    Avevo provato diverse volte ad avvicinarmi a lui per rompere la sua guardia, ma più volte era stato abbastanza veloce ad evitare i miei pugni e a rispondere con i suoi. Molto spesso il mio gioco di gambe mi aveva tolto dalla sua portata, ma le volte che era andato a segno con pugni o calci mi aveva lasciato ammaccature pulsanti sulle braccia e sul torace.
    Partii con un attacco, fingendo un destro che passasse sotto la sua guardia alzata, per poi sferrare un sinistro alla faccia che lui riuscì a schivare in parte. La mia mano lo colpì malamente allo zigomo, e sentii uno scricchiolio sospetto all'impatto, duro come se avessi colpito un masso.
    Mi allontanai velocemente, mentre verificavo la condizione della mano senza dare nell'occhio: le nocche erano a posto, però l'anulare con la cicatrice della bruciatura ed il mignolo avevano angolazioni innaturali ed erano sicuramente rotti.
    Ci squadrammo per qualche istante, entrambi con il fiatone per lo sforzo. Decisi che l'incontro doveva terminare velocemente, ma avevo constatato che la Nobile Arte non poteva aiutarmi. Dovevo utilizzare una mossa un po' sporca, per avere la meglio sul mio avversario formidabile. Scelsi una tecnica che avevo visto usare da Kenway, che praticava uno sport che a suo dire equivaleva ad un'arte marziale, anche se a me pareva più un uso inutilmente spettacolare della forza: il wrestling.
    Cercando di ignorare le fitte acute che salivano su per il braccio, attaccai per quella che avevo deciso fosse la volta conclusiva. Gli afferrai il polso con la mano sana, torcendogli contemporaneamente il braccio. Passai l'altro braccio sopra la sua spalla e mi spinsi all'indietro, rotolando con lui per terra. La manovra di sottomissione funzionò come da previsione: la cartilagine della spalla si lacerò e il braccio si disarticolò dalla spalla.
    Ci rialzammo entrambi da terra, io stringendo la mano rotta, lui con il braccio destro penzoloni lungo il fianco.
    Più che sorridere, stavamo entrambi mostrando i denti. Il sudore mi colava dal viso accecandomi, ma non mi sarei arreso, anche se vagamente mi stavo chiedendo cosa davvero fosse successo, quali motivazioni avevano trasformato un semplice allenamento in un duello senza esclusione di colpi.
    Fine dello scontro...
    Avrei voluto fosse così, visto che stavo esaurendo le risorse a mia disposizione ma, purtroppo, feci lo sbaglio di sottovalutarlo. Il suo attacco mi colse quasi di sorpresa. Si mosse in maniera così fulminea che riuscii appena ad alzare una guardia, facendo aderire le braccia al corpo. Non servì a molto. La ginocchiata mi arrivò come un missile, mi colpì al torace e vi affondò per diversi centimetri. Mi ritrovai in ginocchio, a boccheggiare per un filo d'aria. Tastai la parte colpita con precauzione: le costole si muovevano per conto loro, producendo un crepitio sinistro.
    Alzai gli occhi su di lui, con tutto l'ostilità possibile, incrociando uno sguardo impassibile, una maschera illeggibile, senza la minima traccia di fatica, né di esultanza: “Fottiti... stronzo!”*
    Sputai le parole mentre tossivo e il mio sangue macchiava il pavimento. Federico accorse per tirarmi su, quando la Guerriera chiamata Partenope intervenne per sospendere l'agone.



    *In italiano e con accento fiorentino! LOL
     
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    :Thot:
    Non avevo la più pallida idea di cosa mi fosse saltato in mente. Non avrei dovuto ingaggiare un combattimento con Auditore, non avrei dovuto affatto lasciarmi coinvolgere da sentimenti che – ne ero certo! – mi avrebbero fatto perdere il controllo. Sentivo le gocce di sudore rigarmi le tempie e la schiena, il respiro era corto e un dolore pulsante al braccio mi ricordava di avere un’articolazione praticamente distrutta. E non c’era la luce della mia fedele luna a rigenerarmi in tempi record. Presi un respiro profondo e raddrizzai le spalle, non mi sarei piegato al dolore, né l’avrei fatto davanti agli Assassini.
    Ezio mi fissava stravolto, aveva letteralmente sputato fuori parole che non avevo compreso ma non ci voleva certo un oracolo per capire che non erano benedizioni. E, senza neppure rendermene conto, un angolo della mia bocca virò verso l’alto. Mi abbandonai a un sorriso sghembo, mentre fissavo il Mentore. La situazione era talmente paradossale che non si poteva non cedere all’ilarità, e quel sorriso era per me il massimo dell’ilarità che mi potevo concedere.
    L’incontro era finito, la piccola Partenope era persino intervenuta per “sedare gli animi”, ma la verità era che benché stessi in piedi in apparenza senza sforzo, sarebbe bastato un soffio di vento per farmi crollare. Auditore era stato abile, preciso, potente. Aveva attaccato con una tecnica impareggiabile ma che ero riuscito a inquadrare in una dinamica precisa e coreografica al pari di una danza, ma quell’ultima mossa… no, quella non me l’aspettavo! Se non fosse stato un corteggiatore di Pandia, forse gli avrei anche potuto chiedere di cosa si trattava… Intanto, mi godevo quella mezza vittoria, perché il mio colpo finale era stato davvero dirompente. Avevo sentito distintamente le sue ossa rompersi. E no, non ne andavo fiero. Mi avvicinai all’Assassino e, come d’incanto, tutti si mossero… Partenope mi mise due palmi sul torace come se dovesse frenare una belva feroce; i Moon Nights si irrigidirono nelle loro posizioni; gli Assassini fecero cerchio intorno al loro Mentore come se si stessero cimentando in un rituale di protezione, con una eleganza e una devozione difficili da simulare. Il mio mezzo sorriso divenne un ghigno, stranamente divertito. Riattivai il traduttore multilingue e parlai.
    ”Tranquilli, non alzerò un dito su di lui, ce ne siamo date abbastanza…” Vidi l’intera platea tirare un sospiro di sollievo e scossi il capo. ”Partenope, ho esagerato un po’, vero?” Le chiesi in un sussurro, scompigliandole un po’ i capelli color del mare in tempesta. Era la più piccola delle Guerriere, ma dentro di lei avevo sempre notato un potenziale che se attivato sarebbe stato dirompente.
    “Mi hai messo un sacco paura, Thot, ho creduto che volessi davvero farlo a pezzi!” Si lagnò la ragazza, mettendo su un broncio pensoso.
    ”Ma se mi ha quasi distrutto un braccio?!” mi lamentai a mia volta, più per cercare di rasserenarla e strapparle un sorriso che per altro. Poi la superai e mi avvicinai ad Ezio, nessuno mi sbarrò la strada questa volta. Evidentemente le mie intenzioni non belligeranti erano più che palesi. O almeno lo speravo, avevo avuto modo di vederli all’opera con le loro lame celate…
    ”Auditore, diciamo che mi hai tenuto testa…” gli dissi sicuro, porgendogli un braccio con l’intenzione di aiutarlo a rimettersi in piedi. Un rivolo di sangue gli rigava il mento e il suo respiro non era affatto regolare. Le costole erano sicuramente andate. La verità era che un po’ mi sentivo in colpa. Lui non sapeva perché avevamo ingaggiato uno scontro tanto cruento… ma io sì, e non era stato molto nobile da parte mia. Nonostante tutto, non si era tirato indietro, non aveva emesso un solo lamento durante la lotta che si era fatta via via più dura, aveva lottato con correttezza. Questo mi aveva spiazzato… Cominciavo a capire le ragioni di Pandia e questo mi irritava non poco. Avrei preferito che fosse un uomo rozzo e senza onore…! ”In infermeria ti rimetteranno a nuovo, abbiamo dei rimedi che fanno miracoli…!” Non sapevo se avrebbe accettato il mio braccio o se mi avrebbe sputato in faccia… ma rimasi lì, in attesa, accantonando in un minuscolo angolo del mio cuore tutto il mio risentimento. Perché? Perché era soltanto mio.
     
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    “Lelanto?”
    "Quello che fugge di fronte ad ogni situazione complicata o problema? No lasciamo perdere! Oltretutto gli riesce anche perfettamente, fugge passando inosservato e lascia sempre gli altri in posizioni scomode!"
    “Astreo?”
    "Era il promesso di Eos ed ancora piange per lei..."
    “Pallante?”
    "Per l'amor del cielo è più grande di me e come se non bastasse tua sorella, Stige, gli muore dietro! Poi è il padre naturale di Nike, anche se lei non lo sa, e mi farebbe strano!"
    “Perse?”
    "E' in libertà vigilitata! Hades lo rispedirà nel Tartaro da un momento all'altro!"
    “Prometeo?”
    "Ha trovato la sua dimensione sulla Terra e non lo costringerò ad una vita che detesta, ha fatto così fatica a fuggire dai suoi genitori..."
    “Hai una scusa per ogni tuo cugino pretendente... Scuse che effettivamente hanno un fondo di verità, ma a tua sorella non basteranno! Non capisco perchè tu non accetti la corte di Toth. Sarebbe il compromesso perfetto e sono sicurissima che gli Imperatori sarebbero d'accordo seppur non è un membro della famiglia dei Titani...”
    Selene in confidenza aveva parlato con me quanto con tutte le mie compagne, suo desiderio era che aiutassimo Pandia nella scelta del suo promesso sposo, ma era un'impresa a dir poco impossibile. Certo noi ne conoscevamo il motivo, ma ahimè sapevamo anche che quell'amore impossibile era destinato a finire. Cerere ci fantasticava su immaginando qualche risvolto da romanzo rosa e Vesta faceva sempre notare quanto il legame tra Pandia ed Ezio fosse reale, solido e vero. Iuventas appoggiava ciecamente Pandia, ma tifata anche per Toth. Io sarò stata infantile, ma mi spaventava così tanto l'idea che si mettesse nei guai che pensavo fosse meglio che lei ubbidisse alla sua famiglia.
    Il problema era che nella mia la sola idea di andar contro una decisione già presa dai miei genitori mi faceva rabbrividire, erano così severi e seppur volevano bene ad ogni Oceanina da sempre io ero considerata la più piccola ed ingenua, che tutti amavano e difendevano, ma al contempo tutti ignoravano. Ero sempre troppo stupida, per loro, per capire le cose, per partecipare alle scelte importanti del regno, per essere proposta come pretendente o per essere la prima a cui venivano dette le cose. Di fatto tra tutte le mie numerose sorelle io ero l'unica che di avvenente, seducente ed ammaliante non avevo nulla seppur ero una sirena.
    Con la piuma della penna vicino al viso e le gambe incrociate ero seduta sul letto di Pandia e stavo prendendo appunti di fianco ai nomi dei suoi pretendenti. L'idea era di prendere nota delle sue osservazioni e trovare modo di porvi rimedio.
    "Perchè perdiamo tempo? Lo sai Partenope che non mi sposerò mai e tanto meno che prenderò in giro Toth..."
    "Ma lui ti ama!"
    "Ma io no!"
    "E allora?"
    La verità è che non capivo, perchè non conoscevo l'amore. Nella mia lunga vita avevo solo visto matrimoni combinati e quando capitava che tra essi due fossero amici o quanto meno andassero d'accordo era una fortuna non da poco.
    "Spero che tu possa innamorati un giorno e così capirai..." mi disse posandomi una mano sui capelli e scompigliandoli, come facevano tutte. Io arricciai il naso e fece per porle ulteriori domande, curiosa di sapere, ma l'entrata dell'Imperatrice mi fece scattare in piedi e sistemare velocemente il letto, come se lei non mi avesse visto.
    Selene ridacchiò e mentre facevo un goffo inchino salutai Pandia ed uscì trottorellando dalla stanza.
    "Continuiamo dopo?" chiesi tornando sui miei passi e facendo capolino sulla porta sporgendomi dalla stipite.
    "Se insisti... mi disse lei più per farmi felice che per altro, quanto meno avevo il potere che nessuno riusciva a dirmi di no.
    Alzai la manina e salutai le due donne, prima di tornare nuovamente goffamente indietro e chiudere la porta.
     
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    Tutti non facevano altro che ricordarmi i miei doveri. A sottolineare quanto importante fosse che mi sposassi, che portassi avanti il retaggio imperiale, che decidessi qualcuno da una lista preimpostata. Tuttavia nessuno si era fermato a pormi la domanda più importante: sei innamorata?
    Per definizione l'amore impossibile è un desiderio struggente perchè ci si sente impossibilitati ad avere accanto la persona che si ama. Ostacoli insormontabili che forse nemmeno l'amore poteva superare. Ezio sicuramente la vedeva così. Mi amava, lo sentivo, ma era certo che non bastasse e questo mi faceva vivere in un costante disagio che poi si trasformava in dolore per poi divenire rabbia.
    Come donna che mi stavo formando, lasciandomi alle spalle l'età della fanciullezza, tutto ciò mi faceva saltare i nervi non facendomi sentire realizzata come donna.
    Amare richiedeva a mio dire un gran senso di responsabilità, prima verso me stessa e poi verso l'altra persona.
    L'amore impossibile, tirando le somme, risultava un disastro: nega le emozioni ed aumenta la frustrazione per l'impedimento di esprimersi liberamente, alla luce dei sole. Gridare al mondo che ero innamorata.
    Tuttavia nonostante tutte queste complicazioni ero ancora certa che l'impossibile diveniva possibile a fronte del coraggio di fare delle scelte ed io forse ancora non sapevo quale fosse, ma al momento opportuno ero certa che l'avrei fatta.
    Un regno. Un titolo. Una posizione sociale. Venivano prima del sentirsi felici?
    Era a questo che pensavo e ripensavo mentre Partenope faceva solo quello che le veniva chiesto cercando a modo suo di essermi d'aiuto per poi venir interrotta dall'arrivo di mia sorella. Un arrivo che mi agitò un po' perchè temevo fosse legato proprio al tema in questione, ma il suo sorrise triste mi fece pensare che non era venuta per parlare di me, ma con me.
    Immediatamente la feci sedere sul letto mentre le interruzioni buffe di Partenope ci fecero sorridere, per poi rivolgere quello stesso sorriso a Selene che sembrava sull'orlo di una crisi di nervi seppur era da sempre brava a nasconderlo. Il suo viso era una maschera di perfezione e serenità che il più delle volte nascondeva tumulti, paure ed angoscie. Dopotutto la luna aveva un lato invisibile all'occhio umano no?
    "Sento che vuoi dirmi qualcosa, ma che al contempo che sei bloccata... non sei solita condividere i tuoi turbamenti, quindi che ne dici se lo faccio io e poi magari, se ti andrà, potrai farlo tu..." lo dissi con voce gentile ormai conoscendola bene. Non era raro che venisse da me in cerca di conforto, ma poi non dicesse nulla. Forse per paura. Forse per imbarazzo. Forse... non so.
    Presi dunque il coraggio a due mani ed affrontai io l'argomento da cui tanto rifuggivo. Se potevo affrontare ciò che più mi spaventava ero certa che avrebbe potuto farlo anche io.
    "So che tu ed Endymion aspettate con ansia una mia scelta... si avvicina il mio rito di passaggio e di conseguenza la scelta di un pretendente con cui fidanzarmi, ma mi chiedevo... è necessario che sia tra i partiti che mi sono stati sottoposti?"
    Ci volevo arrivare gradualmente. Un passo per volta. Con serenità. Gentilezza e perchè no, un pizzico di ingenuità che forse mi avrebbe aiutato anche un po'!


    ndr = "rito di passaggio" equivale al compleanno quando si raggiunge la maggiore età.

    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 1/11/2019, 20:58
     
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    ”Dite all'ambasciatore di Temisto che non ho la possibilità di riceverlo, trovate una scusa qualsiasi, ma rimandate l'incontro a domani. Oggi non... credo di riuscire a sopportare le sue lamentazioni!” Non era da me rifuggire i miei doveri, soprattutto in questo tempo in cui mi era richiesto di essere abile e saggia, per fronteggiare tutti i problemi, le crisi, i sospetti, le recriminazioni che nascevano ogni secondo e che richiedevano la mia attenzione.
    Ma oggi non ce l'avrei fatta, oggi non mi sentivo forte, ma fragile, sconfortata, sempre sull'orlo delle lacrime. E l'occhiata speranzosa del mio segretario personale, in risposta alle mie parole, mi fece sentire ancora peggio. Lui comunque fu molto discreto, e mi assicurò, sparendo oltre la porta del mio studio, la sua massima sollecitudine.
    Mi appoggiai allo schienale del sedile, esausta dalla continua inquietudine che mi accompagnava anche nel sonno; un sospetto contro cui non riuscivo a combattere, abbattuta dalle continue illusioni che si rincorrevano, di periodo in periodo.
    Davanti a me ne avevo una ulteriore, temevo. Un messaggio, che poteva contenere la felicità, oppure no. Lo presi in mano come se fosse uno scorpione con il pungiglione sfoderato, lo aprii e lessi.
    Le lacrime che avevo trattenuto fino a quel momento scesero amare senza che riuscissi a fare nulla per trattenerle. Mi morsi le labbra, e mi coprii la bocca con la mano per evitare che qualcuno udisse i miei gemiti.
    Un altro diniego. Quanti ancora ne dovevo sopportare?
    Decisi che mi avrebbe fatto bene uscire e passeggiare qualche minuto nel giardino privato che tante volte mi aveva aiutato a riacquistare un po' di calma. Gettai il biglietto nel braciere che riscaldava la stanza dall'aria fresca del tardo pomeriggio e sistemai il mio aspetto davanti allo specchio che si celava dietro un separé. Tolsi dal mio viso ogni traccia di pianto, rimaneva solo il lieve pallore delle preoccupazioni e della tristezza. Lisciai il mio abito, lungo e aderente, con un gesto meccanico.
    Lungo il tragitto cambiai idea. Nelle nostre stanze avrei potuto incontrare Endymion, e non volevo che vedesse il mio dolore. Non lo avrebbe capito, perché per lui non esisteva nessun problema con cui tormentarsi. E questo fatto mi faceva sentire ancora più sola, più vulnerabile, più esposta alle maldicenze.
    Rimasi qualche secondo a riflettere, poi decisi di cercare mia sorella. Pandia poteva non capire la mia apprensione, ma sicuramente avrebbe trovato un modo per sollevarmi il morale, per dimenticare anche solo qualche minuto il mio dolore. Prima di entrare, udii la sua voce e quella di una delle sue Guerriere. Iuventas o Partenope, a giudicare dal tono squillante.
    Stavano parlando dei pretendenti alla mano della principessa. Un peso sembrò togliersi dal cuore: erano mesi, anni, che mia sorella si rifiutava di prendere in considerazione alcuno delle personalità influenti e potenti che sia io sia Endymion trovavamo per lei, per fare in modo che il giorno del suo rito di passaggio potesse annunciarsi il fidanzamento e, dopo i mesi di durata prescritti, la celebrazione del matrimonio.
    Era stata sempre così recalcitrante che a lungo avevo temuto che non si sarebbe mai decisa in tal senso, creando grossi problemi a corte, senza una linea di successione al trono stabilita e certa.
    Invece, forse l'approssimarsi della data, forse le responsabilità di cui l'avevamo investita per aiutarla a crescere, forse il pensiero della guerra imminente, avevano fatto sì che il suo carattere ostinato finalmente si piegasse agli obblighi che la riguardavano, scegliendo un marito all'altezza del suo lignaggio.
    Questo mi rasserenò, tanto che riuscii perfino a sorridere della goffaggine e della simpatia di Partenope, che si dileguò all'istante, con una sensibilità ed un tatto che mi stupirono molto, in una ragazzina come lei.
    "Sento che vuoi dirmi qualcosa, ma che al contempo che sei bloccata... non sei solita condividere i tuoi turbamenti, quindi che ne dici se lo faccio io e poi magari, se ti andrà, potrai farlo tu..."
    Non riuscii a guardarla negli occhi, per timore che vi leggesse la conferma delle voci che circolavano a palazzo, insistenti e maligne, sulla mia incapacità di dare un erede al regno. Mi sarei sentita così stupida a confidarle di aver pianto quando il medico di corte mi aveva confermato ancora una volta, con parole asettiche, il mio timore.
    Avevo imparato ad essere coraggiosa in battaglia, nell'affrontare nemici potenti, nel gestire situazioni conflittuali e pericolose, ma niente mi aveva preparato a sentirmi tradita dal mio corpo, dall'idea di non essere capace di svolgere uno dei compiti che ogni imperatrice, mia madre compresa, aveva assolto senza alcun problema. Mi sentivo patetica, isolata nel mio dolore, e portatrice di un marchio, di una tara nascosta.
    "So che tu ed Endymion aspettate con ansia una mia scelta... si avvicina il mio rito di passaggio e di conseguenza la scelta di un pretendente con cui fidanzarmi, ma mi chiedevo... è necessario che sia tra i partiti che mi sono stati sottoposti?"
    La sua domanda mi distolse dalle mie cupe elucubrazioni. Le sorrisi con dolcezza, per farle intendere che non mi sarei spazientita ad affrontare per l'ennesima volta l'argomento che ci aveva fatto scontrare più e più volte. Allora avevo visto giusto, finalmente si era decisa!
    ”Nessuno tra i migliori nomi dell'Impero ti soddisfa? Io ed Endymion siamo stati attenti a selezionarli, abbiamo cercato di trovare persone che ti avrebbero rispettata e trattata con onore, ma se hai qualcuno da proporre tu, ascolterò e deciderò con attenzione”
    Chi non era su quella lista? Esaminai mentalmente gli uomini con cui Pandia aveva rapporti di collaborazione o di amicizia, per cercare chi, tra loro, aveva colpito l'attenzione della mia capricciosa sorellina.
    Il mio pensiero cadde su Thot.
    Non era di nobile nascita, non possedeva regni, non portava con sé la possibilità di stringere alleanze con altre casate, però era una persona leale, fidata, onorevole, valente, un uomo dal cuore puro e sincero. Avrei dovuto insistere con Endymion, che si era fissato su un marito nobile per Pandia, ma sapevo che potevo convincerlo ad accettare colui che considerava il suo uomo migliore, a cui affidare la vita e ottenere saggio consiglio nelle decisioni importanti.
     
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    La comprensione di Selene fu come un improvviso pugno allo stomaco, era tutto ciò che volevo. Sognavo. Desideravo. Speravo, ma che non mi aspettavo. Mi rendevo conto di quanto dovevo essere apparsa capricciosa ai suoi occhi, mentre la verità era molto più semplice di quanto apparisse.
    "Avevo molta paura di affrontare questo discorso, te lo ammetto, ma... per me in questi anni sei stata una madre oltre che una sorella e ciò che più mi preoccupava è sempre stato il poterti deludere. Non essere all'altezza delle tue aspettative..."
    Dissi sentendo gli occhi farsi lucidi, mentre le mie mani su quelle di Selene si stringevano ed una delle sue mi accarezzava il viso con fare materno e solidale.
    "Con me puoi parlare di tutto, lo sai... finora non ti ho mai dato ragione di non sentirti così. Sii libera di esprimerti Pandia. Condividi con me le tue ansie, paure o dubbi... io sono qui per aiutarti..."
    Sorrisi alle sue parole mentre sentivo lo stomaco chiudersi ed il cuore accelerare. Mi morsi l'interno della guancia e cercai le parole per riuscire ad affrontare per me quell'argomento tanto ostico.
    "Non voglio che tu pensi che stia agendo da schizzinosa o che non trovo all'altezza i candidati che tu ed Endymion mi avete sottoposto, ma... ecco mi chiedo: come si fa a sposare qualcuno che non si ama? Perdona la mia sfrontatezza Selene, ma... un matrimonio non è solo un contratto. E' fiducia, è condivisione, è amore... come posso baciare o concedermi a qualcuno che non mi suscita alcuna emozione? Come posso sentire le sue mani su di me ed evitare di sentire repulsione? Tu hai scelto Endymion, non ti è stato imposto, allora perchè non lo posso fare anche io?" chiesi buttando fuori tutto ciò che da tempo mi attanagliava, forse andando anche oltre, ma sentendo la necessità di sfogarmi come finora non avevo potuto per etichetta o per obbligo.
    Risi tra me e me. Volevano un nobile. Un uomo colto e saggio che poteva garantire anche alleanze forti? Ezio era tutto quello. Le sue origini era decisamente più nobili delle mie, era colto, era forte, era saggio. Era un rappresentante della Terra e non come suo qualunque abitante, ma come Mentore di una delle sue organizzazioni più importanti. Tutto era perfetto. Accontentava le loro regole ed il mio cuore. Ma poi c'era l'altra faccia della medaglia.
    Ezio non voleva sposarmi. Ezio non voleva incastrarsi in un gioco di alleanze. Ezio non voleva vedersi costretto a scegliere tra me e gli Assassini. Tra la Luna e la Terra.
    "Perchè non c'è altra scelta vero? DEVO sposarmi comunque anche se tu ed Endymion un giorno avrete un erede e lui governerà. Anche se io non vedrò mai il trono e non mi interessa nemmeno averlo. DEVO sposarmi come Eos prima di me, seppur lei all'altare non ci è mai arrivata..." conclusi abbassando il tono di voce come il viso.
    Tuttavia anche lei era stata più fortunata di me. Lei era innamorata di Astreo e lui lo faceva ancora tutt'oggi, la piangeva ogni giorno tanto d'aver creato la costellazione della Vergine in suo onore.
    "Sai a volte penso se non ci sia un modo per permettere ai tuoi fratelli di tornare. Lo ha fatto l'Impero, lo ha fatto Eris, lo ha fatto Federico... forse c'è una speranza anche per loro... Helios ed Eos sarebbero indubbiamente meglio di me... sarebbero principi migliori... e non ti deluderebbero..." conclusi sentendo le lacrime spingere. Credevo in ciò che dicevo ed egoisticamente pensavo che se così fosse stato, io avrei potuto essere finalmente libera.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 1/11/2019, 20:58
     
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    ”...come posso baciare o concedermi a qualcuno che non mi suscita alcuna emozione? Come posso sentire le sue mani su di me ed evitare di sentire repulsione? Tu hai scelto Endymion, non ti è stato imposto, allora perché non lo posso fare anche io?"
    Pandia aveva parlato velocemente, le parole quasi si affastellavano le une sulle altre, la voce era diventata più acuta e le guance avevano preso un rossore intenso, come se fosse spaventata lei stessa da quello che stava dicendo, ma ciononostante decisa ad andare fino in fondo nell'esprimere le sue idee.
    Avrei dovuto indignarmi per quelle parole? Forse in un altro momento sarebbe stato così, ma questa volta il mio cuore era troppo scosso da altre angustie per irritarmi, e sentivo il bisogno di risolvere almeno un problema importante come il fidanzamento di mia sorella, per rassicurarmi che tutto il resto poteva ancora andare bene.
    ”Perché il nostro destino è diverso, rispetto a quello delle persone comuni. Noi abbiamo il dovere, come appartenenti alla casa regnante, di contrarre il matrimonio migliore per motivi dinastici. Lo sai, il mio promesso sposo era mio fratello Helios, prima che Eris distruggesse l'impero... eravamo destinati a condividere la vita insieme prima ancora che nascessimo, perché si trattava di rispettare la tradizione e rafforzare i doni che potevamo trasmettere ai nostri figli... credi che lo amassi più di quello che si può amare un fratello? No, tesoro mio. Avrei imparato ad amarlo in seguito, come marito, quando saremmo stati sposati. E se non ci fossi riuscita, avrei comunque svolto il mio dovere fino in fondo, come Imperatrice”
    La mia voce si ammorbidì, come sempre, quando parlavo del mio amato marito: ”Endymion era destinato a me da forze potenti, insondabili. Il nostro compito è sempre stato quello di riunire il cristallo d'argento e quello nero, senza contare altro. Ci siamo innamorati, è vero, ma è stato un dono... forse un evento non previsto. La verità è che nonostante quello che mi lega a lui, non poteva essere altrimenti...”
    "Perché non c'è altra scelta vero? DEVO sposarmi comunque anche se tu ed Endymion un giorno avrete un erede e lui governerà. Anche se io non vedrò mai il trono e non mi interessa nemmeno averlo. DEVO sposarmi come Eos prima di me, seppur lei all'altare non ci è mai arrivata..."
    Trattenni il fiato, per impedire che qualcosa dentro di me si spezzasse. L'accenno alla mia futura maternità mi colse impreparata. Mi alzai dal letto di scatto, feci due passi senza nessuna direzione, con il solo scopo di nascondere il mio viso contratto a Pandia.
    Le risposi con tono lento e dolente, dandole le spalle. Il mio non voleva essere un rimprovero, ma solo un avvertimento.
    ”Sei ingenua a credere nelle favole solo perché sei diventata principessa. Il nostro destino ci riserva molto più dolore di quanto non si possa credere. Abbiamo l'obbligo di essere più forti delle imposizioni che ci limitano, di nascondere a tutti il sacrificio che comporta sedere sul trono”
    Un silenzio pesante si frappose tra di noi. Quante cose non dette c'erano tra me e lei? Pandia aveva i suoi segreti, me ne rendevo conto ora, ed io il mio... pesante, sempre più insostenibile. La gola mi doleva, per i singhiozzi trattenuti, gli occhi faticavano a reggere le lacrime che erano di nuovo troppo pesanti da respingere.
    "Sai a volte penso se non ci sia un modo per permettere ai tuoi fratelli di tornare. Lo ha fatto l'Impero, lo ha fatto Eris, lo ha fatto Federico... forse c'è una speranza anche per loro... Helios ed Eos sarebbero indubbiamente meglio di me... sarebbero principi migliori... e non ti deluderebbero..."
    ”Tu non mi deludi, Pandia. Non quanto io non deluda me stessa. E torturarci con i se e con i ma non cambierà ciò che ci si aspetta da noi: dobbiamo dare l'esempio di integrità e rispetto dell'ordine delle cose. Opporsi non è giusto. Le cose sono sempre state così, e così continueranno ad essere”
    Ripresi in controllo delle mie emozioni, affidandomi alle certezze che derivavano dalle nostri tradizioni, alla convinzione che rispettandole avrei reso il mondo migliore per tutti. Mi sedetti su una poltroncina di fianco alla porta della stanza.
    ”Non è così tremendo come può sembrare ora. Crescerai, diventerai saggia, amerai il nostro popolo, ed i figli che avrai, se non riuscirai ad amare tuo marito”
     
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    :Pandia:
    "Non ho mai chiesto di essere una principessa" pensai mordendomi la lingua mentre ascoltavo le parole di Selene sempre più stanca di tutta quella storia ed ancor più di tutte quelle assurde ed insensate parole.
    "Opporsi è giusto se questo vuol dire garantire ad ogni singola persona il libero arbitrio di prendere le proprie decisioni, di fare i propri errori. Volere questo non vuol dire iniziare a rompere le regole, quanto più iniziare a pensare con la propria testa. Le regole non dovrebbero comandare la libertà, ma la saggezza... perchè solo essa può promuovere la libertà di pensiero, ma ahimè non è così. Parli di saggezza, ma non lo è se impone ordine e rispetto di regole assurde. E' pensando a questo che mi rendo sempre più conto di come il mio mondo da cui provengo non collimi con quello a cui mi sento di appartenere, perchè se c'è una cosa che ho capito è che seguire ciecamente una dottrina non può non evitare di scadere nel fanatismo..."
    Il mio sguardo sofferente non nascondeva il discorso che avevo fatto, uno che per fortuna ero riuscita a trattenere a voce. Quanto avrei voluto avere il coraggio di dire tutte quelle cose a Selene, anche a rischio della mia stessa vita e chissà forse mossa da un'energia che nemmeno io stessa sentivo di possedere decisi di lanciarmi in quella folle crociata.
    "Sorella mia... non posso più tacere quel che sento, io... io... io sono innamorata di..."
    "Auditore!" persi un battito quando Partenope entrò nella stanza senza troppi preamboli ed urlando quel nome concitata, mentre io sgranavo gli occhi e Selene si voltava a guardarla confusa.
    "Auditore e Toth si sono picchiati e no non parlo di un semplice allenamento! Sono dal Guaritore adesso!" con un grande sbuffo rilasciai tutta l'ansia accumulata prima di balzare in piedi insieme a Selene che confusa di quella zuffa camminava con passi sicuri quasi cercando in me una risposta che non sapevo darle.
    Arrivate nella Stanza della Guarigione non potei non passarmi una mano di fronte alla bocca nel vedere come entrambi erano conciati, mentre l'istinto mi portava a correre verso Ezio e la logica a tenermi ferma sul posto.
    "Cosa diavolo è successo?"
    "Un allenamento uscito fuori controllo mia Regina, nulla più. Mi prosto a Voi porgendoVi le mie umili scuse per aver causato un tale scompiglio" Toth con il suo solito fare leale e rispettoso aveva abbasstato il capo e voltandosi appena sembrò voler invitare Ezio a fare lo stesso, lui che non sembrava molto propenso verso tutte quelle moine.
    "Ehm sì. Come dice lui. Scusate se vi abbiamo fatto preoccupare!"

    Dovetti aspettare lo scendere della notte per poter finalmente sgusciare di nascosto nella camera da letto di Ezio e lì infilarmi nel suo letto e svegliarlo nel migliore di modi, con leggeri baci sul suo dorso, spalla, collo, gota e labbra ben attenta ai suoi lividi e ferite. Fu solo quando destandosi, confuso e piacevolmente colpito, mi trovò a scuotere il capo tra il divertita ed il biasimo.
    "Era necessario?" chiesi semplicemente mentre corrugando la fronte fermai la sua risposta con un bacio decisamente sentito che non lesinò di essere provocante ed inebriante.
    Su quelle stesse labbra posai poi il mio dito disegnandole, mentre la mia pelle splendeva illuminata dai raggi lunari...
     
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    :Ezio:
    ”In infermeria ti rimetteranno a nuovo, abbiamo dei rimedi che fanno miracoli…!”
    Osservai quella mano tesa. Ero irritato per non essere riuscito a gestire una situazione pericolosa come quella, comportandomi da un novellino dal sangue troppo caldo. Nell'imminenza di una conflitto devastante, esiliati e braccati dai luoghi e dalle persone che avevamo giurato di proteggere e liberare, pensavo di risolvere ed affrontare i miei problemi con una scazzottata. Era stato molto stupido, ma anche inevitabile, se ripercorrevo i momenti appena passati.
    La nostra presenza qui, ospiti degli Imperatori, non era una situazione semplice. Cercavamo di mantenere un equilibrio precario con i nostri alleati, contrastando le spinte di chi non desiderava una simile alleanza; queste voci ed influenze erano forti, e si trovavano da entrambe le parti.
    Ogni piccolo particolare, ogni parola rischiavano di aprire ferite che non si sarebbero richiuse, infettandosi e facilitando la strada verso la vittoria dei nostri nemici. Anche un semplice allenamento che degenerava in zuffa, e poi in rancori, sospetti e schieramenti, aveva un tale potenziale divisivo.
    Anche io, in tutta coscienza, ero portato a dar peso alle posizioni che ci dividevano, questioni e modi di agire che erano troppo diversi tra di noi, ma preferivo tenerle da parte almeno temporaneamente, fino a che non si sarebbe affrontato il nemico comune.
    Accettai l'offerta di pace contenuta nella mano tesa del Generale Thot, rialzandomi da terra. Mentre lui allentava la presa però, io la rinsaldai, avvicinandomi per rimbeccarlo: ”Guarda che ne hai bisogno anche tu...”
    Gli strizzai l'occhio, poi mi avviai verso la porta della palestra sorretto da Federico, con passi lenti e misurati per cercare di contenere il dolore che stava aumentando.
    (…)
    Aprii gli occhi, trovando quelli di Pandia nella penombra della stanza. Il mio cuore per la sorpresa andò a sbattere contro le costole fasciate, lanciando proteste dolorose in tutto il corpo.
    Non mi dava soddisfazione mischiare il piacere con il dolore, ma i guaritori avevano chiarito che, nonostante le loro cure fossero più avanzate rispetto alle nostre terrestri, le ferite sarebbero migliorate solo dopo alcuni giorni. Cercai di consolarmi della mia temporanea inabilità grazie ai suoi baci e alle sue carezze, tanto preziosi quanto desiderati.
    Avevo dovuto mandar giù un po' di orgoglio e giustificarmi davanti all'Imperatrice quando, un po' a sorpresa, si era precipitata in infermeria per capire cosa fosse successo. Thot aveva mentito senza alcuna esitazione alla sue domande. Mentre Selene era solo stupita e sconcertata, lo sguardo di Pandia era ansioso e saettava da me all'altro. Forse aveva temuto per la mia incolumità? Questo potevo capirlo, ma c'era una traccia di agitazione che mi pareva incomprensibile, come se in gioco ci fosse ben altro.
    Alla luce di questo, la sua visita furtiva nel cuore della notte aveva una sua motivazione, nonostante la spiacevole eventualità che il nostro rapporto venisse scoperto. Era preoccupata per me, così tanto da rischiare che mio fratello, che dormiva nella mia stessa stanza, potesse svegliarsi e trovarla nel mio letto. Non le avevo detto che Federico aveva scoperto la corrispondenza che ci scambiammo nei mesi di lontananza, perciò questa possibilità era una complicazione importante, per lei. Era per questo motivo che amavo la sua azione audace.
    Lasciai che mi baciasse, delicata come una piuma, attenta a non farmi male.
    ”Era necessario?” Il suo sussurro mi giunse divertito, malizioso. Aprii gli occhi di scatto. Cosa c'era di sbagliato in quello che aveva appena detto? Cosa sottintendeva la sua frase? Era chiaro che lei aveva un'idea molto diversa dalla mia, su quanto era successo durante l'allenamento. La mia idea, tra l'altro, possedeva il grande difetto di non essere limpida e chiara.
    La bloccai per fermare le sue carezze. Le presi il mento tra le dita, costringendola a guardarmi dritto negli occhi.
    ”Cosa vuol dire: era necessario?” Pur sottovoce, scandii le parole con fermezza. Ero terribilmente serio: detestavo il dubbio, soprattutto quando le questioni mi riguardavano.
    Lei si immobilizzò, gli occhi spalancati. Prima vi passò la sorpresa, poi l'incertezza, infine l'imbarazzo. Lo stesso imbarazzo che avevo visto aleggiare sul suo viso quando era entrata nell'infermeria.
    Nell'infermeria dove eravamo solo io e Thot, che ci eravamo pestati a sangue per... per cosa? Era quello che mi innervosiva di più, quel tarlo che sentivo nella mia testa senza riuscire ad afferrarlo.
    Forse la risposta era davanti a me. E più semplice e scontata di quanto si potesse immaginare.
    Particolari insignificanti, come la vicinanza sospetta tra loro due mentre parlavano, o altri più preoccupanti, come il mantello di una Guardia Lunare intravvisto mentre commettevamo l'imprudenza di incontrarci dove chiunque poteva scoprirci. Dettagli e indizi che si combinavano alla perfezione in un quadro coerente e lampante, alla fine.
    Sbuffai, a quel punto, divertito. I sentimenti sono uguali per ogni cuore, non importa quale storia racconti.
    Non avevo dubbi sull'amore di Pandia per me, era una certezza che sentivo nelle ossa. Per quanto sapessi che non avrebbe mai smesso di stupirmi, combatteva per il nostro amore in un modo che dimostrava la sua purezza di sentimenti.
    Annuii lievemente, ragionando sul nuovo quadro che avevo davanti. Pandia mi guardava incerta, nel timore che la accusassi di essere stata poco sincera con me. Le lacerazioni degli avvenimenti di qualche settimana prima non avevano ancora smesso di sanguinare, ma quelle avrebbero richiesto ancora del tempo, prima di poterle affrontare.
    Accennai un sorriso, mentre avvicinavo il suo viso al mio.
    ”Capisco solo ora che il confronto più importante l'ho vinto io, non il Generale...” Sussurrai prima di baciarla, buttando al vento ogni raccomandazione di riposo assoluto dei medici e ogni timore di svegliare mio fratello.
     
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    Il fatto che almeno quella verità fosse venuta a galla mi liberava quasi di un peso, almeno una lo aveva fatto e speravo che un giorno tutte avrebbero potuto celarsi senza rimpianti o rimorsi, ma a volte era più che altro una speranza più che una certezza.
    Lo baciai poggiando la mia mano delicatamente sul suo viso, mentre chiudendo gli occhi assaporavo quel momento tanto vero quanto reale. Quello mi mancava, la concretezza dei gesti, delle carezze e dei baci senza le quali non potevo vivere.
    "Non posso evitare che lui provi certe cose per me, come io non posso evitare di provarle per te..." gli sussurrai con una velo di malinconia negli occhi, non volevo farlo preoccupare ma era giusto che lui sapesse ogni cosa.
    "Dovrò sposarmi Ezio... sto rimandando quanto posso, ma sarà inevitabile. Io non lo voglio. Non lo desiderio. Sia perchè amo te e non voglio che nessun altro uomo mi tocchi o mi baci, ma anche perchè io stessa non lo desidero adesso. Sono giovane. Voglio fare ancora molte cose prima sentirmi obbligata alla cura del focolare domestico. Non desidero dei figli, non ora. Non con altri..." conclusi mordendomi un labbro, con gli occhi lucidi.
    "Resisterò sempre, farò tutto ciò che è in mio potere per riuscirci, ma... se mai ne sarò costretta ti giuro, ti giuro che non sarò mai dell'uomo che mi metteranno al fianco... sarà una posizione complicata, la mia fuga potrebbe causare una guerra, ma troverò il modo di tornare ad essere libera... ma tua, quello lo sarò sempre..." la mia voce era molto concitata, ma si nascondeva in un sussurro posto a non svegliare Federico, mentre abbassando lo sguardo alla mia mano ne sfilai l'anello con la Pietra di Luna che tanto significava. Me lo aveva regalato mia madre, indicava l'apparteneva alla casata imperiale lunare e poi aveva poteri ormai noti anche ad Ezio.
    Lo vidi infatti sgranare gli occhi e scuotere il capo per rifiutarlo, sapevo non per maleducazione, ma nel timore di farmi un torto portandomi via qualcosa di tanto prezioso, ma io non lo ascoltai ed anzi recuperando la catenina d'argento che al collo indossavo, priva di pendaglio, misi l'anello come tale e poi la misi al collo di Ezio.
    "Portala sempre con te, così saprai sempre che ti appartengo... con la speranza, che un giorno, sarai tu stesso a rimettermi questo anello al dito... perchè quando accadrà vorrà dire che saremo liberi... liberi di amarci alla luce del sole..." conclusi e prima che lui potesse dirmi qualcosa lo baciai annegando tutte le nostre paure ed incertezze in quel bacio, con l'unica voglia e desiderio di amarci.
     
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