Present Day #2019: Mercury

Season 3

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    :Connor:
    Gli eventi dell'ultimo periodo mi avevano devastato. Io lo ero nell'anima, nella mente e nel cuore. Sentivo una stanchezza latente avvolgermi, mentre mi pareva che tutto intorno a me perdeva il suo significato ed il suo valore.
    Avevo compreso profondamente le ragioni di Athena, era un Saggio ora e come tale le sue azioni non differivano da quelle che avevamo nella nostra tribù, ma in questo caso si trattava di una figura che era anche mia moglie e dunque la situazione differiva leggermente.
    Dopo la riunione segreta sulla Luna ci eravamo rivolti a stento la parola seppur lei sempre mi cercava e con attenzione si era presa cura di me dopo gli eventi sulla Terra. Mi stava vicino, era paziente e premurosa, ma io ero distante.
    Pensavo continuamente a quelle maledette parole "uccidere Atlas" e mi chiedevo quando il cerchio maledetto della mia famiglia si sarebbe chiuso. Perchè la mia famiglia era destinata a bugie e sangue?
    Quando il piccolo Haytham che adorava il suo papà era diventato il suo peggior nemico alleandosi con chi aveva ucciso sua madre e pensato di far lo stesso con Edward? Quando lui e mia madre avevano rinunciato a vivere il loro amore, divenendo estranei, costringendomi ad una vita di menzogne? Quando avevo avuto un fratello figlio della peggior nemica di mia moglie, colei che aveva ucciso la sua famiglia e la sua gente, colei che però amava alla pazzia Atlas? Quando mia moglie era diventata un'estranea? Una che condivideva con me il peggior peso che poteva esistere?
    Tutte quelle domande mi mostravano come da sempre la dinastia Kenway era stata macchiata dal peso della menzogna ed il terrore che lo stesso potesse capitare con Cloe mi devastava.
    Mercurio era un pianeta meraviglioso dove il clima variava dai 167° gradi di giorno ai -183° di notte costringendomi ad indossare un anello di micronaniti uraniani che quando uscivo si attivavano coprendo il mio corpo con una specie di barriera invisibile che mi permetteva di andare in giro tranquillamente senza morire.
    Quel pianeta mi ricordava tanto le Americhe. C'era la capitale, lussureggiante e sviluppata e poi bastava uscire per ritrovarsi nella natura più incontaminata dove sorgevano villaggi qua e la. I mercuriani erano donne e uomini colti che andavano in giro accompagnati da domestici che gli portavano i bagagli, i libri o li accompagnavano in passeggiate oppure svolgevano commissioni. Quegli stessi domestici che come me erano considerati indigeni. Persone non colte, non al livello del mercuriano medio, che non possedevano la loro stessa intelligenza o la loro stessa pelle rilucente quasi tendente all'azzurrino. Dunque camminare per la città era come camminare per la vecchia New York dove la gente si girava a fissarmi, si chiedeva come mai fossi un uomo libero e non sottomesso e che nonostante aiutassi aveva paura di me. Su Mercurio era uguale con la differenza che ero stato presentato loro come il marito della loro marchesa, un concetto per loro inconcepibile.
    Pensavo a tutto questo quando il flusso confusionario dei miei pensieri venne interrotto da Cloe che trotterellava verso di me mi aveva posato una sua manina sul viso e mi aveva così costretto a guardarla.
    "Pecchè sei tiste papà?" la sua voce era sinceramente preoccupata ed il suo broncio piegato in un'espressione di pura tristezza. Mi strinse il cuore così che scuotendo il capo la rassicurai. Aprì le braccia e la invitai ad abbracciarmi.
    "Non sono triste piccola Tekahionwake, solo pensieroso..."
    "E a cosa pensi?" mi chiese sedendosi sulle mie gambe, io che ero seduto sul manto verde della casa di Athena, giocando nel giardino con la nostra bambina a cui mi piaceva insegnare i valori della natura, lei il cui nome significava "erba verde e tenera", lei che con curiosità assorbiva ogni infiorazione e tradizione della mia tribù di origine.
    "Che voglio essere un buon papà. Uno che non ti ferirà mai. Uno che ti non tradirà mai. Uno che non ti mentirà mai"
    "Ma tu lo sei papà! Sei il più gande! Ed io sono davvero tanto tanto felice che tu sei il mio papà!" concluse lei giocherellando con il talismano di protezione che le avevo intagliato e portava il collo.
    Malinconico sorriso accarezzandole i capelli, pensando a quante cose non sapesse. Con Athena non le avevamo raccontato di Haytham o di Atlas per non confonderla ed anche Edward si approcciava a lei più come un zio brontolone che altro. Per Cloe dunque non esistevano nonni o zii... conosceva solo me e Athena e tanti, moltissimi, zii acquisiti con cui amava giocare o parlocchiare... A volte però pensavo fosse meglio così... magari non essere una Kenway l'avrebbe salvata.
     
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    :Athena:
    Mi svegliai di soprassalto. Un gran mal di testa che mi attanagliava le tempie e mi appesantiva l’umore, già cupo di suo.
    Ormai non ricordavo più da quanto andasse avanti. Ogni singola mattina mi svegliavo così, e la situazione non sembrava voler migliorare, anzi. Ogni giorno mi sentivo peggio.
    Tutto era iniziato quando indossai il Mercury Helmet per la prima volta.
    Molti erano impazziti dinnanzi a ciò che l’elmo li aveva mostrato.
    Mi chiedevo continuamente se anch’io avrei fatto la stessa fine.
    Per il momento resistevo, anzi, era proprio per questo che stavo così male. Per mantenere la mia sanità mentale e la mia lucidità stavo intaccando il mio corpo, la mia salute fisica.
    Quel che avevo visto era duro da digerire. Sapevo che tutto sarebbe andato per il verso giusto, ma era il come arrivare alla soluzione che mi stava mettendo a dura prova.
    Avevo visto tutto, ogni dettaglio, ogni azione, ogni proposito.
    Avremmo raggiunto la vittoria, era già stato scritto, ma a che prezzo? Quanto avremmo perso nel mentre? Quanto avremmo dovuto sacrificare? Molto… troppo.
    Sarebbe stata una vittoria dolce amara, molto dolorosa. Ma era necessario.
    Mi alzai dal letto, non senza fatica. Andai in bagno a lavarmi il viso e, alzando lo sguardo, incontrai il mio riflesso nello specchio.
    Quasi non mi riconoscevo. Il pallore della mia pelle era ancora più marcato ed enfatizzato dalle occhiaie scure. I miei occhi castani erano cupi, finestra sul mio animo triste e stanco.
    Mi vestii con estrema calma, indossando un classico abito mercuriano -sulla Terra poteva essere facilmente scambiato per un abito dell’Antica Grecia-, leggero, quasi impalpabile, sulle tonalità del celeste, abbinato a comodi sandali in cuoio e bracciali dorati.
    Quel tipo di abbigliamento, teoricamente, non era adatto al mio titolo di marchesa.
    Tempo fa me ne sarei preoccupata, prestandovi molta più attenzione -dopotutto, sulla Terra, mi avevano definita “Dea delle arti e dell’artigianato” per un motivo-, ora per me l’importante era piacermi ed essere comoda, soprattutto a casa mia.
    Uscii dalla camera e percorsi velocemente i grandi corridoi, diretta verso il giardino.
    Vista sia dall’esterno che dall’interno, casa mia, era decisamente particolare.
    La residenza del marchese era un connubio perfetto fra le classiche caratteristiche delle ville e dei templi greci, creando qualcosa di unico. Poteva forse ricordare lo stile Palladiano.
    Vidi Connor e Cloe, lei stretta fra le braccia di lui. Un sorriso spontaneo mi si dipinse sulle labbra. Mi avvicinai lentamente, ma bastò per farmi notare da Cloe, che non appena mi vide iniziò a corrermi incontro. Mi accovacciai, a braccia aperte.
    Mi saltò addosso, facendomi perdere l’equilibrio e cadere all’indietro in preda alle risate. Guardare il suo viso sorridente allietava sempre il mio umore sempre più cupo.
    Spostai lo sguardo su Connor, sulla sua espressione divertita. I nostri sguardi si incontrarono, per poi fuggire l’uno dall’altro subito dopo.
    C’era tensione fra me e mio marito. Di nuovo per colpa mia, perché non ero stata limpida con lui, perché l’avevo tenuto all'oscuro di molte cose pesanti come macigni. Ed ora, quelli stessi macigni, ci stavano schiacciando. Si stava allontanando, lentamente, sempre di più. Ormai avevo perso il conto delle volte in cui mi ero risvegliata sola, in un letto fin troppo freddo.
    “Mamma! Anche tu sei tiste?”
    Quella domanda di Cloe, posta con così tanta innocenza e preoccupazione, mi colse alla sprovvista con la stessa forza di un pugno allo stomaco.
    Ero triste? Eccome se lo ero, mi sentivo quasi inghiottire.
    “No tesoro mio, sono solo un po’ stanca perché non ho dormito bene.” le dissi sorridente.
    In realtà in quel momento volevo solo piangere.
    “Vedi che avevo ragione? Tieni!” mi disse raggiante, porgendomi quello che sembrava un amuleto. “È un accappa sogni! L’ho fatto io! Con questo dormirai benissimo! Ne ho dato uno anche a papà contro i butti pensieri!” continuò raggiante ed orgogliosa.
    “Grazie piccola mia.” le dissi per poi darle un grande bacio sulla fronte.
    “Ora vado a darli anche ai miei amici! A dopo!” esclamò mentre correva via, dopo aver dato un bacio sia a me che a suo padre.
    Rimase il silenzio. Solo il suono della natura tutt'intorno a noi.
    Entrambi eravamo immobili, come congelati, lui accovacciato, io seduta a terra.
    “Pensi molto anche tu, eh?”
     
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    :Connor:
    Avevo osservato silenziosamente Athena e Cloe con un flebile sorriso sul volto. Rimasi immobile nella mia posizione seduta a terra, mentre Athena si muoveva con passi leggiadri nella mia direzione e prendeva posto al mio fianco. Era stanca, debilitata, spenta. Diversa dalla donna curiosa, brillante e gioiosa che avevo conosciuto.
    "Pensi molto anche tu, eh?"
    "Io:nhiòte si merita molto di più di due genitori che le mentono..." esclami semplicemente tornando a fissare la pace della natura che ci circondava. I fiori, gli alberi e le piante arrampicanti di quel giardino erano deliziosi, potevo non conoscerne i nomi, ma mi emozionavano i loro colori e la loro forza.
    Athena abbassò il capo come se l'avessi colpita a morte al ventre, lì dove teneva le mani e le stringeva prima di rialzare il suo sguardo e cercare il mio. Si spostò, si sedette di fronte a me e ne notai le profonde occhiaie e lo sguardo lucido.
    "Sono stanca Connor... stanca... non voglio tutte le responsabilità che mi incombono sulle spalle e non posso dirlo. Non posso perchè tutti si aspettano molto, troppo da me. I mercuriani si aspettano una Marchesa che governi in modo giusto, Partenope si aspetta una guida e Selene un Saggio di Corte che sia sempre a disposizione..."
    Soppesai tutto il suo dolore, la sua frustrazione, il peso che la opprimeva ed ormai non la faceva più dormire e senza indugiare oltre le presi le mani stringendole nelle mie.
    "E tu cosa vuoi?" le chiesi semplicemente.
    Lei scosse il capo ormai incapace di controllare le lacrime.
    "Non posso Connor... non posso permettermi di volere qualcosa..."
    "Ed invece DEVI! Sono un Assassino che lotta per la libertà, che combatte per permettere che ognuno sia libero... ma che senso ha tutto questo se non posso rendere libera te? Mia moglie. La madre di mia figlia. La donna che custodisce il mio cuore..."
    Athena sospirò molto profondamente e pesantemente prima di alzare gli occhi al cielo ed osservarlo per un lunghissimo attimo, prima di chiuderli e tornare con il viso alla mia altezza. Iniziò a prendere grandi respiri, uno dopo l'altro, passo passo, a fatica... sospirò sempre più profondamente cercando di far chiarezza nella sua mente, cercando la calma e la serenità per guardare dentro di sè.
    Ero lieto di essere stato ad insegnargli quella tecnica come come altre, lei con curiosità ed entusiasmo aveva voluto conoscere le tradizioni della mia tribù e con essa molte dei riti che facevamo di purificazione o per comunicare con il nostro IO più profondo.
    "Voglio essere una brava mamma per Cloe. Darle attenzioni e tutta la mia sincerità. Voglio essere una moglie premurosa che leale. Voglio una vita tranquilla in cui potersi combaciare senza pressioni la mia vita familiare con quella legata allo studio ed alla ricerca... voglio vivere con normalità... senza pressioni, obblighi, bugie..." parlò con voce quasi trascendentale quando aprendo gli occhi sembrò sorpresa delle sue stesse parole.
    "Così sia. Da oggi non ci sarà nulla di più importante della tua... della nostra libertà come famiglia... Non ragioniam di lor, ma guarda e passa..." sussurrai sorridendo sereno, quasi divertito di quella citazione che molte volte avevo sentito in bocca ai fratelli Auditore.
    Athena sembrò tentennare ancora un attimo quando alzandomi le porsi, la mia mano, ma alla fine la prese stringendosi a me.
    "Ho paura Connor... paura di quello che diranno e penseranno, ma... tu e Cloe venite sopra ogni cosa... sono stanca di mentire... rivoglio la mia vita indietro... voglio essere di nuovo la donna di cui ti sei innamorato!" la sua convizione mi scaldò il cuore e così poggiandole una mia mano sul suo viso mi avvicinai allo stesso e vi porsi un bacio, prima sulla fronte e poi sulle labbra. La strinsi a me comunicandole la cosa più importante: non l'avrei mai lasciata.


    :Athena:
    Ciò che da me sempre tutti si aspettavano era che fossi posata ed ubbidiente. Che sapessi controllare le mie emozioni e le situazioni. Che mai potessi permettermi il lusso di essere stanca o di tentennare.
    A pensarci bene effettivamente avevo passato gran parte della mia esistenza sempre a fare ciò che gli altri si aspettavano da me, più che quello che io volevo fare per me stessa. Ed alla fine cosa ne avevo guadagnato? Ero crollata.
    Lo avevo fatto e per la prima volta mi ero trovata faccia a faccia con quella verità che mai avevo osato dire ad alta voce. La società di Mercurio ed in generale dell'Impero non era fatta per ascoltare i miei sfoghi e tanto meno per permettermi anche solo di pensarli. Era stato questo il mio errore, confondere Connor a tutti gli altri quando lui invece era molto di più e non perchè era mio marito, ma perchè mi ascoltava e davvero teneva alla mia felicità ed ai miei desideri.
    Il suo bacio fu un balsamo per i miei tormenti e quando ci staccammo rimasi un lungo attimo a guardarlo negli occhi, prima di stringergli la mano ed insieme a lui rientrare in casa.
    Ci dirigemmo verso i sotterranei, lì dove custodivo i manufatti più preziosi e che era meglio tener lontano da menti indiscreti, lì Connor fece un passo indietro mentre io mi concentravo e facevo apparire il Mercury Helm tra le mie mani, ne sentì immediatamente la forza scorrermi nelle vene come ogni volta che lo toccavo, ma resistetti ed avazando verso una piccola gabbia d'oro lo porsi dentro prima di chiuderla. Non solo questa avrebbe impedito chiunque di prenderlo, ma avrebbe impedito a me di richiamarlo quanto avrebbe bloccato i suoi poteri. Fu come una morsa mi lasciò finalmente libera e potei tornare a respirare. Fu una sensazione bellissima, ma ancor più lo fu quando rientrati nella residenza disposi tutto per il ritorno mio e della mia famiglia sulla Terra.
    "Ma Marchesa siete appena tornata... volete andar via di nuovo?" la voce di Briseide, era figlia dell'ancella che da sempre si era occupata della mia figlia e lei aveva preso il posto della madre. Era leale, gentile, intelligente ed io non la trattavo come una semplice serva, ma più come una collaboratrice di cui favorivo lo sviluppo della mente e lo studio.
    "Questa volta sarà un po' diverso..." esclamai scambiandomi un sorriso con Connor e dopo il suo assenso, io porsi alla giovane lo specchietto che Selene aveva dato a me ed alle altre tempo orsono.
    "Questo specchietto è stato infuso della magia di Iuventas, guardando in esso potrai comunicare con me ogni volta che sono di fronte ad una superficie riflettente... vorrei però che tu ci lavorassi e trovassi un modo per aprire un portale, uno non rintracciabile. Uno che permetta sempre alla mia casa terrestre e questa di essere collegate. Un passaggio segreto che ci permetta di far avanti ed indietro ogni volta che vogliamo, ma che nessuno dovrà mai conoscere... puoi farlo Briseide?" la ragazza mi guardò. Sapevo che non tentennava nella sua lealtà, sarebbe morta piuttosto che tradirla, lo faceva perchè dubitava delle sue capacità.
    "Ehm io... io non so se ne sarò in grado Marchesa..."
    "Lo sei Briseide e non permettere mai a nessuno, nemmeno a me, di dubitarne. Sono certa che troverai il modo di aiutarmi..."
    L'ancella assentì rinvigorita dalle mie parole e con un piccolo inchino si congedò dicendo che avrebbe iniziato subito a lavorarci. Io iniziai al contempo a sentirmi sempre più leggera, un po' spaventata forse per quello che stavo facendo, ma emozionata di farlo per me. Per la mia famiglia.
    "Quando la guerra sarà finita ci stabiliremo sulla Terra, mi manca la nostra vecchia casa e voglio che Cloe cresca nei luoghi in cui tu lo hai fatto, ma il passaggio ci permetterà di venir qui quando vogliamo, all'insaputa di tutti... ed a me di gestire gli affari del pianeta... Non voglio essere altro che questo Connor. Una donna che come sue uniche priorità ha la propria famiglia e la propria casa..." gli confidai prima che con uno slancio lasciarmi andare tra le sue braccia e rilassarmi convinta e tranquilla di avere lui al mio fianco.
     
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2 replies since 24/10/2019, 13:32   105 views
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