Present Day #2021: Bologna

Season 6

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    Love GDR

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    Cristina
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    Mandalore

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    :Omera:
    Quando Mando raggiunse la Razor Crest io, come d'accordo, lo stavo aspettando. Ma non mi ero limitata a questo infatti in sua attesa mi ero data da fare per fare i controlli di routine e così essere pronti alla partenza senza perdite di tempo.
    Il viaggio fino alla Terra non era così lungo, ma avremmo comunque impiegato dalle 24 alle 30 ore, tutto dipendeva dalla velocità di crociera. L'iperspazio per così piccole distanze era uno spreco inutile, soprattutto se avevi una piccola nave e la stessa non era più in commercio, motivo per cui ogni volta ripararla era una vera e propria sfida!
    Quando percepì Mando salire avevo già acceso i motori e mi ero alzata per lasciargli il posto di guida. Sorrisi da sotto il casco e guardandolo mi libai della sua immobilità, ormai la sapevo decifrare e sapevo fosse sorpreso.
    "Immagino che in questo momento tu ti stia chiedendo quale sia la mia espressione..." lo presi in giro bonariamente togliendomi il casco e così rivelando il mio sorriso radioso e i capelli che erano ben raccolti con due trecce sul capo in una semplice, ma comoda acconciatura.
    Mando tentò di dire qualcosa, ma l'unica cosa fu un misto di gemiti e mugolii confusi che mi fecero sorridere bonariamente, prima di vederlo drizzare la schiena e successivamente schiarirsi la gola. Fece pochi passi verso di me e prendendo il mio casco tra le mani, accarezzando nel mentre le stesse, mi chiese: "Sono sorpreso e... fiero... e orgoglioso... ma come... cioè Armorer cosa ti ha detto?"
    Alla sua domanda non potei fare a meno alzare gli occhi al cielo ricordando quel nostro strano confronto, uno però che mi era servito più di mille discorsi motivazionali, come se improvvisamente vedessi, guarita da una cecità che non credevo di avere.
    "Le parole non sono importati, ciò che lo è... è la Via. Ho trovato la mia Mando. L'ho "vista" per la prima volta con chiarezza. Questo sono io adesso e per sempre. Sono una figlia, una sorella ed una madre di Mandalore..." conclusi solenne.
    Percepì la sua fatica a combattere l'emozione, ma ancor più sentì la sua profonda ammirazione. Una che mi riempiva il cuore di gioia.
    "Mandalore è fortunata ad averti... e anche io..." mormorò commosso, mentre dovetti combattere contro l'istinto per non lasciarmi andare a quell'impeto di passione che sempre mi scatenava.
    "Questa è la Via"
    "Questa è la Via" risposi di rimando e poi superandolo mi sedetti al mio posto, prima che lui facesse lo stesso e partimmo senza ulteriori perdite di tempo. Il viaggio proseguì sereno e tranquillo, percorremmo il maggior tragitto possibile alternandoci alla guida alla velocità massima, ma poi entrambi avevamo bisogno di riposare, almeno il minimo necessario per affrontare la missione con lucidità ed attenzione.
    La Terra non era più così distante, il globo azzurro appariva via via sempre più grande, mentre Mando impostava il pilota autumatico ed una velocità di croceria più bassa.
    Io ero già scesa nella stiva, a differenza della Slave lo spazio per dormire non era molto, ma la cuccetta era abbastanza grande per ospitarci entrambi senza sentirci troppo incomodi. Io ero seduta sul bordo della stessa già privata dall'armatura ed intenta a piegare il collo da una parte all'altra per sgranchirlo un po'. La rigidità del casco era qualcosa che con il tempo avrei imparato a gestire, ma per ora mi causava il torcicollo.
    Quando lo vidi arrivare mi alzai, lo superai e gli lasciai il suo spazio per permettergli di togliersi i pezzi d'armatura necessari per riposare un poco più comodo, ancora sapevo che era qualcosa che lo metteva a disagio farlo con me che lo guardavo. Così gli detti le spalle e sempre in quella posizione senza dire una sola parola mi tolsi la casacca di cotone pesante che indossavo. Al di sotto avevo solo una benda che stringevo stretta al seno, iniziai ad allentarla e lentamente toglierla e poi una volta che il dorso fu completamente nudo, recuperai una canotta che velocemente indossai. Non mi preoccupai che lui fosse alle mie spalle, nè che spesso facevo quell'azione da sola o nascosta dietro ad un paravento... la verità è che volevo che mi vedesse.
    Aguzzai l'udito ed il silenzio totale che percepì fu la conferma che non doveva aver mosso nemmeno un muscolo e che anzi doveva essere rimasto immobile a guardarmi. Non ero una donna che aveva mai considerato l'idea di sedurre qualcosa che poteva far venir meno chi fossi. Andavo oltre la convinzione che una donna audace fosse di facili costumi o che dolcezza e malizia non potessero convivere. Diventare una Nite Owls, ora lo comprendevo, voleva dire questo. Abbracciare a 360° la mia femminilità, una che non mi impediva in alcun modo di essere al contempo un bravo soldato quanto una brava compagna. Una brava madre o sorella, quanto una brava amante. Nulla escludeva una o l'altra cosa.
    Sorrisi tra me e me e quando mi voltai vederlo fissarmi in quel modo, potevo non vederlo negli occhi ma la sua postura mi diceva più di mille parole, mi eccitò.
    "Chiudi gli occhi..."
    Alla sua richiesta, che veniva spontanea e con una tona grezza nella voce, mi fece mordere il labbro inferiore d'istinto. Mi fidavo di lui e dunque senza esitazioni lo feci.
    Completamente al buio ero alla mercé degli eventi, ma non ero spaventata perchè non avevo dubbi al riguardo. La fiducia che riponevo nell'uomo che avevo scelto nel mio compagno era totale, cieca. Esattamente come me in quel momento. Rimasi in attesa e quando percepì le sue mani prendere le mie, il cuore fece una capriola, ma ancor più quando sentì la sua fronte nuda contro la mia. Pelle contro pelle. Me la baciò ed il brivido scatenato dalle sue labbra era intenso, come il sapere che lui si stava rimettendo alle mie grazie.
    Lo seguì percependolo camminare all'indietro e quando probabilmente si sedette sul bordo della cuccetta, invitandomi a mettermi a cavalcioni su di lui, percepì chiaramente la mancanza dei suoi parastinchi, dei pettorali, gli spallacci ed ovviamente i guanti.
    Sorrisi ad occhi chiusi, lasciandomi andare ad un sospiro quando percepì le sue mani scivolare sulle sue spalle, abbassarmi le spalline e poi proseguire la loro corsa sul mio collo, lungo le mie guance... un suo dito mi accarezzò le labbra ed ero certa che si stesse libando della mia espressione di piacere mista ad un'emozione indecifrabile, quella che sempre provavo con lui, ma che mai poteva vedere sul mio volto.
    "Ti sta piacendo quel che vedi?" gli chiesi quasi a volerlo sfidare, perchè poteva davvero significare molte cose. Essere maliziosa era voluto ovviamente.
    Quando il suo pollice si fermò nel centro delle mie labbra non esitai a baciarlo, mentre lo sentì successivamente correre lungo il mio mento e poi la giugolare.
    "Ti ringrazio..." mormorai sinceramente commossa.
    "Ti ringrazio per fidarti di me..." conclusi.
    Il ciondolo che mi aveva regalato era sempre presente al mio collo, mentre le mie mani cercavano il suo viso e i suoi capelli, donandogli lievi carezze e ricercando il suo profilo, la sua pelle...
    Chissà se anche lui, come me, immaginava il sapore che un nostro bacio potessere avere. Intenso, ma dolce. Stuzzicante, ma delicato. Sì sicuramente erano quelle l'emozioni che in quel momento ci muovevano e che avrebbero dato forma ad un momento così importante. Lo percepì prendermi il volto tra le mani e poi dirmi sussurrami con voce roca per il desiderio "Mi piace, sì"
    Non ebbi nemmeno il tempo di reagire a ciò che le sue labbra incontrarono le mie. La sensazione era quella di un uomo fatto e finito che si muoveva con l'irruenza e l'indecisione di un adolescente. Lo lasciai fare, volevo che capisse che io non l'avrei giudicato, quanto più che lo avrei seguito stando al suo passo.
    Con la lingua disegnò il contorno delle mie labbra e di reazione fu inevitabile cercare un contatto maggiore del suo corpo con il mio, fu allora che il suo imbarazzo fuoriuscì seppur con intensità e fermezza lo stava affrontando non sfuggendo alla situazione.
    "Stai andando benissimo..." gli sussurrai con le labbra ancora sulle sue, il corpo attaccato al suo e le mani perse nei suoi capelli scuri.
    A quel punto fui io a guidarlo con piccoli baci, nulla di ancestrale, solo uno sfiorarsi, uno conoscersi, un assaporarsi senza ancora approfondire. Lasciai che per lui il tutto divenisse fluido, naturale, intenso come lo stava divenendo per me... Fu infatti quando percepì le sue mani scendere verso i miei fianchi che capì che si stava lasciando andare.
    Fu allora che la sua stretta si fece maggiore, come l'intensità del bacio che divenne sempre più urgente. Adesso la sua lingua osava toccare i miei denti, chiedere il permesso di passare ed ovviamente io non opposi resistenza. Finalmente ci assaporammo completamente, mentre respirare era divenuto totalmente e completamente superfluo. Le sue mani raggiunsero infatti i miei glutei e stringendoli fece leva per girarsi e farmi sdraiare per poi sovrastarmi con il suo corpo.
    Alzai una gamba che prontamente strinse, mentre il bacio proseguiva e le sue labbra lascive scivolavano sul mio collo. Io gettai il capo all'indietro, gemetti e quando di nuovo ci incontrammo, con fatica ed un immensa forza di volontà lo allontanai quel poco. Avevo ancora gli occhi chiusi, ma parve quasi lo guardassi.
    "Abbiamo tutto il tempo del mondo..." dissi con voce bassa e calda, mentre gli accarezzavo il volto. Era il mio modo di dirgli di non bruciare le tappe, di lasciare che tutto potesse venire da sè, con il tempo. Che nonostante lo volessi con ogni fibra del mio corpo, desideravo gustarmi ogni passaggio e soprattutto volevo che lui interiorizzasse ogni progresso prima di passare al livello successivo.
    "E' difficile f-"
    Lo intrerruppi posandogli un dito sulle labbra, mentre assentendo con il capo sorrisi.
    "A chi lo dici, ma... ehm... è giusto così..." conclusi prima di far scivolare via il dito e sostituirlo con le mie labbra, con un altro profondo ed intenso bacio.
    Quando ci sistemammo meglio per riposare io nonostante avessi già gli occhi chiusi, mi lasciai andare al sonno, mentre percepivo ancora la luce accesa e lui al mio fianco intento ad accarezzarmi con una sicurezza maggiore, un'intimità più forte.


    :OmeraM:
    La mattina successiva, nonostante gli impeti della sera prima, ci svegliammo di buon ora. Forti e carichi di un'energia diversa, ma più forte. Ci preparammo e riprendendo la guida arrivammo sul pianeta azzurro in mattinata inoltrata, era quasi mezzogiorno.
    Eravamo atterrati nelle vicinanze di Bologna, questo in quanto la ricetrasmittente che ci era stata data indicava proprio in città il target che ci era stato assegnato.
    "Come pensi di muoverci?" chiesi camminando al fianco di Mando, il casco in testa ed una freddezza che niente aveva a che fare con i bollori della sera prima. Seppur a differenza sua e di altri Mandaloriani io avrei potuto togliere il casco, avevo compreso che comunque ciò non significava che davvero lo avrei fatto. Solo nella nostra intimità lui avrebbe visto la SUA Omera. Ma quando ciò mancava, all'apparenza di chiunque saremmo stati fratelli d'armi, di credo e soldati. Nessuno avrebbe mai dovuto anche solo sospettare il nostro legame, perchè all'infuori dei nostri cuori non sarebbe esistito. La fierezza del Credo ci avrebbe accompagnato così come la dedizione allo stesso.
    "Oggi in città si terrà un incontro tra i Sindaci e Podestà di zona. Il controllo centrale dei Templari, ma ufficialmente ancora dei Devianti e ogni città piccola o grande deve ancora sottostare a loro..."
    Pensierosa ignorai gli sguardi che catturavamo al nostro passaggio.
    "Il vantaggio di ciò sarà sicuramente che le attenzione saranno su tutto tranne che noi, ma al contempo..."
    "La città pullulerà di Devianti e Templari..."
    "Almeno abbiamo la fortuna che parte delle pattuglie schierate sono gestite da Megamede..."
    "Ma non abbiamo alcun controllo sui Nova e qualcosa mi dice che ci saranno anche loro... Ho visto anche insegne Imperiali Devianti..."
    "Credi che oltre i Sindaci e i Podestà saranno presenti anche esponenti importanti di entrambi gli schieramenti?"
    "Non lo so, ma non lo possiamo escludere. Propongo di mangiare qualcosa in una locanda del centro, terremo così le orecchie ben tese e capire la situazione prima di muoverci di conseguenza!"
    Assentì perfettamente in sintonia con lui ed insieme ci avviamo nella splendida piazza centrale della città venendo accolti da un gran movimento di Templari e Devianti ai fini di mantenere l'ordine, oltre che bandiere di entrambi gli schieramenti. C'era fermento, ma anche tensione.
    La locanda infatti pullulava di soldati di entrambi gli schieramenti, ma anche molti dei Sindaci e Podestà lì per la Giunta. Io e Mando scegliemmo un tavolo lontano da tutti, abbastanza da permetterci di tener d'occhio il locale, quanto di parlare senza venir uditi.
     
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    Annarita
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    :DinM:
    L’attesa non aveva mai rappresentato un fattore di stress per me, avevo imparato ad affrontare ogni minuto trascorso con la consapevolezza che quello successivo avrebbe potuto portare alla soluzione di un problema o di una missione. Amavo la quiete che circondava la mia mente durante quei momenti, ne avevo sempre fatto un punto di forza; quindi, constatare che anche Omera avesse la mia stessa predisposizione mi rendeva orgoglioso. Lei non aveva avuto un particolare addestramento prima di incontrarmi, eppure i suoi movimenti erano misurati, i suoi respiri cadenzati, i suoi muscoli non tradivano alcun segno di impazienza… Sì, la stavo studiando, da quando aveva indossato il casco ed eravamo entrati in azione mi ero ripromesso che l’avrei osservata per capire come avrebbe vissuto quel primo incarico davvero importante. Sapevo che Armorer mi avrebbe chiesto conto, tanto quanto lei era certa che io non avrei omesso nulla sulla condotta della nostra nuova sorella. Tuttavia, non era solo questa la ragione della mia analisi… era il mio cuore a essere curioso: avevo scelto la donna giusta? Non solo si prendeva cura di me, così come nessuno aveva mai fatto, ma aveva persino abbracciato il mio stesso Credo. La verità era che sembrava troppo bello per essere vero, ma non per questo l’avrei dato per scontato, né diminuiva il valore della sua scelta.
    Più la guardavo, più mi convincevo di essere il mandaloriano e… l’uomo più fortunato dell’universo, il passo successivo sarebbe dovuto essere naturale, no?
    Un cenno del capo di Omera mi indusse a guardare l’entrata della locanda affollata in cui ci trovavamo. Il tavolo era appartato, ma da lì riuscivamo a scorgere tutti gli accessi e gli avventori. Non fu difficile individuare Megamede mentre faceva il suo ingresso e ci cercava con lo sguardo. L’avevamo contattato appena arrivati e gli avevo dato appuntamento per un breve briefing, non avevo dubbi che sarebbe arrivato alla velocità della luce.
    I presenti cominciarono a farsi domande, i loro occhi esprimevano sorpresa: vedere tre mandaloriani nello stesso posto, nello stesso momento, rappresentava una sorta di chimera. Ciò nonostante, nessuno di noi ci badò, avevamo una missione da compiere e la nostra naturalezza indusse i curiosi a tornare ai loro affari.
    “Mando, ho ricevuto il messaggio.” Megamede si sedette con postura rigida, dopo aver ordinato del vino che non avrebbe mai bevuto, così come le nostre birre sarebbero rimaste sul tavolo, abbandonate.
    “Abbiamo bisogno del tuo aiuto.” Con la sua voce dolce, Omera era andata subito al punto. Eravamo così simili. Poi, mi guardò, invitandomi a prendere la parola.
    “Armorer ci ha affidato una missione importante, pensa sia collegata alla profezia. Ancora non sappiamo in che modo, ma ci ha inviato qui per scoprirlo.” Anche io avevo il dono della sintesi ed ero certo che Megamede fosse tra quelli che lo apprezzavano parecchio. Presi il localizzatore che il cliente ci aveva dato e lo misi sul tavolo. “Ci ha indirizzati al Palazzo del Podestà, per questo ti ho coinvolto. L’obiettivo dovrebbe essere una persona di circa diciotto anni, ma non l’abbiamo ancora individuata, entrare direttamente nel palazzo non era un’opzione da prendere subito in considerazione.”
    La totale immobilità di Megamede poteva avere un centinaio di significati. Non era facile capire cosa stesse pensando ed ero convinto che non fosse colpa del casco.
    “Per l’incontro politico, in rappresentanza dei Devianti, c’è la giovane figlia del Führer: Moira Winkler. Corrisponde alla descrizione, anche se non mi avete dato molti elementi.” Forse Megamede aveva ragione, quanti giovani potevano essere in un palazzo in cui si svolgevano riunioni tanto noiose? Solo un rappresentante di uno schieramento importante… di una famiglia importante.
    “Se fosse davvero colei di cui si parla nella profezia, sarebbe un bel colpo… ma non ne sono così convinta. Qualcosa non torna…” Mi concentrai sulla nota dubbiosa nel tono di Omera, nel mentre Megamede era già pronto a congedarsi, perciò fui costretto a tornare su di lui. Non era un tipo che si perdeva in chiacchiere…
    “Non lo sapremo mai se non ci avviciniamo abbastanza. Non posso portarmi dietro il localizzatore, darei troppo nell’occhio. Perciò, vi avviserò nel momento in cui la vedrò allontanarsi dal palazzo. Poi, potrete verificarlo direttamente…”
    Annuii convinto, era una buona strategia.
    Quando restammo soli, mi voltai verso Omera, mi incuriosivano i suoi dubbi, ma anche come ragionava. La sua preparazione presso i Saggi del suo popolo le aveva dato conoscenze che stavano tornando molto utili.
    “Cosa ti impensierisce?” le chiesi, cauto, tentando di divorare il suo sguardo attraverso la visiera del casco. Non avevo mai pensato che quella barriera avrebbe potuto, un giorno, provocarmi quella punta di fastidio, ma con lei avevo scoperto tante cose che avevo sempre ignorato.
    “Non lo so ancora, per adesso è solo una sensazione… ma appena ne verrò a capo, tu sarai il primo a conoscere i miei pensieri…” Riusciva a essere rassicurante anche mentre brancolavamo nel buio più totale. Ecco, un altro pregio da aggiungere alla lista. Avrei mai trovato un difetto in questa donna?
    […]
    Camminavamo spediti, ma silenziosi. La boscaglia era fitta, ma prendere il sentiero non era raccomandabile, non quando ti ritrovavi a inseguire una Deviante di alto rango.
    Qualche ora dopo il nostro incontro alla locanda, Megamede ci aveva dato il segnale: il nostro obiettivo si era allontanato dal Palazzo del Podestà. Ci aveva assicurato che era da sola, non aveva portato con sé neppure una scorta ridotta all’osso. Questo dettaglio, non così trascurabile, ci aveva messi in forte allerta. Era sospetto che un personaggio tanto in vista girasse indisturbato senza guardie del corpo, così come fosse strano che avesse deciso di inoltrarsi in una fitta macchia boscosa fuori dalla città. Dove stava andando? Perché nessuno la accompagnava? Doveva incontrare qualcuno? Avevamo addirittura rischiato di perderla in due occasioni. Il segnalatore pulsava ma non in maniera decisa, forse dovevamo avvicinarsi ulteriormente?
    “Mando, ricordi la mia sensazione di qualche ora fa? Ecco, adesso è molto, molto forte.” La voce di Omera arrivò direttamente all’interno del mio casco, grazie a uno speciale auricolare che ci permetteva di non parlare a voce alta. Era preoccupata, come tutte le volte che non riusciva ad afferrare un’idea, un pensiero, una soluzione.
    “Ci sono troppe domande senza risposta. Il trasmettitore, anche se siamo piuttosto vicini, non ha aumentato la forza del segnale. È identico a quando eravamo fuori dal Palazzo…” Avremmo voluto fermarci per poter fare il punto della situazione, ma la giovane procedeva spedita, come se avesse davvero una meta. Vedevamo a tratti la sua chioma bionda tra le fronde degli alberi e sarebbe bastata una semplice distrazione per perderla… “Dobbiamo rischiare, ingaggiarla, altrimenti non sapremo mai se è lei o meno il nostro obiettivo” constatai asciutto. Tutta quella situazione stava prendendo una piega pericolosa, ma soprattutto illogica.
    “Procediamo!” Omera era con me, mi seguiva passo passo, ciecamente. Tuttavia, non appena iniziammo una manovra di avvicinamento, ci rendemmo conto di non averla più nel campo visivo. Aguzzammo la vista, aiutandoci con il visore termico; aumentammo l’andatura, adesso incuranti di essere uditi, mi ero reso conto che non rappresentava più un problema… per due motivi: uno, Moira Winkler ci aveva individuati; due, Moira Winkler si era volatilizzata nel nulla.
     
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    Roberta
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    :Moira:
    Finalmente ero libera. Avevo trovato l’occasione per allontanarmi dalle mie incombenze, per allontanarmi dai miei doveri. Ero stanca, dannatamente stanca e fingere di stare bene davanti ai miei genitori e al mondo intero, iniziava a diventare troppo difficile. In apparenza ero forte, fiera, severa, così come mio padre mi aveva insegnato. Mai mostrare le mie debolezze, altrimenti chiunque avrebbe potuto farmi a pezzi e banchettare sulla mia fragilità. No, nessuno mi avrebbe vista incerta, confusa, tragicamente lontana da quelli che avevo considerato da sempre i miei ideali di vita. Adesso mi trovavo sempre più in questa condizione di stasi e ribellione interiore, di presa di coscienza e di reticenza.
    Avevo bisogno di tempo e di spazio, e nonostante tutto, i miei genitori mi stavano addosso, mi tenevano costantemente d'occhio e mi affidavano compiti e missioni. Dovevano accertarsi che non mi stessi sottraendo al loro controllo e non perdevano occasione per mettermi alla prova.
    Io, dal mio canto, non mi ero mai rifiutata di eseguire i loro ordini, come una brava soldatessa, ma dentro, ogni volta mi sentivo morire. Percepivo un possibile rifiuto al pari di un tradimento e io non volevo tradirli, li amavo con tutta me stessa. Come avrei potuto assecondare loro e i miei sentimenti al contempo, senza mancare di rispetto a loro, ma neanche a me stessa? Strane idee, bizzarre sensazioni continuavano a perforarmi la mente e l'animo, gettandomi nel baratro dell'incertezza.
    Giorno dopo giorno, compredevo sempre più quali erano le mie convinzioni, ma queste cozzavano con tutto ciò che mi circondava, rendendomi la prima nemica di me stessa.
    Avrei trovato una soluzione, prima o poi, e speravo che sarebbe avvenuto prima di giungere alla follia.
    Mi muovevo sicura tra i tronchi, le foglie e i rami bassi del bosco. Il mio senso di orientamento spiccato mi consentiva di sapere esattamente dove mi trovavo per poi poter tornare indietro. Il verde predominava e mi riempiva gli occhi, la frescura era soave e l’umidità incombente. Non avevo alcuna intenzione di fermare la mia corsa senza nessuna metà, fino a che non percepii due presenze estranee alle mie spalle. I miei sensi da Deviante erano acuti e non mi sfuggì il loro movimento nella selva. Mi stavano seguendo. Si stavano mantenendo a distanza, sapevano mimetizzarsi bene, ma tutto ciò non era sufficiente contro di me. Non avevo ancora potuto osservare direttamente di chi si trattasse, ma non era necessario. Lo avrei fatto a breve.
    All’improvviso tagliai a destra a una velocità inumana, affondai nella vegetazione alta e nascosta da altri tronchi imponenti, mi arrampicai su uno di loro, in attesa dei miei inseguitori. Mi avevano persa di vista, ma non avevano desistito. Sarebbero giunti a breve.
    Dopo pochi istanti, mi trovai a posare il mio sguardo su due Mandaloriani. Le armature rilucevano nonostante la scarsa luminosità. Il sole era schermato dalle fronde. Uno doveva essere senz’altro una donna. La sua corazza era modellata finemente e le decorazioni sul casco ne erano l'ennesima prova. L'altro era un uomo che appariva più imponente grazie alla sua protezione.
    Erano cacciatori di taglie. Cosa diavolo volevano da me?
    Valutai rapidamente le circostanze in cui mi trovavo e tentai di individuare l'arma migliore per attaccarli. L'effetto sorpresa era dalla mia parte. Nonostante avessero un dispositivo di localizzazione tra le mani, non erano stati in grado di individuare la mia posizione. Arco e frecce erano esclusi, le loro armature integrali li avrebbero protetti. Potevo correre il rischio di usare i miei poteri? Riflettevo in maniera frenetica e giunsi alla conclusione che se si trovavano sulle mie tracce erano ovviamente consapevoli della mia identità, dunque della mia natura Deviante.
    Non avevo altra scelta.
    Mentre ero in piedi su un solido ramo e con la schiena appoggiata alla corteccia del tronco, serrai le palpebre e convigliai tutta la mia energia nella mano destra e usai proprio quella per dirigere il flusso magnetico verso il suolo calpestato dai miei nemici. In pochi secondi il terreno tremò, vittima delle vibrazioni telluriche e i Mandaloriani, presi alla sprovvista, barcollarono pericolosamente, fino a che non rovinarono a terra. Lui aveva frenato la caduta di lei con il suo corpo e mi trovai a pensare che non era stato un caso, ma voluto. Subito dopo, però, mi distrassi da quella riflessione e tornai alla carica. Saltai da dove mi trovavo e atterrai alle spalle degli sconosciuti, che con enorme fatica si erano rimessi in piedi. Li bombardai con una raffica di rocce affilate, ma a poco servivano contro il famoso metallo nth, continuai a concentrarmi sul terremoto, unico elemento che avrebbe potuto destabilizzarli.
    Approfittando di ciò, mi avvicinai a loro e cominciai a colpirli in sincrono, ma loro erano molto bravi nel parare e schivare i miei affondi. Mi feci pervadere dalla collera e dalla frustrazione. Con quelle dannate armature, sarebbe stato difficile fargli davvero male. Afferrai la donna per le braccia, in un finto tentativo di sorreggerla. Sfruttai un suo momento di sbandamento e la scaraventai contro una parete di roccia lì vicino, facendo in modo che le franasse addosso. L'uomo mi prese da dietro e mi colpì al capo con il suo casco. La vista mi si oscurò per un istante, ma tornai subito lucida. Allora tentai il tutto e per tutto.
    Stirando le braccia all'indietro lo afferrai per il casco e lo sfilai con forza, poi mi lanciai verso un enorme albero alle nostre spalle e lì lo feci sbattere con violenza. Il mio intento era tramortirlo e sfruttare il suo volto scoperto come punto debole per ucciderlo.
    Stavo per girarmi fulminea, non appena lui aveva mollato la presa sul mio corpo, ma qualcosa andò storto. Il laser di un bluster mi colpì al braccio, mi impedì di voltarmi e di terminare il mio attacco. La donna si era ripresa e stava avanzando verso di me. Mi colpì un'altra volta alla gamba, per assicurarsi che non potessi più nuocere. Il dolore misto a bruciore era lancinante e nonostante tentassi con tutte le mie forze di mantenere la concentrazione sui miei poteri, la terra si fermò e la roccia smise di tremare e di staccarsi in mille frantumi aguzzi.
    Imprecai tra i denti per non urlare. La sofferenza era l'ultima dei miei pensieri, era l’esasperazione la mia peggiore nemica. L’uomo, che aveva indossato di nuovo il suo casco, si avvicinò insieme alla sua compagna d’arme e mi sollevò da terra. Mi misero un braccialetto che riconobbi all'istante. L'inibitore avrebbe reso ancora più inutili le mie abilità. Mi misero seduta con la schiena appoggiata a un albero.
    Io, nonostante l’impotenza, mantenni il mento all’insù e uno sguardo di sfida.
    “Si può sapere chi diavolo siete e cosa volete da me?” domandai quasi in un ringhio.
    Loro si misero di fronte a me e l'uomo rispose lapidario.
    “Sei la nostra missione”
    “Ma che bravo… sapresti dirmi qualcosa che non sia ovvio, Mandaloriano? So che siete dei cacciatori di taglie. Chi diamine vi ha mandato?” continuai frustrata. Non ero nella posizione di porgere domande simili eppure non potevo farne a meno.
    “Ovviamente non possiamo darti queste infor…”
    Poi, fu interrotto dalla sua compagna. Si allontanarono di poco, ma potei udire ugualmente la loro conversazione. Lei aveva dei seri dubbi sul fatto che io fossi davvero il loro obiettivo.
    “A quanto pare il vostro localizzatore ha fatto cilecca.” li schernii a distanza.
    La donna si rivolse a me, e sebbene non potessi vedere la sua espressione non percepii ostilità nei miei confronti. Perché?
    Poi si avvicinarono di nuovo a me. Evidentemente, avevano compreso che non vi era la necessità di nascondermi nulla.
    “Questo dispositivo funziona perché rileva delle tracce energetiche legate alla Forza. Questa grande energia è propria solo di alcune specie presenti nell'universo e non sono umane.” stava parlando con l'uomo, ignorandomi. “Lei è una Deviante è vero, ma il segnale è troppo forte per essere solo questo, però anche troppo debole in sua presenza per rappresentare il nostro obiettivo.” La sua voce era più melodiosa di quanto mi fossi aspettata.
    “Sei sicura che non sia lei? Allora perché rileva comunque un'energia più elevata di quanto dovrebbe?”
    “Cosa diavolo significa tutto questo?” Quasi urlai. Ero stanca di vedere quei due discutere come se io non esistessi. Allora lei si rivolse a me e rispose contestualmente alla mia domanda e a quella dell'altro Mandaloriano.
    “Il segnale energetico emanato dal trasmettitore è molto simile a quello di una Guerriera, ma non è lo stesso. È come…”
    “Cosa vai blaterando? Io una Guerrie…” interruppi lei, per bloccarmi subito dopo anche io. Flash di ricordi si sovrapposero nella mia testa. Ritornai a quel giorno in cui avevo origliato la conversazione tra mia madre e la Principessa Selene. Parlavano di me, dell'essere Guerriera, mia madre che non voleva rivelare la verità. Il tempo che passava e che avrebbe potuto determinare la morte di un Crystal seed. Tutto si dipanò nella mia mente con una vividezza disarmante.
    “Continua…” La esortò l'altro che ancora non aveva collegato i punti. Lui non aveva gli elementi per farlo.
    “Il Crystal seed dentro di lei è morto. Funziona così: quando si insedia nella prescelta, quest'ultima ha la possibilità di accogliere o meno la richiesta del Galaxy Couldron. Se passa troppo tempo e non vi è nessuna reazione, il cristallo muore, seppellendo con sé i suoi poteri. In questo caso, credo che il processo sia avvenuto da pochissimo tempo e quindi il trasmettitore ancora percepisce un'energia molto forte.”
    Più la sentivo parlare, più la rabbia si impadroniva di me… Mi avevano mentito, di nuovo, ripetutamente. I miei genitori avevano scelto per me, manipolando la mia vita, le mie scelte, la mia strada.
    “Allora… quegli strani malesseri che poi sono scomparsi…” dissi tra me e me. La donna rispose comunque.
    “Esatto. Quello è uno dei segnali che annunciano la presenza del cristallo, insieme a una macchia tipica sul corpo.”
    Avrei voluto urlare, piangere, imprecare, eppure restai immobile e gli occhi totalmente secchi. Parlai con voce quasi atona.
    “Cosa succede quando il Crystal seed muore? È perso per sempre?” Avevo bisogno di sapere se era tutto perduto, se mi era scivolata tra le dita la possibilità di fare qualcosa di davvero importante, di essere solo me stessa e non Moira “la kaiserina”, di poter mettere le mie capacità al servizio di quando di molto più grande, che non fosse solo il potere e la prevaricazione. Forse era stato anche merito di questo cristallo germogliato in me a farmi aprire gli occhi, a farmi accettare la presenza del nemico e a insegnarmi a non considerarlo tale. Jacob… pensai a lui con malinconia.
    “Purtroppo stiamo parlando di un evento più unico che raro. Io non conosco le conseguenze di tutto ciò.”
    Tentai di riprendere il controllo delle mie emozioni, che rischiavano di esplodere, e di distruggere tutto ciò che mi circondava. Tornai al punto fulcrale di quello strano incontro-scontro, che si era rivelato essere fonte di nuove certezze e di nuovi dissidi.
    “In sostanza, non sono la persona che cercate.” Non era una domanda.
    Lei, ancora una volta si rivolse al suo compagno.
    “Se abbiamo interpretato bene la profezia, il nostro target dovrebbe essere un discendente di un Assassino, quindi un Ibrido. Sebbene suo padre sia un ex Assassino, lei emana un'energia diversa. L’impronta energetica è di una Guerriera, non di un Ibrido.”
    Avevo la bocca spalancata per la sorpresa e la furia che si stavano accumulando. Il Mandaloriano non rispondeva, pareva immobile perso in chissà quali pensieri.
    “Avete intenzione di restare lì impalati a lungo? Da quello che ho capito, non vi servo giusto? Che ne dite se mi levate questo maledetto braccialetto? È evidente che le nostre strade si sono incrociate per puro errore e faremmo meglio a riprendere i nostri cammini senza guardarci indietro.” dissi alzandomi da terra con fatica e mettendo le mani in alto. Volevo capissero che se loro non rappresentavano più una minaccia per me, io non lo sarei stata per loro. Sapevo che i Mandaloriani erano gente di parola, che seguiva la missione con dedizione e spirito di sacrificio, non erano degli sporchi mercenari senza scrupoli.
    Infatti, come avevo pensato, la donna si avvicinò a me e mi liberò dal braccialetto inibitore. Mi sembrò di poter respirare di nuovo.
    “Mi dispiace per le ferite…” disse con voce contrita. Era davvero triste per me? Mi stranii.
    La osservai con attenzione. Chi era quella donna? E per un attimo fui curiosa di vedere il suo volto.
    Poi scossi il capo e tornai in me. La mia priorità era andare via da lì, il più in fretta possibile.
    “Non essere dispiaciuta. Siamo soldati e i soldati combattono, e si feriscono, fa parte del gioco.”
    Feci per allontanarmi e poi mi voltai verso di loro. Non parlai. Li guardai e basta. Mi sembravano affiatati sebbene la distanza che mantenevano, emanavano un'energia sincrona.
    Non sapevo chi fosse il loro obiettivo, ma quello strano incontro era stato per me ‘illuminante’.
    Ne avrei fatto tesoro per avere delle risposte. Le pretendevo più di ogni altra cosa. Avrei dovuto trovare la forza per affrontare la cruda realtà. I miei genitori, ancora una volta, si erano erti a giudici della mia esistenza e questa cosa mi feriva fin nel profondo.
    L’immobilità dei due mi convinse che era il momento di andare. Non avrebbero opposto resistenza.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 18/7/2021, 11:41
     
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    Alla conferenza annuale dei Podestà della sub-area rurale dell'Europa Mediterranea, andai da solo. Le misure di sicurezza erano ancora pressanti a causa dei problemi di qualche mese prima. Non era solo per via dell'evasione da una prigione di massima sicurezza dei più pericolosi criminali al mondo, ma dell'alternanza di potere che si era verificata tra Devianti e Templari. I nostri nemici giurati erano diventati i nuovi padroni in un modo che ancora non era chiaro, ma i precedenti oppressori erano comunque rimasti, ed esercitavano ancora i loro poteri, anche se in misura molto contenuta e irrisoria. Per gli abitanti della Terra, questo aveva significato solo un cambio di padrone, o poco di più. Le condizioni di vita erano lievemente migliorate, ma si trattava solo di aver cambiato il bastone con la carota. Il fine ultimo dei nostri avversari era il medesimo di tutti i potenti: il controllo del genere umano.
    Raggiunsi Bologna durante le ore più caotiche, per sfruttare a mio vantaggio la folla turbolenta che si era radunata per partecipare al congresso. Avevamo deciso che nessuno degli Assassini sarebbe venuto con me sotto copertura. La città era piena di forze armate dei Templari che mantenevano l'ordine, e non potevamo escludere che i nostri volti fossero noti a loro così come lo erano stati ai Devianti.
    L'unica persona che mi sarei sentito tranquillo a portare con me in missione “diplomatica” era la mia segretaria. Non particolarmente capace nelle sue mansioni ma decisamente attraente, e quindi perfetta per distogliere l'attenzione dal sottoscritto e dai miei movimenti. Volevo passare inosservato, e gli ottimi maestri che avevo avuto mi avevano reso perfetto, in quest'arte. Non era solo il fatto di confondersi nell'ambiente in maniera passiva, ma anche di sfruttare le opportunità a disposizione. Purtroppo, Yulia non era stata contenta di sapermi da solo con lei, e aveva sfoderato una gelosia che mi sorprese, tanto fu violenta e irrazionale; non ero riuscito a farla ragionare nonostante i diversi tentativi per rassicurarla, e alla fine avevo desistito. Mi seccava rinunciare a questo vantaggio, pur se minimo, ma lo accettai con accortezza, per non guastare quello che rimaneva di noi due.
    Scelsi di fermarmi alla locanda più affollata, frequentata da figure di spicco tra gli amministratori locali e quelli centrali. Dovevo mantenere rapporti amichevoli che potevano essere vantaggiosi per future alleanze e per ottenere informazioni cruciali. Mi inserii nelle conversazioni in corso con facilità disinvolta e carismatica. Molti di loro erano i governatori delle rispettive comunità da diversi anni, mentre io mi presentavo solo come l'ultimo erede di una dinastia di signorotti che avevano prosperato nel passato come governatori di Monteriggioni. Dopo aver raccolto un piccolo gruppo di persone, avevo voluto mantenere la tradizione familiare dopo decenni di abbandono del borgo. Una storia semplice, credibile perché non troppo lontana dalla realtà, sebbene con aggiustamenti sostanziali.
    Quando secoli prima avevo preso le redini della famiglia e dell'Ordine, lo avevo fatto con la ferma determinazione di voler lasciare il segno nella storia. Le cose mi sono sempre venute facili, mi considero un predestinato, baciato dalla fortuna. Già solo nascendo era chiaro quale fosse il mio posto nel mondo, e non ho mai accettato nulla che non fosse alla mia altezza; ho sempre puntato in alto. La morte dei miei familiari non mi piegò perché non ebbi neanche il tempo per piangere. I vivi erano più importanti, e dipendevano da me. Lo zio mi aiutò e mi insegnò molto, ma io volevo diventare meglio di lui. Di lui e di mio padre. Grazie alle mie capacità e potenzialità ero destinato a brillare, a diventare un leader naturale. Se fossi nato in una famiglia di condottieri o di Capitani di ventura, avrei inciso il mio nome sul campo di battaglia, invece la mia strada si è dipanata altrove. Non male comunque. Quando zio Mario morì, il posto come Signore di un Comune microscopico e come Mentore di una debole Confraternita è stato mio, e da lì, sono solo cresciuto. Ho allargato la mia influenza con intelligenza e abilità. Ho impiegato tutte le risorse a disposizione per prevalere sui Templari, per ottenere vantaggi anche esigui, ma strategicamente rilevanti. Mi sono circondato di persone fedeli e capaci, ovvio. Ezio, mia madre come consigliera, Machiavelli.
    Dopo la prigionia all'Abstergo, avevo ripreso il mio antico ruolo, mettendo in piedi un progetto ancora più ambizioso: il vero cuore della Confraternita degli Assassini, celato e introvabile, a Monteriggioni. Nel borgo avevamo sfruttato edifici, passaggi sotterranei, stanze nascoste costruite dai miei avi e ristrutturate in parte durante i miei primi anni come Mentore, quando gli Assassini erano un gruppo sparuto di menti e di ideali che si riunivano come clandestini, spesso agendo in maniera disorganizzato, con finalità estemporanee, imprendibili eppure proprio per questo molto deboli. Il sogno di un gruppo solido e coordinato si era realizzato poco alla volta, con il nucleo principale formato da individui speciali.
    Ora, Monteriggioni racchiudeva entro le sue mura rafforzate e vigilate l'unica speranza per gli spiriti che ancora credevano nella libertà individuale ed erano disposti a combattere per portarla e mantenerla nel mondo. Era venuto il tempo di ricominciare a costruire il sogno che era stato di mio zio e di mio nonno, di riportare la Confraternita ai fasti dei nostri mitici antenati. Monteriggioni sarebbe diventata la nuova Masyaf. Tra noi Assassini le decisioni venivano prese in assemblea e il voto dei Mentori era solo di poco più determinante di quello degli altri componenti della nostra cerchia, quella degli Originali. Per il mondo esterno, invece, io guidavo la piccola e semi isolata comunità di poche decine di anime. Il governo del borgo era toccato a me in automatico. Ogni decisione politica, governativa, organizzativa, logistica era mia.
    Avevo appena concluso un accordo commerciale con il rappresentante di un Comune situato sulla zona Costiera, per fornirci pescato in cambio di cereali - la vera utilità di questi eventi era negli incontri privati, fuori dall'ufficialità - quando nella locanda entrarono due Mandaloriani, inconfondibili per le loro armature. I caschi integrali che portavano perennemente mi avevano sempre affascinato: come facessero a sopportarli così a lungo senza soffrire di claustrofobia era una curiosità oziosa e, comunque, di facile risposta. Si trattava di allenamento, lo stesso che costituiva anche per noi Assassini una condizione fondamentale per svolgere il nostro dovere.
    Quando i due cacciatori di taglie, un uomo e una donna, furono raggiunti da un terzo del loro gruppo, il mio interesse si trasformò all'istante da blando in marcato. Stava accadendo qualcosa di importante, e decisi che quel qualcosa poteva essere rilevante per me. L'incontro durò una manciata di minuti, ma non riuscii a scoprire alcun indizio, vuoi per il vociare nella stanza, vuoi che, con quei maledetti caschi, non potevo neanche studiare il labiale. Mi sarei fatto bastare il fatto di seguirli con estrema discrezione, nel momento in cui, separatamente, lasciarono la locanda.
    Quello che era stato uno svantaggio divenne l'esatto opposto nelle strette strade bolognesi. Anche da una distanza significativa, per non destare sospetto, il rischio di smarrirli in mezzo alla folla era nullo. Al loro passaggio, le persone si scansavano come d'istinto, lasciandogli intorno uno spazio visibile. Le armature luccicanti erano tracce inconfondibili.
    Avrei seguito la coppia perché l'altro individuo andò spedito verso il Palazzo del Podestà, troppo sorvegliato dai suoi sottoposti per poter sperare di sorvegliarlo agevolmente. Inoltre, l'istinto mi diceva che i due non erano del posto, e che quindi erano direttamente coinvolti nella vicenda di cui dovevo scoprire il più possibile.
    Appostamenti e allenamenti erano abilità primarie, acquisite subito da ogni giovane allievo, quindi non mi irritò dover pazientare qualche ora prima che si muovessero, dirigendosi poi fuori città. Dopo gli anni di distruzione e degrado del malgoverno deviante, la natura si era ripresa velocemente i quartieri residenziali in periferia, ormai disabitati, e in pochi chilometri il bosco era già fitto. I due erano alla ricerca di qualcosa o di qualcuno. Troppo impegnati nell'inseguimento, non si erano accorti di essere passati ad essere da cacciatori a mie prede.
    Fu istinto o fortuna quello che mi evitò di essere coinvolto nell'imboscata che li attendeva. Feci uno sforzo notevole per rimanere immobile e invisibile quando riconobbi la persona obiettivo dei Mandaloriani. Repressi un brivido e strinsi la mandibola fino a che il dolore sordo che mi procurava non mi distolse dai ricordi della prigionia; era ancora una piaga aperta, un incubo infetto che riuscivo solo a ignorare e non ero certo che avrei mai guarito. Avevo conosciuto la reclusione altre volte nella mia vita straordinaria, ma quella passata nelle mani dei Devianti aveva messo a nudo e scorticato l'anima, facendola regredire a uno stato primordiale di feroce sopravvivenza, dove l'unica scelta possibile era quella di non soccombere. Ero stato ad un passo dalla morte, e quelle prove avevano scatenato la mia parte più impulsiva e irosa, più selvaggia e testarda.
    Riportai l'attenzione sullo scontro. I poteri della ragazza erano spaventosi, ma i Mandaloriani riuscirono a sopraffarla dopo uno scontro violento. Lei era riuscita persino a togliere il casco all'uomo. Approfittando della confusione, mi mossi silenziosamente dove la boscaglia era più fitta. Se mi fossi fatto scoprire, come avrei dovuto reagire? Ero sicuro dei miei mezzi a sufficienza perché quella fosse più una curiosità che una preoccupazione.
    Dovevo sentire a tutti i costi quello che si stavano dicendo. Se mi fossi avvicinato ancora, forse... Mi sfilai con attenzione a non fare rumore la camicia candida, la appallottolai per nasconderla, in modo da potermi confondere meglio tra le ombre della vegetazione. Mi avvicinai quanto più ritenni sicuro, considerando i soggetti, e nonostante quello, riuscii a cogliere solo alcuni frammenti della conversazione. Studiavo il viso della ragazza, l'unico che a quella distanza poteva fornirmi indizi utili e proprio per quel motivo avevo scelto il punto in cui nascondermi.
    Ira, sorpresa, dolore, confusione. Emozioni molto personali. La discussione la riguardava direttamente. Sentii nominare il Crystals Seed, l'elemento che trasformava le Eterne in Sailor. Mi stupì indovinare dal linguaggio del corpo che fosse in qualche modo collegato alla Winkler, che era una Deviante. Misi da parte le congetture a quando avrei potuto parlarne con i miei confratelli, per rimanere concentrato sull'incontro, diventato inaspettatamente qualcosa di estrema importanza. Lessi sulle labbra della Winkler la richiesta di essere liberata: non era lei la persona che i cacciatori di taglie stavano cercando. Non era lei?
    Sul viso dai tratti giovani e delicati, la rabbia si mischiava al dolore del tradimento. Chi poteva averla tradita? Non certo chi aveva assunto i due cacciatori di taglie! E allora? I misteri da risolvere erano cose che mi esaltavano, e non avrebbe potuto essere altrimenti, considerando le ore interminabili che avevo trascorso a consumarmi gli occhi sulle pergamene del codice di Altaïr. Erano diventate un'ossessione che spesso dava spazio a Ezio per sfottermi, ma che poi aveva avuto conseguenze inimmaginabili...
    Storsi la bocca quando i Mandaloriani la lasciarono libera. Di sicuro avevano stabilito un patto reciproco di non aggressione. Dovetti ricordare a me stesso che le ragioni che li muovevano erano ben diverse dalle nostre, perché io, come Assassino, non avrei mai lasciato andare via quella persona con qualche graffio appena. Sparì in un batter d'occhio nelle ombre fitte, agile e rapida come un cerbiatto. Gli altri tornarono in città per la via che avevano percorso nell'inseguimento di pochi attimi prima.
    Attesi una mezz'ora prima di muovermi a mia volta, per assicurarmi di essere rimasto davvero solo.


    2. PROSEGUE QUI ➡️Present Day #2021: Mandalore⬅️

     
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