Locanda

Lothal

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    :Ophelia:
    Non importava il sangue che nelle mie viene scorreva, ero una Mahkent e sempre lo sarei stata. I miei genitori prima, e mio fratello poi, non avevano mai dato importanza alla mia discendenza... al mio essere stata adottata, in tutto e per tutto facevo parte della famiglia e mai mi ero sentita meno.
    Il legame con Jordan poi era fortissimo, ufficialmente ero la sua assistente e con Henry come consigliere lo accompagnavamo nel suo ruolo di Senatore, ufficiosamente ero in realtà un'ottima Inquisitrice al servizio del grande piano dei Sith. Concordavo su tutta la linea con mio fratello che Darth Sidious andasse fermato, il suo egoismo ed edonismo aveva lasciato strascichi in tutta la galassia.
    Egli aveva creato l'Impero per puro capriccio personale e non aveva usato le risorse che abilmente aveva ottenuto per far prosperare la galassia, ma bensì per impoverirla e portare caos.
    Come purosangue Sith nulla avevamo a che fare con quelli che si definivano tali, che usavano le loro passioni come trainante e leva per le loro scelte. Come adoratori della Luna Nera di Bogan e suo figli, credevamo invece nell'equilibrio della Forza e nella saggezza degli Jedi seppur non ne approvavamo l'eccessiva neutralità.
    Il Triumvirato era certo che l'equilibrio e la prosperità si otteneva con l'ordine, anche se per ottenerlo a volte il fine giustificava i mezzi.
    Non ero a capo delle Inquisitrici, ma andava bene così, riconoscevo le competenze di Hevni e lei meritava il ruolo, ciò non toglieva che non vi era persona nella galassia di cui mio fratello si fidava maggiormente e viceversa.
    Per via della mia istruzione ed intelligenza avevo anche ottime conoscenze politiche, diplomatiche, oltre che scientifiche. Io avevo portato alla sua attenzione il fascicolo di Leopold Fitz e delle sue capacità, ben più maggiori e geniali di quelle di suo padre... al nostro servizio certo, ma poco apprezzato.
    Ufficialmente ero a Lothal per incontrare il nuovo governatore e tastare il terreno per Jordan che sempre cercava buon alleati, non era uno che si accontentava, come il Senatore Palpatine, mio fratello voleva persone intorno a sé che credevano davvero alla causa. Non gli interessava l'adulazione, cercava rispetto e soprattutto capacità che apportassero benefici al Primo Ordine.
    Tuttavia questo non era il solo motivo. Avevo saputo che il Jedi Ezra Bridges, originario del luogo, era sul posto per una missione e che sarebbe stato accompagnato dall'X-Force. Speravo dunque così che il Dottor Fitz fosse tra loro.
    Seduta da sola al tavolino della locanda osservavo da lontano il loro tavolo, ben lieta che il caso mi fosse venuto incontro, ma come approcciarlo?
    Rimasi ben nascosto fin tanto non lo vidi solo, i suoi amici stavano uscendo dal locale e lui parve non seguirli.
    La mia reputazione era intoccabile, ma immaginavo che come noi sapevamo dell'X-Force e di molto altro, loro chissà potevano avere dubbi ed indizi su mio fratello... tuttavia, dovevo rischiare.
    Mi alzai con il mio bicchiere ben stretto nella mano e poi con molta nonchalance mi sedetti di fronte a lui.
    «E' un onore fare la sua conoscenza Dottor Leopold Fitz» dissi con tono soave ed un sorriso cordiale ed accomodante, mentre gli porgevo la mano. Era chiaro che si chiedessi come lo conoscevo.
    «Ophelia Sarkissian, sorella ed assistente personale del Senatore Jordan Mahkent...» esclamai con sicurezza e gentilezza.
     
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    Annarita
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    :Fitz:
    “E' un onore fare la sua conoscenza Dottor Leopold Fitz. Ophelia Sarkissian, sorella e assistente personale del Senatore Jordan Mahkent…"
    Una voce leggiadra interruppe i miei foschi pensieri, tanto da costringermi ad alzare lo sguardo dal bicchiere di un superalcolico di cui non ricordavo più il nome. L’alcool mi aveva sempre aiutato a dimenticare gli ingarbugli mentali in cui periodicamente cadevo… ma quella sera, sembrava non avere il suo solito effetto. Per questa ragione, l’arrivo di quella bellissima donna parve la risposta a tutte le mie necessità. Forse lei avrebbe potuto creare il giusto diversivo…
    Ophelia. La prima cosa che mi venne in mente non appena udii quel nome fu un’opera di letteratura molto famosa in un pianeta lontanissimo da qui. Mi piaceva tanto leggere letterature di tutti gli angoli della galassia… o almeno ci provavo: avrei avuto bisogno di un centinaio di vite per dirmi davvero soddisfatto. L’epilogo del personaggio però non era roseo, perciò cercai di eliminare il parallelismo, anche perché della dolce e fragile Ophelia di William Shakespeare la donna di fronte a me non aveva nulla. Sguardo profondo, labbra carnose, capelli scuri e setosi. I lineamenti del volto erano decisi e dolci allo stesso tempo, c’era qualcosa di particolare nei suoi occhi e persino nella linea delle sopracciglia. La curva del collo era lasciata scoperta, mentre la chioma castana era appoggiata tutta su una spalla.
    Mi resi conto di starla fissando spudoratamente e… non avevo ancora risposto al saluto. La sua mano era tesa verso di me e non accennava a muoversi nonostante i secondi si stavano trasformando in minuti.
    Scossi il capo, dovevo snebbiare il cervello quel tanto che bastava per non sembrare un cafone completo.
    “Ciao, Ophelia di Shakespeare, non devo presentarmi visto che sembri già sapere chi sono. Ti avviso, sono abbastanza ubriaco quindi non far caso alle sciocchezze che potrei dire…” risposi con un sarcasmo che veniva fuori molto raramente, una rabbia gelida covava sotto strati di cenere generata da eventi troppo recenti ma che ancora non avevo metabolizzato. E… “Il mio paparino è sempre il solito viscido lecchino?” Il superalcolico non mi aveva fatto dimenticare dell’individuo che lavorare per il Senatore Jordan Mahkent. Tutto il resto, invece, era piuttosto confuso. Non conoscevo Ophelia, o forse sì ma non riuscivo a ricordarla. Di sicuro non l’avevo mai vista, perché una bellezza simile non avrei potuto dimenticarla facilmente.
    Finii il contenuto del mio bicchiere in un solo sorso e continuai a fissarla in attesa di una risposta, senza più preoccuparmi di essere scortese. In fondo, era stata lei a sedersi al mio tavolo senza un invito.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 13/10/2022, 17:09
     
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    :Ophelia:
    Rimasi ad osservarlo, non potendo fare a meno di piegare il viso da un lato sorridendo al suo saluto, che ci aveva messo più del dovuto ad arrivare.
    Il fatto che fosse alticcio non lo avevo messo in conto, ma mi trovai a non dispiacermene quando si lasciò andare una frase di troppo. Mi aveva appena concesso un vantaggio non da poco, mi aveva appena confermato che l'X-Force ci teneva d'occhio e decisamente sapeva molto, come noi dopotutto.
    «Sono certa che da sobrio, nella lucidità della sua fredda intelligenza, Dottor Fitz non si sarebbe mai fatto sfuggire una domanda tanto rischiosa...» lo ripresi notando prima il suo stupore e successivamente il suo maledirsi, disegnato sul suo volto. Lo stesso che si prese tra le mani, mentre io mi alzavo sfilando dalla mia elegante veste un bigliettino che gli feci sfilare sotto il naso.
    Fu allora che lui lo osservò, non mancando di lanciare uno sguardo anche a me.
    «Non faccia tardi e venga solo... sono sicura che sarà interessato a ciò che ho da dirle...» non aggiunsi altro e con un sorriso misterioso mi allontanai. Sapevo che ciò che stavo facendo era rischioso, ma avevo dato la mia parola a mio fratello che ne valeva la pena, seppur per la prima volta, miracolosamente aggiungerei, Henry ed Oliver erano d'accordo sul dire che era una pessima idea. Avevano ragione, stavo giocando con il fuoco e se non fosse andata come previsto, saremmo finiti in un incendio che difficilmente avremmo potuto domare...


    ᴄᴏɴᴛɪɴᴜᴀ ǫᴜɪ: 𝐋𝐨𝐜𝐚𝐧𝐝𝐚



    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 16/10/2022, 20:43
     
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